Nel suo cammino di fede particolare, san Francesco d’Assisi provò sempre amore verso il Corpo e Sangue di Cristo.
Egli aveva una visione di fede unitaria, concentrata sulla Parola, sulla Persona di Gesù.
Non un Cristo del ricordo devoto, ma vivente e vivificante, nell’unità con i fratelli, in cui vedeva riflesso il suo Volto.
Le Fonti c’informano su quanto Francesco dice nella ‘Lettera a tutti i chierici’:
«Sappiamo che non ci può essere il Corpo se prima non è santificato dalla Parola».
E nel suo Testamento:
«E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi».
«E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di Lui in luoghi indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso». (FF114).
«E dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le santissime parole divine, così come coloro che ci amministrano lo Spirito e la vita». (FF115).
E ancora:
“Bruciava di fervore in tutte le sue viscere per il Sacramento del corpo e sangue del Signore, ammirando stupefatto quella degnazione piena di carità e quella carità piena di degnazione [...]” (FF 1164).
Francesco era innamorato della Francia, non perché la Madre, Monna Pica, provenisse da quelle terre, ma per il fiorire del culto eucaristico, di cui lo aveva informato Giacomo da Vitry, convinto fautore.
Quando andava per le selve o era particolarmente allegro, spesso cantava le lodi in francese.
Le Fonti testimoniano la sua viscerale devozione al Corpo di Cristo.
Il solo pensiero della Cena del Signore, di come e quanto Gesù avesse fatto per ogni anima, lo faceva fremere nel corpo e nello spirito. Considerava fondamentale, per vivere pienamente il Vangelo, che lui e i suoi frati si facessero dono al prossimo in ogni modo e in ogni circostanza.
Il Poverello aveva compreso perfettamente che tutto è retorica se non c’è l’effettivo Dono di sé ai fratelli, che hanno bisogno di concreta testimonianza per riconoscere Cristo.
Le Fonti, scrigno francescano, ci attestano questa verità da lui vissuta:
«Pertanto, scongiuro tutti voi fratelli, baciandovi i piedi e con tutto l’amore di cui sono capace, che prestiate, per quanto potete […] tutta la riverenza e tutto l’onore al Santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo, nel quale tutte le cose che sono in cielo e in terra sono state pacificate e riconciliate a Dio onnipotente” (FF 217).
Ancora:
«Niente infatti possediamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti «da morte a vita»” (Lettera di Francesco a tutti i chierici; FF 207).
E nelle Ammonizioni:
" Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare, nelle mani del sacerdote.
E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato.
E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero" (FF 144).
Essendo, dunque, penetrato per grazia nel Mistero, Francesco era divenuto Eucaristia vivente, donazione effettiva di Chi lo abitava.
"Riteneva grave segno di disprezzo non partecipare all’Eucaristia, anche unica, se il tempo lo permetteva.
Si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti anche gli altri.
Infatti, essendo colmo di riverenza per questo venerando sacramento, offriva il sacrificio di tutte le sue membra, e quando riceveva l’Agnello immolato, immolava lo spirito in quel fuoco, che ardeva sempre sull’altare del suo cuore.
Per questo desiderava morire in Francia, per la venerazione che essa aveva dei sacri misteri.
Un giorno volle mandare i frati per il mondo con pissidi preziose, perché riponessero in luogo il più degno possibile il prezzo della redenzione, ovunque lo vedessero conservato con poco decoro" (FF 789).
"Voleva che si dimostrasse grande rispetto alle mani del sacerdote, perché ad esse è stato conferito il divino potere di consacrare questo sacramento.
«Se mi capitasse - diceva spesso - di incontrare insieme un santo che viene dal cielo ed un sacerdote poverello, saluterei prima il prete e correrei a baciargli le mani.
Direi infatti: Ohi! Aspetta, san Lorenzo [diacono, come Francesco] perché le mani di costui toccano il Verbo di vita e possiedono un potere sovrumano» " (FF 790).
E s. Chiara, dinanzi alla penuria di pane in monastero, per Grazia, ottenne di moltiplicarlo.
"C’era un solo pane, in monastero, e già incalzavano l’ora del desinare e la fame.
Chiamata la dispensiera, la Santa le comanda di dividere il pane e di mandarne una parte ai frati, di trattenere l’altra dentro, per le sorelle.
Da questa seconda metà serbata, ordina di tagliare cinquanta fette, quale era il numero delle Donne, e di presentarle loro sulla mensa della povertà.
E alla devota figlia, che le rispondeva:
«Occorrerebbero gli antichi miracoli di Cristo, per poter tagliare così poco pane in cinquanta fette», la Madre replicò, dicendole:
«Fa’ sicura quello che ti dico, figlia!».
Si affretta dunque la figlia a eseguire il comando della Madre; e si affretta la Madre a rivolgere pii sospiri al suo Cristo, per le sue figlie.
E per Grazia divina quella scarsa materia cresce tra le mani di colei che la spezza, così che risulta una porzione abbondante per ciascun membro della comunità" (FF 3189).
L’amore di Francesco e Chiara al Corpo e Sangue di Cristo li rendeva direttamente partecipi di quel Sacro Mistero.
Entrambi furono trasformati in Eucaristia vivente, testimoni credibili del Pane della Vita.