Dic 23, 2024 Scritto da 

Icona di gruppo, Chiesa domestica

1. In questa prima domenica dopo Natale la Chiesa celebra la festa della Santa Famiglia. Come nel presepe, lo sguardo di fede ci fa abbracciare insieme il Bimbo divino e le persone che gli sono accanto: la sua Madre Santissima, e Giuseppe, il suo padre putativo. Quale luce si sprigiona da questa “icona di gruppo” del Santo Natale! Luce di misericordia e di salvezza per il mondo intero, luce di verità per ogni uomo, per la famiglia umana e per le singole famiglie. Com’è bello per i coniugi rispecchiarsi nella Vergine Maria e nel suo sposo Giuseppe! Com’è consolante per i genitori specialmente se hanno un bimbo piccolo! Com’è illuminante per i fidanzati alle prese con i loro progetti di vita!

Raccoglierci intorno alla grotta di Betlemme, a contemplarvi la Santa Famiglia, ci fa gustare in modo speciale il dono dell’intimità familiare, e ci sprona ad offrire calore umano e concreta solidarietà in quelle situazioni, purtroppo numerose, in cui, per vari motivi manca la pace, manca l’armonia, manca, in una parola, la “famiglia”.

2. Il messaggio che viene dalla Santa Famiglia è anzitutto un messaggio di fede: quella di Nazaret è una casa in cui Dio è veramente al centro. Per Maria e Giuseppe questa scelta di fede si concretizza nel servizio al Figlio di Dio loro affidato, ma si esprime anche nel loro amore reciproco, ricco di spirituale tenerezza e di fedeltà.

Essi insegnano con la loro vita che il matrimonio è un’alleanza tra l’uomo e la donna, alleanza che impegna alla reciproca fedeltà e poggia sul comune affidamento a Dio. Alleanza così nobile, profonda e definitiva, da costituire per i credenti il sacramento dell’amore di Cristo e della Chiesa. La fedeltà dei coniugi a sua volta si pone come solida roccia su cui poggia la fiducia dei figli.

Quando genitori e figli respirano insieme questo clima di fede, essi dispongono di una energia che permette loro di affrontare prove anche difficili, come mostra l’esperienza della Santa Famiglia.

[Papa Giovanni Paolo II, Angelus 29 dicembre 1996]

 

Chiesa domestica

3. Un altro tema è quello della famiglia come luogo in cui matura la vocazione. Possiamo cogliere questo aspetto nella risposta data da Gesù a Maria e Giuseppe, che lo cercavano angosciati mentre egli si intratteneva coi dottori nel tempio di Gerusalemme: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2, 49). Nella Lettera che ho indirizzato ai giovani di tutto il mondo nel 1985, in occasione della Giornata della Gioventù, ho cercato di evidenziare come è prezioso questo progetto di vita che proprio durante l’età giovanile ciascun giovane deve sforzarsi di elaborare. Come Gesù dodicenne era tutto dedito alle cose del Padre, così ciascuno è chiamato a porsi la domanda: quali sono queste “cose del Padre”, in cui devo impegnarmi per tutta la vita?

4. Altri aspetti inerenti alla vocazione della famiglia ci vengono illustrati dalla parenesi apostolica, quale ad esempio si trova nelle Lettere agli Efesini e ai Colossesi. Per gli Apostoli, così come più tardi per i Padri della Chiesa, la famiglia è la “chiesa domestica”. A questa grande tradizione rimane fedele il Papa Paolo VI nella sua meravigliosa omelia su Nazaret e sull’esempio che ci viene dalla Santa Famiglia: “Nazaret ci ricordi cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile...” (Insegnamenti di Paolo VI, II, 1964, p. 25).

5. Così dunque, fin dall’inizio, la Chiesa scrive la sua Lettera alle famiglie, e io stesso intendo muovermi in questo solco, preparando una Lettera per l’Anno della Famiglia: essa sarà resa pubblica tra non molto. La Santa Famiglia di Nazaret è per noi una sfida permanente, che ci obbliga ad approfondire il mistero della “chiesa domestica” e di ogni famiglia umana. Essa ci è di stimolo a pregare per le famiglie e con le famiglie e a condividere tutto ciò che per loro costituisce gioia e speranza, ma anche preoccupazione e inquietudine.

6. L’esperienza familiare, infatti, è chiamata a diventare, nella vita cristiana, il contenuto di un offertorio quotidiano, come un’offerta santa, un sacrificio a Dio gradito (cf. 1 Pt 2, 5; Rm 12, 1). Ce lo suggerisce anche il Vangelo della presentazione di Gesù al tempio. Gesù, che è “la luce del mondo” (Gv 8, 12), ma anche “segno di contraddizione” (Lc 2, 34), desidera accogliere questo offertorio di ogni famiglia come accoglie il pane e il vino nell’Eucaristia. Queste umane gioie e speranze, ma anche le inevitabili sofferenze e preoccupazioni, proprie di ogni vita di famiglia, egli vuole unire al pane e al vino destinato alla transustanziazione, assumendole così in certo modo nel mistero del suo Corpo e del suo Sangue. Questo Corpo e questo Sangue egli poi dona nella comunione come fonte di energia spirituale, non soltanto per ogni singola persona ma anche per ogni famiglia.

7. La Santa Famiglia di Nazaret voglia introdurci ad una comprensione sempre più profonda della vocazione di ogni famiglia, che trova in Cristo la fonte della sua dignità e della sua santità. Nel Natale Dio ha incontrato l’uomo e lo ha unito indissolubilmente a sé: questo “admirabile consortium” include anche il “familiare consortium”. Contemplando questa realtà, la Chiesa piega le ginocchia come di fronte a un “grande mistero” (cf. Ef 5, 32): essa vede nell’esperienza di comunione a cui è chiamata la famiglia un riflesso nel tempo della comunione trinitaria e sa bene che il matrimonio cristiano non è soltanto una realtà naturale, ma anche il sacramento dell’unità sponsale di Cristo con la sua Chiesa. È questa sublime dignità della famiglia e del matrimonio che il Concilio Vaticano II ci ha invitato a promuovere. Benedette le famiglie, che sapranno cogliere e realizzare questo originario e meraviglioso progetto di Dio, camminando per le vie indicate da Cristo.

[Papa Giovanni Paolo II, Udienza Generale 29 dicembre 1993]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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In the Holy Family, we are invited to "return to Jerusalem". But by observing the autonomy of the young Christ also in the holy city, we will gradually be able to open ourselves to the unprecedented vocation that we carry within
Nella sacra Famiglia, siamo invitati a «tornare a Gerusalemme». Ma osservando anche nella città santa l’autonomia del giovane Cristo, gradualmente sapremo aprirci alla vocazione inedita che portiamo dentro
Herod is a figure we dislike, whom we instinctively judge negatively because of his brutality. Yet we should ask ourselves: is there perhaps something of Herod also in us? Might we too sometimes see God as a sort of rival? Might we too be blind to his signs and deaf to his words because we think he is setting limits on our life and does not allow us to dispose of our existence as we please? (Pope Benedict)
Erode è un personaggio che non ci è simpatico e che istintivamente giudichiamo in modo negativo per la sua brutalità. Ma dovremmo chiederci: forse c’è qualcosa di Erode anche in noi? Forse anche noi, a volte, vediamo Dio come una sorta di rivale? Forse anche noi siamo ciechi davanti ai suoi segni, sordi alle sue parole, perché pensiamo che ponga limiti alla nostra vita e non ci permetta di disporre dell’esistenza a nostro piacimento? (Papa Benedetto)i
John is the origin of our loftiest spirituality. Like him, ‘the silent ones' experience that mysterious exchange of hearts, pray for John's presence, and their hearts are set on fire (Athinagoras)
Giovanni è all'origine della nostra più alta spiritualità. Come lui, i ‘silenziosi’ conoscono quel misterioso scambio dei cuori, invocano la presenza di Giovanni e il loro cuore si infiamma (Atenagora)
Stephen's story tells us many things: for example, that charitable social commitment must never be separated from the courageous proclamation of the faith. He was one of the seven made responsible above all for charity. But it was impossible to separate charity and faith. Thus, with charity, he proclaimed the crucified Christ, to the point of accepting even martyrdom. This is the first lesson we can learn from the figure of St Stephen: charity and the proclamation of faith always go hand in hand (Pope Benedict
La storia di Stefano dice a noi molte cose. Per esempio, ci insegna che non bisogna mai disgiungere l'impegno sociale della carità dall'annuncio coraggioso della fede. Era uno dei sette incaricato soprattutto della carità. Ma non era possibile disgiungere carità e annuncio. Così, con la carità, annuncia Cristo crocifisso, fino al punto di accettare anche il martirio. Questa è la prima lezione che possiamo imparare dalla figura di santo Stefano: carità e annuncio vanno sempre insieme (Papa Benedetto)
“They found”: this word indicates the Search. This is the truth about man. It cannot be falsified. It cannot even be destroyed. It must be left to man because it defines him (John Paul II)
“Trovarono”: questa parola indica la Ricerca. Questa è la verità sull’uomo. Non la si può falsificare. Non la si può nemmeno distruggere. La si deve lasciare all’uomo perché essa lo definisce (Giovanni Paolo II)
Thousands of Christians throughout the world begin the day by singing: “Blessed be the Lord” and end it by proclaiming “the greatness of the Lord, for he has looked with favour on his lowly servant” (Pope Francis)
Migliaia di cristiani in tutto il mondo cominciano la giornata cantando: “Benedetto il Signore” e la concludono “proclamando la sua grandezza perché ha guardato con bontà l’umiltà della sua serva” (Papa Francesco)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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