Mar 20, 2025 Scritto da 

Tu sai bene la teoria

È un invito a scoprire «gli idoli nascosti nelle tante pieghe che abbiamo nella nostra personalità», a «cacciare via l’idolo della mondanità, che ci porta a diventare nemici di Dio» quello rivolto da Papa Francesco durante la messa di stamattina, giovedì 6 giugno, nella cappella della Domus Sanctae Marthae […] L’esortazione a intraprendere «la strada dell’amore a Dio», a mettersi in «cammino per arrivare» al suo regno è stata il coronamento di una riflessione incentrata sul brano del vangelo di Marco (12, 28-34), in cui Gesù risponde allo scriba che lo interroga su quale sia il più importante di tutti i comandamenti. La prima annotazione del Pontefice è che Gesù non risponde con una spiegazione ma usando la parola di Dio: «Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore». Queste, ha detto, «non sono parole di Gesù». Infatti, egli si rivolge allo scriba come aveva fatto con Satana nelle tentazioni, «con la parola di Dio; non con le sue parole». E lo fa utilizzando «il credo d’Israele, quello che gli ebrei tutti i giorni, e parecchie volte al giorno, dicono: Shemà Israel! Ricordati Israele, di amare solo Dio».

In proposito il Pontefice ha confidato di ritenere che lo scriba in questione forse «non era un santo, e andava un po’ a mettere alla prova Gesù o anche a farlo cadere in una trappola». Insomma le sue intenzioni non erano delle migliori, perché «quando Gesù risponde con la parola di Dio» vuol dire che c’è di mezzo una tentazione. «E questo si vede anche quando lo scriba gli dice: hai detto bene maestro», dando l’impressione di approvarne la risposta. Per questo Gesù gli risponde «non sei lontano dal Regno di Dio. Tu sai bene la teoria, tu sai bene che questo è così, ma non sei lontano. Ancora ti manca qualcosa per arrivare al Regno di Dio». Questo significa che c’è da intraprendere «un cammino per arrivare al Regno di Dio»; occorre «mettere in pratica questo comandamento».

Di conseguenza, «la confessione di Dio si fa nella vita, nel cammino della vita; non basta — ha avvertito il Papa — dire: io credo in Dio, l’unico»; ma bisogna chiedersi come si vive questo comandamento. In realtà, spesso si continua a «vivere come se lui non fosse l’unico Dio» e come se ci fossero «altre divinità a nostra disposizione». È quello che Papa Francesco definisce «il pericolo dell’idolatria», la quale «è portata a noi con lo spirito del mondo». E Gesù su questo è sempre stato chiaro: «Lo spirito del mondo no». Tanto che nell’ultima cena «chiede al Padre che ci difenda dallo spirito del mondo, perché esso ci porta all’idolatria». Anche l’apostolo Giacomo, nel quarto capitolo della sua lettera, ha idee molto chiare: chi è amico del mondo è nemico di Dio. Non c’è un’altra opzione. Lo stesso Gesù aveva usato parole simili, ha ricordato il Santo Padre: «O Dio o il denaro; non si può servire i soldi e Dio».

Per Papa Francesco è lo spirito del mondo che ci porta all’idolatria e lo fa con furbizia. «Io sono sicuro — ha detto — che nessuno di noi va davanti a un albero per adorarlo come un idolo»; che «nessuno di noi ha statue da adorare in casa propria». Ma, ha messo in guardia, «l’idolatria è sottile; noi abbiamo i nostri idoli nascosti, e la strada della vita per arrivare, per non essere lontani dal Regno di Dio, è una strada che comporta scoprire gli idoli nascosti». Ed è un compito impegnativo, visto che spesso li teniamo «ben nascosti». Come fece Rachele quando fuggì con il marito Giacobbe dalla casa di suo padre Labano, e avendogli sottratto gli idoli, li nascose sotto la cavalcatura su cui si era seduta. Così quando il padre la invitò ad alzarsi, rispose «con scuse, con argomentazioni» per occultare gli idoli. Lo stesso, secondo il Papa, facciamo anche noi, che teniamo i nostri idoli «nascosti nelle nostre cavalcature». Per questo «dobbiamo cercarli e dobbiamo distruggerli, come Mosè ha distrutto l’idolo d’oro nel deserto».

Ma come smascherare questi idoli? Il Santo Padre ha offerto un criterio di valutazione: sono quelli che fanno fare il contrario del comandamento: «Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore». Perciò «la strada dell’amore a Dio — amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e tutta la tua anima — è una strada d’amore; è una strada di fedeltà». Al punto che «al Signore piace fare la comparazione di questa strada con l’amore nuziale. Il Signore chiama la sua Chiesa, sposa; la nostra anima, sposa». Parla cioè di «un amore che somiglia tanto all’amore nuziale, l’amore di fedeltà». E quest’ultima ci impone «di cacciare via gli idoli, di scoprirli», perché ci sono e sono ben «nascosti, nella nostra personalità, nel nostro modo di vivere»; e ci rendono infedeli nell’amore. Non è un caso infatti che l’apostolo Giacomo, quando ammonisce: «chi è amico del mondo è nemico di Dio» incomincia rimproverandoci e usando il termine “adulteri”, perché «Chi è amico del mondo è un idolatra e non è fedele all’amore di Dio».

Gesù dunque propone «una strada di fedeltà», secondo un’espressione che Papa Francesco ritrova in una delle lettere dell’apostolo Paolo a Timoteo: «Se tu non sei fedele al Signore, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso. Lui è la fedeltà piena. Lui non può essere infedele. Tanto è amore che ha per noi». Mentre noi, «con le piccole o non tanto piccole idolatrie che abbiamo, con l’amore allo spirito del mondo», possiamo diventare infedeli. La fedeltà è l’essenza di Dio che ci ama. Da qui l’invito conclusivo a pregare così: «Signore, tu sei tanto buono, insegnami questa strada per essere ogni giorno meno lontano dal regno di Dio; questa strada per cacciare via tutti gli idoli. È difficile — ha ammesso il Pontefice — ma dobbiamo cominciare».

[Papa Francesco, omelia s. Marta, in L’Osservatore Romano 07/06/2013]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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St Teresa of Avila wrote: “the last thing we should do is to withdraw from our greatest good and blessing, which is the most sacred humanity of Our Lord Jesus Christ” (cf. The Interior Castle, 6, ch. 7) [Pope Benedict]
Santa Teresa d’Avila scrive che «non dobbiamo allontanarci da ciò che costituisce tutto il nostro bene e il nostro rimedio, cioè dalla santissima umanità di nostro Signore Gesù Cristo» (Castello interiore, 7, 6) [Papa Benedetto]
Dear friends, the mission of the Church bears fruit because Christ is truly present among us in a quite special way in the Holy Eucharist. His is a dynamic presence which grasps us in order to make us his, to liken us to him. Christ draws us to himself, he brings us out of ourselves to make us all one with him. In this way he also inserts us into the community of brothers and sisters: communion with the Lord is always also communion with others (Pope Benedict)
Cari amici, la missione della Chiesa porta frutto perché Cristo è realmente presente tra noi, in modo del tutto particolare nella Santa Eucaristia. La sua è una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a Sé. Cristo ci attira a Sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli: la comunione con il Signore è sempre anche comunione con gli altri (Papa Benedetto)
Jesus asks us to abide in his love, to dwell in his love, not in our ideas, not in our own self-worship. Those who dwell in self-worship live in the mirror: always looking at themselves. He asks us to overcome the ambition to control and manage others. Not controlling, serving them (Pope Francis)
Gesù ci chiede di rimanere nel suo amore, abitare nel suo amore, non nelle nostre idee, non nel culto di noi stessi. Chi abita nel culto di sé stesso, abita nello specchio: sempre a guardarsi. Ci chiede di uscire dalla pretesa di controllare e gestire gli altri. Non controllare, servirli (Papa Francesco)
In this passage, the Lord tells us three things about the true shepherd:  he gives his own life for his sheep; he knows them and they know him; he is at the service of unity [Pope Benedict]
In questo brano il Signore ci dice tre cose sul vero pastore: egli dà la propria vita per le pecore; le conosce ed esse lo conoscono; sta a servizio dell'unità [Papa Benedetto]
Jesus, Good Shepherd and door of the sheep, is a leader whose authority is expressed in service, a leader who, in order to command, gives his life and does not ask others to sacrifice theirs. One can trust in a leader like this (Pope Francis)
Gesù, pastore buono e porta delle pecore, è un capo la cui autorità si esprime nel servizio, un capo che per comandare dona la vita e non chiede ad altri di sacrificarla. Di un capo così ci si può fidare (Papa Francesco)
In today’s Gospel passage (cf. Jn 10:27-30) Jesus is presented to us as the true Shepherd of the People of God. He speaks about the relationship that binds him to the sheep of the flock, namely, to his disciples, and he emphasizes the fact that it is a relationship of mutual recognition […] we see that Jesus’ work is explained in several actions: Jesus speaks; Jesus knows; Jesus gives eternal life; Jesus safeguards (Pope Francis)
Nel Vangelo di oggi (cfr Gv 10,27-30) Gesù si presenta come il vero Pastore del popolo di Dio. Egli parla del rapporto che lo lega alle pecore del gregge, cioè ai suoi discepoli, e insiste sul fatto che è un rapporto di conoscenza reciproca […] vediamo che l’opera di Gesù si esplica in alcune azioni: Gesù parla, Gesù conosce, Gesù dà la vita eterna, Gesù custodisce (Papa Francesco)

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