Lug 21, 2024 Scritto da 

Appartenersi, o l’insoddisfazione

Pensando a questi Beati e a tutta la schiera dei Santi e Beati, possiamo capire che cosa significhi vivere come tralci della vera vite che è Cristo, e portare frutto. Il Vangelo di oggi ci ha richiamato alla mente l’immagine di questa pianta, che è rampicante in modo rigoglioso nell’oriente e simbolo di forza vitale, una metafora per la bellezza e il dinamismo della comunione di Gesù con i suoi discepoli e amici, con noi.

Nella parabola della vite, Gesù non dice: “Voi siete la vite”, ma: “Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15,5). Ciò significa: “Così come i tralci sono legati alla vite, così voi appartenete a me! Ma appartenendo a me, appartenete anche gli uni agli altri”. E questo appartenere l’uno all’altro e a Lui non è una qualsiasi relazione ideale, immaginaria, simbolica, ma – vorrei quasi dire – un appartenere a Gesù Cristo in senso biologico, pienamente vitale. È la Chiesa, questa comunità di vita con Gesù Cristo e dell'uno per l’altro, che è fondata nel Battesimo e approfondita ogni volta di più nell’Eucaristia. “Io sono la vera vite”; questo, però, in realtà significa: “Io sono voi e voi siete me” – un’inaudita identificazione del Signore con noi, con la sua Chiesa.

Cristo stesso, quella volta, vicino a Damasco, chiese a Saulo, il persecutore della Chiesa: “Perché mi perseguiti?” (At 9,4). In tal modo il Signore esprime la comunanza di destino che deriva dall’intima comunione di vita della sua Chiesa con Lui, il Risorto. Egli continua a vivere nella sua Chiesa in questo mondo. Egli è con noi, e noi siamo con Lui. – “Perché mi perseguiti?” –In definitiva è Gesù che vogliono colpire i persecutori della sua Chiesa. E, allo stesso tempo, questo significa che noi non siamo soli quando siamo oppressi a causa della nostra fede. Gesù Cristo è da noi e con noi.

Nella parabola, il Signore Gesù dice ancora una volta: “Io sono la vite vera, e il Padre mio è l’agricoltore” (Gv 15,1), e spiega che il vignaiolo prende il coltello, taglia i tralci secchi e pota quelli che portano frutto perché portino più frutto. Per dirlo con l'immagine del profeta Ezechiele, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, Dio vuole togliere dal nostro petto il cuore morto, di pietra, e darci un cuore vivente, di carne (cfr Ez 36,26). Vuole donarci una vita nuova e piena di forza. un cuore di amore, di bontà e di pace. Cristo è venuto a chiamare i peccatori. Sono loro che hanno bisogno del medico, non i sani (cfr Lc 5,31s.). E così, come dice il Concilio Vaticano II, la Chiesa è il “sacramento universale di salvezza” (Lumen gentium, 48) che esiste per i peccatori, per noi, per aprire a noi la via della conversione, della guarigione e della vita. Questa è la continua e grande missione della Chiesa, conferitale da Cristo.

Alcuni guardano la Chiesa fermandosi al suo aspetto esteriore. Allora la Chiesa appare solo come una delle tante organizzazioni in una società democratica, secondo le cui norme e leggi, poi, deve essere giudicata e trattata anche una figura così difficile da comprendere come la “Chiesa”. Se poi si aggiunge ancora l'esperienza dolorosa che nella Chiesa ci sono pesci buoni e cattivi, grano e zizzania, e se lo sguardo resta fisso sulle cose negative, allora non si schiude più il mistero grande e bello della Chiesa.

Quindi, non sorge più alcuna gioia per il fatto di appartenere a questa vite che è la “Chiesa”. Insoddisfazione e malcontento vanno diffondendosi, se non si vedono realizzate le proprie idee superficiali ed erronee di “Chiesa” e i propri “sogni di Chiesa”! Allora cessa anche il lieto canto “Sono grato al Signore, che per grazia mi ha chiamato nella sua Chiesa”, che generazioni di cattolici hanno cantato con convinzione.

Ma torniamo al Vangelo. Il Signore continua così: “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me, … perché senza di me – si potrebbe anche tradurre: fuori di me – non potete far nulla” (Gv 15,4).

Ognuno di noi è messo di fronte a tale decisione. Il Signore, nella sua parabola, ci dice di nuovo quanto essa sia seria: “Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi raccolgono i tralci buttati via, li gettano nel fuoco e li bruciano” (cfr Gv 15,6). Al riguardo, S. Agostino commenta: “L’uno o l’altro spetta al tralcio, o la vite o il fuoco; se [il tralcio] non è nella vite, sarà nel fuoco; quindi affinché non sia nel fuoco, sia nella vite” (In Joan. Ev. tract. 81,3 [PL 35, 1842]).

La scelta qui richiesta ci fa capire, in modo insistente, il significato fondamentale della nostra decisione di vita. Ma, allo stesso tempo, l'immagine della vite è un segno di speranza e di fiducia. Incarnandosi, Cristo stesso è venuto in questo mondo per essere il nostro fondamento. In ogni necessità e aridità, Egli è la sorgente che dona l’acqua della vita che ci nutre e ci fortifica. Egli stesso porta su di sé ogni peccato, paura e sofferenza e, in fine, ci purifica e ci trasforma misteriosamente in tralci buoni che danno vino buono. In questi momenti di bisogno, a volte ci sentiamo come finiti sotto un torchio, come i grappoli d’uva che vengono pigiati completamente. Ma sappiamo che, uniti a Cristo, diventiamo vino maturo. Dio sa trasformare in amore anche le cose pesanti e opprimenti nella nostra vita. Importante è che “rimaniamo” nella vite, in Cristo. In questo breve brano, l’evangelista usa la parola “rimanere” una dozzina di volte. Questo “rimanere-in-Cristo” segna l’intero discorso. Nel nostro tempo di inquietudine e di qualunquismo, in cui così tanta gente perde l’orientamento e il sostegno; in cui la fedeltà dell’amore nel matrimonio e nell’amicizia è diventata così fragile e di breve durata; in cui vogliamo gridare, nel nostro bisogno, come i discepoli di Emmaus: “Signore, resta con noi, perché si fa sera (cfr Lc 24,29), sì, è buio intorno a noi!”; in questo tempo il Signore risorto ci offre un rifugio, un luogo di luce, di speranza e fiducia, di pace e sicurezza. Dove la siccità e la morte minacciano i tralci, là in Cristo c’è futuro, vita e gioia, là c’è sempre perdono e nuovo inizio, trasformazione entrando nel suo amore.

Rimanere in Cristo significa, come abbiamo già visto, rimanere anche nella Chiesa. L’intera comunità dei credenti è saldamente compaginata in Cristo, la vite. In Cristo, tutti noi siamo uniti insieme. In questa comunità Egli ci sostiene e, allo stesso tempo, tutti i membri si sostengono a vicenda. Insieme resistiamo alle tempeste e offriamo protezione gli uni agli altri. Noi non crediamo da soli, crediamo con tutta la Chiesa di ogni luogo e di ogni tempo, con la Chiesa che è in Cielo e sulla terra.

La Chiesa quale annunciatrice della Parola di Dio e dispensatrice dei sacramenti ci unisce con Cristo, la vera vite. La Chiesa quale “pienezza e completamento del Redentore” – come la chiamava Pio XII - (Pio XII, Mystici corporis, AAS 35 [1943] p. 230: “plenitudo et complementum Redemptoris”) è per noi pegno della vita divina e mediatrice dei frutti di cui parla la parabola della vite. Così la Chiesa è il dono più bello di Dio. Pertanto, Agostino poteva dire: “Ognuno possiede lo Spirito Santo nella misura in cui ama la Chiesa” (In Ioan. Ev. tract. 32, 8 [PL 35, 1646]). Con la Chiesa e nella Chiesa possiamo annunciare a tutti gli uomini che Cristo è la fonte della vita, che Egli è presente, che Egli è la grande realtà che cerchiamo e a cui aneliamo. Egli dona se stesso e così ci dona Dio, la felicità, l’amore. Chi crede in Cristo, ha un futuro. Perché Dio non vuole ciò che è arido, morto, artificiale, che alla fine è gettato via, ma vuole ciò che è fecondo e vivo, la vita in abbondanza, e Lui ci dà la vita in abbondanza.

[Papa Benedetto, omelia in Berlino, 22 settembre 2011]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Still today Jesus repeats these comforting words to those in pain: "Do not weep". He shows solidarity to each one of us and asks us if we want to be his disciples, to bear witness to his love for anyone who gets into difficulty (Pope Benedict)
Gesù ripete ancor oggi a chi è nel dolore queste parole consolatrici: "Non piangere"! Egli è solidale con ognuno di noi e ci chiede, se vogliamo essere suoi discepoli, di testimoniare il suo amore per chiunque si trova in difficoltà (Papa Benedetto))
Faith: the obeying and cooperating form with the Omnipotence of God revealing himself
Fede: forma dell’obbedire e cooperare con l’Onnipotenza che si svela
Jesus did not come to teach us philosophy but to show us a way, indeed the way that leads to life [Pope Benedict]
Gesù non è venuto a insegnarci una filosofia, ma a mostrarci una via, anzi, la via che conduce alla vita [Papa Benedetto]
The Cross of Jesus is our one true hope! That is why the Church “exalts” the Holy Cross, and why we Christians bless ourselves with the sign of the cross. That is, we don’t exalt crosses, but the glorious Cross of Christ, the sign of God’s immense love, the sign of our salvation and path toward the Resurrection. This is our hope (Pope Francis)
La Croce di Gesù è la nostra unica vera speranza! Ecco perché la Chiesa “esalta” la santa Croce, ed ecco perché noi cristiani benediciamo con il segno della croce. Cioè, noi non esaltiamo le croci, ma la Croce gloriosa di Gesù, segno dell’amore immenso di Dio, segno della nostra salvezza e cammino verso la Risurrezione. E questa è la nostra speranza (Papa Francesco)
«Rebuke the wise and he will love you for it. Be open with the wise, he grows wiser still; teach the upright, he will gain yet more» (Prov 9:8ff)
«Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s)
These divisions are seen in the relationships between individuals and groups, and also at the level of larger groups: nations against nations and blocs of opposing countries in a headlong quest for domination [Reconciliatio et Paenitentia n.2]
Queste divisioni si manifestano nei rapporti fra le persone e fra i gruppi, ma anche a livello delle più vaste collettività: nazioni contro nazioni, e blocchi di paesi contrapposti, in un'affannosa ricerca di egemonia [Reconciliatio et Paenitentia n.2]
But the words of Jesus may seem strange. It is strange that Jesus exalts those whom the world generally regards as weak. He says to them, “Blessed are you who seem to be losers, because you are the true winners: the kingdom of heaven is yours!” Spoken by him who is “gentle and humble in heart”, these words present a challenge (Pope John Paul II)
È strano che Gesù esalti coloro che il mondo considera in generale dei deboli. Dice loro: “Beati voi che sembrate perdenti, perché siete i veri vincitori: vostro è il Regno dei Cieli!”. Dette da lui che è “mite e umile di cuore”, queste parole  lanciano una sfida (Papa Giovanni Paolo II)
The first constitutive element of the group of Twelve is therefore an absolute attachment to Christ: they are people called to "be with him", that is, to follow him leaving everything. The second element is the missionary one, expressed on the model of the very mission of Jesus (Pope John Paul II)
Il primo elemento costitutivo del gruppo dei Dodici è dunque un attaccamento assoluto a Cristo: si tratta di persone chiamate a “essere con lui”, cioè a seguirlo lasciando tutto. Il secondo elemento è quello missionario, espresso sul modello della missione stessa di Gesù (Papa Giovanni Paolo II)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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