Ago 7, 2025 Scritto da 

Assunta: continuazione della Pasqua

2. Veramente, sarebbe difficile trovare un momento in cui Maria avrebbe potuto pronunciare con maggiore trasporto le parole pronunciate una volta dopo l’annunciazione, quando, diventata Madre verginale del Figlio di Dio, ella visitò la casa di Zaccaria, per aver cura di Elisabetta;

“L’anima mia magnifica il Signore...

Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome” (Lc 1,46.49).

Se queste parole ebbero la loro motivazione piena e sovrabbondante sulla bocca di Maria quando lei, immacolata, diventò la madre del Verbo eterno, esse raggiungono oggi il culmine definitivo.

Maria che, grazie alla sua fede (così esaltata da Elisabetta) in quel momento ancora sotto il velo del mistero, entrò nel tabernacolo della santissima Trinità, oggi entra nella dimora eterna, in piena intimità col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo, nella visione beatifica “a faccia a faccia”. E questa visione, come inesauribile sorgente dell’amore perfetto, colma tutto il suo essere con la pienezza della gloria e della felicità. Così dunque l’assunzione è, al tempo stesso, il “coronamento” di tutta la vita di Maria, della sua vocazione unica, fra tutti i membri dell’umanità, ad essere la Madre di Dio. È il “coronamento” della fede che essa, “piena di grazia”, ha dimostrato durante l’annunciazione e che Elisabetta, sua parente, ha così sottolineato ed esaltato durante la visitazione.

Veramente possiamo ripetere oggi, seguendo l’Apocalisse: “Si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l’arca dell’alleanza... Allora udii una gran voce nel cielo che diceva: “Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo”” (Ap 11,19; 12,1O).

Il regno di Dio in colei che sempre ha desiderato di essere soltanto “la serva del Signore”. La potenza del suo Unto, cioè di Cristo, la potenza dell’amore che egli ha portato sulla terra come un fuoco (cf. Lc 12,49); la potenza rivelata nella glorificazione di colei che mediante il suo “fiat” gli ha reso possibile di venire su questa terra, di diventare uomo; la potenza rivelata nella glorificazione dell’Immacolata, nella glorificazione della sua propria madre.

3. “...Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché, se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la resurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo” (1Cor 15,20-23).

L’assunzione di Maria è un particolare dono del Risorto alla madre sua. Se, infatti, “quelli che sono di Cristo” “riceveranno la vita” “alla sua venuta”, allora è giusto e comprensibile che questa partecipazione alla vittoria sulla morte, la provi per prima proprio lei, la Madre; lei che è “di Cristo” in maniera più piena: infatti anche lui appartiene ad essa come il figlio alla Madre. Ed essa appartiene a lui: è, in modo particolare, “di Cristo”, perché è stata amata e redenta in modo del tutto singolare. Colei che nel suo stesso concepimento umano fu immacolata - cioè libera dal peccato, la cui conseguenza è la morte, - per lo stesso fatto, non doveva forse essere libera dalla morte, che è la conseguenza del peccato? Quella “venuta” di Cristo, di cui parla l’apostolo nella seconda lettura di oggi, non “doveva” forse compiersi, in questo unico caso in modo eccezionale, per così dire, “subito”, cioè nel momento della conclusione della vita terrestre? Per lei, ripeto, nella quale si era compiuta la sua prima “venuta”, a Nazaret e nella notte di Betlemme? Perciò quel termine della vita che per tutti gli uomini è la morte, nel caso di Maria la tradizione giustamente lo chiama piuttosto dormizione.

“Assumpta est Maria in caelum, gaudent Angeli! Et gaudet Ecclesia!”

4. Per noi l’odierna solennità è quasi una continuazione della pasqua: della risurrezione e della ascensione del Signore. Ed è, contemporaneamente, il segno e la sorgente della speranza della vita eterna e della futura risurrezione. Di questo segno leggiamo nell’Apocalisse di Giovanni: “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 12,1).

E benché la nostra vita sulla terra si svolga, costantemente, nella tensione di quella lotta tra il drago e la donna, di cui parla lo stesso libro della santa Scrittura; benché noi siamo quotidianamente sottoposti alla lotta tra il bene e il male, alla quale l’uomo partecipa sin dal peccato originale - dal tempo, cioè in cui ha mangiato “dell’albero della conoscenza del bene e del male”, come leggiamo nel libro della Genesi (Gen 2,17; 3,12): benché questa lotta assuma talvolta forme pericolose e spaventose, tuttavia quel segno della speranza permane e si rinnova costantemente nella fede della Chiesa -.

E l’odierna festività ci permette di guardare questo segno, il grande segno dell’economia divina della salvezza, con fiducia e con gioia tanto più grande.

Ci permette di aspettare da questo segno di vincere, di non soccombere, in definitiva, al male e al peccato, in attesa del giorno in cui sarà tutto compiuto da colui, il quale ha riportato la vittoria sulla morte: il Figlio di Maria; allora egli “consegnerà” il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza” (1Cor 15,24) e porrà tutti i nemici sotto i suoi piedi ed annienterà, ultimo nemico, la morte (cf. 1Cor 15,25).

Cari fratelli e sorelle, partecipiamo con gioia all’eucaristia di oggi! Riceviamo con fiducia il corpo di Cristo, memori delle sue parole: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,54).

E veneriamo oggi colei che ha dato a Cristo il nostro corpo umano: l’Immacolata e l’Assunta, che è la sposa dello Spirito Santo e la nostra madre!

[Papa Giovanni Paolo II, omelia 15 agosto 1980]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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«And they were certainly inspired by God those who, in ancient times, called Porziuncola the place that fell to those who absolutely did not want to own anything on this earth» (FF 604)
«E furono di certo ispirati da Dio quelli che, anticamente, chiamarono Porziuncola il luogo che toccò in sorte a coloro che non volevano assolutamente possedere nulla su questa terra» (FF 604)
It is a huge message of hope for each of us, for you whose days are always the same, tiring and often difficult. Mary reminds you today that God calls you too to this glorious destiny (Pope Francis)
È un grande messaggio di speranza per ognuno noi; per te, che vivi giornate uguali, faticose e spesso difficili. Maria ti ricorda oggi che Dio chiama anche te a questo destino di gloria (Papa Francesco)
In the divine attitude justice is pervaded with mercy, whereas the human attitude is limited to justice. Jesus exhorts us to open ourselves with courage to the strength of forgiveness, because in life not everything can be resolved with justice. We know this (Pope Francis)
Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia. Gesù ci esorta ad aprirci con coraggio alla forza del perdono, perché nella vita non tutto si risolve con la giustizia; lo sappiamo (Papa Francesco)
The Second Vatican Council's Constitution on the Sacred Liturgy refers precisely to this Gospel passage to indicate one of the ways that Christ is present:  "He is present when the Church prays and sings, for he has promised "where two or three are gathered together in my name there am I in the midst of them' (Mt 18: 20)" [Sacrosanctum Concilium, n. 7]
La Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II si riferisce proprio a questo passo del Vangelo per indicare uno dei modi della presenza di Cristo: "Quando la Chiesa prega e canta i Salmi, è presente Lui che ha promesso: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io  sono in mezzo a loro" (Mt 18, 20)" [Sacrosanctum Concilium, 7]
This was well known to the primitive Christian community, which considered itself "alien" here below and called its populated nucleuses in the cities "parishes", which means, precisely, colonies of foreigners [in Greek, pároikoi] (cf. I Pt 2: 11). In this way, the first Christians expressed the most important characteristic of the Church, which is precisely the tension of living in this life in light of Heaven (Pope Benedict)
Era ben consapevole di ciò la primitiva comunità cristiana che si considerava quaggiù "forestiera" e chiamava i suoi nuclei residenti nelle città "parrocchie", che significa appunto colonie di stranieri [in greco pàroikoi] (cfr 1Pt 2, 11). In questo modo i primi cristiani esprimevano la caratteristica più importante della Chiesa, che è appunto la tensione verso il cielo (Papa Benedetto)
A few days before her deportation, the woman religious had dismissed the question about a possible rescue: “Do not do it! Why should I be spared? Is it not right that I should gain no advantage from my Baptism? If I cannot share the lot of my brothers and sisters, my life, in a certain sense, is destroyed” (Pope John Paul II)
Pochi giorni prima della sua deportazione la religiosa, a chi le offriva di fare qualcosa per salvarle la vita, aveva risposto: "Non lo fate! Perché io dovrei essere esclusa? La giustizia non sta forse nel fatto che io non tragga vantaggio dal mio battesimo? Se non posso condividere la sorte dei miei fratelli e sorelle, la mia vita è in un certo senso distrutta" (Papa Giovanni Paolo II)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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