Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Giu 20, 2025

Nuova Famiglia

Francesco, il giullare di Dio, dopo che la Grazia lo aveva reso creatura nuova, preferì alla famiglia naturale quella datagli dal Padre delle misericordie. 

Infatti, senza esitare, davanti al vescovo di Assisi e a tutti gli astanti, si denudò come segno di abbandono, aggiungendo:

«Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro, che sei nei cieli, perché in Lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza» (FF 1043).

Come dire: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49).

Risposta eloquente al vecchio mondo che lasciava languire nei suoi sollazzi, preferendo gustare la dolcezza respirata a casa Nazareth.

Francesco è in sintonia con la Sacra Famiglia: sia nella dimensione personale che comunitaria sviluppatasi attorno a lui.

Infatti si nutre di povertà e semplicità, crescendo in età, Sapienza e Grazia, davanti a Dio e ai suoi amati frati.

Stava sottomesso ad ogni fratello e seminava ovunque quella straordinaria Sapienza infusa, che gli viene dall’alto, pura e arrendevole.

Maria lo accompagna ovunque.

A Lei si stringeva in ogni evento importante, tanto da definire Avvocata dell’Ordine Colei che aveva reso nostro fratello il Signore della Maestà.

E non meno Chiara faceva parte della singolare, silenziosa Famiglia di Dio, in modo così pieno da ricevere in dono [ormai malata e non più in grado di recarsi in chiesa] di partecipare sensibilmente alla Liturgia natalizia.

Il Padre delle Misericordie e l’intera Famiglia nazaretiana erano con lei. 

Le Fonti c’informano:

“In quell’ora del Natale (1252), quando il mondo giubila con gli angeli per il Bambino appena nato, tutte le Donne si avviano per il Mattutino al luogo della preghiera, lasciando sola la Madre gravata dalla sua infermità. 

E, avendo iniziato a pensare a Gesù piccolino e a dolersi molto di non poter partecipare al canto delle sue lodi, sospirando gli dice:

«Signore Iddio, eccomi lasciata qui sola per Te!».

Ed ecco, all’improvviso cominciò a risuonare alle sue orecchie il meraviglioso concerto che si faceva nella chiesa di S. Francesco.

Udiva i frati salmeggiare nel giubilo, seguiva le armonie dei cantori, percepiva perfino il suono degli strumenti.

Il luogo non era affatto così vicino da consentire umanamente la percezione di quei suoni: o quella celebrazione solenne fu resa divinamente sonora fino a raggiungerla, oppure il suo udito fu rafforzato oltre ogni umana possibilità.

Anzi, cosa che supera questo prodigio di udito, ella fu degna di vedere perfino il presepio del Signore.

Quando, al mattino, le figlie andarono da lei, la beata Chiara disse:

«Benedetto il Signore Gesù Cristo, che non mi ha lasciata sola, quando voi mi avete abbandonata!

Ho proprio udito, per Grazia di Cristo, tutte quelle cerimonie che sono state celebrate questa notte nella chiesa di S. Francesco» (FF 3212).

 

Nelle Comunità di Francesco e Chiara d’Assisi ferveva lo spirito della Famiglia di Nazareth, esperta del soffrire ma anche luogo di virtù genuine. Chiara, come ‘altra Maria’, meditava nel suo cuore Tutti i Misteri del Figlio di Dio.

 

 

Cuore Immacolato di Maria (Lc 2,41-51)

Giu 19, 2025

Pastore: Cuore autentico

Pubblicato in Aforisma

Nella liturgia del Ss.mo Cuore di Gesù ci viene proposto un brano di Luca in cui il vero Pastore va in cerca della pecora smarrita, lasciando le novantanove già al sicuro.

La pecora può smarrirsi in mille modi e in diversi contesti.

La vita di Francesco, il Povero, è ricca di episodi singolari, che attestano l’ampiezza di un cuore nuovo, improntato all’Amore, attestando il suo essere pastore misericordioso delle anime.

All’inizio della loro vita comunitaria, i frati vivevano a Rivotorto, a 3 km dalla Porziuncola.

Ecco cosa accadde in quel luogo una sera:

"Una notte, una di quelle pecorelle, mentre le altre dormivano, si mise a gridare: «Muoio, fratelli, ecco, muoio di fame!».

Il saggio pastore si alzò immediatamente e si affrettò a portare l’aiuto opportuno alla pecorella infermiccia.

Ordinò di preparare la mensa, anche se con cibi alla buona […]

Proprio lui cominciò a mangiare per primo ed invitò a quel dovere di carità gli altri frati, perché il poverino non avesse ad arrossire.

Preso il cibo col timore del Signore, affinché fosse completo l’atto di carità, il Padre tenne ai figli un lungo discorso sulla virtù della discrezione.

Prescrisse di offrire sempre a Dio un sacrificio condito di prudenza, ammonendoli accortamente di tener conto, nel servizio divino, delle proprie forze […]

Poi soggiunse:

«Carissimi, ciò che ho fatto mangiando, sappiate che è stato fatto non per bramosia, ma per doverosa attenzione e perché me lo ha imposto la carità fraterna.

La carità vi sia di esempio, non il cibo, perché questo soddisfa la gola, quella invece lo spirito» " (FF 608).

E ancora:

"Un giorno, trovandosi in cammino nei pressi di Siena, incontrò un grande gregge di pecore al pascolo.

Secondo il suo solito, le salutò benevolmente, e quelle, smettendo di brucare, corsero tutte insieme da lui, sollevando il muso e fissandolo con gli occhi alzati.

Gli fecero tanta festa che i frati e i pastori ne rimasero stupefatti, vedendo gli agnelli e perfino gli arieti saltellargli intorno in modo così meraviglioso" (FF 1147- Leggenda maggiore).

La Carità ha un profumo speciale e tutte le pecore ne riconoscono la fragranza.

 

«Quale uomo tra voi avendo cento pecore e perduta una di esse non abbandona le novantanove nel deserto e parte verso quella perduta finché l’abbia trovata?» (Lc 15,4).

 

 

Venerdì del Sacratissimo Cuore di Gesù - anno C  (Lc 15,3-7)

Nel brano proposto dalla Liturgia del giorno Gesù chiama a fare concretamente la sua volontà, per essere come una dimora fondata sulla sua Roccia, resistendo a pioggia e venti.

Frate Francesco amava fare la volontà di Dio profondamente, tanto da farla sua vera consolazione.

Era felice quando vedeva anche tra i suoi frati piena adesione al volere divino o comunque ravvedimento, laddove risultasse qualche atto un poco restìo.

Le Fonti, chiare informatrici di autentico vissuto, documentano in merito, e offrono materiale per un’attenta riflessione.

“Ed essi, ricevendo con gaudio e letizia grande il precetto della santa obbedienza, si prostravano davanti al beato padre, che, abbracciandoli con tenerezza e devozione, diceva ad ognuno:

«Riponi la tua fiducia nel Signore ed Egli avrà cura di te».

Questa frase egli ripeteva ogni volta che mandava qualche frate ad eseguire l’obbedienza” (FF 367).

Il Poverello d’Assisi, pure dinanzi ad un grande cumulo di mali e prove, attestava la sua incomparabile adesione al volere divino, quale altro Giobbe.

Leggiamo con commozione:

“Ma per quanto strazianti fossero i suoi dolori, quelle sue angosce non le chiamava sofferenze, ma sorelle.

[…] e benché stremato dalla lunga e grave infermità, si buttò per terra, battendo le ossa indebolite nella cruda caduta.

Poi baciò la terra, dicendo:

«Ti ringrazio, Signore Dio, per tutti questi miei dolori e ti prego, o Signore mio, di darmene cento volte di più, se così a te piace.

Io sarò contentissimo, se tu mi affliggerai e non mi risparmierai il dolore, perché adempiere alla tua volontà è per me consolazione sovrappiena»” (FF 1239).

E allorché giunse il tempo della sua dipartita:

“Disteso sulla terra, dopo aver deposto la veste di sacco, sollevò la faccia al cielo, secondo la sua abitudine, totalmente intento a quella gloria celeste, mentre con la mano sinistra copriva la ferita del fianco destro, che non si vedesse.

E disse ai frati: «Io ho fatto la mia parte; la vostra Cristo ve la insegni» (FF 1239).

Francesco, il Piccolo d’Assisi, traeva dal suo cuore nuovo il bene. Aveva costruito il suo edificio spirituale sulla Roccia di Cristo.

Infatti le Fonti ci mettono al corrente di un episodio che lo testimonia:

“Passati dei mesi, Francesco soggiornava presso la chiesa della Porziuncola, e stava vicino alla cella che sorge dopo la casa, lungo la via, quando quel frate tornò a parlargli del salterio.

Gli disse Francesco: «Va’, e fa’ come ti dirà il tuo Ministro».

A queste parole, quello cominciò a ritornare per dove era venuto.

Ma il Santo, rimasto sulla strada, cominciò a riflettere su quanto aveva detto, e d’improvviso gridò dietro a colui:

«Aspettami, fratello, aspettami!».

Andò fino a lui e gli disse:

«Torna indietro con me, fratello, e mostrami il posto dove ti ho detto di fare, riguardo al salterio, quanto ti dirà il ministro».

Arrivati a quel posto, Francesco si inchinò davanti al frate e mettendosi in ginocchio disse:

«Mia colpa, fratello, mia colpa! Chiunque vuol essere un minore non deve avere che la tonaca, la corda e le brache, come dice la Regola, e in più le calzature, per chi sia stretto da evidente necessità o malattia».

A tutti i frati che venivano a consultarlo sull’argomento, dava la stessa risposta.

E diceva: «TANTO UN UOMO SA, QUANTO FA; E TANTO UN RELIGIOSO È BUON PREDICATORE, QUANTO LUI STESSO AGISCE» (FF 1628).

 

«Non chiunque mi dice: "Signore, Signore!" entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21).

 

 

Giovedì della 12.a sett. T.O.  (Mt 7,21-29)

Il brano del Vangelo di oggi mette in evidenza l’intelligenza spirituale di chi, come Francesco, pone al servizio del Regno tutto ciò che L’Altissimo ha depositato nella sua nuda esistenza.

Chi dispone di talenti da investire per far attecchire il Vangelo, li ritroverà maggiorati dalla longanimità del Signore.

Francesco, che si definiva «simplex et idiota», dopo aver incontrato Cristo, cambia pelle e tutto ciò cui prima anelava finisce col detestarlo - e ogni cosa che prima aborriva diventa per lui dolcezza dell’anima.

Passeggiando tra le Fonti francescane, cesello di eventi e della vocazione profonda e solida del Santo, leggiamo:

“Molti, nobili e plebei, chierici e laici, docili alla divina ispirazione, si recavano dal Santo, bramosi di schierarsi per sempre con lui e sotto la sua guida.

E a tutti egli, come ricca sorgente di grazia celeste, dona le acque vivificanti che fanno sbocciare le virtù nel giardino del cuore.

Artista e maestro di vita evangelica veramente glorioso: mediante il suo esempio, la sua Regola e il suo insegnamento, si rinnova la Chiesa di Cristo nei suoi fedeli, uomini e donne, e trionfa la triplice milizia degli eletti” (FF 384).

Inoltre apprendiamo che “divenne araldo del Vangelo. Incominciò, infatti, a percorre città e villaggi e ad annunziarvi il regno di Dio, non basandosi sui discorsi persuasivi della sapienza umana, ma sulla dimostrazione di spirito e di potenza […]

Da allora la vigna di Cristo incominciò a produrre germogli profumati del buon odore del Signore, e frutti abbondanti con fiori soavi di grazia e di santità” (FF 1072).

Il Povero d’Assisi aveva fatto fruttificare i doni ricevuti per raggiungere più anime possibili mediante la potenza dello Spirito di Dio e far conoscere il valore salvifico della Parola fatta carne.

Anche santa Chiara nella sua vita fu albero fecondo, carico di buoni frutti, come la definì Papa Alessandro nella Bolla di canonizzazione «Clara claris praeclara» (del 1255).

«Questa fu l’albero alto, proteso verso il cielo, dai rami dilatati, che nel campo della Chiesa produsse soavi frutti di religione, e alla cui ombra piacevole e amena molte seguaci accorsero da ogni parte, e tuttora accorrono per gustarne i frutti» (FF 3294).

Questi sono il segno eloquente di una vita realmente donata a Dio e ai fratelli.

 

«Dai loro frutti li riconoscerete […] così ogni albero buono fa frutti buoni, ma l’albero guasto fa frutti cattivi» (Mt 7,16-17).

 

 

Mercoledì della 12.a sett. T.O.  (Mt 7,15-20)

La Liturgia relativa alla Nascita del Battista esamina un brano lucano dove la domanda della gente, dinanzi a tale evento, è:

«Che sarà dunque di questo bambino?» (Lc 1,66).

Come il Battista, anche Francesco al fonte battesimale fu chiamato Giovanni.

Rinveniamo indizi di richiamo nella sua vita così particolarmente profetica e, fra le pieghe della sua scarna esistenza, scopriamo mirabili assonanze vocazionali con l’Amico dello Sposo.

Le Fonti ci aiutano in tal senso.

In esse leggiamo:

“Il servo e amico dell’Altissimo, Francesco, ebbe questo nome dalla divina Provvidenza, affinché per la sua originalità e novità si diffondesse più facilmente in tutto il mondo la fama della sua missione.

La madre lo aveva chiamato Giovanni, quando rinascendo dall’acqua e dallo Spirito Santo, da figlio d’ira era divenuto figlio della grazia*.

Specchio di rettitudine, quella donna presentava nella sua condotta, per così dire, un segno visibile della sua virtù.

Infatti, fu resa partecipe, come privilegio, di una certa somiglianza con l’antica Santa Elisabetta, sia per il nome imposto al figlio, sia anche per lo spirito profetico.

Quando i vicini manifestavano la loro ammirazione per la generosità d’animo e l’integrità morale di Francesco, ripeteva, quasi divinamente ispirata:

«Cosa pensate che diverrà, questo mio figlio? Sappiate, che per i suoi meriti diverrà figlio di Dio».

[…] Perciò il nome di Giovanni conviene alla missione che poi svolse, quello invece di Francesco alla sua fama, che ben presto si diffuse ovunque, dopo la sua piena conversione a Dio.

Al di sopra della festa di ogni altro santo, riteneva solennissima quella di Giovanni Battista, il cui nome insigne gli aveva impresso nell’animo un segno di arcana potenza.

Tra i nati di donna non sorse alcuno maggiore di quello, e nessuno più perfetto di questo tra i fondatori di ordini religiosi” (FF 583).

Francesco mise tutto il suo entusiasmo a bene intendere e realizzare i suggerimenti della Grazia: annunciare la perfezione del Vangelo, predicando a tutti la penitenza, con semplicità.

E siccome per il Poverello la voce del più piccolo, nella fraternità, aveva lo stesso peso della voce del grande, anzi era privilegiata, nello Spirito, per quella priorità data ai piccoli dal Vangelo, il Signore lo prese in parola per quel suo farsi Minimo in tutto e fra tutti.

«Spesso il Signore manifesta ciò che è meglio al più piccolo» (Reg. c. IV. 18).

In lui si realizzò la mirabile sapienza del Vangelo e cioè che in cielo, nonostante la grandezza del Battista, il più piccolo è più grande di lui!

 

* Francesco fu battezzato nella chiesa di Santa Maria del Vescovado. Il battistero più tardi fu trasferito nel duomo di San Rufino, dove si trova tuttora.

 

 

Natività di s. Giovanni Battista  (Lc 1,57-66.80)

Giu 15, 2025

Emendare, non perdere

Pubblicato in Aforisma

Francesco, il Poverello d’Assisi, credeva profondamente nell’Amore Misericordioso e nella Pazienza di Cristo. Non sopportava i giudizi senz’appello sulle persone.

Retto sempre, e clemente con gli altri benché molto meno con se stesso.

Nelle Fonti non mancano passi al riguardo. Leggiamo:

«Oh quanto è degna di compassione la nostra stoltezza!

Non soltanto non rialziamo o sosteniamo i deboli, ma a volte li spingiamo a cadere.

Giudichiamo di nessuna importanza sottrarre al Sommo Pastore una pecorella, per la quale sulla Croce gettò un forte grido con lacrime.

Ma ben diversamente tu, Padre santo, preferivi emendare gli erranti e non perderli […]» (FF 763).

Gli stessi frati erano stati educati a tenere a freno la lingua:

“Erano giudici implacabili di se stessi, preoccupati di non nuocere l’un l’altro in nessuna maniera.

Se accadeva che a un fratello sfuggisse una parola capace di ferire, il rimorso di coscienza non gli lasciava aver pace, finché non confessava il suo sbaglio” (FF 1448-1449).

E ancora, Francesco “insisteva perché i fratelli non giudicassero nessuno, e non guardassero con disprezzo quelli che vivono nel lusso e vestono con ricercatezza esagerata e fasto.

Dio è il Signore nostro e loro, e ha il potere di chiamarli a sé e di renderli giusti” (FF 1469).

Custode degli emarginati, Francesco il Minimo, riversava su tutti la Gratuità ricevuta da Cristo.

Uomo dalla fede indomita, abbracciava pure gli emarginati, andando ben oltre ogni giudizio - o mentalità stereotipa.

Nella Regola bollata, rivolto ai suoi frati, diceva:

«Li ammonisco […] e li esorto a non disprezzare e a non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati ed usare cibo e bevande delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso» (FF 81).

E ancor più nelle sue Ammonizioni sosteneva di guardarsi bene da ogni giudizio sui sacerdoti.

«E guai a coloro che li disprezzano.

Quand’anche, infatti, siano peccatori, tuttavia nessuno li deve giudicare, poiché il Signore esplicitamente ha riservato solo a se stesso il diritto di giudicarli.

Invero, quanto più grande è il ministero che essi svolgono del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che proprio essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri, tanto maggiore peccato commettono coloro che peccano contro di essi, che se peccassero contro tutti gli altri uomini di questo mondo» (FF176).

 

«Non giudicate, affinché non siate giudicati, perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati, e con la misura con cui misurate sarà misurato a voi» (Mt 7,1-2)

 

 

Lunedì della 12.a sett. T.O.  (Mt 7,1-5)

In questa domenica solenne del Corpus Domini la liturgia propone un brano di Luca sulla moltiplicazione dei pani per una folla immensa.

Ai suoi Gesù dice:

«Date loro da mangiare voi» (Lc 9,13).

Francesco era innamorato della Francia non perché la Madre, Monna Pica, provenisse da quelle terre, ma per il fiorire del culto eucaristico, di cui lo aveva informato Giacomo da Vitry, convinto fautore.

Quando andava per le selve o era particolarmente allegro, spesso cantava le lodi in francese.

Le Fonti c’informano al riguardo della sua viscerale devozione al Corpo di Cristo.

Nella Vita seconda del Celano leggiamo:

"Ardeva di amore in tutte le fibre del suo essere verso il sacramento del Corpo del Signore, preso da stupore oltre misura per tanta benevola degnazione e generosissima carità.

Riteneva grave segno di disprezzo non partecipare all’Eucaristia, anche unica, se il tempo lo permetteva.

Si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti anche gli altri.

Infatti, essendo colmo di riverenza per questo venerando sacramento, offriva il sacrificio di tutte le sue membra, e quando riceveva l’Agnello immolato, immolava lo spirito in quel fuoco, che ardeva sempre sull’altare del suo cuore.

Per questo amava la Francia, terra devota al Corpo del Signore, e desiderava morire in essa per la venerazione che aveva dei sacri misteri.

Un giorno volle mandare i frati per il mondo con pissidi preziose, perché riponessero in luogo il più degno possibile il prezzo della redenzione, ovunque lo vedessero conservato con poco decoro" (FF 789).

"Voleva che si dimostrasse grande rispetto alle mani del sacerdote, perché ad esse è stato conferito il divino potere di consacrare questo sacramento.

«Se mi capitasse - diceva spesso - di incontrare insieme un santo che viene dal cielo ed un sacerdote poverello, saluterei prima il prete e correrei a baciargli le mani.

Direi infatti: Ohi! Aspetta, San Lorenzo*, perché le mani di costui toccano il Verbo di vita e possiedono un potere sovrumano» " (FF 790).

E s. Chiara, dinanzi alla penuria di pane in monastero, per Grazia, ottenne di moltiplicarlo.

"C’era un solo pane, in monastero, e già incalzavano l’ora del desinare e la fame.

Chiamata la dispensiera, la Santa le comanda di dividere il pane e di mandarne una parte ai frati, di trattenere l’altra dentro, per le sorelle.

Da questa seconda metà serbata, ordina di tagliare cinquanta fette, quale era il numero delle Donne, e di presentarle loro sulla mensa della povertà.

E alla devota figlia, che le rispondeva:

«Occorrerebbero gli antichi miracoli di Cristo, per poter tagliare così poco pane in cinquanta fette», la Madre replicò, dicendole:

«Fa’ sicura quello che ti dico, figlia!».

Si affretta dunque la figlia ad eseguire il comando della Madre; e si affretta la Madre a rivolgere pii sospiri al suo Cristo, per le sue figlie.

E per Grazia divina quella scarsa materia cresce tra le mani di colei che la spezza, così che risulta una porzione abbondante per ciascun membro della comunità" (FF 3189).

L’amore di Francesco e Chiara

al Corpo e Sangue di Cristo li rendeva direttamente partecipi di quel Sacro Mistero.

 

* San Lorenzo era solo diacono, come Francesco.

 

 

Domenica del Corpo e Sangue di Cristo C  (Lc 9,11b-17)

Giu 13, 2025

Il Padre previene e cura

Pubblicato in Aforisma

Gesù pone attenzione sull’affidarsi alla Provvidenza:

«Guardate gli uccelli del cielo: poiché non seminano né mietono né raccolgono nei granai, e il Padre vostro celeste li nutre» (Mt 6,26).

Francesco e Chiara d’Assisi furono realmente gli ‘affidati alla Provvidenza’, proprio come stile di vita evangelica, poiché la fede li aveva resi ‘mani aperte alle benedizioni del Signore’ - senza preoccuparsi del domani, che avrebbe avuto cura di se stesso.

Nelle Fonti ci sono passi degni di riflessione in merito.

Nella Leggenda maggiore:

"Quando, con l’andare del tempo, i frati erano ormai diventati molto numerosi, il premuroso pastore incominciò a radunarli nel luogo di Santa Maria della Porziuncola per il Capitolo generale, in cui poteva assegnare a ciascuno di loro una porzione di obbedienza nel regno dei poveri, secondo la misura voluta da Dio.

Alla Porziuncola vi era penuria d’ogni cosa; ma, benché qualche volta vi convenisse una moltitudine di oltre cinquemila frati, non mancò mai l’aiuto della Bontà divina, che procurava il sufficiente per tutti e a tutti concedeva la salute del corpo e sovrabbondante gioia di spirito" (FF1080).

E ancora, nella Leggenda Perugina:

"Noi che siamo vissuti con lui, lo abbiamo udito dire a più riprese quella parola del Vangelo: le volpi hanno la tana e gli uccelli del cielo il nido, ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo.

E seguitava:

«Il Signore, quando stava in disparte a pregare e digiunò quaranta giorni e quaranta notti, non si fece apprestare una cella o una casa, ma si riparò sotto le rocce della montagna».

Così, sull’esempio del Signore, non volle avere in questo mondo né casa né cella, e neanche voleva gli fossero edificate.

Anzi, se gli sfuggiva la raccomandazione:

«Preparatemi questa cella così», dopo non ci voleva dimorare, in ossequio alla Parola del Vangelo: non vi preoccupate" (FF 1559).

Chiara stessa nella necessità si affidava alla Provvidenza, pregando.

"Un giorno era venuto a mancare completamente l’olio alle ancelle di Cristo, al punto che non ve n’era neppure come condimento per le ammalate.

Donna Chiara prende un vasello e, maestra d’umiltà, lo lava lei stessa con le sue mani; poi mette il vaso vuoto da parte, perché lo venga a prendere il frate questuante […]

Si affretta il devoto fratello a soccorrere tanto grande indigenza e corre a prendere il vasello.

Ma non dipende dalla volontà dell’uomo né dagli sforzi di Colui che corre, ma da Dio che usa misericordia.

Infatti, per solo intervento di Dio, quel vaso si ritrova colmo d’olio: la preghiera di Santa Chiara ha prevenuto, a sollievo delle povere figlie, il servizio del frate.

Veramente, quel frate, credendo di essere stato chiamato per nulla, mormorando tra sé e sé disse:

«Per burlarsi di me mi hanno chiamato queste Donne! Perché ecco che il vaso è pieno» (FF 3190 - Leggenda).

Dio precede sempre con la sua misericordia!

Fidandosi di Dio, i Santi di Assisi acquisirono la consapevolezza della loro chiamata affidata al Signore.

 

 

Sabato dell’11.a sett. T.O.  (Mt 6,24-34)

Gesù esorta a non accumulare tesori sulla terra, presto consumati, ma in Dio perché eterni.

Nelle Fonti il tema del non accumulare è di casa, visto che Francesco, per tutta la sua vita, non pensò che a restituire quanto aveva ricevuto, a partire da suo padre a cui "restituì" persino gli abiti, seguendo ‘nudo’ la via della povertà, sua ambita ricchezza.

Il Minimo aveva mente e cuore rivolti a Dio e cercava solo il Regno dei cieli, in semplicità e purezza di cuore. Testimonianza di questo ci è data da uno dei vari passi delle Fonti Francescane.

Leggiamo:

"Queste visite ai lebbrosi accrebbero la sua bontà. Conducendo un suo compagno, che aveva molto amato, in località fuori mano, gli diceva di aver scoperto un grande e prezioso tesoro.

Quello ne fu tutto felice e volentieri si univa a Francesco, quando era invitato.

Spesso lo conduceva in una grotta, presso Assisi; ci entrava da solo, lasciando fuori l’amico, impaziente di impadronirsi del tesoro […]

Animato da un nuovo straordinario spirito, pregava in segreto il Padre […]

Pativa nell’intimo sofferenza indicibile e angoscia, poiché non riusciva ad essere sereno fino a tanto che non avesse realizzato la sua vocazione" (FF 1409).

Nel suo cammino, in pieno inverno, a Celano, il Poverello donò ad una vecchierella il suo mantello.

Le disse:

«Va’, fatti un vestito, che ne hai veramente bisogno» (FF 673).

E Chiara, nelle sue lettere, scrivendo alla sua figlia spirituale, Agnese di Boemia, attesta:

«Voi che avete preferito la povertà alle ricchezze temporali, e avete affidato i vostri tesori, piuttosto che alla terra, al cielo, ove non li corrode ruggine, non li consuma il tarlo, non li scoprono né rubano i ladri, voi riceverete abbondantissima ricompensa nei cieli […]» (FF 2866).

Il tema della ricchezza da condividere, del ‘non trattenere’ e del ‘restituire’ a Dio e ai fratelli, era molto sentito da Francesco d’Assisi; uno dei motivi conduttori del suo cammino di fede.

Nelle Fonti leggiamo:

"Una volta, mentre ritornava da Siena, incontrò un povero. Si dava il caso che Francesco a causa della malattia, avesse indosso sopra l’abito un mantello.

Mirando con gli occhi misericordiosi la miseria di quell’uomo, disse al compagno:

«Bisogna che restituiamo il mantello a questo povero: perché è suo. Difatti noi lo abbiamo ricevuto in prestito, fino a quando ci sarebbe capitato di trovare qualcuno più povero di noi».

Il compagno, però, considerando lo stato in cui il padre pietoso si trovava, oppose un netto rifiuto: egli non aveva il diritto di dimenticare se stesso, per provvedere all’altro.

Ma il santo:

«Ritengo che il Grande Elemosiniere mi accuserà di furto, se non darò quel che porto indosso a chi è più bisognoso» " (FF 1143).

 

«Non accumulatevi tesori sulla terra» (Mt 6,19).

 

 

Venerdì dell’11.a sett. T.O.  (Mt 6,19-23)

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Family is the heart of the Church. May an act of particular entrustment to the heart of the Mother of God be lifted up from this heart today (John Paul II)
La famiglia è il cuore della Chiesa. Si innalzi oggi da questo cuore un atto di particolare affidamento al cuore della Genitrice di Dio (Giovanni Paolo II)
The liturgy interprets for us the language of Jesus’ heart, which tells us above all that God is the shepherd (Pope Benedict)
La liturgia interpreta per noi il linguaggio del cuore di Gesù, che parla soprattutto di Dio quale pastore (Papa Benedetto)
In the heart of every man there is the desire for a house [...] My friends, this brings about a question: “How do we build this house?” (Pope Benedict)
Nel cuore di ogni uomo c'è il desiderio di una casa [...] Amici miei, una domanda si impone: "Come costruire questa casa?" (Papa Benedetto)
Try to understand the guise such false prophets can assume. They can appear as “snake charmers”, who manipulate human emotions in order to enslave others and lead them where they would have them go (Pope Francis)
Chiediamoci: quali forme assumono i falsi profeti? Essi sono come “incantatori di serpenti”, ossia approfittano delle emozioni umane per rendere schiave le persone e portarle dove vogliono loro (Papa Francesco)
Every time we open ourselves to God's call, we prepare, like John, the way of the Lord among men (John Paul II)
Tutte le volte che ci apriamo alla chiamata di Dio, prepariamo, come Giovanni, la via del Signore tra gli uomini (Giovanni Paolo II)
Paolo VI stated that the world today is suffering above all from a lack of brotherhood: “Human society is sorely ill. The cause is not so much the depletion of natural resources, nor their monopolistic control by a privileged few; it is rather the weakening of brotherly ties between individuals and nations” (Pope Benedict)
Paolo VI affermava che il mondo soffre oggi soprattutto di una mancanza di fraternità: «Il mondo è malato. Il suo male risiede meno nella dilapidazione delle risorse o nel loro accaparramento da parte di alcuni, che nella mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli» (Papa Benedetto)
Dear friends, this is the perpetual and living heritage that Jesus has bequeathed to us in the Sacrament of his Body and his Blood. It is an inheritance that demands to be constantly rethought and relived so that, as venerable Pope Paul VI said, its "inexhaustible effectiveness may be impressed upon all the days of our mortal life" (Pope Benedict)
Questa, cari amici, è la perpetua e vivente eredità che Gesù ci ha lasciato nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Eredità che domanda di essere costantemente ripensata, rivissuta, affinché, come ebbe a dire il venerato Papa Paolo VI, possa “imprimere la sua inesauribile efficacia su tutti i giorni della nostra vita mortale” (Papa Benedetto)
The road that Jesus points out can seem a little unrealistic with respect to the common mindset and to problems due to the economic crisis; but, if we think about it, this road leads us back to the right scale of values (Pope Francis)
La strada che Gesù indica può sembrare poco realistica rispetto alla mentalità comune e ai problemi della crisi economica; ma, se ci si pensa bene, ci riporta alla giusta scala di valori (Papa Francesco)

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