Gesù, nel capitolo sedici di Giovanni, rivolto ai suoi, dice loro:
«Se chiederete qualcosa al Padre, ve la darà nel mio Nome» (Gv 16,23).
Francesco e la sua comunità erano fortemente convinti che la preghiera educa l’anima all’incontro con Dio, fa chiedere cose giuste, e consente di crescere nella carità.
Domandare a Dio la Grazia, l’aiuto, era per lui sorgente di gioia piena.
Le Fonti ci offrono splendidi passi a sostegno di tutto questo, a partire dal fatto che il Poverello raccomandava l’orazione a tutti i suoi frati, costantemente.
"Quei frati ai quali il Signore ha concesso la grazia di lavorare, lavorino con fedeltà e con devozione, così che, allontanato l’ozio, nemico dell’anima, non spengano lo spirito della santa orazione e devozione, al quale devono servire tutte le altre cose temporali" (FF 88-Regola non bollata).
Nella stessa Lettera a frate Antonio egli sottolinea che al di sopra dello studio e dell’insegnamento della teologia, il frate deve preoccuparsi di custodire lo spirito di orazione e devozione, attraverso il quale soltanto può capire che lo stesso «lavoro» è grazia.
" «A frate Antonio, mio vescovo, frate Francesco augura salute.
Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché in questa occupazione, non estingua lo spirito dell’orazione e della devozione, come sta scritto nella Regola» " (FF 251-252).
E sempre nella Leggenda maggiore troviamo:
"E l’uomo di Dio, restandosene tutto solo e in pace, riempiva i boschi di gemiti, cospargeva la terra di lacrime, si percuoteva il petto e, quasi avesse trovato un più intimo santuario, discorreva col suo Signore.
Là rispondeva al Giudice, là supplicava il Padre, là dialogava con l’Amico.
Là pure, dai frati che piamente lo osservavano, fu udito interpellare con grida e gemiti la Bontà divina a favore dei peccatori; piangere, anche ad alta voce la passione del Signore, come se l’avesse davanti agli occhi […]" (FF 1180).
Ancora:
"La preghiera era anche la sua difesa, quando si dava all’azione, poiché, mediante l’insistenza nella preghiera rifuggiva, in tutto il suo agire, dal confidare nelle proprie capacità, metteva ogni fiducia nella bontà divina, gettando nel Signore la sua ansietà.
Sopra ogni altra cosa - asseriva con fermezza - il religioso deve desiderare la grazia dell’orazione, e incitava in tutte le maniere possibili i suoi frati a praticarla con zelo, convinto che nessuno fa progressi nel servizio di Dio, senza di essa" (FF 1176).
Il Minimo assisano sapeva che chiunque chiede nel Nome di Gesù ottiene, e vive nella gioia e nell’amore.
Sabato 6.a sett. di Pasqua (Gv 16,23b-28)