Francesco, il Minore di Assisi, detestava l’apparire ed era convinto che dare tutto quanto si ha per vivere è restituire al Signore quanto è suo.
Nelle Fonti leggiamo:
“Gli chiesero, una volta, come potesse, con un vestito così leggero, difendersi dai rigori dell’inverno.
Pieno di fervore spirituale, rispose:
«Se il nostro cuore bruciasse per il desiderio della patria celeste, facilmente sopporteremmo questo freddo esteriore».
Aveva in orrore i vestiti morbidi, prediligeva quelli ruvidi e affermava che, proprio per i suoi vestiti ruvidi, Giovanni Battista era stato lodato dalla bocca stessa di Dio.
Se per caso gli davano una tonaca, che a lui pareva soffice, la intesseva all’interno con delle funicelle, dicendo: le vesti morbide, secondo la Parola della Verità, si devono cercare non nelle capanne dei poveri, ma nei palazzi dei principi.
Aveva imparato, per sicura esperienza, che i demoni vengono intimoriti dalle asprezze, mentre dalle mollezze e dalle delicatezze prendono animo per tentare più baldanzosamente (FF 1088).
E Chiara, pianticella del serafico padre, in una lettera alla sua amata figlia spirituale, Agnese di Praga, la sentiamo sostenere:
«Certamente voi sapete […] che il Regno dei cieli il Signore lo promette e dona solo ai poveri, perché quando si amano le cose temporali si perde il frutto della carità; e che non è possibile servire a Dio e a Mammona, perché o si ama l’uno e si ha in odio l’altro o si serve il secondo e si disprezza il primo […] Perciò voi avete gettato le vesti superflue, cioè le ricchezze terrene» (FF 2867).
Chiara, sull’esempio di Francesco, aveva gettato nel tesoro comune gli spiccioli della sua esistenza terrena al servizio del prossimo.
«E venuta una vedova povera, gettò due spiccioli […] il suo intero sostentamento» (Mc 12,42.44]
32.a Domenica B (Mc 12,38-44)