Giu 14, 2024 Scritto da 

Seme che cresce con dinamica propria

1. Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra" (Mc 4, 26). Il nome seminario fa riferimento a queste parole di Cristo. Il termine latino seminarium proviene da semen, il seme. Gesù, a proposito del seme gettato nella terra, dice che esso germoglia e cresce sia che l'uomo vegli sia che dorma: germoglia e cresce di notte e di giorno. "Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga" (Mc 4, 28).

L'analogia con la vocazione sacerdotale s'impone da sola. Essa è come il seme di Dio, gettato nell'anima umana, che cresce con una dinamica propria. Ma il seme, perché cresca, deve essere coltivato. E' l'uomo che deve seminare; ed è ancora l'uomo che deve vigilare sullo sviluppo del seme. Occorre impedire che le forze contrarie, persone malevole o calamità naturali, distruggano le pianticelle che stanno crescendo. E quando esse sono giunte a maturazione, l'uomo deve mettere mano alla falce, come afferma Cristo, poiché il campo è pronto per la mietitura (cfr Mc 4, 29).

In un'altra circostanza Gesù osserva: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!" (Mt 9, 37- 38). Anche queste parole hanno un riferimento al seminario, luogo dove si formano gli operai per la grande messe del Regno di Dio, che s'estende in tutti i Paesi e i Continenti. E' bene che, al termine dell'anno scolastico seminaristico, riascoltiamo oggi questa parabola di Cristo.

2. Il Vangelo appena proclamato contiene ancora un paragone, importante per voi che siete a conclusione dell'anno di lavoro del seminario. Cristo domanda: "A che cosa possiamo paragonare il Regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?" (Mc 4, 30). E risponde: "Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra" (Mc 4, 31-32). Sono parole che fanno riferimento al Libro di Ezechiele, da cui è tratta la prima lettura. I due testi parlano della stessa cosa: lo sviluppo del Regno di Dio nella storia del mondo. E, secondo un'altra analogia, parlano anche dello sviluppo della vocazione sacerdotale in ogni anima giovanile. Ecco, proprio questo è il compito del seminario.

Al termine dell'anno seminaristico, abbiamo l'occasione di dare uno sguardo al grande lavoro svolto in questi mesi dallo Spirito Santo, nell'animo di ciascun chiamato. Molti, a cominciare dagli interessati, hanno collaborato con lo Spirito, affinché il seme divino della vocazione potesse maturare favorendo la crescita del Regno di Dio nel mondo. E' in questo modo che la Chiesa si consolida nel mondo, a somiglianza del grande albero della parabola, i cui rami danno riparo agli uccelli dell'aria e all'uomo affaticato.

Questa parabola ci esorta a considerare il lavoro annuale del Seminario Romano nella prospettiva missionaria della crescita di quell'albero divino, che si sviluppa e s'estende progressivamente fino ad abbracciare i Paesi del mondo intero. Il seminario di Roma, da questo punto di vista, riveste un ruolo quanto mai significativo. Non è forse Roma, sede del Successore di Pietro, il centro propulsore dell'azione missionaria in ogni parte del mondo?

3. Anche san Paolo, nella pericope della Lettera ai Corinzi poc'anzi proclamata, ci offre l'opportunità di approfondire la questione della formazione sacerdotale. L'Apostolo scrive: "Camminiamo nella fede e non ancora in visione" (2 Cor 5, 7). Ed aggiunge: "Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore" (2 Cor 5, 8). Che cos'altro è la formazione nel seminario, l'istruzione e l'educazione che in esso si ricevono, se non una introduzione alle virtù teologali, che costituiscono il fondamento della vita cristiana e, in particolare, di quella sacerdotale? La più grande di esse è la carità (cfr 1 Cor 13, 13). Non accenna forse alla carità l'Apostolo quando dice: "Perciò ci sforziamo, sia dimorando nel corpo sia esulando da esso, di essere a lui graditi" (2 Cor 5, 9)?

Alla fine dell'anno accademico l'Apostolo sembra porre a ciascuno di voi, cari giovani, queste domande: quanto è servito quest'anno allo sviluppo della fede, della speranza e della carità? Quanto all'approfondimento dei doni dello Spirito Santo, la sapienza, l'intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà, e il timor di Dio? Quanto questo organismo divino si è radicato nel nostro organismo spirituale, nelle forze conoscitive dell'intelletto e nelle aspirazioni della nostra volontà? "Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male" (2 Cor 5, 10). L'esame di coscienza di ogni giorno e di ogni anno deve svolgersi in questa prospettiva escatologica. Bisogna domandare perdono per tutte le nostre negligenze ma, soprattutto, bisogna ringraziare. A questo pure ci invita l'odierna liturgia con le parole del Salmo: "E' bello dar lode al Signore e cantare al tuo nome, o Altissimo" (Sal 91[92], 2). Cantare e rendere grazie per quanto, con la grazia di Dio e la nostra collaborazione, è diventato frutto di quest'anno di seminario.

Ci incontriamo, quest'oggi, sul Colle Vaticano, presso la grotta della Madonna di Lourdes. Risuonano nel nostro spirito le parole del Salmo:

Il giusto fiorirà come palma,

crescerà come cedro del Libano;

piantati nella casa del Signore,

fioriranno negli atri del nostro Dio" (Sal 91[92], 13-14).

Possano questi versetti aiutarci a meditare sulla nostra vocazione al servizio del Vangelo.

Ci accompagnino e ci siano di sostegno i santi apostoli Pietro e Paolo e tutti i Santi e i Beati della Chiesa che è in Roma, fulgidi esempi che ci hanno preceduto sulla via della fedele sequela di Cristo, nel quotidiano impegno di costruire il Regno di Dio.

[Giovanni Paolo II, omelia ai Giardini Vaticani 15 giugno 1997]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Familiarity at the human level makes it difficult to go beyond this in order to be open to the divine dimension. That this son of a carpenter was the Son of God was hard for them to believe [Pope Benedict]
La familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo Figlio di un falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro [Papa Benedetto]
Christ reveals his identity of Messiah, Israel's bridegroom, who came for the betrothal with his people. Those who recognize and welcome him are celebrating. However, he will have to be rejected and killed precisely by his own; at that moment, during his Passion and death, the hour of mourning and fasting will come (Pope Benedict)
Cristo rivela la sua identità di Messia, Sposo d'Israele, venuto per le nozze con il suo popolo. Quelli che lo riconoscono e lo accolgono con fede sono in festa. Egli però dovrà essere rifiutato e ucciso proprio dai suoi: in quel momento, durante la sua passione e la sua morte, verrà l'ora del lutto e del digiuno (Papa Benedetto)
Peter, Andrew, James and John are called while they are fishing, while Matthew, while he is collecting tithes. These are unimportant jobs, Chrysostom comments, "because there is nothing more despicable than the tax collector, and nothing more common than fishing" (In Matth. Hom.: PL 57, 363). Jesus' call, therefore, also reaches people of a low social class while they go about their ordinary work [Pope Benedict]
Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono chiamati mentre stanno pescando, Matteo appunto mentre riscuote il tributo. Si tratta di lavori di poco conto – commenta il Crisostomo -  “poiché non c'è nulla di più detestabile del gabelliere e nulla di più comune della pesca” (In Matth. Hom.: PL 57, 363). La chiamata di Gesù giunge dunque anche a persone di basso rango sociale, mentre attendono al loro lavoro ordinario [Papa Benedetto]
For the prodigious and instantaneous healing of the paralytic, the apostle St. Matthew is more sober than the other synoptics, St. Mark and St. Luke. These add broader details, including that of the opening of the roof in the environment where Jesus was, to lower the sick man with his lettuce, given the huge crowd that crowded at the entrance. Evident is the hope of the pitiful companions: they almost want to force Jesus to take care of the unexpected guest and to begin a dialogue with him (Pope Paul VI)
Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù, per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che faceva ressa all’entrata. Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare un dialogo con lui (Papa Paolo VI)
The invitation given to Thomas is valid for us as well. We, where do we seek the Risen One? In some special event, in some spectacular or amazing religious manifestation, only in our emotions and feelings? [Pope Francis]
L’invito fatto a Tommaso è valido anche per noi. Noi, dove cerchiamo il Risorto? In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? [Papa Francesco]
His slumber causes us to wake up. Because to be disciples of Jesus, it is not enough to believe God is there, that he exists, but we must put ourselves out there with him; we must also raise our voice with him. Hear this: we must cry out to him. Prayer is often a cry: “Lord, save me!” (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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