Dic 21, 2025 Scritto da 

“Alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria” (Sal 24, 7)

Con queste parole del salmo la liturgia della festa odierna saluta Gesù, nato a Betlemme, mentre per la prima volta varca la soglia del tempio di Gerusalemme. Quaranta giorni dopo la sua nascita, Maria e Giuseppe lo portano al tempio, per adempiere la legge di Mosè: “Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore” (Lc 2, 23; cf. Es 13, 2.11).

L’evangelista Luca mette in evidenza che i genitori di Gesù sono fedeli alla legge del Signore, la quale consigliava la presentazione del neonato e prescriveva la purificazione della madre. Tuttavia, non è su questi riti che la parola di Dio intende attirare la nostra attenzione, bensì sul mistero del tempio che oggi accoglie colui che l’antica Alleanza ha promesso e i profeti hanno atteso.

A lui il tempio era destinato. Doveva arrivare il giorno in cui egli vi sarebbe entrato come “l’angelo dell’alleanza” (cf. Ml 3, 1) e si sarebbe rivelato come “luce per illuminare le genti e gloria del popolo (di Dio), Israele” (Lc 2, 32).

2. La festa odierna è come una grande anticipazione: essa anticipa la Pasqua. Nei testi e nei segni liturgici, infatti, intravediamo, quasi in un solenne annuncio messianico, quanto dovrà compiersi al termine della missione di Gesù nel mistero della sua Pasqua. Tutti i presenti nel tempio di Gerusalemme si trovano ad essere quasi testimoni inconsapevoli dell’anticipo della Pasqua della Nuova Alleanza, di un evento ormai vicino nel misterioso Bambino, un evento atto a conferire nuovo significato ad ogni cosa.

Le porte del santuario si aprono al mirabile re, che “è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione” (Lc 2, 34).

Al momento, nulla lascia trasparire la sua regalità. Quel neonato di quaranta giorni è un normale bambino, figlio di genitori poveri. I più intimi sanno che è nato in una stalla nei pressi di Betlemme. Ricordano i canti celestiali e la visita dei pastori, ma come possono pensare, persino i più vicini, persino Maria e Giuseppe, che quel bambino - secondo le parole della Lettera agli Ebrei - è destinato a prendersi cura della discendenza di Abramo, unico sommo sacerdote davanti a Dio per espiare i peccati del mondo (cf. Eb 2, 16-17)?

In realtà la presentazione di questo bambino al tempio, come di uno dei primogeniti delle famiglie d’Israele, proprio di questo è segno; è l’annuncio di tutte le esperienze, le sofferenze e le prove alle quali egli stesso si sottoporrà per venire in aiuto all’umanità, a quegli uomini che la vita molto spesso mette a dura prova.

Sarà lui, misericordioso, unico ed eterno Sacerdote della nuova ed immutabile Alleanza di Dio con l’umanità, a rivelare la misericordia divina. Lui, il rivelatore del Padre, che “ha tanto amato il mondo” (Gv 3, 16). Lui luce, luce che illumina ogni uomo, nel succedersi delle varie fasi della storia.

Ma, sempre per questo motivo, in ogni epoca Cristo diventa “segno di contraddizione” (Lc 2, 34). Maria che oggi, come giovane madre, lo porta in braccio, diventerà, in modo singolare, partecipe delle sue sofferenze: l’anima della Vergine sarà trapassata da una spada, e questo suo soffrire insieme al Redentore servirà a portare la verità nei cuori degli uomini (cf. Lc 2, 35).

3. Il tempio di Gerusalemme diventa così teatro dell’evento messianico. Dopo la notte di Betlemme, ecco la prima eloquente manifestazione del mistero del divino Natale. È una rivelazione che viene come dal profondo dell’Antica Alleanza.

Chi è infatti Simeone, le cui parole ispirate dallo Spirito Santo risuonano sotto la volta del tempio di Gerusalemme? È uno di coloro che “aspettavano il conforto di Israele”, la cui attesa era colma di fede incrollabile (cf. Lc 2, 25). Simeone viveva della certezza che non sarebbe morto prima di aver visto il Messia del Signore: certezza proveniente dallo Spirito Santo (cf. Lc 2, 26).

E chi è Anna, figlia di Fanuele? Una vedova anziana, chiamata dal Vangelo “profetessa”, che non lasciava mai il tempio e serviva Dio con digiuni e preghiere giorno e notte (cf. Lc 2, 36-37).

4. I personaggi, che prendono parte all’evento oggi commemorato, sono tutti compresi in un grande simbolo: il simbolo del tempio, il tempio di Gerusalemme, costruito da Salomone, i cui pinnacoli indicano le vie della preghiera per ogni generazione d’Israele. Il santuario è in effetti il coronamento del cammino del popolo attraverso il deserto verso la Terra promessa, ed esprime una grande attesa. Di questa attesa parla tutta la liturgia odierna.

Il destino del tempio di Gerusalemme, infatti, non si esaurisce nel rappresentare l’Antica Alleanza. Il suo vero significato era sin dall’inizio l’attesa del Messia: il tempio, costruito dagli uomini per la gloria di Dio vero, avrebbe dovuto cedere il posto ad un altro tempio, che Dio stesso avrebbe edificato lì, a Gerusalemme.

Oggi, viene al tempio colui che dice di compierne il destino e lo deve “riedificare”. Un giorno, proprio insegnando nel tempio, Gesù dirà che quell’edificio costruito dalle mani dell’uomo, già distrutto dagli invasori e ricostruito, sarebbe stato distrutto di nuovo, ma tale distruzione avrebbe segnato come l’inizio di un tempio indistruttibile. I discepoli, dopo la sua risurrezione, capirono che egli chiamava “tempio” il suo corpo (cf. Gv 2, 20-21).

5. Oggi, dunque, carissimi, stiamo vivendo una singolare rivelazione del mistero del tempio, che è uno solo: Cristo stesso. Il santuario, anche questa Basilica, non deve servire tanto al culto, quanto alla santità. Tutto ciò che ha a che fare con la benedizione, in particolare con la dedicazione degli edifici sacri, anche nella Nuova Alleanza, esprime la santità di Dio, che si dona all’uomo in Gesù e nello Spirito Santo.

L’opera santificatrice di Dio tocca i templi fatti dalla mano dell’uomo, ma il suo spazio più appropriato è l’uomo stesso. La consacrazione degli edifici, pur architettonicamente magnifici, è simbolo della santificazione che l’uomo attinge da Dio mediante Cristo. Per mezzo di Cristo ogni persona, uomo o donna, è chiamata a diventare un tempio vivo nello Spirito Santo: tempio in cui realmente abita Dio. Di un tale tempio spirituale Gesù parlò nel colloquio con la samaritana, rivelando chi sono i veri adoratori di Dio, coloro cioè che gli rendono gloria “in spirito e verità” (cf. Gv 4, 23-24).

6. Carissimi, la Basilica di San Pietro è rallegrata oggi dalla vostra presenza, cari Fratelli e Sorelle, che, provenendo da svariate comunità, rappresentate il mondo delle persone consacrate. È una bella tradizione che siate proprio voi a formare la santa assemblea in questa solenne celebrazione di Cristo “luce delle genti”. Nelle vostre mani portate i ceri accesi, nei vostri cuori portate la luce di Cristo, uniti spiritualmente a tutti i vostri fratelli e sorelle consacrati in ogni angolo della terra: voi costituite l’insostituibile ed inestimabile tesoro della Chiesa.

La storia del cristianesimo conferma il valore della vostra vocazione religiosa: soprattutto a voi, attraverso i secoli, è legata la diffusione della potenza salvifica del Vangelo tra i popoli e le nazioni, nel continente europeo e poi nel Nuovo Mondo, nell’Africa e nel lontano Oriente.

Vogliamo ricordarlo specialmente quest’anno, nel corso del quale si terrà l’assemblea del Sinodo dei Vescovi dedicata alla vita consacrata nella Chiesa. Dobbiamo ricordarlo per rendere gloria al Signore e per pregare perché una così importante vocazione, unitamente a quella familiare, non venga soffocata in alcun modo nel nostro tempo, e neppure nel terzo millennio ormai prossimo.

7. L’odierna Celebrazione eucaristica raduna persone consacrate che operano a Roma, ma con la mente e col cuore ci uniamo ai membri degli Ordini, delle Congregazioni Religiose e degli Istituti Secolari, sparsi nel mondo intero, a coloro specialmente che rendono a Cristo una particolare testimonianza, pagandola con enormi sacrifici, non escluso talora il martirio. Con speciale affetto penso ai Religiosi e alle Religiose presenti nelle regioni della ex Jugoslavia e negli altri territori del mondo, vittime di una assurda violenza fratricida.

Salutando voi, saluto anche gli altri rappresentanti della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, il Cardinale Prefetto, il Segretario e tutti i collaboratori. È la vostra festa comune.

Sia glorificato in voi, care Sorelle e cari Fratelli, Cristo luce del mondo! Sia glorificato Cristo, segno di contraddizione per questo mondo. In lui vive l’uomo: in lui ognuno diventa gloria di Dio, come insegna Sant’Ireneo (cf. Sant’Ireneo, Adversus haereses, 4,20,7). Voi siete epifania di questa verità. Ecco perché siete tanto amati nella Chiesa e diffondete una grande speranza nell’umanità. Oggi, in modo particolare, supplichiamo il Signore perché il lievito evangelico della vostra vocazione raggiunga sempre più numerosi cuori di giovani e di ragazze e li spinga a consacrarsi senza riserve al servizio del Regno.

Questo lo dico pensando anche agli altri presenti che sono venuti per l’udienza generale del mercoledì. Certamente, molti di loro conoscono le persone consacrate, si rendono conto del prezzo di questa consacrazione personale nella Chiesa, devono tanto alle suore, ai fratelli religiosi che operano nelle cliniche, nelle scuole, nei diversi ambienti di ciascun popolo del mondo, attraverso tutta la terra. Vorrei invitare questi ospiti della nostra odierna udienza generale, dedicata alla vita religiosa, a pregare per tutte le persone consacrate del mondo, a pregare per le vocazioni. Forse questa preghiera susciterà qualche vocazione nei cuori dei giovani.

8. Insieme con Maria e Giuseppe ci rechiamo oggi in spirituale pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme, città del grande incontro. E con la Liturgia diciamo: “Alzatevi, porte antiche . . .”. Quanti appartengono alla discendenza della fede di Abramo vi trovano un comune punto di riferimento. Tutti desiderano che essa diventi un significativo centro di pace, affinché - secondo la parola profetica dell’Apocalisse - Dio vi asciughi ogni lacrima dagli occhi degli uomini (cf. Ap 21, 4), e quel muro, rimasto nei secoli come resto dell’antico tempio di Salomone, cessi di essere il “muro del pianto”, per diventare luogo di pace e di riconciliazione per i credenti nell’unico vero Dio.

Ci rechiamo oggi in pellegrinaggio a quella città, in modo particolare, noi che dal mistero di Cristo abbiamo attinto l’ispirazione di tutta la vita: una vita dedicata senza riserve al Regno di Dio. Il nostro pellegrinaggio culmina nella comunione con il Corpo e il Sangue, che l’eterno Figlio di Dio ha preso per sé facendosi uomo, per presentarsi al Padre, nella carne della sua umanità, quale sacrificio spirituale perfetto, e dare così compimento all’Alleanza stretta da Dio con Abramo, nostro padre nella fede e portata alla perfezione in Cristo (cf. Rm 4, 16).

Il Vescovo di Roma guarda con amore verso Gerusalemme, da cui un giorno partì il suo primo Predecessore, Pietro, e venne a Roma spinto dalla vocazione apostolica. Dopo di lui anche l’apostolo Paolo.

Al termine del secondo millennio, il Successore di Pietro piega le ginocchia su quei luoghi santificati dalla presenza del Dio vivo. Peregrinando per il mondo, attraverso città, paesi, continenti, egli rimane in comunione con la luce divina brillata proprio lì, nella terra veramente santa duemila anni fa per illuminare le nazioni e i popoli del mondo intero per illuminarci, carissimi.

[Papa Giovanni Paolo II, omelia 2 febbraio 1994]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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An eloquent and peremptory manifestation of the power of the God of Israel and the submission of those who did not fulfill the Law was expected. Everyone imagined witnessing the triumphal entry of a great ruler, surrounded by military leaders or angelic ranks...
Ci si attendeva una manifestazione eloquente e perentoria della potenza del Dio d’Israele e la sottomissione di coloro che non adempivano la Legge. Tutti immaginavano di assistere all’ingresso trionfale d’un condottiero, circondato da capi militari o schiere angeliche…
May the Holy Family be a model for our families, so that parents and children may support each other mutually in adherence to the Gospel, the basis of the holiness of the family (Pope Francis)
La Santa Famiglia possa essere modello delle nostre famiglie, affinché genitori e figli si sostengano a vicenda nell’adesione al Vangelo, fondamento della santità della famiglia (Papa Francesco)
John is the origin of our loftiest spirituality. Like him, ‘the silent ones' experience that mysterious exchange of hearts, pray for John's presence, and their hearts are set on fire (Athinagoras)
Giovanni è all'origine della nostra più alta spiritualità. Come lui, i ‘silenziosi’ conoscono quel misterioso scambio dei cuori, invocano la presenza di Giovanni e il loro cuore si infiamma (Atenagora)
Stephen's story tells us many things: for example, that charitable social commitment must never be separated from the courageous proclamation of the faith. He was one of the seven made responsible above all for charity. But it was impossible to separate charity and faith. Thus, with charity, he proclaimed the crucified Christ, to the point of accepting even martyrdom. This is the first lesson we can learn from the figure of St Stephen: charity and the proclamation of faith always go hand in hand (Pope Benedict)
La storia di Stefano dice a noi molte cose. Per esempio, ci insegna che non bisogna mai disgiungere l'impegno sociale della carità dall'annuncio coraggioso della fede. Era uno dei sette incaricato soprattutto della carità. Ma non era possibile disgiungere carità e annuncio. Così, con la carità, annuncia Cristo crocifisso, fino al punto di accettare anche il martirio. Questa è la prima lezione che possiamo imparare dalla figura di santo Stefano: carità e annuncio vanno sempre insieme (Papa Benedetto)
“They found”: this word indicates the Search. This is the truth about man. It cannot be falsified. It cannot even be destroyed. It must be left to man because it defines him (John Paul II)
“Trovarono”: questa parola indica la Ricerca. Questa è la verità sull’uomo. Non la si può falsificare. Non la si può nemmeno distruggere. La si deve lasciare all’uomo perché essa lo definisce (Giovanni Paolo II)
Thousands of Christians throughout the world begin the day by singing: “Blessed be the Lord” and end it by proclaiming “the greatness of the Lord, for he has looked with favour on his lowly servant” (Pope Francis)
Migliaia di cristiani in tutto il mondo cominciano la giornata cantando: “Benedetto il Signore” e la concludono “proclamando la sua grandezza perché ha guardato con bontà l’umiltà della sua serva” (Papa Francesco)
The new Creation announced in the suburbs invests the ancient territory, which still hesitates. We too, accepting different horizons than expected, allow the divine soul of the history of salvation to visit us
La nuova Creazione annunciata in periferia investe il territorio antico, che ancora tergiversa. Anche noi, accettando orizzonti differenti dal previsto, consentiamo all’anima divina della storia della salvezza di farci visita

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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