Mag 22, 2025 Scritto da 

Non di risata in risata - pezzettini di dolce vita

A spezzare le risate forzate di «una cultura non gioiosa che inventa di tutto per spassarsela», offrendo «dappertutto pezzettini di dolce vita», ci pensa la vera gioia del cristiano. Che «non si compra al mercato» ma è «un dono dello Spirito», custodito dalla fede e sempre «in tensione tra memoria della salvezza e speranza». È stata tutta incentrata sulla gioia come autentico «respiro del cristiano» l’omelia pronunciata da Papa Francesco durante la messa di lunedì 28 maggio a Santa Marta.

Prendendo spunto dal passo evangelico di Marco (10, 17-27), il Pontefice fatto notare che «questo giovane che voleva andare avanti nella vita del servizio di Dio, che aveva sempre vissuto secondo i comandamenti e anche che è stato capace di attirare a sé l’amore di Gesù, quando sentì la condizione che Gesù gli dà “si fece oscuro in volto e se ne andò rattristato”». In pratica «è uscito dal cuore l’atteggiamento, l’atteggiamento, le radici della sua personalità». Come a dire: «Sì, io voglio seguire il Signore, andare col Signore, ma le ricchezze non toccarle». Perché, ha insistito il Papa, quel giovane «era imprigionato nelle ricchezze, non era libero e per questo se ne andò triste».

«Invece nella prima lettura san Pietro ci parla della gioia, non della tristezza ma della gioia cristiana» ha proseguito il Pontefice, ricordando il brano tratto dalla prima lettera dell’apostolo (1, 3-9). «Questo giovane se ne è andato triste perché non era libero, era schiavo» ha spiegato. E «san Pietro ci dice: “siate ricolmi di gioia”, esultate di gioia». È «forte» l’espressione di Pietro: «Ricolmi di gioia, esultare di gioia».

Ma «cosa è la gioia?» si è chiesto Francesco, riferendosi a quella gioia «che Pietro ci chiede di avere e che il giovane non ha potuto avere perché era prigioniero di altri interessi». Il Papa ha definito «la gioia cristiana» come «il respiro del cristiano». Perché «un cristiano che non è gioioso nel cuore — ha affermato — non è un buon cristiano».

La gioia dunque, ha affermato il Pontefice, «è il respiro, il modo di esprimersi del cristiano». Del resto, ha fatto notare, la gioia «non è una cosa che si compra o io la faccio con lo sforzo: no, è un frutto dello Spirito Santo». Perché, ha ricordato, a causare «la gioia nel cuore è lo Spirito Santo». C’è «la gioia cristiana se noi siamo in tensione fra il ricordo — la memoria di essere rigenerati, come dice san Pietro, che ci ha salvato Gesù — e la speranza di quello che ci aspetta». E «quando una persona è in questa tensione, è gioiosa».

Ma, ha avvertito il Papa, «se noi dimentichiamo quello che ha fatto il Signore per noi, dare la vita, rigenerarci — è forte la parola, “rigenerarci”, una nuova creazione come dice la liturgia — e se noi non guardiamo a quello che ci aspetta, l’incontro con Gesù Cristo, se noi non abbiamo memoria, non abbiamo speranza, non possiamo avere gioia». Magari «abbiamo sì sorrisi, sì, ma la gioia no».

Oltretutto, ha rilanciato Francesco, «non si può vivere cristianamente senza gioia, almeno nel suo primo grado che è la pace». Infatti «il primo scalino della gioia è la pace: sì, quando vengono le prove, come dice san Pietro, uno soffre; ma scende e trova la pace e quella pace non può toglierla nessuno». Ecco perché «il cristiano è un uomo, una donna di gioia, un uomo, una donna di consolazione: sa vivere in consolazione, la consolazione della memoria di essere rigenerato e la consolazione della speranza che ci aspetta». Proprio «questi due fanno quella gioia cristiana e l’atteggiamento».

«La gioia non è vivere di risata in risata, no, non è quello» ha messo in guardia il Pontefice. E «la gioia — ha aggiunto — non è essere divertente, no, non è quello, è un’altra cosa». Perché «la gioia cristiana è la pace, la pace che c’è nelle radici, la pace del cuore, la pace che soltanto Dio ci può dare: questa è la gioia cristiana». Il Papa ha fatto presente che «non è facile custodire questa gioia». E «l’apostolo Pietro dice che è la fede che la custodisce: io credo che Dio mi ha rigenerato, credo che mi darà quel premio». Proprio «questa è la fede e con questa fede si custodisce la gioia, si custodisce la consolazione». Dunque «la gioia, la consolazione, ma soltanto è la fede a custodirla».

«Noi — ha riconosciuto il Papa — viviamo in una cultura non gioiosa, una cultura dove si inventano tante cose per divertirci, spassarsela; ci offrono dappertutto pezzettini di dolce vita». Ma «questa non è la gioia — ha spiegato — perché la gioia non è una cosa che si compra nel mercato: è un dono dello Spirito».

In questa prospettiva Francesco ha suggerito di guardare dentro se stessi, domandandosi: «Com’è il mio cuore? È pacifico, è gioioso, è in consolazione?». Di più, ha rilanciato il Pontefice, «anche nel momento del turbamento, nel momento della prova, quel mio cuore è un cuore non inquieto bene, con quella inquietudine che non è buona: c’è un’inquietudine buona ma ce n’è un’altra che non è buona, quella di cercare le sicurezze dappertutto, quella di cercare il piacere dappertutto». Come «il giovane del Vangelo: aveva paura che se lasciava le ricchezze non sarebbe stato felice».

Perciò «la gioia, la consolazione» sono «il nostro respiro di cristiani». E così, ha suggerito Francesco, «chiediamo allo Spirito Santo che ci dia sempre questa pace interiore, quella gioia che nasce dal ricordo della nostra salvezza, della nostra rigenerazione e dalla speranza di quello che ci aspetta». Perché «soltanto così si può dire “sono cristiano”». Infatti non ci può essere «un cristiano oscuro, rattristato, come questo giovane che “a queste parole si fece oscuro in volto, se ne andò rattristato”». Di certo «non era cristiano: voleva essere vicino a Gesù ma ha scelto la propria sicurezza, non quella che dà Gesù».

Per questo, ha concluso il Papa, «chiediamo allo Spirito Santo che ci dia gioia, che ci dia la consolazione, almeno nel primo grado: la pace». Consapevoli che «essere uomo e donna di gioia significa essere uomo e donna di pace, significa essere uomo e donna di consolazione: che lo Spirito Santo ci dia questo».

 

[Papa Francesco, omelia s. Marta, in L’Osservatore Romano 29/05/2018]

 

 

Senza paura

Paura e tristezza fanno ammalare le persone e anche la Chiesa, perché paralizzano, rendono egocentrici e finiscono per viziare l’aria delle comunità che sulla porta espongono il cartello «vietato» perché hanno paura di tutto. È invece la gioia, che nel dolore arriva a essere pace, l’atteggiamento coraggioso del cristiano, sostenuto dal timor di Dio e dallo Spirito Santo. È quanto ha detto il Papa nella messa celebrata, venerdì 15 maggio, nella cappella della Casa Santa Marta.

Nella liturgia della parola, ha fatto subito notare Francesco commentando le letture del giorno, «ci sono due parole forti che la Chiesa ci fa meditare: paura e gioia». E così — si legge negli Atti degli apostoli (18, 9-18) — il Signore dice a Paolo: «Non aver paura; continua a parlare».

«La paura — ha spiegato il Papa — è un atteggiamento che ci fa male, ci indebolisce, ci rimpiccolisce, ci paralizza anche». Tanto che «una persona sotto paura non fa nulla, non sa cosa fare: è timorosa, paurosa, concentrata su se stessa affinché non le succeda qualcosa di male, di brutto». Dunque «la paura porta a un egocentrismo egoistico e paralizza». Proprio «per questo Gesù dice a Paolo: non aver paura, continua a parlare».

La paura, infatti, «non è un atteggiamento cristiano», ma «è un atteggiamento, possiamo dire, di un’anima incarcerata, senza libertà, che non ha libertà di guardare avanti, di creare qualcosa, di fare del bene». E così chi ha paura continua a ripetere: «No, c’è questo pericolo, c’è quell’altro, quell’altro», e così via. «Che peccato, la paura fa male!» ha commentato ancora Francesco.

La paura, però, «va distinta dal timore di Dio, con la quale non ha nulla a che vedere». Il timore di Dio, ha affermato il Pontefice, «è santo, è il timore dell’adorazione davanti al Signore e il timore di Dio è una virtù». Esso, infatti, «non rimpiccolisce, non indebolisce, non paralizza»; al contrario, «porta avanti verso la missione che il Signore dà». E in proposito il Pontefice ha aggiunto: «Il Signore, nel capitolo 18 del Vangelo di Luca, parla di un giudice che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno, e faceva quello che voleva». Questo «è un peccato: la mancanza di timore di Dio e anche l’autosufficienza». Perché «distoglie dal rapporto con Dio e anche dall’adorazione».

Perciò, ha detto Francesco, «una cosa è il timore di Dio, che è buono; ma un’altra cosa è la paura». E «un cristiano pauroso è poca cosa: è una persona che non ha capito quale sia il messaggio di Gesù».

L’«altra parola» proposta dalla liturgia, «dopo l’Ascensione del Signore», è «gioia». Nel passo del Vangelo di Giovanni (16, 20-23), «il Signore parla del passaggio dalla tristezza alla gioia», preparando i discepoli «al momento della passione: “Voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia”». Gesù suggerisce «l’esempio della donna nel momento del parto, che ha tanto dolore ma dopo, nato il bambino, si dimentica del dolore» per lasciare spazio alla gioia. «E nessuno potrà togliervi la vostra gioia» assicura dunque il Signore.

Ma «la gioia cristiana — ha avvertito il Papa — non è un semplice divertimento, non è un’allegria passeggera». Piuttosto, «la gioia cristiana è un dono dello Spirito Santo: è avere il cuore sempre gioioso perché il Signore ha vinto, il Signore regna, il Signore è alla destra del Padre, il Signore ha guardato me e mi ha inviato e mi ha dato la sua grazia e mi ha fatto figlio del Padre». Ecco cosa è davvero «la gioia cristiana».

Un cristiano, perciò, «vive nella gioia». Ma, si è chiesto Francesco, «dov’è questa gioia nei momenti più tristi, nei momenti del dolore? Pensiamo a Gesù sulla Croce: aveva gioia? Eh no! Ma sì, aveva pace!». Infatti, ha spiegato il Papa, «la gioia, nel momento del dolore, della prova, diviene pace». Invece «un divertimento nel momento del dolore diviene oscurità, diviene buio».

Ecco perché «un cristiano senza gioia non è cristiano; un cristiano che vive continuamente nella tristezza non è cristiano». A «un cristiano che perde la pace, nel momento delle prove, delle malattie, di tante difficoltà, manca qualcosa».

Francesco ha invitato a «non avere paura e avere gioia», spiegando: «Non avere paura è chiedere la grazia del coraggio, il coraggio dello Spirito Santo; e avere gioia è chiedere il dono dello Spirito Santo, anche nei momenti più difficili, con quella pace che il Signore ci dà».

È ciò che «accade nei cristiani, accade nelle comunità, nella Chiesa intera, nelle parrocchie, in tante comunità cristiane». Infatti «ci sono comunità paurose, che vanno sempre sul sicuro: “No, no, non facciamo questo... No, no, questo non si può, questo non si può”». A tal punto che «sembra che sulla porta d’entrata abbiano scritto “vietato”: tutto è vietato per paura». Così «quando si entra in quella comunità l’aria è viziata, perché la comunità è malata: la paura ammala una comunità; la mancanza di coraggio ammala una comunità».

Ma «anche una comunità senza gioia è una comunità ammalata, perché quando non c’è la gioia c’è il vuoto. No, anzi: c’è il divertimento». E così, in fin dei conti, «sarà una bella comunità divertente, ma mondana, ammalata di mondanità perché non ha la gioia di Gesù Cristo». E «un effetto, fra gli altri, della mondanità — ha messo in guardia il Pontefice — è quello di sparlare degli altri». Dunque, «quando la Chiesa è paurosa e quando la Chiesa non riceve la gioia dello Spirito Santo, la Chiesa si ammala, le comunità si ammalano, i fedeli si ammalano».

Nella preghiera all’inizio della messa, ha ricordato il Papa, «abbiamo chiesto al Signore la grazia di innalzarci verso il Cristo seduto alla destra del Padre». Proprio «la contemplazione del Cristo seduto alla destra del Padre — ha affermato — ci darà il coraggio, ci darà la gioia, ci toglierà la paura e ci aiuterà anche a non cadere in una vita superficiale e divertente».

«Con questa intenzione di innalzare il nostro spirito verso Cristo seduto alla destra del Padre — ha concluso Francesco — continuiamo la nostra celebrazione, chiedendo al Signore: innalza il nostro spirito, toglici ogni paura e dacci la gioia e la pace».

[Papa Francesco, omelia s. Marta 15 maggio 2015; (da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.109, 16/05/2015)]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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This unknown “thing” is the true “hope” which drives us, and at the same time the fact that it is unknown is the cause of all forms of despair and also of all efforts, whether positive or destructive, directed towards worldly authenticity and human authenticity (Spe Salvi n.12)
Questa « cosa » ignota è la vera « speranza » che ci spinge e il suo essere ignota è, al contempo, la causa di tutte le disperazioni come pure di tutti gli slanci positivi o distruttivi verso il mondo autentico e l'autentico uomo (Spe Salvi n.12)
«When the servant of God is troubled, as it happens, by something, he must get up immediately to pray, and persevere before the Supreme Father until he restores to him the joy of his salvation. Because if it remains in sadness, that Babylonian evil will grow and, in the end, will generate in the heart an indelible rust, if it is not removed with tears» (St Francis of Assisi, FS 709)
«Il servo di Dio quando è turbato, come capita, da qualcosa, deve alzarsi subito per pregare, e perseverare davanti al Padre Sommo sino a che gli restituisca la gioia della sua salvezza. Perché se permane nella tristezza, crescerà quel male babilonese e, alla fine, genererà nel cuore una ruggine indelebile, se non verrà tolta con le lacrime» (san Francesco d’Assisi, FF 709)
Wherever people want to set themselves up as God they cannot but set themselves against each other. Instead, wherever they place themselves in the Lord’s truth they are open to the action of his Spirit who sustains and unites them (Pope Benedict)
Dove gli uomini vogliono farsi Dio, possono solo mettersi l’uno contro l’altro. Dove invece si pongono nella verità del Signore, si aprono all’azione del suo Spirito che li sostiene e li unisce (Papa Benedetto)
But our understanding is limited: thus, the Spirit's mission is to introduce the Church, in an ever new way from generation to generation, into the greatness of Christ's mystery. The Spirit places nothing different or new beside Christ; no pneumatic revelation comes with the revelation of Christ - as some say -, no second level of Revelation (Pope Benedict)
Ma la nostra capacità di comprendere è limitata; perciò la missione dello Spirito è di introdurre la Chiesa in modo sempre nuovo, di generazione in generazione, nella grandezza del mistero di Cristo. Lo Spirito non pone nulla di diverso e di nuovo accanto a Cristo; non c’è nessuna rivelazione pneumatica accanto a quella di Cristo - come alcuni credono - nessun secondo livello di Rivelazione (Papa Benedetto)
Who touched Lydia's heart? The answer is: «the Holy Spirit». It’s He who made this woman feel that Jesus was Lord; He made this woman feel that salvation was in Paul's words; He made this woman feel a testimony (Pope Francis)
Chi ha toccato il cuore di Lidia? La risposta è: «lo Spirito Santo». È lui che ha fatto sentire a questa donna che Gesù era il Signore; ha fatto sentire a questa donna che la salvezza era nelle parole di Paolo; ha fatto sentire a questa donna una testimonianza (Papa Francesco)
While he is about to entrust to the Apostles — which in fact means “envoys” — the mission of taking the Gospel to all the world, Jesus promises that they will not be alone. The Holy Spirit, the Counselor, will be with them, and will be beside them, moreover, will be within them, to protect and support them. Jesus returns to the Father but continues to accompany and teach his disciples through the gift of the Holy Spirit (Pope Francis)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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