Giu 27, 2025 Scritto da 

Il vero digiuno si preoccupa della vita del fratello

Il «fantasma dell’ipocrisia» ci fa dimenticare come si accarezza un malato, un bambino o un anziano. E non ci fa guardare negli occhi la persona a cui diamo frettolosamente l’elemosina ritraendo subito la mano per non sporcarci. È un monito a «non vergognarsi» mai della «carne del fratello» quello rivolto da Papa Francesco durante la messa celebrata nella mattina del 7 marzo nella cappella della Casa Santa Marta.

Nel giorno del venerdì dopo le ceneri la Chiesa, ha spiegato il Pontefice, propone una meditazione sul vero significato del digiuno. E lo fa attraverso due letture incisive, tratte dal libro del profeta Isaia (58, 1-9a) e dal Vangelo di Matteo (9, 14-15). «Dietro le letture di oggi — ha subito affermato il Pontefice — c’è il fantasma dell’ipocrisia, della formalità nel compiere i comandamenti, in questo caso il digiuno». Dunque «Gesù torna sul tema dell’ipocrisia tante volte quando vede che i dottori della legge pensano di essere perfetti: compiono tutto quello che è nei comandamenti come se fosse una formalità».

E qui, ha avvertito il Papa, c’è «un problema di memoria», che riguarda «questa doppia faccia nell’andare sulla strada della vita». Gli ipocriti infatti «hanno dimenticato che loro sono stati eletti da Dio in un popolo, non da soli. Hanno dimenticato la storia del loro popolo, quella storia di salvezza, di elezione, di alleanza, di promessa» che viene direttamente dal Signore.

E così facendo, ha proseguito, «hanno ridotto questa storia a un’etica. La vita religiosa per loro era un’etica». Così «si spiega che al tempo di Gesù, dicono i teologi, c’erano trecento comandamenti più o meno» da osservare. Ma «ricevere dal Signore l’amore di un padre, ricevere dal Signore l’identità di un popolo e poi trasformarla in un’etica» significa «rifiutare quel dono di amore». Del resto, ha precisato, gli ipocriti «sono persone buone, fanno tutto quello che si deve fare, sembrano buone». Ma «sono eticisti, eticisti senza bontà, perché hanno perso il senso di appartenenza a un popolo».

«La salvezza — ha spiegato il Pontefice — il Signore la dà dentro un popolo, nell’appartenenza a un popolo». E «così si capisce come il profeta Isaia ci parla oggi del digiuno, della penitenza: qual è il digiuno che vuole il Signore? Il digiuno che ha un rapporto con il popolo, popolo al quale noi apparteniamo: il nostro popolo, nel quale noi siamo chiamati, nel quale noi siamo inseriti».

Papa Francesco ha riletto, in particolare, questo passo del libro di Isaia: «Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?».

Ecco, dunque, il senso del vero «digiuno che — ha ribadito il vescovo di Roma — si preoccupa della vita del fratello, che non si vergogna della carne del fratello, come dice Isaia stesso». Infatti «la nostra perfezione, la nostra santità va avanti con il nostro popolo, nel quale noi siamo eletti e inseriti». E «il nostro atto di santità più grande è proprio nella carne del fratello e nella carne di Gesù Cristo».

Così, ha sottolineato, anche «l’atto di santità di oggi — noi qui nell’altare — non è un digiuno ipocrita. È non vergognarsi delle carne di Cristo che viene oggi qui: è il mistero del corpo e del sangue di Cristo. È andare a dividere il pane con l’affamato, a curare gli ammalati, gli anziani, quelli che non possono darci niente in contraccambio: quello è non vergognarsi della carne».

«La salvezza di Dio — ha ribadito il Pontefice — è in un popolo. Un popolo che va avanti, un popolo di fratelli che non si vergognano uno dell’altro». Ma proprio questo, ha avvertito, «è il digiuno più difficile: il digiuno della bontà. La bontà ci porta a questo». E «forse — ha spiegato citando il Vangelo — il sacerdote che passò vicino a quell’uomo ferito ha pensato» riferendosi ai comandamenti del tempo: «Ma se io tocco quel sangue, quella carne ferita, rimango impuro e non posso celebrare il sabato! E si è vergognato della carne di quell’uomo. Questa è ipocrisia!». Invece, ha fatto notare il Santo Padre, «quel peccatore è passato e lo ha visto: ha visto la carne del suo fratello, la carne di un uomo del suo popolo, figlio di Dio come lui. E non si è vergognato».

«La proposta della Chiesa oggi» suggerisce perciò un vero e proprio esame di coscienza attraverso una serie di domande che il Papa ha posto ai presenti: «Io mi vergogno della carne del mio fratello, della mia sorella? Quando io do elemosina, lascio cadere la moneta senza toccare la mano? E se per caso la tocco, faccio così subito?» ha chiesto mimando il gesto di chi si ripulisce la mano. E ancora: «Quando io do l’elemosina, guardo gli occhi di mio fratello, di mia sorella? Quando io so che una persona è ammalata vado a trovarla? La saluto con tenerezza?».

Per completare questo esame di coscienza, ha precisato il Papa, «c’è un segno che forse ci aiuterà». Si tratta di «una domanda: so accarezzare gli ammalati, gli anziani, i bambini? O ho perso il senso della carezza?». Gli ipocriti, ha proseguito, non sanno più accarezzare, si sono dimenticati come si fa. Ecco allora la raccomandazione di «non vergognarsi della carne del nostro fratello: è la nostra carne». E «saremo giudicati», ha concluso il Pontefice, proprio sul nostro comportamento verso «questo fratello, questa sorella» e non certamente «sul digiuno ipocrita».

[Papa Francesco, s. Marta, in L’Osservatore Romano 08/03/2014]

49
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

Email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
The disciples, already know how to pray by reciting the formulas of the Jewish tradition, but they too wish to experience the same “quality” of Jesus’ prayer (Pope Francis)
I discepoli, sanno già pregare, recitando le formule della tradizione ebraica, ma desiderano poter vivere anche loro la stessa “qualità” della preghiera di Gesù (Papa Francesco)
Saint John Chrysostom affirms that all of the apostles were imperfect, whether it was the two who wished to lift themselves above the other ten, or whether it was the ten who were jealous of them (“Commentary on Matthew”, 65, 4: PG 58, 619-622) [Pope Benedict]
San Giovanni Crisostomo afferma che tutti gli apostoli erano ancora imperfetti, sia i due che vogliono innalzarsi sopra i dieci, sia gli altri che hanno invidia di loro (cfr Commento a Matteo, 65, 4: PG 58, 622) [Papa Benedetto]
St John Chrysostom explained: “And this he [Jesus] says to draw them unto him, and to provoke them and to signify that if they would covert he would heal them” (cf. Homily on the Gospel of Matthew, 45, 1-2). Basically, God's true “Parable” is Jesus himself, his Person who, in the sign of humanity, hides and at the same time reveals his divinity. In this manner God does not force us to believe in him but attracts us to him with the truth and goodness of his incarnate Son [Pope Benedict]
Spiega San Giovanni Crisostomo: “Gesù ha pronunciato queste parole con l’intento di attirare a sé i suoi ascoltatori e di sollecitarli assicurando che, se si rivolgeranno a Lui, Egli li guarirà” (Comm. al Vang. di Matt., 45,1-2). In fondo, la vera “Parabola” di Dio è Gesù stesso, la sua Persona che, nel segno dell’umanità, nasconde e al tempo stesso rivela la divinità. In questo modo Dio non ci costringe a credere in Lui, ma ci attira a Sé con la verità e la bontà del suo Figlio incarnato [Papa Benedetto]
This belonging to each other and to him is not some ideal, imaginary, symbolic relationship, but – I would almost want to say – a biological, life-transmitting state of belonging to Jesus Christ (Pope Benedict)
Questo appartenere l’uno all’altro e a Lui non è una qualsiasi relazione ideale, immaginaria, simbolica, ma – vorrei quasi dire – un appartenere a Gesù Cristo in senso biologico, pienamente vitale (Papa Benedetto)
She is finally called by her name: “Mary!” (v. 16). How nice it is to think that the first apparition of the Risen One — according to the Gospels — took place in such a personal way! [Pope Francis]
Viene chiamata per nome: «Maria!» (v. 16). Com’è bello pensare che la prima apparizione del Risorto – secondo i Vangeli – sia avvenuta in un modo così personale! [Papa Francesco]
Jesus invites us to discern the words and deeds which bear witness to the imminent coming of the Father’s kingdom. Indeed, he indicates and concentrates all the signs in the enigmatic “sign of Jonah”. By doing so, he overturns the worldly logic aimed at seeking signs that would confirm the human desire for self-affirmation and power (Pope John Paul II)
Gesù invita al discernimento in rapporto alle parole ed opere, che testimoniano l'imminente avvento del Regno del Padre. Anzi, Egli indirizza e concentra tutti i segni nell'enigmatico "segno di Giona". E con ciò rovescia la logica mondana tesa a cercare segni che confermino il desiderio di autoaffermazione e di potenza dell'uomo (Papa Giovanni Paolo II)
Without love, even the most important activities lose their value and give no joy. Without a profound meaning, all our activities are reduced to sterile and unorganised activism (Pope Benedict)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

duevie.art

don Giuseppe Nespeca

Tel. 333-1329741


Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.