Set 9, 2025 Scritto da 

Non il Predicatore

Ci sono cristiani che hanno «una certa allergia per i predicatori della parola»: accettano «la verità della rivelazione» ma non «il predicatore», preferendo «una vita ingabbiata». È accaduto ai tempi di Gesù e purtroppo continua ad accadere ancora oggi in coloro che vivono chiusi in se stessi, perché hanno paura della libertà che viene dallo Spirito Santo.

È questo per Papa Francesco l’insegnamento che viene dalle letture della liturgia celebrata venerdì mattina, 13 dicembre, nella cappella di Santa Marta. Il Pontefice si è soffermato soprattutto sul brano del vangelo di Matteo (11, 16-19) in cui Gesù paragona la generazione dei suoi contemporanei «a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono: vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto».

In proposito il vescovo di Roma ha ricordato che Cristo nei Vangeli «parla sempre bene dei bambini», offrendoli come «modello della vita cristiana» e invitando a «essere come loro per entrare nel regno dei cieli». Invece — ha fatto notare — nel brano in questione «è l’unica volta che non parla tanto bene di loro». Per il Papa si tratta di un’immagine di fanciulli «un po’ speciali: maleducati, malcontenti, screanzati pure»; bambini che non sanno essere felici mentre giocano e che «rifiutano sempre l’invito degli altri: nessuna cosa va loro bene». In particolare Gesù usa questa immagine per descrivere «i dirigenti del suo popolo», definiti dal Pontefice «gente che non era aperta alla parola di Dio».

Per il Santo Padre c’è un aspetto interessante in questo atteggiamento: il loro rifiuto, appunto, «non è per il messaggio, è per il messaggero». Basta proseguire nella lettura del brano evangelico per averne conferma. «È venuto Giovanni, che non mangia e non beve — ha fatto notare il Papa — e hanno detto: ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori». In pratica, da sempre gli uomini trovano motivi per delegittimare il predicatore. Basti pensare alla gente di quel tempo, che preferiva «rifugiarsi in una religione un po’ elaborata: nei precetti morali, come i farisei; nel compromesso politico, come i sadducei; nella rivoluzione sociale, come gli zeloti; nella spiritualità gnostica, come gli esseni». Tutti, ha aggiunto, «con il loro sistema ben pulito, ben fatto», ma che non accetta «il predicatore». Ecco perché Gesù rinfresca loro la memoria ricordando i profeti, che sono stati perseguitati e uccisi.

Accettare «la verità della rivelazione» e non «il predicatore» rivela per il Pontefice una mentalità frutto di «una vita ingabbiata nei precetti, nei compromessi, nei piani rivoluzionari, nella spiritualità senza carne». Papa Francesco ha fatto riferimento in particolare a quei cristiani «che si permettono di non ballare quando il predicatore ti dà una bella notizia di gioia, e si permettono di non piangere quando il predicatore ti dà una notizia triste». A quei cristiani, cioè, «che sono chiusi, ingabbiati, che non sono liberi». E il motivo è la «paura della libertà dello Spirito Santo, che viene tramite la predicazione».

Del resto, «questo è lo scandalo della predicazione del quale parlava san Paolo; lo scandalo della predicazione che finisce nello scandalo della croce». Infatti «scandalizza che Dio ci parli tramite uomini con limiti, uomini peccatori; e scandalizza di più che Dio ci parli e ci salvi tramite un uomo che dice di essere il figlio di Dio, ma finisce come un criminale». Così per Papa Francesco si finisce per coprire «la libertà che viene dallo Spirito Santo», perché in ultima analisi «questi cristiani tristi non credono nello Spirito Santo; non credono in quella libertà che viene dalla predicazione, che ti ammonisce, ti insegna, ti schiaffeggia pure, ma è proprio la libertà che fa crescere la Chiesa».

Dunque l’immagine del Vangelo, con «i bambini che hanno paura di ballare, di piangere», che hanno «paura di tutto, che chiedono sicurezza in tutto», fa pensare «a questi cristiani tristi, che criticano sempre i predicatori della verità, perché hanno paura di aprire la porta allo Spirito Santo». Da qui l’esortazione del Pontefice a pregare per loro e a pregare anche per noi stessi, affinché «non diventiamo cristiani tristi», di quelli che tolgono «allo Spirito Santo la libertà di venire a noi tramite lo scandalo della predicazione».

[Papa Francesco, s. Marta, in L’Osservatore Romano 14/12/2013]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Those living beside us, who may be scorned and sidelined because they are foreigners, can instead teach us how to walk on the path that the Lord wishes (Pope Francis)
Chi vive accanto a noi, forse disprezzato ed emarginato perché straniero, può insegnarci invece come camminare sulla via che il Signore vuole (Papa Francesco)
Many saints experienced the night of faith and God’s silence — when we knock and God does not respond — and these saints were persevering (Pope Francis)
Tanti santi e sante hanno sperimentato la notte della fede e il silenzio di Dio – quando noi bussiamo e Dio non risponde – e questi santi sono stati perseveranti (Papa Francesco)
In some passages of Scripture it seems to be first and foremost Jesus’ prayer, his intimacy with the Father, that governs everything (Pope Francis)
In qualche pagina della Scrittura sembra essere anzitutto la preghiera di Gesù, la sua intimità con il Padre, a governare tutto (Papa Francesco)
It is necessary to know how to be silent, to create spaces of solitude or, better still, of meeting reserved for intimacy with the Lord. It is necessary to know how to contemplate. Today's man feels a great need not to limit himself to pure material concerns, and instead to supplement his technical culture with superior and detoxifying inputs from the world of the spirit [John Paul II]
Occorre saper fare silenzio, creare spazi di solitudine o, meglio, di incontro riservato ad un’intimità col Signore. Occorre saper contemplare. L’uomo d’oggi sente molto il bisogno di non limitarsi alle pure preoccupazioni materiali, e di integrare invece la propria cultura tecnica con superiori e disintossicanti apporti provenienti dal mondo dello spirito [Giovanni Paolo II]
This can only take place on the basis of an intimate encounter with God, an encounter which has become a communion of will, even affecting my feelings (Pope Benedict)
Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento (Papa Benedetto)
We come to bless him because of what he revealed, eight centuries ago, to a "Little", to the Poor Man of Assisi; - things in heaven and on earth, that philosophers "had not even dreamed"; - things hidden to those who are "wise" only humanly, and only humanly "intelligent"; - these "things" the Father, the Lord of heaven and earth, revealed to Francis and through Francis (Pope John Paul II)
Veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi; – le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”; – le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”; – queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco (Papa Giovanni Paolo II)
We are faced with the «drama of the resistance to become saved persons» (Pope Francis)
Siamo davanti al «dramma della resistenza a essere salvati» (Papa Francesco)
That 'always seeing the face of the Father' is the highest manifestation of the worship of God. It can be said to constitute that 'heavenly liturgy', performed on behalf of the whole universe [John Paul II]
Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo [Giovanni Paolo II]

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