Apr 26, 2025 Scritto da 

Mi Ami?

1. "Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva" (Gv 21,4). Sul far del mattino, il Risorto apparve agli Apostoli, reduci da una nottata di vano lavoro sul Lago di Tiberiade. L'evangelista precisa che in quella notte "non presero nulla" (Gv 21,3), e aggiunge che niente avevano da mangiare. All'invito di Gesù: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete" (Gv 21,6) essi ubbidirono senza esitare. Pronta fu la loro risposta e grande la ricompensa, perché quella rete, rimasta vuota la notte, poi "non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci" (Gv 21,6).

Come non vedere in questo episodio, che san Giovanni riferisce nell'epilogo del suo Vangelo, un segno eloquente di ciò che il Signore continua a compiere nella Chiesa e nel cuore dei credenti, che confidano senza riserve in Lui?

2. "Quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro:  "È il Signore!"" (Gv 21, 7). Nel Vangelo abbiamo ascoltato, dinanzi al miracolo compiuto, un discepolo riconoscere Gesù. Anche gli altri lo faranno in seguito. Il passaggio evangelico, nel presentarci Gesù che "si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro" (Gv 21, 13), ci indica come e quando possiamo incontrare Cristo risorto:  nell'Eucaristia, dove Gesù è realmente presente sotto le specie del pane e del vino. Sarebbe triste se questa presenza amorosa del Salvatore, dopo tanto tempo, fosse ancora disconosciuta dall'umanità.

3. "E nessuno dei discepoli osava domandargli:  "Chi sei?", poiché sapevano bene che era il Signore" (Gv 21, 12). Quando i discepoli lo riconoscono sulle rive del lago di Tiberiade, si rafforza la loro fede nel fatto che Cristo è risorto ed è presente in mezzo ai suoi. La Chiesa, da millenni, non si stanca di annunciare e di ripetere questa verità fondamentale della fede.

6. "Signore, tu lo sai che ti amo" (Gv 21,15; cfr vv. 16.17).

[Papa Giovanni Paolo II, omelia 29 aprile 2001]

 

1. La promessa fatta da Gesù a Simon Pietro, di costituirlo pietra fondamentale della sua Chiesa, ha riscontro nel mandato che il Cristo gli affida dopo la risurrezione: “Pasci i miei agnelli”, “Pasci le mie pecorelle” (Gv 21, 15-17). Vi è un oggettivo rapporto tra il conferimento della missione attestato dal racconto di Giovanni, e la promessa riferita da Matteo (cf. Mt 16, 18-19). Nel testo di Matteo vi era un annuncio. In quello di Giovanni vi è l’adempimento dell’annuncio. Le parole: “Pasci le mie pecorelle” manifestano l’intenzione di Gesù di assicurare il futuro della Chiesa da lui fondata, sotto la guida di un pastore universale, ossia Pietro, al quale egli ha detto che, per sua grazia, sarà “pietra” e che avrà le “chiavi del regno dei cieli”, col potere “di legare e di sciogliere”. Gesù, dopo la risurrezione, dà una forma concreta all’annuncio e alla promessa di Cesarea di Filippo, istituendo l’autorità di Pietro come ministero pastorale della Chiesa, a raggio universale.

2. Diciamo subito che in tale missione pastorale s’integra il compito di “confermare i fratelli” nella fede, di cui abbiamo trattato nella precedente catechesi. “Confermare i fratelli” e “pascere le pecore” costituiscono congiuntamente la missione di Pietro: si direbbe il proprium del suo ministero universale. Come afferma il Concilio Vaticano I, la costante tradizione della Chiesa ha giustamente ritenuto che il primato apostolico di Pietro “comprende pure la suprema potestà di magistero” (cf. Denz.-S. 3065). Sia il primato che la potestà di magistero sono conferiti direttamente da Gesù a Pietro come persona singolare, anche se ambedue le prerogative sono ordinate alla Chiesa, senza però derivare dalla Chiesa, ma solo da Cristo. Il primato è dato a Pietro (cf. Mt 16, 18) come - l’espressione è di Agostino - “totius Ecclesiae figuram gerenti” (Epist., 53,1.2), ossia in quanto egli personalmente rappresenta la Chiesa intera; e il compito e potere di magistero gli è conferito come fede confermata perché sia confermante per tutti i “fratelli” (cf. Lc 22, 31 s). Ma tutto è nella Chiesa e per la Chiesa, di cui Pietro è fondamento, clavigero e pastore nella sua struttura visibile, in nome e per mandato di Cristo.

3. Gesù aveva preannunciato questa missione a Pietro non solo a Cesarea di Filippo, ma anche nella prima pesca miracolosa, quando, a Simone che si riconosceva peccatore, aveva detto: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5, 10). In tale circostanza, Gesù aveva riservato a Pietro personalmente questo annuncio, distinguendolo dai suoi compagni e soci, tra i quali i “figli di Zebedeo”, Giacomo e Giovanni (cf. Lc 5, 10). Anche nella seconda pesca miracolosa, dopo la risurrezione, emerge la persona di Pietro in mezzo agli altri Apostoli, secondo la descrizione dell’avvenimento fatta da Giovanni (Gv 21, 2 ss), quasi a tramandarne il ricordo nel quadro di una simbologia profetica della fecondità della missione affidata da Cristo a quei pescatori.

4. Quando Gesù sta per conferire la missione a Pietro, si rivolge a lui con un appellativo ufficiale: “Simone, figlio di Giovanni” (Gv 21, 15), ma assume poi un tono familiare e d’amicizia: “Mi ami tu più di costoro?”. Questa domanda esprime un interesse per la persona di Simon Pietro e sta in rapporto con la sua elezione per una missione personale. Gesù la formula a tre riprese, non senza un implicito riferimento al triplice rinnegamento. E Pietro dà una risposta che non è fondata sulla fiducia nelle proprie forze e capacità personali, sui propri meriti. Ormai sa bene che deve riporre tutta la sua fiducia soltanto in Cristo: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo” (Gv 21, 17). Evidentemente il compito di pastore richiede un amore particolare verso Cristo. Ma è lui, è Dio che dà tutto, anche la capacità di rispondere alla vocazione, di adempiere la propria missione. Sì, bisogna dire che “tutto è grazia”, specialmente a quel livello!

5. E avuta la risposta desiderata, Gesù conferisce a Simon Pietro la missione pastorale: “Pasci i miei agnelli”; “Pasci le mie pecorelle”. È come un prolungamento della missione di Gesù, che ha detto di sé: “Io sono il buon Pastore” (Gv 10, 11). Gesù, che ha partecipato a Simone la sua qualità di “pietra”, gli comunica anche la sua missione di “pastore”. È una comunicazione che implica una comunione intima, che traspare anche dalla formulazione di Gesù: “Pasci i miei agnelli . . . le mie pecorelle”; come aveva già detto: “Su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16, 18). La Chiesa è proprietà di Cristo, non di Pietro. Agnelli e pecorelle appartengono a Cristo, e a nessun altro. Gli appartengono come a “buon Pastore”, che “offre la vita per le sue pecore” (Gv 10, 11). Pietro deve assumersi il ministero pastorale nei riguardi degli uomini redenti “con il sangue prezioso di Cristo” (1 Pt 1, 19). Sul rapporto tra Cristo e gli uomini, diventati sua proprietà mediante la redenzione, si fonda il carattere di servizio che contrassegna il potere annesso alla missione conferita a Pietro: servizio a Colui che solo è “pastore e guardiano delle nostre anime” (1 Pt 2, 25), e nello stesso tempo a tutti coloro che Cristo-buon Pastore ha redento a prezzo del sacrificio della croce. È chiaro, peraltro, il contenuto di tale servizio: come il pastore guida le pecore verso i luoghi in cui possono trovare cibo e sicurezza, così il pastore delle anime deve offrir loro il cibo della parola di Dio e della sua santa volontà (cf. Gv 4, 34), assicurando l’unità del gregge e difendendolo da ogni ostile incursione.

6. Certo, la missione comporta un potere, ma per Pietro - e per i suoi successori - è una potestà ordinata al servizio, a un servizio specifico, un ministerium. Pietro la riceve nella comunità dei Dodici. Egli è uno della comunità degli Apostoli. Ma non c’è dubbio che Gesù, sia mediante l’annuncio (cf. Mt 16, 18-19), sia mediante il conferimento della missione dopo la sua risurrezione, riferisce in modo particolare a Pietro quanto trasmette a tutti gli Apostoli, come missione e come potere. Solo a lui Gesù dice: “Pasci”, ripetendoglielo tre volte. Ne deriva che, nell’ambito del comune compito dei Dodici, si delineano per Pietro una missione e un potere, che toccano soltanto a lui.

7. Gesù si rivolge a Pietro come a persona singola in mezzo ai Dodici, non soltanto come a un rappresentante di questi Dodici: “Mi ami tu più di costoro?” (Gv 21, 15). A questo soggetto - il tu di Pietro - è chiesta la dichiarazione d’amore ed è conferita questa missione e autorità singolare. Pietro è dunque distinto tra gli altri Apostoli. Anche la triplice ripetizione della domanda sull’amore di Pietro, probabilmente in rapporto con il suo triplice rinnegamento di Cristo, accentua il fatto del conferimento a lui di un particolare ministerium, come decisione di Cristo stesso, indipendentemente da qualunque qualità o merito dell’Apostolo, e anzi nonostante la sua momentanea infedeltà.

8. La comunione nella missione messianica, stabilita da Gesù con Pietro mediante quel mandato: “Pasci i miei agnelli . . .”, non può non comportare una partecipazione dell’Apostolo-Pastore allo stato sacrificale di Cristo-buon Pastore “che offre la vita per le sue pecore”. Questa è la chiave di interpretazione di molte vicende, che si ritrovano nella storia del pontificato dei successori di Pietro. Su tutto l’arco di questa storia aleggia quella predizione di Gesù: “Quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi” (Gv 21, 18). Era la predizione della conferma che Pietro avrebbe dato al suo ministero pastorale con la morte per martirio. Come dice Giovanni, con tale morte Pietro “avrebbe glorificato Dio” (Gv 21, 19). Il servizio pastorale, affidato a Pietro nella Chiesa, avrebbe avuto la sua consumazione nella partecipazione al sacrificio della croce, offerto da Cristo per la redenzione del mondo. La croce, che aveva redento Pietro, sarebbe così diventata per lui il mezzo privilegiato per esercitare fino in fondo il suo compito di “Servo dei servi di Dio”.

[Papa Giovanni Paolo II, Udienza Generale 9 dicembre 1992]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Jesus who is the teacher of love, who liked to talk about love so much, in this Gospel speaks of hate. Exactly of hate. But he liked to call things by the proper name they have (Pope Francis)
Gesù che è maestro dell’amore, al quale piaceva tanto parlare di amore, in questo Vangelo parla di odio. Proprio di odio. Ma a lui piaceva chiamare le cose con il nome proprio che hanno (Papa Francesco)
St Thomas Aquinas says this very succinctly when he writes: "The New Law is the grace of the Holy Spirit" (Summa Theologiae, I-IIae, q.106 a. 1). The New Law is not another commandment more difficult than the others: the New Law is a gift, the New Law is the presence of the Holy Spirit [Pope Benedict]
San Tommaso d’Aquino lo dice in modo molto preciso quando scrive: “La nuova legge è la grazia dello Spirito Santo” (Summa theologiae, I-IIae, q. 106, a. 1). La nuova legge non è un altro comando più difficile degli altri: la nuova legge è un dono, la nuova legge è la presenza dello Spirito Santo [Papa Benedetto]
Even after seeing his people's repeated unfaithfulness to the covenant, this God is still willing to offer his love, creating in man a new heart (John Paul II)
Anche dopo aver registrato nel suo popolo una ripetuta infedeltà all’alleanza, questo Dio è disposto ancora ad offrire il proprio amore, creando nell’uomo un cuore nuovo (Giovanni Paolo II)
«Abide in me, and I in you» (v. 4). This abiding is not a question of abiding passively, of “slumbering” in the Lord, letting oneself be lulled by life [Pope Francis]
«Rimanete in me e io in voi» (v. 4). Questo rimanere non è un rimanere passivo, un “addormentarsi” nel Signore, lasciandosi cullare dalla vita [Papa Francesco]
سَلامي أُعطيكُم – My peace I give to you! (Jn 14:27). This is the true revolution brought by Christ: that of love […] You will come to know inconceivable joy and fulfilment! To answer Christ’s call to each of us: that is the secret of true peace (Pope Benedict)
سَلامي أُعطيكُم [Vi do la mia pace!]. Qui è la vera rivoluzione portata da Cristo, quella dell'amore [...] Conoscerete una gioia ed una pienezza insospettate! Rispondere alla vocazione di Cristo su di sé: qui sta il segreto della vera pace (Papa Benedetto)
Spirit, defined as "another Paraclete" (Jn 14: 16), a Greek word that is equivalent to the Latin "ad-vocatus", an advocate-defender. The first Paraclete is in fact the Incarnate Son who came to defend man (Pope Benedict)
Spirito, definito "un altro Paraclito" (Gv 14,16), termine greco che equivale al latino "ad-vocatus", avvocato difensore. Il primo Paraclito infatti è il Figlio incarnato, venuto per difendere l’uomo (Papa Benedetto)
The Lord gives his disciples a new commandment, as it were a Testament, so that they might continue his presence among them in a new way: […] If we love each other, Jesus will continue to be present in our midst, to be glorified in this world (Pope Benedict)
Quasi come Testamento ai suoi discepoli per continuare in modo nuovo la sua presenza in mezzo a loro, dà ad essi un comandamento: […] Se ci amiamo gli uni gli altri, Gesù continua ad essere presente in mezzo a noi, ad essere glorificato nel mondo (Papa Benedetto)
St Teresa of Avila wrote: “the last thing we should do is to withdraw from our greatest good and blessing, which is the most sacred humanity of Our Lord Jesus Christ” (cf. The Interior Castle, 6, ch. 7) [Pope Benedict]

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