Set 11, 2025 Scritto da 

Le donne a servizio del Vangelo

Cari fratelli e sorelle,

oggi siamo arrivati al termine del nostro percorso tra i testimoni del cristianesimo nascente che gli scritti neo-testamentari menzionano.  E usiamo l’ultima tappa di questo primo percorso per dedicare la nostra attenzione alle molte figure femminili che hanno svolto un effettivo e prezioso ruolo nella diffusione del Vangelo. La loro testimonianza non può essere dimenticata, conformemente a quanto Gesù stesso ebbe a dire della donna che gli unse il capo poco prima della Passione: «In verità vi dico, dovunque sarà predicato questo vangelo nel mondo intero, sarà detto anche ciò che costei ha fatto, in memoria di lei» (Mt 26,13; Mc 14,9). Il Signore vuole che questi testimoni del Vangelo, queste figure che hanno dato un contributo affinchè crescesse la fede in Lui, siano conosciute e la loro memoria sia viva nella Chiesa. Possiamo storicamente distinguere il ruolo delle donne nel Cristianesimo primitivo, durante la vita terrena di Gesù e durante le vicende della prima generazione cristiana.

Gesù certamente, lo sappiamo, scelse tra i suoi discepoli dodici uomini come Padri del nuovo Israele, gli scelse perché «stessero con lui e anche per mandarli a predicare» (Mc 3,14-l5). Questo fatto è evidente, ma, oltre ai Dodici, colonne della Chiesa, padri del nuovo Popolo di Dio, sono scelte nel numero dei discepoli anche molte donne. Solo molto brevemente posso accennare a quelle che si trovano sul cammino di Gesù stesso, cominciando con la profetessa Anna (cfr Lc 2,36-38) fino alla Samaritana (cfr Gv 4,1-39), alla donna siro-fenicia (cfr Mc 7,24-30), all’emorroissa (cfr Mt 9,20-22) e alla peccatrice perdonata (cfr Lc 7,36-50). Non mi riferisco neppure alle protagoniste di alcune efficaci parabole, ad esempio alla massaia che fa il pane (Mt 13,33), alla donna che perde la dracma (Lc 15,8-10), alla vedova che importuna il giudice (Lc 18,1-8). Più significative per il nostro argomento sono quelle donne che hanno svolto un ruolo attivo nel quadro della missione di Gesù. In primo luogo, il pensiero va naturalmente alla Vergine Maria, che con la sua fede e la sua opera materna collaborò in modo unico alla nostra Redenzione, tanto che Elisabetta poté proclamarla «benedetta fra le donne» (Lc 1,42), aggiungendo: «beata colei che ha creduto» (Lc 1,45). Divenuta discepola del Figlio, Maria manifestò a Cana la totale fiducia in Lui (cfr Gv 2,5) e lo seguì fin sotto la Croce, dove ricevette da Lui una missione materna per tutti i suoi discepoli di ogni tempo, rappresentati da Giovanni (cfr Gv 19,25-27).

Ci sono poi varie donne, che a diverso titolo gravitarono attorno alla figura di Gesù con funzioni di responsabilità. Ne sono esempio eloquente le donne che seguivano Gesù per assisterlo con le loro sostanze e di cui Luca ci tramanda alcuni nomi: Maria di Magdala, Giovanna, Susanna e «molte altre» (cfr Lc 8,2-3). Poi i Vangeli ci informano che le donne, a differenza dei Dodici, non abbandonarono Gesù nell’ora della Passione (cfr Mt 27,56.61; Mc 15,40). Tra di esse spicca in particolare la Maddalena, che non solo presenziò alla Passione, ma fu anche la prima testimone e annunciatrice del Risorto (cfr Gv 20,1.11-18). Proprio a Maria di Magdala San Tommaso d'Aquino riserva la singolare qualifica di «apostola degli apostoli» (apostolorum apostola), dedicandole questo bel commento: «Come una donna aveva annunciato al primo uomo parole di morte, così una donna per prima annunziò agli apostoli parole di vita» (Super Ioannem, ed. Cai, § 2519).

Anche nell’ambito della Chiesa primitiva la presenza femminile è tutt'altro che secondaria. Non insistiamo sulle quattro figlie innominate del “diacono” Filippo, residenti a Cesarea Marittima e tutte dotate, come ci dice san Luca, del «dono della profezia», cioè della facoltà di intervenire pubblicamente sotto l'azione dello Spirito Santo (cfr At 21,9). La brevità della notizia non permette deduzioni più precise. Piuttosto dobbiamo a san Paolo una più ampia documentazione sulla dignità e sul ruolo ecclesiale della donna. Egli parte dal principio fondamentale, secondo cui per i battezzati non solo «non c'è più né giudeo né greco, né schiavo, né libero», ma anche «né maschio, né femmina». Il motivo è che «tutti siamo uno solo in Cristo Gesù» (Gal 3,28), cioè tutti accomunati nella stessa dignità di fondo, benché ciascuno con funzioni specifiche (cfr 1 Cor 12,27-30). L’Apostolo ammette come cosa normale che nella comunità cristiana la donna possa «profetare» (1 Cor 11,5), cioè pronunciarsi apertamente sotto l'influsso dello Spirito, purché ciò sia per l’edificazione della comunità e fatto in modo dignitoso. Pertanto la successiva, ben nota, esortazione a che «le donne nelle assemblee tacciano» (1 Cor 14,34) va piuttosto relativizzata. Il conseguente problema, molto discusso, della relazione tra la prima parola – le donne possono profetare nell’assemblea – e l’altra – non possono parlare -,  della relazione tra queste due indicazioni, apparentemente contraddittorie, lo lasciamo agli esegeti. Non è da discutere qui. Mercoledì scorso abbiamo già incontrato la figura di Prisca o Priscilla, sposa di Aquila, la quale in due casi viene sorprendentemente menzionata prima del marito (cfr At 18,18; Rm 16,3): l’una e l’altro comunque sono esplicitamente qualificati da Paolo come suoi sun-ergoús «collaboratori» (Rm 16,3).

Alcuni altri rilievi non possono essere trascurati. Occorre prendere atto, ad esempio, che la breve Lettera a Filemone in realtà è indirizzata da Paolo anche a una donna di nome «Affia» (cfr Fm 2). Traduzioni latine e siriache del testo greco aggiungono a questo nome “Affia” l’appellativo di “soror carissima” (ibid.) e si deve dire che nella comunità di Colossi ella doveva occupare un posto di rilievo; in ogni caso, è l'unica donna menzionata da Paolo tra i destinatari di una sua lettera. Altrove l'Apostolo menziona una certa «Febe», qualificata come diákonos della Chiesa di Cencre, la cittadina portuale a est di Corinto (cfr Rm 16,1-2). Benché il titolo in quel tempo non abbia ancora uno specifico valore ministeriale di tipo gerarchico, esso esprime un vero e proprio esercizio di responsabilità da parte di questa donna a favore di quella comunità cristiana. Paolo raccomanda di riceverla cordialmente e di assisterla «in qualunque cosa abbia bisogno», poi aggiunge: «essa infatti ha protetto molti, anche me stesso». Nel medesimo contesto epistolare l’Apostolo con tratti di delicatezza ricorda altri nomi di donne: una certa Maria, poi Trifena, Trifosa e Perside «carissima», oltre a Giulia, delle quali scrive apertamente che «hanno faticato per voi» o «hanno faticato nel Signore» (Rm 16,6.12a.12b.15), sottolineando così il loro forte impegno ecclesiale. Nella Chiesa di Filippi poi dovevano distinguersi due donne di nome «Evodia e Sìntiche» (Fil 4,2): il richiamo che Paolo fa alla concordia vicendevole lascia intendere che le due donne svolgevano una funzione importante all’interno di quella comunità.

In buona sostanza, la storia del cristianesimo avrebbe avuto uno sviluppo ben diverso se non ci fosse stato il generoso apporto di molte donne. Per questo, come ebbe a scrivere il mio venerato e caro Predecessore Giovanni Paolo Il nella Lettera apostolica Mulieris dignitatem, «la Chiesa rende grazie per tutte le donne e per ciascuna... La Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del “genio” femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del Popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità: ringrazia per tutti i frutti della santità femminile» (n. 31). Come si vede, l’elogio riguarda le donne nel corso della storia della Chiesa ed è espresso a nome dell’intera comunità ecclesiale. Anche noi ci uniamo a questo apprezzamento ringraziando il Signore, perché egli conduce la sua Chiesa, generazione dopo generazione, avvalendosi indistintamente di uomini e donne, che sanno mettere a frutto la loro fede e il loro battesimo per il bene dell’intero Corpo ecclesiale, a maggior gloria di Dio.

[Papa Benedetto, Udienza Generale 14 febbraio 2007]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Simon, a Pharisee and rich 'notable' of the city, holds a banquet in his house in honour of Jesus. Unexpectedly from the back of the room enters a guest who was neither invited nor expected […] (Pope Benedict)
Simone, fariseo e ricco “notabile” della città, tiene in casa sua un banchetto in onore di Gesù. Inaspettatamente dal fondo della sala entra un’ospite non invitata né prevista […] (Papa Benedetto)
«The Russian mystics of the first centuries of the Church gave advice to their disciples, the young monks: in the moment of spiritual turmoil take refuge under the mantle of the holy Mother of God». Then «the West took this advice and made the first Marian antiphon “Sub tuum Praesidium”: under your cloak, in your custody, O Mother, we are sure there» (Pope Francis)
«I mistici russi dei primi secoli della Chiesa davano un consiglio ai loro discepoli, i giovani monaci: nel momento delle turbolenze spirituali rifugiatevi sotto il manto della santa Madre di Dio». Poi «l’occidente ha preso questo consiglio e ha fatto la prima antifona mariana “Sub tuum praesidium”: sotto il tuo mantello, sotto la tua custodia, o Madre, lì siamo sicuri» (Papa Francesco)
The Cross of Jesus is our one true hope! That is why the Church “exalts” the Holy Cross, and why we Christians bless ourselves with the sign of the cross. That is, we don’t exalt crosses, but the glorious Cross of Christ, the sign of God’s immense love, the sign of our salvation and path toward the Resurrection. This is our hope (Pope Francis)
La Croce di Gesù è la nostra unica vera speranza! Ecco perché la Chiesa “esalta” la santa Croce, ed ecco perché noi cristiani benediciamo con il segno della croce. Cioè, noi non esaltiamo le croci, ma la Croce gloriosa di Gesù, segno dell’amore immenso di Dio, segno della nostra salvezza e cammino verso la Risurrezione. E questa è la nostra speranza (Papa Francesco)
The basis of Christian construction is listening to and the fulfilment of the word of Christ (Pope John Paul II)
Alla base della costruzione cristiana c’è l’ascolto e il compimento della parola di Cristo (Papa Giovanni Paolo II)
«Rebuke the wise and he will love you for it. Be open with the wise, he grows wiser still; teach the upright, he will gain yet more» (Prov 9:8ff)
«Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s)
These divisions are seen in the relationships between individuals and groups, and also at the level of larger groups: nations against nations and blocs of opposing countries in a headlong quest for domination [Reconciliatio et Paenitentia n.2]
Queste divisioni si manifestano nei rapporti fra le persone e fra i gruppi, ma anche a livello delle più vaste collettività: nazioni contro nazioni, e blocchi di paesi contrapposti, in un'affannosa ricerca di egemonia [Reconciliatio et Paenitentia n.2]
But the words of Jesus may seem strange. It is strange that Jesus exalts those whom the world generally regards as weak. He says to them, “Blessed are you who seem to be losers, because you are the true winners: the kingdom of heaven is yours!” Spoken by him who is “gentle and humble in heart”, these words present a challenge (Pope John Paul II)
È strano che Gesù esalti coloro che il mondo considera in generale dei deboli. Dice loro: “Beati voi che sembrate perdenti, perché siete i veri vincitori: vostro è il Regno dei Cieli!”. Dette da lui che è “mite e umile di cuore”, queste parole  lanciano una sfida (Papa Giovanni Paolo II)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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