Apr 25, 2025 Scritto da 

Tre Porte

Pregare, celebrare, imitare Gesù: sono le tre “porte” — da aprire per trovare «la via, per andare alla verità e alla vita» — che Papa Francesco ha indicato stamane, venerdì 16 maggio, durante la messa nella cappella della casa Santa Marta. Secondo il Pontefice, infatti, Gesù non si lascia studiare a tavolino e chi prova a farlo rischia di scivolare nell’eresia. Al contrario occorre chiedersi continuamente come vanno nella nostra vita la preghiera, la celebrazione e l’imitazione di Cristo. «Pensiamo a queste tre porte e ci faranno bene a tutti» ha detto, suggerendo di iniziare con la lettura del libro del Vangelo, che troppo spesso rimane «pieno di polvere, perché mai si apre. Prendilo, aprilo — ha esortato — e troverai Gesù».

Dopo aver ricordato che la riflessione precedente era stata incentrata sul fatto che «la vita cristiana è sempre andare nella strada e non andare da soli», sempre «nella Chiesa, nel popolo di Dio», il vescovo di Roma ha fatto notare come nelle letture liturgiche del giorno — tratte dagli Atti degli apostoli (13, 26-33) e dal vangelo di Giovanni (14 1, 6) — sia lo stesso Gesù a dirci «che lui è la strada: Io sono la via, la verità e la vita. Tutto. Io ti do la vita, io mi manifesto come verità e se tu vieni con me, sono la via». Ecco allora che per conoscere colui che si presenta «come via, verità e vita» occorre mettersi in «cammino». Anzi, secondo Papa Francesco «la conoscenza di Gesù è il lavoro più importante della nostra vita». Anche perché conoscendo lui si arriva a conoscere il Padre.

Ma, si è domandato il Pontefice, «come possiamo conoscere Gesù?». Con quanti rispondono che «si deve studiare tanto» il vescovo di Roma si è detto d’accordo e ha invitato a «studiare il catechismo: un bel libro, il Catechismo della Chiesa cattolica, dobbiamo studiarlo». Ma, ha subito aggiunto, non ci si può limitare a «credere che conosceremo Gesù solo con lo studio». Qualcuno, infatti, ha «questa fantasia che le idee, solo le idee, ci porteranno alla conoscenza di Gesù». Anche «tra i primi cristiani» alcuni la pensavano in questo modo «e alla fine sono finiti un po’ ingarbugliati nei loro pensieri». Perché «le idee sole non danno vita» e, dunque, chi va per questa strada «finisce in un labirinto» da cui «non esce più». Proprio per tale motivo, sin dagli inizi, nella Chiesa «ci sono le eresie», le quali sono questo «cercare di capire soltanto con le nostre menti chi è Gesù». In proposito il Papa ha ricordato le parole di «un grande scrittore inglese», Gilbert Keith Chesterton, che definiva l’eresia un’idea diventata pazza. In effetti, ha detto il Papa, «è così: quando le idee sono sole, diventano pazze».

Da qui l’indicazione delle tre porte da aprire per «conoscere Gesù». Soffermandosi sulla prima — pregare — il Pontefice ha ribadito che «lo studio senza preghiera non serve. I grandi teologi fanno teologia in ginocchio». Se infatti «con lo studio ci avviciniamo un po’, senza preghiera mai conosceremo Gesù».

Quanto alla seconda — celebrare — il vescovo di Roma ha affermato che anche la preghiera da sola «non basta; è necessaria la gioia della celebrazione: celebrare Gesù nei suoi sacramenti, perché lì ci dà la vita, ci dà la forza, ci dà il pasto, ci dà il conforto, ci dà l’alleanza, ci dà la missione. Senza la celebrazione dei sacramenti non arriviamo a conoscere Gesù. E questo è proprio della Chiesa».

Infine, per aprire la terza porta, quella dell’imitatio Christi, la consegna è di prendere il vangelo per scoprirvi «cosa ha fatto lui, com’era la sua vita, cosa ci ha detto, cosa ci ha insegnato», in modo da «cercare di imitarlo». In conclusione il Papa ha spiegato che attraversare queste tre porte significa «entrare nel mistero di Gesù». Infatti noi «possiamo conoscerlo soltanto se siamo capaci di entrare nel suo mistero». E non bisogna avere paura di farlo.

Al termine dell’omelia Papa Francesco ha quindi invitato a pensare «durante la giornata, come va la porta della preghiera nella mia vita: ma — ha precisato — la preghiera del cuore» quella vera.

[Papa Francesco, omelia s. Marta, in L’Osservatore Romano 17/05/2014]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Jesus, who shared his quality as a "stone" in Simon, also communicates to him his mission as a "shepherd". It is a communication that implies an intimate communion, which also transpires from the formulation of Jesus: "Feed my lambs... my sheep"; as he had already said: "On this rock I will build my Church" (Mt 16:18). The Church is property of Christ, not of Peter. Lambs and sheep belong to Christ, and to no one else (Pope John Paul II)
Gesù, che ha partecipato a Simone la sua qualità di “pietra”, gli comunica anche la sua missione di “pastore”. È una comunicazione che implica una comunione intima, che traspare anche dalla formulazione di Gesù: “Pasci i miei agnelli… le mie pecorelle”; come aveva già detto: “Su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16,18). La Chiesa è proprietà di Cristo, non di Pietro. Agnelli e pecorelle appartengono a Cristo, e a nessun altro (Papa Giovanni Paolo II)
Praying, celebrating, imitating Jesus: these are the three "doors" - to be opened to find «the way, to go to truth and to life» (Pope Francis)
Pregare, celebrare, imitare Gesù: sono le tre “porte” — da aprire per trovare «la via, per andare alla verità e alla vita» (Papa Francesco)
In recounting the "sign" of bread, the Evangelist emphasizes that Christ, before distributing the food, blessed it with a prayer of thanksgiving (cf. v. 11). The Greek term used is eucharistein and it refers directly to the Last Supper, though, in fact, John refers here not to the institution of the Eucharist but to the washing of the feet. The Eucharist is mentioned here in anticipation of the great symbol of the Bread of Life [Pope Benedict]
Narrando il “segno” dei pani, l’Evangelista sottolinea che Cristo, prima di distribuirli, li benedisse con una preghiera di ringraziamento (cfr v. 11). Il verbo è eucharistein, e rimanda direttamente al racconto dell’Ultima Cena, nel quale, in effetti, Giovanni non riferisce l’istituzione dell’Eucaristia, bensì la lavanda dei piedi. L’Eucaristia è qui come anticipata nel grande segno del pane della vita [Papa Benedetto]
Work is part of God’s loving plan, we are called to cultivate and care for all the goods of creation and in this way share in the work of creation! Work is fundamental to the dignity of a person. Work, to use a metaphor, “anoints” us with dignity, fills us with dignity, makes us similar to God, who has worked and still works, who always acts (cf. Jn 5:17); it gives one the ability to maintain oneself, one’s family, to contribute to the growth of one’s own nation [Pope Francis]
Il lavoro fa parte del piano di amore di Dio; noi siamo chiamati a coltivare e custodire tutti i beni della creazione e in questo modo partecipiamo all’opera della creazione! Il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità di una persona. Il lavoro, per usare un’immagine, ci “unge” di dignità, ci riempie di dignità; ci rende simili a Dio, che ha lavorato e lavora, agisce sempre (cfr Gv 5,17); dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di contribuire alla crescita della propria Nazione [Papa Francesco]
God loves the world and will love it to the end. The Heart of the Son of God pierced on the Cross and opened is a profound and definitive witness to God’s love. Saint Bonaventure writes: “It was a divine decree that permitted one of the soldiers to open his sacred wide with a lance… The blood and water which poured out at that moment was the price of our salvation” (John Paul II)
Il mondo è amato da Dio e sarà amato fino alla fine. Il Cuore del Figlio di Dio trafitto sulla croce e aperto, testimonia in modo profondo e definitivo l’amore di Dio (Giovanni Paolo II))

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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