In questo brano evangelico di Luca, in cui è preannunciata la fine di Gesù e il compimento della sua opera, assistiamo al pianto di Lui su Gerusalemme, città proverbiale, che lapida e uccide i profeti.
Guardando nelle Fonti riportiamo un episodio particolare del Poverello.
Una notte Francesco fece un sogno che quasi richiamava il lamento di Gesù su Gerusalemme.
Cristo aveva pianto sulla città santa, mandante dell’uccisione di profeti (e di avere lapidato quanti sono ad essa inviati) il cui prezzo sarebbe stata una casa lasciata deserta.
L’Unità tradita e vilipesa avrebbe generato squallore e abbandono.
Il Santo dunque "Vide una gallina piccola e nera, simile ad una colomba domestica, con zampe e piedi rivestiti di piume.
Aveva moltissimi pulcini, che per quanto si aggirassero attorno a lei, non riuscivano a raccogliersi tutti sotto le sue ali.
Quando si svegliò, l’uomo di Dio riprese i suoi pensieri, spiegò personalmente la visione.
«La gallina, commentò, sono io, piccolo di statura e di carnagione scura, e debbo unire alla innocenza della vita una semplicità di colomba: virtù, che quanto più rara nel mondo, tanto più speditamente si alza al cielo.
I pulcini sono i frati, cresciuti in numero e grazia, che la forza di Francesco non riesce a proteggere dal turbamento degli uomini e dagli attacchi delle lingue maligne»" (FF 610).
Per questo motivo Il Minimo pose l’Ordine sotto la protezione della Chiesa, poiché per lui seguire Cristo significava camminare sulle tracce della Sposa del Signore.
Il Poverello ebbe sollecitudine speciale per i suoi fratelli, studiandosi di mantenerli nel vincolo dell’unità, per la quale Cristo si fece Agnello sacrificale, immolato per la salvezza di tutto il popolo.
Infatti, nella Lettera ai Fedeli, così si esprime:
«La volontà di suo Padre fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull’altare della croce, non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, ma in espiazione dei nostri peccati, lasciando a noi l’esempio perché ne seguiamo le orme» (FF 184).
Innamorato di Cristo in tutto, pure nelle infermità che lo colpivano Francesco volle seguire la povertà e l’esempio del Signore.
"Tanto vivo era il suo amore per la salvezza delle anime, e la sete di conquistarle a Dio, che, non avendo più la forza di camminare, se ne andava per le contrade in groppa a un asinello.
Spesso i confratelli con dolce insistenza lo invitavano a ristorare un poco il suo corpo infermo e troppo debole, con cure mediche, ma egli, che aveva lo spirito continuamente rivolto al cielo, declinava ogni volta l’invito, poiché desiderava soltanto sciogliersi dal corpo per essere con Cristo" (FF 490).
Così si serviva di «fratello asino», preso in prestito per il viaggio alla Verna e il suo ritorno attraverso Borgo San Sepolcro, uniti nella mitezza che li accomunava.
Giovedì 30.a sett. T.O. (Lc 13,31-35)