1. In questa prima domenica dopo Natale la Chiesa celebra la festa della Santa Famiglia. Come nel presepe, lo sguardo di fede ci fa abbracciare insieme il Bimbo divino e le persone che gli sono accanto: la sua Madre Santissima, e Giuseppe, il suo padre putativo. Quale luce si sprigiona da questa “icona di gruppo” del Santo Natale! Luce di misericordia e di salvezza per il mondo intero, luce di verità per ogni uomo, per la famiglia umana e per le singole famiglie. Com’è bello per i coniugi rispecchiarsi nella Vergine Maria e nel suo sposo Giuseppe! Com’è consolante per i genitori specialmente se hanno un bimbo piccolo! Com’è illuminante per i fidanzati alle prese con i loro progetti di vita!
Raccoglierci intorno alla grotta di Betlemme, a contemplarvi la Santa Famiglia, ci fa gustare in modo speciale il dono dell’intimità familiare, e ci sprona ad offrire calore umano e concreta solidarietà in quelle situazioni, purtroppo numerose, in cui, per vari motivi manca la pace, manca l’armonia, manca, in una parola, la “famiglia”.
2. Il messaggio che viene dalla Santa Famiglia è anzitutto un messaggio di fede: quella di Nazaret è una casa in cui Dio è veramente al centro. Per Maria e Giuseppe questa scelta di fede si concretizza nel servizio al Figlio di Dio loro affidato, ma si esprime anche nel loro amore reciproco, ricco di spirituale tenerezza e di fedeltà.
Essi insegnano con la loro vita che il matrimonio è un’alleanza tra l’uomo e la donna, alleanza che impegna alla reciproca fedeltà e poggia sul comune affidamento a Dio. Alleanza così nobile, profonda e definitiva, da costituire per i credenti il sacramento dell’amore di Cristo e della Chiesa. La fedeltà dei coniugi a sua volta si pone come solida roccia su cui poggia la fiducia dei figli.
Quando genitori e figli respirano insieme questo clima di fede, essi dispongono di una energia che permette loro di affrontare prove anche difficili, come mostra l’esperienza della Santa Famiglia.
[Papa Giovanni Paolo II, Angelus 29 dicembre 1996]
Chiesa domestica
3. Un altro tema è quello della famiglia come luogo in cui matura la vocazione. Possiamo cogliere questo aspetto nella risposta data da Gesù a Maria e Giuseppe, che lo cercavano angosciati mentre egli si intratteneva coi dottori nel tempio di Gerusalemme: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2, 49). Nella Lettera che ho indirizzato ai giovani di tutto il mondo nel 1985, in occasione della Giornata della Gioventù, ho cercato di evidenziare come è prezioso questo progetto di vita che proprio durante l’età giovanile ciascun giovane deve sforzarsi di elaborare. Come Gesù dodicenne era tutto dedito alle cose del Padre, così ciascuno è chiamato a porsi la domanda: quali sono queste “cose del Padre”, in cui devo impegnarmi per tutta la vita?
4. Altri aspetti inerenti alla vocazione della famiglia ci vengono illustrati dalla parenesi apostolica, quale ad esempio si trova nelle Lettere agli Efesini e ai Colossesi. Per gli Apostoli, così come più tardi per i Padri della Chiesa, la famiglia è la “chiesa domestica”. A questa grande tradizione rimane fedele il Papa Paolo VI nella sua meravigliosa omelia su Nazaret e sull’esempio che ci viene dalla Santa Famiglia: “Nazaret ci ricordi cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile...” (Insegnamenti di Paolo VI, II, 1964, p. 25).
5. Così dunque, fin dall’inizio, la Chiesa scrive la sua Lettera alle famiglie, e io stesso intendo muovermi in questo solco, preparando una Lettera per l’Anno della Famiglia: essa sarà resa pubblica tra non molto. La Santa Famiglia di Nazaret è per noi una sfida permanente, che ci obbliga ad approfondire il mistero della “chiesa domestica” e di ogni famiglia umana. Essa ci è di stimolo a pregare per le famiglie e con le famiglie e a condividere tutto ciò che per loro costituisce gioia e speranza, ma anche preoccupazione e inquietudine.
6. L’esperienza familiare, infatti, è chiamata a diventare, nella vita cristiana, il contenuto di un offertorio quotidiano, come un’offerta santa, un sacrificio a Dio gradito (cf. 1 Pt 2, 5; Rm 12, 1). Ce lo suggerisce anche il Vangelo della presentazione di Gesù al tempio. Gesù, che è “la luce del mondo” (Gv 8, 12), ma anche “segno di contraddizione” (Lc 2, 34), desidera accogliere questo offertorio di ogni famiglia come accoglie il pane e il vino nell’Eucaristia. Queste umane gioie e speranze, ma anche le inevitabili sofferenze e preoccupazioni, proprie di ogni vita di famiglia, egli vuole unire al pane e al vino destinato alla transustanziazione, assumendole così in certo modo nel mistero del suo Corpo e del suo Sangue. Questo Corpo e questo Sangue egli poi dona nella comunione come fonte di energia spirituale, non soltanto per ogni singola persona ma anche per ogni famiglia.
7. La Santa Famiglia di Nazaret voglia introdurci ad una comprensione sempre più profonda della vocazione di ogni famiglia, che trova in Cristo la fonte della sua dignità e della sua santità. Nel Natale Dio ha incontrato l’uomo e lo ha unito indissolubilmente a sé: questo “admirabile consortium” include anche il “familiare consortium”. Contemplando questa realtà, la Chiesa piega le ginocchia come di fronte a un “grande mistero” (cf. Ef 5, 32): essa vede nell’esperienza di comunione a cui è chiamata la famiglia un riflesso nel tempo della comunione trinitaria e sa bene che il matrimonio cristiano non è soltanto una realtà naturale, ma anche il sacramento dell’unità sponsale di Cristo con la sua Chiesa. È questa sublime dignità della famiglia e del matrimonio che il Concilio Vaticano II ci ha invitato a promuovere. Benedette le famiglie, che sapranno cogliere e realizzare questo originario e meraviglioso progetto di Dio, camminando per le vie indicate da Cristo.
[Papa Giovanni Paolo II, Udienza Generale 29 dicembre 1993]