Mar 8, 2024 Scritto da 

Per Grazia siamo salvati!

IV Domenica di Quaresima, “Laetare” (10 Marzo 2024)

1.“ Tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà… contaminarono il Tempio al punto che l'ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine”. La prima lettura dell’odierna liturgia della parola è tratta dal secondo Libro delle Cronache ed è un interessante esempio di teologia della storia. Noi leggiamo gli eventi della vita e della storia dal basso come riusciamo a percepirli e qui vediamo narrata in sintesi l’intera vicenda della deportazione babilonese che per il  popolo ebreo fu un lunga e grande sofferenza con uno smarrimento generale causato proprio dalle loro infedeltà” senza più rimedio”. Insomma, il popolo eletto si era allontanato dal suo Signore e la distruzione del Tempio venne percepita come il segno dell’abbandono divino. Ma può Dio rinnegare il suo popolo? No, anzi egli resta per sempre fedele alle sue promesse e alla sua alleanza. E così, attraverso Ciro, re di Persia, va incontro al popolo infedele per ricondurlo in patria. La politica del re Ciro fu infatti quella di rimandare nei loro paesi di origine tutte le popolazioni che erano state deportate. E gli ebrei ne beneficiarono riconoscendo in tale decisione un intervento insperato e immeritato da parte del Signore, nonostante essi avevano respinto i suoi incessanti richiami giunti attraverso i profeti. I loro capi e i sacerdoti avevano condotto il popolo all’infedeltà macchiatosi persino di pratiche sacrileghe e della profanazione del Tempio che alla fine fu distrutto. L’infedeltà del popolo di Dio era giunta a tal punto da divenire causa delle proprie disgrazie.  L’autore del libro delle Cronache ribadisce qui due cose essenziali: in primo luogo, Dio è sempre fedele, egli resta “il Dio dei padri nostri” nonostante l’infedeltà del popolo e farà tutto per impedirgli di cadere nel precipizio.  In secondo luogo, quando il popolo è nel precipizio, egli troverà la maniera di farlo uscire perché nulla gli è impossibile. Oggi come ieri, Dio non nasconde il suo volto e questo ci conforta pur nel fracasso d’una umanità che sembra decisa ad abbandonare le vie del Signore. Da questa consapevolezza nasce la nostra speranza e, a metà del cammino quaresimale, l’animo dei credenti è invitato persino alla gioia perché questa domenica, detta in latino “laetare”, ci fa già pregustare il trionfo della misericordia divina a Pasqua. Inoltre il testo dell’Antico Testamento della prima lettura ci prepara al vangelo, all’incontro di Nicodemo con Gesù e c’invita a contemplare il Cristo innalzato sulla croce come il serpente di bronzo nel deserto. Il messaggio è chiaro: noi siamo salvi non per i nostri meriti ma per la misericordia divina: per grazia infatti, ricorda san Paolo, siamo stati salvati!

2. “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. Che relazione c’è tra il serpente velenoso che nel deserto del Sinai attaccò molti Ebrei e il Figlio dell’uomo innalzato sulla croce? Vale la pena tornare a quest’episodio che troviamo nel libro dell’Esodo quando il popolo in cammino verso la terra promessa venne assalito da serpenti velenosi e percepirono questo come un castigo divino per le loro lamentele e recriminazioni. Supplicarono allora Mosè d’intercedere perché cessasse questo flagello meritato con le loro infedeltà e Mosè indicò loro questo rito pagano: face issare su un palo un serpente di bronzo, che nell’ottica collettiva rappresentava il dio guaritore, e la loro convinzione era che bastasse alzare lo sguardo verso il serpente per essere guariti (Cf. Nb 21,7-9). A prima vista sembra pura magia, ma così non è perché Mosè trasforma un rito superstizioso in un atto di fede. Non urta la sensibilità del popolo, ma con gradualità, partendo dalle loro ancestrali tradizioni, lo conduce a valorizzarle avendo cura però di comprendere bene che esiste un solo Dio ed è il Dio dell’Alleanza che l’ha liberato dalla schiavitù egiziana. Comanda dunque di costruire un serpente di bronzo e di porlo sopra un’asta; chiunque sarà morso e lo guarderà, resterà in vita. Nel linguaggio biblico “guardare” vuol dire adorare, ma non si tratta di adorare un feticcio e tanto meno un serpente fabbricato da mani umane. Insegna piuttosto loro che quando volgeranno lo sguardo sul serpente adoreranno nel cuore l’unico Dio vero e non un oggetto materiale uscito dalle loro mani. Nel vangelo Gesù riprende quest’evento dell’Antico Testamento per offrire un nuovo insegnamento: come per essere guariti bastava alzare gli occhi con fede verso il serpente non più considerato un idolo, così per ottenere la guarigione spirituale, la nostra liberazione e salvezza occorre guardare con gli occhi del cuore, cioè adorare Gesù che sulla croce si offre vittima per il perdono dei nostri peccati.

3. Quando Gesù sarà issato sul legno della croce Giovanni scrive: “ Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (GV19,37). Alzare gli occhi significa credere in Gesù riconoscendo in lui l’amore di Dio. L’evangelista insiste nell’invitare ad adorare il Cristo crocifisso perché difronte al mistero della croce due sono le attitudini dell’uomo possibili: il rifiuto o l’accoglienza. L’accoglienza è la fede – ce lo ricorda Giovanni nel prologo del suo vangelo quando afferma: “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio »(1,9-12). Quest’affermazione viene ripresa nell’odierno vangelo perché Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, e così chiunque crede in lui non muore, ma ha la vita eterna. E aggiunge: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui (3,16-17) . Nel testo evangelico che stiamo meditando il verbo credere torna ben cinque volte. E accostando il serpente di bronzo all’esaltazione di Cristo sulla croce si manifesta chiaramente il salto enorme che si compie tra l’Antico e il Nuovo Testamento. In Gesù tutto prende una nuova dimensione : nel deserto si trattava unicamente del popolo dell’alleanza, sulla croce  Gesù offre la salvezza a ogni essere umano e al mondo intero invitando tutti a credere, cioè a fidarsi di lui, per avere la vita. Per due volte infatti torna a ripetere che ogni persona che crede otterrà la vita eterna. Quindi non più una guarigione fisica, ma una trasformazione interiore. La tradizione della Chiesa fin dai primi secoli ha interpretato quest’interiore rinnovamento come la conversione dell’uomo, quando nel profondo del suo essere si lascia rinnovare dall’amore divino.

4. Contemplando il sacrificio di Cristo sulla croce, l’evangelista citerà un altro passo della Scrittura: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv.19,37). Si tratta del profeta Zaccaria che poi spiega in che cosa consiste la trasformazione dell’uomo, opera della misericordia divina: “Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a colui che hanno trafitto (Za 12,10). Il cuore trasformato dalla misericordia di Dio sarà ben lontano dalle proteste e recriminazioni del deserto. Chi adora in spirito e verità il Cristo crocifisso ha compreso e accoglie l’amore di Dio per lui. Le prime comunità cristiane consideravano la croce non come uno strumento di supplizio, bensì come la prova eminente e gratuita di quest’infinita tenerezza divina. Ce l’ha ricordato l’apostolo Paolo domenica scorsa parlando di Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, potenza di Dio e sapienza di Dio (cf.1 Co 1,23-25). In definitiva la parola di Dio oggi c’invita a confrontarci con il mistero della croce di Cristo che possiamo considerare in due modi diversi: come la prova dell’odio e della crudeltà dell’uomo, ma anche e soprattutto come l’esempio sconvolgente della dolcezza e del perdono di Cristo che ha accettato di esservi crocifisso per mostrare fino a quel punto giunge l’more di Dio per l’umanità.  A Filippo che nel cenacolo dopo l’ultima cena chiede a Gesù di mostrare il volto del Padre, egli risponde: “chi ha visto me ha visto il Padre. Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Gv 14,9). Contemplando Gesù sulla croce riconosciamo e adoriamo la tenerezza di Dio, qualunque sia il grado di odio degli uomini contro di lui. Si tratta di un amore contagioso che ci guarisce il cuore da ogni malattia. In questo tempo di quaresima la liturgia c’invita alla conversione dello sguardo: ci esorta a restare in silenzio contemplando Gesù sulla croce. Da quest’incontro di sguardi nasce la speranza di una nuova umanità che non teme il dolore né la morte. In chi si abbandona tra le braccia dal nostro Redentore morente scaturisce la certezza della vittoria dell’amore su ogni forma di odio e di violenza, di tristezza e di paura. Occorre solo avere il coraggio, nonostante limiti e peccati, di accettare quest’invito: “volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”. Più che un semplice invito, sapendo che il futuro nel linguaggio biblico è un imperativo, qui Cristo ci comanda di volgere gli occhi verso di lui. E’ un comando d’amore! Insomma, tutto egli tenta sino all’estremo, perché il mondo accetti il suo amore e sia salvo.

Buona domenica! + Giovanni D’Ercole

 

P.S.Un testo per continuare a meditare: LA Bellezza salverà il mondo

Fëdor Dostoevskij scrive nell’Idiota: "Ippolit si rivolse al principe e gli chiese ad alta voce, tra lo stupore di tutti: "È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla 'bellezza'? “Signori, disse rivolgendosi a tutti, il principe ci assicura che la bellezza salverà il mondo! E io, da parte mia, vi assicuro che se ha idee così strampalate, è perché è innamorato”. 

A quale bellezza si riferisce Dostoevskij? Un buon commento è il celebre dipinto “Corpo di Cristo morto nella tomba” di Hans Holbein il Giovane 1521, a cui Dostoevskij si richiama: è un dipinto a olio su tavola Dimensioni 30,5×200 cm Ubicazione. Kunstmuseum, Basilea, facilmente reperibile in internet. 

*Come è possibile - immagino si sia chiesto Dostoevskij ammirando quel corpo distrutto - che Cristo abbia pagato "quel" prezzo per salvarci?

Cristo è la bellezza che salverà il mondo? Colui che è stato definito "il più bello tra i figli degli uomini" (Salmo 44) poteva testimoniare una bellezza fisica senza pari. Ma il dipinto di Holbein mostra un Cristo sfigurato, che ci ricorda piuttosto la profezia di Isaia: "Non c'è in Lui né bellezza che attiri gli occhi, né bellezza che piaccia" (Is 53,2). Vediamo, allora, di quale bellezza stiamo parlando? In definitiva, non c'è bellezza più grande dell'amore che ha vinto la morte. L'amore di Colui che dà la vita per i suoi amici è la cosa più bella che il mondo conosca. La bellezza che salva, che salva veramente, è la bellezza dell'amore che si spinge fino all'estremo del sacrificio redentivo. Pertanto, la bellezza che salverà il mondo è Cristo. Dio si è fatto uomo per salvarci, è morto per darci la vita e offrirci la resurrezione. La storia del cadavere che Holbein ritrae così crudamente ha un epilogo, o meglio, una seconda parte, che conferma il trionfo della bellezza sulla morte: la bellezza travolgente della Resurrezione. Per dirla con le parole dell'Apocalisse: "E la città non aveva bisogno né di sole né di luna, perché la luce di Dio brillava su di essa e l'Agnello era la sua lampada" (Ap 21,23).

120 Ultima modifica il Venerdì, 08 Marzo 2024 12:47
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Familiarity at the human level makes it difficult to go beyond this in order to be open to the divine dimension. That this son of a carpenter was the Son of God was hard for them to believe [Pope Benedict]
La familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo Figlio di un falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro [Papa Benedetto]
Christ reveals his identity of Messiah, Israel's bridegroom, who came for the betrothal with his people. Those who recognize and welcome him are celebrating. However, he will have to be rejected and killed precisely by his own; at that moment, during his Passion and death, the hour of mourning and fasting will come (Pope Benedict)
Cristo rivela la sua identità di Messia, Sposo d'Israele, venuto per le nozze con il suo popolo. Quelli che lo riconoscono e lo accolgono con fede sono in festa. Egli però dovrà essere rifiutato e ucciso proprio dai suoi: in quel momento, durante la sua passione e la sua morte, verrà l'ora del lutto e del digiuno (Papa Benedetto)
Peter, Andrew, James and John are called while they are fishing, while Matthew, while he is collecting tithes. These are unimportant jobs, Chrysostom comments, "because there is nothing more despicable than the tax collector, and nothing more common than fishing" (In Matth. Hom.: PL 57, 363). Jesus' call, therefore, also reaches people of a low social class while they go about their ordinary work [Pope Benedict]
Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono chiamati mentre stanno pescando, Matteo appunto mentre riscuote il tributo. Si tratta di lavori di poco conto – commenta il Crisostomo -  “poiché non c'è nulla di più detestabile del gabelliere e nulla di più comune della pesca” (In Matth. Hom.: PL 57, 363). La chiamata di Gesù giunge dunque anche a persone di basso rango sociale, mentre attendono al loro lavoro ordinario [Papa Benedetto]
For the prodigious and instantaneous healing of the paralytic, the apostle St. Matthew is more sober than the other synoptics, St. Mark and St. Luke. These add broader details, including that of the opening of the roof in the environment where Jesus was, to lower the sick man with his lettuce, given the huge crowd that crowded at the entrance. Evident is the hope of the pitiful companions: they almost want to force Jesus to take care of the unexpected guest and to begin a dialogue with him (Pope Paul VI)
Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù, per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che faceva ressa all’entrata. Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare un dialogo con lui (Papa Paolo VI)
The invitation given to Thomas is valid for us as well. We, where do we seek the Risen One? In some special event, in some spectacular or amazing religious manifestation, only in our emotions and feelings? [Pope Francis]
L’invito fatto a Tommaso è valido anche per noi. Noi, dove cerchiamo il Risorto? In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? [Papa Francesco]
His slumber causes us to wake up. Because to be disciples of Jesus, it is not enough to believe God is there, that he exists, but we must put ourselves out there with him; we must also raise our voice with him. Hear this: we must cry out to him. Prayer is often a cry: “Lord, save me!” (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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