Gesù parla ai suoi dicendo: «La vostra gioia nessuno potrà togliere da voi» (Gv 16,22).
La felicità che viene da Lui è duratura, è autentica perché fondata su pilastri non mondani.
Francesco trovava gioia nella povertà e fraternità. Ancor più nell’orazione, nel rapporto interiore con Cristo.
Era la sua allegrezza quella proveniente dall’essere Araldo del Gran Re, che poggiava i propri piedi sulle orme del Figlio di Dio.
Nelle Fonti, sorgente dell’esperienza originaria francescana, vi sono passi che lo avvalorano.
Il Celano, solerte biografo, nella Vita prima, informa sulla vita fraterna e gioiosa dei frati:
“Da cultori fedeli della santissima povertà, poiché non possedevano nulla, non s’attaccavano a nessuna cosa, e niente temevano di perdere.
Erano contenti di una sola tonaca, talvolta rammendata dentro e fuori, tanto povera e senza ricercatezze da apparire in quella veste dei veri crocifissi per il mondo, e la stringevano ai fianchi con una corda, e portavano rozzi calzoni.
Il loro santo proposito era di restare in quello stato, senza avere altro. Erano perciò sempre sereni, liberi da ogni ansietà e pensiero, senza affanni per il futuro; non si angustiavano neppure di assicurarsi un ospizio per la notte, anche se pativano grandi disagi nel viaggio. Sovente, durante il freddo più intenso, non trovando ospitalità, si rannicchiavano in un forno, o pernottavano in qualche spelonca" (FF 388).
Nella Leggenda dei Tre compagni, Francesco e frate Egidio vibrano di gioia nel Signore:
"Francesco unitamente a Egidio andò nella Marca di Ancona, gli altri due si posero in cammino verso un’altra regione. Andando verso la Marca, esultavano giocondamente nel Signore.
Francesco, a voce alta e chiara, cantava in francese le lodi del Signore, benedicendo e glorificando la bontà dell’Altissimo. Tanta era la loro gioia, che pareva avessero scoperto un magnifico tesoro nel podere evangelico della signora Povertà, per amore del quale si erano generosamente e spontaneamente sbarazzati di ogni avere materiale, considerandolo alla stregua dei rifiuti […]" (FF 1436).
E Chiara gioisce nel sapere come Agnese di Praga, sua diletta figlia nello Spirito, progredisce nella vita interiore, tanto da dire:
«All’udire la stupenda fama della vostra santa vita religiosa, che non a me soltanto è giunta, ma si è sparsa magnificamente su tutta quasi la faccia della terra, sono ripiena di gaudio nel Signore e gioisco; e di questo possono rallegrarsi non soltanto io, ma tutti coloro che servono o desiderano servire Gesù Cristo» (FF 2860).
I due Poveri d’Assisi vivevano la loro disadorna esistenza, proiettati nel Vangelo di Gesù; riposavano sulla Parola, che preparava loro la beatitudine senza fine.
In attesa del ritorno di Cristo, avevano apparecchiato la loro vita offrendola all’unione con Dio e con i fratelli.
Con letizia accoglievano le esperienze favorevoli e (almeno in apparenza) contrarie, sapendo che Dio è fedele alle sue promesse e ai semplici che lo seguono.
Venerdì della 6.a sett. di Pasqua (Gv 16,20-23a)