Giu 12, 2024 Scritto da 

Nuova Alleanza delle persone

Costruire il nuovo senso etico attraverso la riscoperta dei valori

1. Arriviamo nella nostra analisi alla terza parte dell’enunciato di Cristo nel Discorso della Montagna (Mt 5,27-28). La prima parte era: "Avete inteso che fu detto: non commetterete adulterio". La seconda: "Ma io vi dico, chiunque guarda una donna per desiderarla", è grammaticalmente connessa alla terza: "ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore".

Il metodo qui applicato, che è quello di dividere, di "spezzare" l’enunciato di Cristo in tre parti, che si susseguono, può sembrare artificioso. Tuttavia, quando cerchiamo il senso etico dell’intero enunciato, nella sua globalità, può esser utile appunto la divisione del testo da noi usata, a patto che non venga applicata solo in modo disgiuntivo ma congiuntivo. Ed è quello che intendiamo fare. Ognuna delle distinte parti ha un proprio contenuto e connotazioni che le sono specifiche, ed è appunto quanto vogliamo mettere in rilievo, mediante la divisione del testo; ma al tempo stesso va segnalato che ognuna delle parti si spiega nel rapporto diretto con le altre. Ciò si riferisce in primo luogo ai principali elementi semantici, mediante i quali l’enunciato costituisce un insieme. Ecco questi elementi: commettere adulterio, desiderare, commettere adulterio nel corpo, commettere adulterio nel cuore. Sarebbe particolarmente difficile stabilire il senso etico del "desiderare" senza l’elemento indicato qui per ultimo, cioè l’"adulterio nel cuore". Già l’analisi precedente ha in un certo grado preso in considerazione questo elemento; tuttavia una più piena comprensione della componente: "commettere adulterio nel cuore" è possibile solo dopo un’apposita analisi.

2.

Come già abbiamo accennato all’inizio, si tratta qui di stabilire il senso etico. L’enunciato di Cristo, in Matteo 5,27-28, prende inizio dal comandamento: "non commettere adulterio", per mostrare come occorra intenderlo e metterlo in pratica, affinché abbondi in esso la "giustizia" che Dio Jahvè come Legislatore ha voluto: affinché essa abbondi in misura maggiore di quanto risultasse dall’interpretazione e dalla casistica dei dottori dell’Antico Testamento. Se le parole di Cristo in tale senso tendono a costruire il nuovo ethos (e in base allo stesso comandamento), la via a ciò passa attraverso la riscoperta dei valori, che - nella comprensione generale anticotestamentaria e nell’applicazione di questo comandamento - sono andate perdute.

3.

Da questo punto di vista è significativa anche la formulazione del testo di Matteo 5,27-28. Il comandamento "non commettere adulterio" è formulato come una interdizione che esclude in modo categorico un determinato male morale. È noto che la stessa Legge (Decalogo), oltre alla interdizione "non commettere adulterio" comprende anche l’interdizione "non desiderare la moglie del tuo prossimo" ( Es 20,14 . 17 ; Dt 5,18 . 21 ). Cristo non vanifica un divieto rispetto all’altro. Sebbene parli del "desiderio", tende ad una chiarificazione più profonda dell’"adulterio". È significativo che dopo aver citato il divieto "non commettere adulterio", come noto agli ascoltatori, in seguito, nel corso del suo enunciato cambia il suo stile e la struttura logica da normativa in quella narrativo-affermativa. Quando dice: "Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore", descrive un fatto interiore, la cui realtà può essere facilmente compresa dagli ascoltatori. Al tempo stesso, attraverso il fatto così descritto e qualificato, egli indica come occorre intendere e mettere in pratica il comandamento: "non commettere adulterio", affinché conduca alla "giustizia" voluta dal Legislatore.

4.

In tal modo siamo giunti all’espressione "ha commesso adulterio nel cuore", espressione-chiave, come pare, per intendere il suo giusto senso etico. Questa espressione è in pari tempo la fonte principale per rivelare i valori essenziali del nuovo ethos: dell’ethos del Discorso della Montagna. Come accade spesso nel Vangelo, anche qui riscontriamo un certo paradosso. Come, infatti, può aver luogo l’"adulterio" senza "commettere adulterio", cioè senza l’atto esteriore, che consente di individuare l’atto vietato dalla Legge? Abbiamo visto quanto si impegnasse la casistica dei "dottori della Legge" nel precisare questo problema. Ma anche indipendentemente dalla casistica, sembra evidente che l’adulterio possa essere individuato solo "nella carne" (cf. Gen 2,24 ), cioè quando i due: l’uomo e la donna, che si uniscono fra loro così: da diventare una sola carne, non sono coniugi legali: marito e moglie. Quale significato può quindi avere l’"adulterio commesso nel cuore"? Non è questa forse una espressione soltanto metaforica, adoperata dal Maestro per mettere in risalto la peccaminosità della concupiscenza?

5.

Se ammettessimo tale lettura semantica dell’enunciato di Cristo ( Mt 5,27-28 ) occorrerebbe riflettere profondamente sulle conseguenze etiche che ne deriverebbero, cioè sulle conclusioni circa la regolarità etica del comportamento. L’adulterio avviene quando l’uomo e la donna, che si uniscono fra loro così da diventare una sola carne (cf. Gen 2,24 ), cioè nel modo proprio dei coniugi, non sono coniugi legali. L’individuazione dell’adulterio come peccato commesso "nel corpo" è strettamente ed esclusivamente unita all’atto "esteriore", alla convivenza coniugale che si riferisce anche allo stato delle persone agenti, riconosciuto dalla società. Nel caso in questione questo stato è improprio e non autorizza a tale atto (di qui, appunto, la denominazione: "adulterio").

6.

Passando alla seconda parte dell’enunciato di Cristo (cioè a quello in cui inizia a configurarsi il nuovo ethos) bisognerebbe intendere l’espressione: "chiunque guarda una donna per desiderare", nel riferimento esclusivo alle persone secondo il loro stato civile, riconosciuto cioè dalla società, siano o no coniugi. Qui cominciano a moltiplicarsi gli interrogativi. Siccome non può creare dubbi il fatto che Cristo indichi la peccaminosità dell’atto interiore della concupiscenza espressa attraverso lo sguardo rivolto ad ogni donna che non sia la moglie di colui che la guardi in tal modo, pertanto possiamo e perfino dobbiamo chiederci se con la stessa espressione Cristo ammetta e comprovi tale sguardo, tale atto interiore della concupiscenza, diretto verso la donna che è moglie dell’uomo, che così la guarda. In favore della risposta affermativa a tale domanda sembra essere la seguente premessa logica: (nel caso in questione) può commettere l’"adulterio nel cuore" soltanto l’uomo che è soggetto potenziale dell’"adulterio nella carne". Dato che questo soggetto non può essere l’uomo-marito nei riguardi della propria legittima moglie, dunque l’"adulterio nel cuore" non può riferirsi a lui, ma può addebitarsi a colpa di ogni altro uomo. Se marito, egli non può commetterlo nei riguardi della propria moglie. Egli soltanto ha il diritto esclusivo di "desiderare", di "guardare con concupiscenza" la donna che è sua moglie, e mai si potrà dire che a motivo di un tale atto interiore meriti d’esser accusato dell’"adulterio commesso nel cuore". Se in virtù del matrimonio ha il diritto di "unirsi con sua moglie", così che "i due saranno una sola carne", questo atto non può mai essere chiamato "adulterio"; analogamente non può essere definito "adulterio commesso nel cuore" l’atto interiore del "desiderio" di cui tratta il Discorso della Montagna.

7.

Tale interpretazione delle parole di Cristo in Matteo 5,27-28, sembra corrispondere alla logica del Decalogo, in cui, oltre al comandamento "non commettere adulterio" (VI), c’è anche il comandamento "non desiderare la moglie del tuo prossimo" (IX). Inoltre il ragionamento che è stato fatto a suo sostegno ha tutte le caratteristiche della correttezza obiettiva e dell’esattezza. Nondimeno, resta fondatamente in dubbio se questo ragionamento tiene conto di tutti gli aspetti della rivelazione nonché della teologia del corpo che debbono essere considerati, soprattutto quando vogliamo comprendere le parole di Cristo. Abbiamo già visto in precedenza qual è il "peso specifico" di questa locuzione, quanto ricche sono le implicazioni antropologiche e teologiche dell’unica frase in cui Cristo si riporta "all’origine" (cf. Mt 19,8 ). Le implicazioni antropologiche e teologiche dell’enunciato del Discorso della Montagna, in cui Cristo si richiama al cuore umano conferiscono all’enunciato stesso anche un "peso specifico" proprio, e in pari tempo ne determinano la coerenza con l’insieme dell’insegnamento evangelico. E perciò dobbiamo ammettere che l’interpretazione sopra presentata, con tutta la sua oggettiva correttezza e precisione logica, richiede un certo ampliamento e, soprattutto, un approfondimento. Dobbiamo ricordare che il richiamo al cuore umano, espresso forse in modo paradossale (cf. Mt 5,27-28 ), proviene da Colui che "sapeva quel che c’è in ogni uomo" ( Gv 2,25 ). E se le sue parole confermano i comandamenti del Decalogo (non soltanto il sesto, ma anche il nono), al tempo stesso esprimono quella scienza sull’uomo, che - come abbiamo altrove rilevato - ci consente di unire la consapevolezza della peccaminosità umana con la prospettiva della "redenzione del corpo" (cf. Rm 8,23 ). Appunto tale "scienza sta alle basi del nuovo ethos" che emerge dalle parole del Discorso della Montagna.

 

Prendendo in considerazione tutto ciò, concludiamo che, come nell’intendere l’"adulterio nella carne" Cristo sottopone a critica l’interpretazione erronea e unilaterale dell’adulterio che deriva dalla mancata osservanza della monogamia (cioè del matrimonio inteso come l’alleanza indefettibile delle persone), così anche nell’intendere l’"adulterio nel cuore" Cristo prende in considerazione non soltanto il reale stato giuridico dell’uomo e della donna in questione. Cristo fa dipendere la valutazione morale del "desiderio" soprattutto dalla stessa dignità personale dell’uomo e della donna; e questo ha la sua importanza sia quando si tratta di persone non sposate, sia - e forse ancor più - quando sono coniugi, moglie e marito. Da questo punto di vista ci converrà completare l’analisi delle parole del Discorso della Montagna, e lo faremo la prossima volta.

 

[Papa Giovanni Paolo II, Udienza Generale 1 ottobre 1980]

 

Interpretazione psicologica e teologica del concetto di concupiscenza

1. Desidero oggi portare a termine l’analisi delle parole pronunziate da Cristo, nel discorso della montagna, sull’"adulterio" e sulla "concupiscenza", e in particolare dell’ultima componente dell’enunciato, in cui si definisce specificamente la "concupiscenza dello sguardo", come "adulterio commesso nel cuore".

Già in precedenza abbiamo constatato che le suddette parole vengono di solito intese come desiderio della moglie altrui (cioè secondo lo spirito del IX comandamento del Decalogo). Sembra però che questa interpretazione - più restrittiva - possa e debba essere allargata alla luce del contesto globale. Sembra che la valutazione morale della concupiscenza (del "guardare per desiderare") che Cristo chiama "adulterio commesso nel cuore", dipenda soprattutto dalla stessa dignità personale dell’uomo e della donna; ciò vale sia per coloro che non sono congiunti in matrimonio, sia - e forse ancor più - per quelli che sono marito e moglie.

2.

L’analisi, che finora abbiamo fatto dell’enunciato di Matteo 5,27-28: "Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore", indica la necessità di ampliare e soprattutto di approfondire l’interpretazione anteriormente presentata, riguardo al senso etico che tale enunciato contiene. Ci soffermiamo sulla situazione descritta dal Maestro, situazione nella quale colui che "commette adulterio nel cuore", mediante un atto interiore di concupiscenza (espresso dallo sguardo), è l’uomo. È significativo che Cristo, parlando dell’oggetto di tale atto, non sottolinea che è "la moglie altrui", o la donna che non è la propria moglie, ma dice genericamente: la donna. L’adulterio commesso "nel cuore" non è circoscritto nei limiti del rapporto interpersonale, i quali consentono di individuare l’adulterio commesso "nel corpo". Non sono tali limiti a decidere esclusivamente ed essenzialmente dell’adulterio commesso "nel cuore", ma la natura stessa della concupiscenza, espressa in questo caso attraverso lo sguardo, cioè per il fatto che quell’uomo - di cui, a titolo di esempio, parla Cristo - "guarda per desiderare". L’adulterio "nel cuore" viene commesso non soltanto perché l’uomo "guarda" in tal modo la donna che non è sua moglie, ma appunto perché guarda così una donna. Anche se guardasse in questo modo la donna che è sua moglie commetterebbe lo stesso adulterio "nel cuore".

3.

Questa interpretazione sembra prendere in considerazione, in modo più ampio, ciò che nell’insieme delle presenti analisi è stato detto sulla concupiscenza, e in primo luogo sulla concupiscenza della carne, quale elemento permanente della peccaminosità dell’uomo (status naturae lapsae). La concupiscenza che, come atto interiore, nasce da questa base (come abbiamo cercato di indicare nella precedente analisi), muta l’intenzionalità stessa dell’esistere della donna "per" l’uomo, riducendo la ricchezza della perenne chiamata alla comunione delle persone, la ricchezza della profonda attrattiva della mascolinità e della femminilità, al solo appagamento del "bisogno" sessuale del corpo (a cui sembra collegarsi più da vicino il concetto di "istinto"). Una tale riduzione fa sì che la persona (in questo caso, la donna) diventa per l’altra persona (per l’uomo) soprattutto l’oggetto dell’appagamento potenziale del proprio "bisogno" sessuale. Si deforma così quel reciproco "per", che perde il suo carattere di comunione delle persone a favore della funzione utilitaristica. L’uomo che "guarda" in tal modo, come scrive Matteo 5,27-28, "si serve" della donna, della sua femminilità, per appagare il proprio "istinto". Sebbene non lo faccia con un atto esteriore, già nel suo intimo ha assunto tale atteggiamento, interiormente così decidendo rispetto ad una determinata donna. In ciò consiste appunto l’adulterio "commesso nel cuore". Tale adulterio "nel cuore" può commettere l’uomo anche nei riguardi della propria moglie, se la tratta soltanto come oggetto di appagamento dell’istinto.

4.

Non è possibile giungere alla seconda interpretazione delle parole di Matteo 5,27-28, se ci limitiamo all’interpretazione puramente psicologica della concupiscenza, senza tener conto di ciò che costituisce il suo specifico carattere teologico, cioè il rapporto organico tra la concupiscenza (come atto) e la concupiscenza della carne, come, per così dire, disposizione permanente che deriva dalla peccaminosità dell’uomo. Sembra che l’interpretazione puramente psicologica (ovvero "sessuologica") della "concupiscenza" non costituisca una base sufficiente per comprendere il relativo testo del discorso della montagna. Se invece ci riferiamo all’interpretazione teologica, - senza sottovalutare ciò che nella prima interpretazione (quella psicologica) resta immutabile - essa, cioè la seconda interpretazione (quella teologica) ci appare come più completa. Grazie ad essa, infatti, diviene più chiaro anche il significato etico dell’enunciato-chiave del discorso della montagna a cui dobbiamo l’adeguata dimensione dell’ethos del Vangelo.

5.

Nel delineare questa dimensione, Cristo resta fedele alla Legge: "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento" ( Mt 5,17 ). Di conseguenza dimostra quanto ci sia bisogno di scendere in profondità, quanto ci sia bisogno di svelare a fondo le latebre del cuore umano, affinché questo cuore possa diventare un luogo di "adempimento" alla Legge. L’enunciato di Matteo 5,27-28, che rende manifesta la prospettiva interiore dell’adulterio commesso "nel cuore" - e in questa prospettiva addita le giuste vie per adempiere il comandamento: "Non commettere adulterio" - ne è un singolare argomento. Questo enunciato ( Mt 5,27-28 ) si riferisce infatti, alla sfera in cui si tratta in modo particolare della "purezza del cuore" (cf. Mt 5,8 ) (espressione che nella Bibbia - come è noto - ha un significato ampio). Anche altrove avremo occasione di considerare in che modo il comandamento "Non commettere adulterio" - il quale, quanto al modo in cui viene espresso ed al contenuto, è un divieto univoco e severo (come il comandamento "Non desiderare la moglie del tuo prossimo") ( Es 20,17 ) - si compie appunto mediante la "purezza di cuore". Della severità e forza della proibizione testimoniano indirettamente le successive parole del testo del discorso della montagna, in cui Cristo parla figuratamente del "cavare l’occhio" e del "tagliare la mano", allorché queste membra fossero causa di peccato (cf. Mt 5,29-30 ). Abbiamo constatato in precedenza che la legislazione dell’Antico Testamento, pur abbondando di punizioni improntate a severità tuttavia essa non contribuiva "a dare compimento alla Legge", perché la sua casistica era contrassegnata da molteplici compromessi con la concupiscenza della carne. Cristo invece insegna che il comandamento si adempie attraverso la "purezza di cuore", la quale non viene partecipata all’uomo se non a prezzo di fermezza nei confronti di tutto ciò che ha origine dalla concupiscenza della carne. Acquista la "purezza di cuore" chi sa esigere coerentemente dal suo "cuore": dal suo "cuore" e dal suo "corpo".

6.

Il comandamento "Non commettere adulterio" trova la sua giusta motivazione nell’indissolubilità del matrimonio, in cui l’uomo e la donna, in virtù dell’originario disegno del Creatore, si uniscono in modo che "i due diventano una sola carne" (cf. Gen 2,24 ). L’adulterio, per sua essenza, contrasta con tale unità, nel senso in cui questa unità corrisponde alla dignità delle persone. Cristo non soltanto conferma questo essenziale significato etico del comandamento, ma tende a consolidarlo nella stessa profondità della persona umana. La nuova dimensione dell’ethos è collegata sempre con la rivelazione di quel profondo, che viene chiamato "cuore" e con la liberazione di esso dalla "concupiscenza", in modo che in quel cuore possa risplendere più pienamente l’uomo: maschio e femmina in tutta la verità interiore del reciproco "per". Liberato dalla costrizione e dalla menomazione dello spirito che porta con sé la concupiscenza della carne, l’essere umano: maschio e femmina, si ritrova reciprocamente nella libertà del dono che è la condizione di ogni convivenza nella verità, ed, in particolare, nella libertà del reciproco donarsi, poiché entrambi, come marito e moglie, debbono formare l’unità sacramentale voluta, come dice Genesi 2,24, dallo stesso Creatore.

7.

Come è evidente, l’esigenza, che nel discorso della montagna Cristo pone a tutti i suoi ascoltatori attuali e potenziali, appartiene allo spazio interiore in cui l’uomo - proprio colui che lo ascolta - deve scorgere di nuovo la pienezza perduta della sua umanità, e volerla riacquistare. Quella pienezza nel rapporto reciproco delle persone: dell’uomo e della donna, il Maestro la rivendica in Matteo 5,27-28, avendo in mente soprattutto l’indissolubilità del matrimonio, ma anche ogni altra forma di convivenza degli uomini e delle donne, di quella convivenza che costituisce la pura e semplice trama dell’esistenza. La vita umana, per sua natura, è "coeducativa", e la sua dignità, il suo equilibrio dipendono, ogni momento della storia e in ogni punto di longitudine e latitudine geografica, da "chi" sarà lei per lui, e lui per lei.

 

Le parole pronunziate da Cristo nel discorso della montagna hanno indubbiamente tale portata universale e insieme profonda. Solo così possono essere intese nella bocca di Colui, che sino in fondo "sapeva quello che c’è in ogni uomo" ( Gv 2,25 ), e che, nello stesso tempo, portava in sé il mistero della "redenzione del corpo" come si esprimerà S. Paolo. Dobbiamo temere la severità di queste parole, o piuttosto aver fiducia nel loro contenuto salvifico, nella loro potenza?

 

In ogni caso, l’analisi compiuta delle parole pronunziate da Cristo nel discorso della montagna apre la strada ad ulteriori riflessioni indispensabili per avere piena consapevolezza dell’uomo "storico", e soprattutto dell’uomo contemporaneo: della sua coscienza e del suo "cuore".

 

[Papa Giovanni Paolo II, Udienza Generale 8 ottobre 1980]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Familiarity at the human level makes it difficult to go beyond this in order to be open to the divine dimension. That this son of a carpenter was the Son of God was hard for them to believe [Pope Benedict]
La familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo Figlio di un falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro [Papa Benedetto]
Christ reveals his identity of Messiah, Israel's bridegroom, who came for the betrothal with his people. Those who recognize and welcome him are celebrating. However, he will have to be rejected and killed precisely by his own; at that moment, during his Passion and death, the hour of mourning and fasting will come (Pope Benedict)
Cristo rivela la sua identità di Messia, Sposo d'Israele, venuto per le nozze con il suo popolo. Quelli che lo riconoscono e lo accolgono con fede sono in festa. Egli però dovrà essere rifiutato e ucciso proprio dai suoi: in quel momento, durante la sua passione e la sua morte, verrà l'ora del lutto e del digiuno (Papa Benedetto)
Peter, Andrew, James and John are called while they are fishing, while Matthew, while he is collecting tithes. These are unimportant jobs, Chrysostom comments, "because there is nothing more despicable than the tax collector, and nothing more common than fishing" (In Matth. Hom.: PL 57, 363). Jesus' call, therefore, also reaches people of a low social class while they go about their ordinary work [Pope Benedict]
Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono chiamati mentre stanno pescando, Matteo appunto mentre riscuote il tributo. Si tratta di lavori di poco conto – commenta il Crisostomo -  “poiché non c'è nulla di più detestabile del gabelliere e nulla di più comune della pesca” (In Matth. Hom.: PL 57, 363). La chiamata di Gesù giunge dunque anche a persone di basso rango sociale, mentre attendono al loro lavoro ordinario [Papa Benedetto]
For the prodigious and instantaneous healing of the paralytic, the apostle St. Matthew is more sober than the other synoptics, St. Mark and St. Luke. These add broader details, including that of the opening of the roof in the environment where Jesus was, to lower the sick man with his lettuce, given the huge crowd that crowded at the entrance. Evident is the hope of the pitiful companions: they almost want to force Jesus to take care of the unexpected guest and to begin a dialogue with him (Pope Paul VI)
Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù, per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che faceva ressa all’entrata. Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare un dialogo con lui (Papa Paolo VI)
The invitation given to Thomas is valid for us as well. We, where do we seek the Risen One? In some special event, in some spectacular or amazing religious manifestation, only in our emotions and feelings? [Pope Francis]
L’invito fatto a Tommaso è valido anche per noi. Noi, dove cerchiamo il Risorto? In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? [Papa Francesco]
His slumber causes us to wake up. Because to be disciples of Jesus, it is not enough to believe God is there, that he exists, but we must put ourselves out there with him; we must also raise our voice with him. Hear this: we must cry out to him. Prayer is often a cry: “Lord, save me!” (Pope Francis)

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