Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".
Premesso che Francesco considerava i predicatori della Parola «lampada del mondo» e che lo Spirito di Dio lo rendeva tale, meraviglioso è quanto leggiamo nelle Fonti, raccolta esimia delle realtà francescane.
“Irradiato dagli splendori della luce eterna, scrutava le profondità delle Scritture con intelletto limpido e acuto.
Il suo ingegno, puro da ogni macchia, penetrava il segreto dei misteri, e dove la scienza dei maestri resta esclusa, egli entrava con l’affetto dell’amante.
Leggeva, di tanto in tanto, i libri sacri e riteneva tenacemente impresso nella memoria quanto aveva una volta assimilato: giacché ruminava continuamente con affettuosa devozione ciò che aveva ascoltato con mente attenta” (FF 1187).
Allo stesso modo Chiara, serafica pianticella, viene riconosciuta nella
Leggenda come colei in cui “Dio misericordioso […] fece splendere alle donne una chiarissima lampada: e tu, Padre beatissimo*, ascrivendola al novero dei Santi, spinto dalla forza e dall’evidenza dei miracoli, hai posto questa lampada sul candelabro, perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa” (FF 3151).
“Dunque Chiara, mentre era in vita, rifulgeva per la luce dei suoi meriti: e ora, che é inabissata nella chiarità senza fine, non di meno risplende tuttora, per la meravigliosa luce dei miracoli, fino alle estremità della terra” (FF 3262).
Era un miracolo vederla (quando viveva fra le mura damianite che trasudavano santità):
"[…] per Mattutino, prevenire le giovinette e, svegliandole senza rumore con cenni, le invitava alle lodi di Dio. Spesso, mentre tutte dormivano ancora, accendeva le lampade, spesso suonava lei stessa, con le sue mani la campana" (FF 3200).
“Certamente, nella sua dolcezza, Dio aveva dato convito alla poverella e, dopo averle inondato l’animo nell’orazione con la sua Luce eterna, lo manifestava al di fuori sensibilmente” (FF 3199).
«Viene forse la lucerna perché sia messa sotto il moggio o sotto il letto?» (Mc 4,21).
Giovedì 3.a sett.T.O. (Mc 4,21-25)
Nella Parabola del Seminatore Gesù evidenzia la diversa ricezione ed assimilazione della Parola di Dio e di conseguenza il diverso frutto, a seconda della rispondenza del terreno.
Il nuovo Evangelista di questo ultimo tempo, Francesco, era innamorato della Parola di Dio e il suo ascolto era costante, tanto da averla impressa nella sua memoria.
Era terreno buono che produceva il cento per uno.
Le Fonti c’informano:
”Irradiato dagli splendori della Luce eterna, scrutava le profondità delle Scritture con intelletto limpido e acuto.
Il suo ingegno, puro da ogni macchia, penetrava il segreto dei misteri […]
Leggeva di tanto in tanto i libri sacri e riteneva tenacemente impresso nella memoria quanto aveva una volta assimilato: giacché ruminava continuamente con affettuosa devozione ciò che aveva ascoltato con mente attenta” (FF 1188).
“Con altrettanta cura e devozione si impegnava a compiere gli altri insegnamenti uditi.
Egli infatti non era mai stato ascoltatore sordo del Vangelo, ma, affidando ad una encomiabile memoria tutto quello che ascoltava, cercava con ogni diligenza di eseguirlo alla lettera” (FF 357).
Come lo chiama il Celano, nella Vita prima - «fiume di Paradiso» - Francesco, “il nuovo evangelista di questo ultimo tempo ha diffuso con amorosa cura le acque del Vangelo per il mondo intero, e con le opere ha additato la via e la vera dottrina del Figlio di Dio” (FF 475).
Nella Regola non bollata (1221):
«Manteniamoci dunque Fedeli alle parole, alla vita, alla dottrina e al Santo Vangelo di Colui che si è degnato di pregare per noi il Padre» (FF 62).
E «guardiamoci bene dall’essere la terra lungo la strada, o la terra sassosa, o quella invasa dalle spine secondo quanto dice il Signore nel Vangelo:
«Il seme è la Parola di Dio […] il seme affidato alla terra buona, sono coloro che, ascoltando la parola con buone, anzi ottime disposizioni, la intendono e la custodiscono e portano frutti con la perseveranza»” (FF 58).
Il Poverello fu, per il suo tempo, incarnazione concreta e fruttuosa del Vangelo.
«E altri semi caddero sulla terra buona e davano frutto salendo e crescendo e portavano uno trenta e uno sessanta e uno cento» (Mc 4,8).
Mercoledì 3.a sett. T.O (Mc 4,1-20)
Con un colpo di mano stupefacente, Gesù spiega chi sono sua madre e i suoi fratelli: quanti incarnano la volontà di Dio.
Dopo la conversione, Francesco e Chiara cercarono sempre la volontà di Dio guardando a Maria, la serva del Signore, colei che aveva trovato favore presso l’Onnipotente, divenendo la Madre di Gesù.
Francesco, fin dagli inizi della sua vocazione-missione rivolse alla Vergine speciale e devota attenzione.
Le Fonti ci mettono al corrente dello straordinario amore per Lei, sintetizzato da un’antifona ieratica del Poverello:
«Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te, nata nel mondo, tra le donne, figlia e ancella dell’altissimo sommo Re il Padre celeste, madre del santissimo Signore nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo; prega per noi con san Michele arcangelo e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi, presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e maestro» (FF 281).
Francesco "Circondava di un amore indicibile la Madre di Gesù, perché aveva reso nostro fratello il Signore della maestà" (FF 786).
Ma Chiara stessa, considerata ‘altera Maria’, quando giunse alla Porziuncola, dove Francesco con i frati l’aspettavano per la sua totale dedizione a Dio:
"Dopo che ebbe prese le insegne della santa penitenza davanti all’altare di Santa Maria e, quasi davanti al talamo nuziale della Vergine, l’umile ancella si fu sposata a Cristo, subito San Francesco la condusse alla chiesa di San Paolo*, con l’intenzione che rimanesse in quel luogo finché la Volontà dell’Altissimo non disponesse diversamente" (FF 3172).
Come Maria, Chiara pronunciò il suo "Fiat" alla volontà del Padre.
Oh quanto hanno amato la volontà di Dio entrambe!
Dimentiche di sé hanno aderito al progetto divino su di loro, ognuna nel suo tempo, ognuna nel suo solco.
Nelle Fonti ancora:
«A quel modo, dunque, che la gloriosa Vergine delle vergini portò Cristo materialmente nel suo grembo, tu pure, seguendo le sue vestigia, specialmente dell’umiltà e povertà di lui, puoi sempre, senza alcun dubbio, portarlo spiritualmente nel tuo corpo casto e verginale.
E conterrai in te Colui dal quale tu e tutte le creature sono contenute, e possederai ciò che è bene più duraturo e definitivo anche a paragone di tutti gli altri possessi transeunti di questo mondo» (FF 2893 - Lettera terza alla Beata Agnese di Praga).
Francesco e Chiara, sull’esempio dell’umile Maria di Nazareth, hanno amato la volontà di Dio su di loro in modo solare e duraturo.
Infatti, in una preghiera conclusiva di Francesco, contempliamo il suo costante anelito a ricercarla e assecondarla con abbandono.
«Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio, concedi a noi miseri di fare, per la forza del tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e, con l’aiuto della tua sola grazia, giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nella Unità semplice vivi e regni glorioso, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen» (FF 234 - Lettera a tutto l’Ordine).
«E rispondendo dice loro: Chi è mia madre e i fratelli? […] Chi fa la volontà di Dio, questi è mio fratello e sorella e madre» (Mc 3,33.35).
*La chiesa e il monastero benedettino di San Paolo delle Abbadesse, dove Chiara viene condotta dopo la sua consacrazione in Porziuncola, sorgevano nei pressi di Bastìa Umbra, a 4 km da Assisi.
Martedì 3.a sett. T.O. (Mc 3,31-35)
L’evangelista Marco pone attenzione all’affermazione blasfema degli scribi che vede in Gesù un posseduto da Beelzebùl, principe dei demoni. Ma il Signore li spiazza con risposte inattaccabili.
Il ‘giullare di Dio’, proprio perché amante di Lui, fu molto perseguitato ed ebbe strenue lotte con chi punta il dito davanti a Dio giorno e notte contro i fratelli.
Le Fonti raccontano di varie circostanze nelle quali il servo di Dio ebbe a soffrire per causa sua, difendendosi con la preghiera continua e profonda, che trasferiva nella sua anima lo Spirito Santo.
“Arrivò un giorno ad Arezzo, mentre tutta la città era scossa dalla guerra civile e minacciava prossima la sua rovina. Il servo di Dio venne ospitato nel borgo fuori città, e vide sopra di essa demoni esultanti, che rinfocolavano i cittadini a distruggersi fra loro. Chiamò frate Silvestro, uomo di Dio e di ragguardevole semplicità, e gli comandò:
«Va’ alla porta della città, e da parte di Dio Onnipotente comanda ai demoni che quanto prima escano dalla città».
Il frate pio e semplice si affrettò ad obbedire, e dopo essersi rivolto a Dio con inno di lode, grida davanti alla porta a gran voce:
«Da parte di Dio e per ordine del nostro padre Francesco, andate lontano di qui, voi tutti demoni!».
La città poco dopo ritrovò la pace e i cittadini rispettarono i vicendevoli diritti civili con grande tranquillità.
Più tardi parlando loro, Francesco all’inizio della predicazione, disse:
«Parlo a voi come a persone un tempo soggiogate e schiave dei demoni. Però so che siete stati liberati per le preghiere di un povero»” (FF 695).
«Se un regno è diviso contro se stesso, quel regno non può stare in piedi» (Mc 3,24).
Anche Chiara d’Assisi ebbe da combattere più volte.
Nella Leggenda troviamo:
«Tra le Ore del Giorno, a Sesta e a Nona è presa per solito da maggiore compunzione, volendo immolarsi col Signore immolato.
Così accadde una volta che, mentre pregava nella sua celletta all’Ora Nona, il diavolo la colpì sulla mascella e le soffuse di sangue un occhio, le illividì una guancia» (FF 3215).
Questi due grandi testimoni della fede sapevano che il male é invidioso del Bene, ma pure che quest’ultimo gli toglie terreno palmo a palmo, visto che le tenebre non possono prevalere sulla Luce.
Lunedì 3.a sett. T.O. (Mc 3,22-30)
Francesco era stato deriso e trattato da pazzo nella sua Assisi, guardato come un panno immondo dalla “gente bene” del luogo, sprofondata nei sollazzi e divertimenti feudali.
Dopo la conversione, investito dalla potenza dello Spirito, aveva compreso che la sua missione era quella di annunciare ai poveri il lieto messaggio del Padre, proclamando l’anno di grazia del Signore con la testimonianza concreta della vita.
Questo lo aveva posto sul binario della povertà del Figlio di Dio, facendosi uno con essa, ovunque la scorgesse.
Le Fonti, maestre di vita vissuta, c’informano:
“Si chinava, con meravigliosa tenerezza e compassione, verso chiunque fosse afflitto da qualche sofferenza fisica e quando notava in qualcuno indigenza o necessità, nella dolce pietà del cuore, la considerava come una sofferenza di Cristo stesso.
Aveva innato il sentimento della clemenza, che la pietà di Cristo, infusa dall’alto, moltiplicava.
Sentiva sciogliersi il cuore alla presenza dei poveri e dei malati, e quando non poteva offrire l’aiuto, offriva il suo affetto.
Un giorno, un frate rispose piuttosto duramente ad un povero, che chiedeva l’elemosina in maniera importuna.
Udendo ciò, il pietoso amatore dei poveri comandò al frate di prostrarsi nudo ai piedi del povero, di dichiararsi colpevole, di chiedergli in carità che pregasse per lui e lo perdonasse.
Il frate così fece, e il Padre commentò con dolcezza:
«Fratello, quando vedi un povero, ti vien messo davanti lo specchio del Signore e della sua Madre povera. Così pure negli infermi, sappi vedere le infermità di cui Gesù si è rivestito».
In tutti i poveri, egli, a sua volta povero e cristianissimo, vedeva l’immagine di Cristo. Perciò quando li incontrava, dava generosamente tutto quanto avevano donato a lui, fosse pure il necessario per vivere; anzi era convinto che doveva restituirglielo a loro, come se fosse loro proprietà” (FF 1142).
La voce del Signore si era fatta sentire nel suo cuore da tempo, invitandolo a compiere una precisa e nuova missione, per opera dello Spirito.
Dopo una visione donatagli dall’alto, una Voce divina gli aveva parlato e Francesco aveva risposto:
«Signore, che vuoi che io faccia?».
«Ritorna nella tua terra - rispose il Signore - perché la visione, che tu hai avuto raffigura una missione spirituale, che si deve compiere in te, non per disposizione umana, ma per disposizione divina» (FF 1032).
Francesco davvero poté ripetere forte:
«Lo Spirito del Signore su di me, perciò mi ha unto per annunciare la Buona Notizia ai poveri» (Lc 4,18).
Ovunque venne a trovarsi, in chiesa o all’aperto, davanti ai poveri o agli altolocati, mai temette d’incarnare la profezia-missione che lo aveva toccato e scelto.
Ai diseredati del suo tempo come a quelli di ogni epoca annunciava la Buona Novella del Regno con tenace attualità.
3.a Domenica T.O. (anno C) (Lc1,1-4; 4,14-21)
Nella festa della conversione dell’Apostolo delle genti, la liturgia propone l’invito alla evangelizzazione.
Il Signore chiede ai suoi intimi di andare in tutto il mondo per annunciare la Parola di Dio, suscitando la Fede e le opere.
Come un tempo i tre fanciulli gettati nella fornace ardente da Nabucodonosor invitavano tutti gli elementi a benedire il Signore, così Francesco, pieno dello Spirito di Dio, non si stancava nella sua predicazione di lodare e annunciare la Buona Novella ad ogni creatura sotto il cielo.
“E quale estasi gli procurava la bellezza dei fiori […] Subito ricordava la bellezza di quell’altro Fiore il quale, spuntando luminoso nel cuore dell’inverno dalla radice di Iesse, col suo profumo ritornò alla vita migliaia e migliaia di morti.
Se vedeva distese di fiori, si fermava a predicare loro e li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione; allo stesso modo le messi e le vigne, le pietre e le selve e le belle campagne, le acque correnti e i giardini verdeggianti, la terra e il fuoco, l’aria e il vento, con semplicità e purità di cuore invitava ad amare e a lodare il Signore.
E finalmente chiamava tutte le creature col nome di fratello e sorella, intuendone i segreti in modo mirabile e noto a nessun altro, perché aveva conquistato la libertà della gloria riservata ai figli di Dio” (FF 460-461).
Sosteneva che il predicatore chiamato ad annunciare il Vangelo «deve prima attingere nel segreto della preghiera ciò che poi riverserà nei discorsi. Prima deve riscaldarsi interiormente, per non proferire all’esterno fredde parole […] essi sono la vita del corpo, gli avversari dei demoni, essi sono la lampada del mondo» (FF 747).
Questi annunciano la salvezza, compiono segni, perché ciò che portano in cuore trabocca all’esterno e Dio opera con loro.
Tale modello era quanto i frati vedevano in Francesco, quale testimonianza e annuncio fattivo del Risorto.
“I frati che vissero con lui, inoltre sanno molto bene come ogni giorno, anzi ogni momento, affiorasse sulle sue labbra il ricordo di Cristo; con quanta soavità e dolcezza gli parlava, con quale tenero amore discorreva con Lui.
La bocca parlava per l’abbondanza dei santi affetti del cuore, e quella sorgente di illuminato amore che lo riempiva dentro, traboccava anche di fuori.
Era davvero molto occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra […]” (FF 522).
E quando una creatura sparisce, facendo affiorare l’immagine del Figlio di Dio in lei, compie, ovunque si trovi, la più perfetta evangelizzazione, offre il più convincente annuncio.
Così Francesco, uomo nuovo fatto Parola vivente.
«Andando in tutto il mondo, predicate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15)
Conversione di s. Paolo (Mc 16,15-18)
Mc ritrae Gesù che sale su il Monte e nella solitudine-preghiera chiama i Dodici alla sequela.
La vocazione di Francesco a seguire Cristo fu richiamo e attrattiva di altre sequele. La preghiera assidua di lui incentivò molte anime, per condividere l’ideale evangelico.
Francesco desiderava avere fratelli che «stessero con lui e per mandarli a predicare» (Mc 3,14).
Nelle Fonti ci sono numerosi episodi che ritraggono la chiamata di molti futuri frati e di anime disposte a seguire Chiara d’Assisi.
Leggiamo:
”Alcuni incominciarono a sentirsi invitati a penitenza dal suo esempio e ad unirsi a lui, nell’abito e nella vita, lasciando ogni cosa.
Il primo di loro fu il «venerabile Bernardo», che, reso partecipe della vocazione divina, meritò di essere il primogenito del beato padre, primo nel tempo e nella santità.
Bernardo, dopo aver costato di persona la santità del servo di Cristo, decise di seguire il suo esempio, abbandonando completamente il mondo.
Perciò si rivolse a lui, per sapere come realizzare questo proposito” (FF 1053).
E ai suoi frati, spesso ripeteva:
«Questa è la nostra vocazione: curare le ferite, fasciare le fratture, richiamare gli smarriti.
Molti, che ci sembrano membra del diavolo, possono un giorno diventare discepoli di Cristo» (FF1470).
Nella leggenda di S. Chiara:
”Ponendo il suo nido, quale argentea colomba, nelle cavità di questa rupe, generò una schiera di vergini di Cristo, fondò un monastero santo e diede inizio all’Ordine delle Povere Dame” (FF3176).
“La fama della santità della vergine Chiara si sparge di lì a poco, infatti, per le contrade vicine, ed è un accorrere da ogni parte di donne, dietro la fragranza del suo profumo.
Le vergini, sul suo esempio, si affrettano a mantenersi tali per Cristo; le sposate si studiano di vivere più castamente […].
Innumerevoli vergini, spronate dalla fama di Chiara, avendo qualche impedimento per abbracciare la vita claustrale in monastero, si studiano di vivere nella loro casa paterna, pur senza regola, secondo lo spirito della regola.
Tali furono i germi di salvezza partoriti col suo esempio dalla vergine Chiara, che parve adempirsi in lei il detto del profeta: più numerosi sono i figli dell’abbandonata che non di quella che ha marito” (FF 3177).
«E sale su il Monte e chiama quelli che egli voleva e andarono da lui» (Mc 3,13)
Venerdì 2a sett. T.O. (Mc 3,13-19)
Nel Vangelo di oggi Gesù, circondato da grande folla, guarisce molti, e gli spiriti impuri lo chiamano col suo Nome: «Tu sei il Figlio di Dio»
(Mc 3,11).
Le Fonti raccontano che Francesco, nella Lettera a tutto L’Ordine, così si esprime:
«Frate Francesco, uomo di poco conto e fragile, vostro piccolo servo, augura salute in Colui che ci ha redento e ci ha lavati nel suo preziosissimo sangue.
Ascoltando il nome di Lui, adoratelo con timore e riverenza, proni verso terra: Signore Gesù Cristo, Figlio dell’Altissimo è il suo nome, che è benedetto nei secoli» (FF 215).
Il Poverello presenta sempre Gesù come Colui che non ha dove porsi. Infatti, anche nel brano odierno, Cristo, a causa della folla, chiede ai discepoli di tenergli pronta una barca per non essere schiacciato.
Gesù mostra la dimensione precaria del suo vivere in ogni circostanza.
Innamorato della povertà, Francesco rivolge ai suoi frati l’espressione del Vangelo:
«Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo hanno il nido; ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo […]».
“[Così] ammaestrava i frati a costruire casupole poverelle […] ad abitare in esse non come case proprie, ma come in case altrui, da pellegrini e forestieri.
Diceva che il codice dei pellegrini è questo:
«Raccogliersi sotto il tetto altrui, sentir sete della patria, passar via in pace»” (FF1120).
E poiché ripeteva che figli di Dio sono coloro che compiono le sue opere, il Minimo d’Assisi si distingueva quale figlio di Dio, e nello Spirito operava molte guarigioni.
“Gente di ogni età e d’ogni sesso correva a vedere e ad ascoltare quell’uomo nuovo, donato dal cielo al mondo.
Egli pellegrinava per le varie regioni, annunciando con fervore il Vangelo; e il Signore cooperava, confermando la Parola con i miracoli che l’accompagnavano.
Infatti, nel nome del Signore, Francesco, predicatore della verità, scacciava i demoni, risanava gli infermi, e, prodigio ancor più grande, con l’efficacia della sua parola inteneriva e muoveva a penitenza gli ostinati e, nello stesso tempo, ridonava la salute ai corpi e ai cuori» (FF 1212).
«Infatti curò molti così che si precipitavano su di lui per toccarlo, quanti avevano infermità» (Mc 3,10)
Giovedì 2.a sett. T.O. (Mc 3,7-12)
For those who first heard Jesus, as for us, the symbol of light evokes the desire for truth and the thirst for the fullness of knowledge which are imprinted deep within every human being. When the light fades or vanishes altogether, we no longer see things as they really are. In the heart of the night we can feel frightened and insecure, and we impatiently await the coming of the light of dawn. Dear young people, it is up to you to be the watchmen of the morning (cf. Is 21:11-12) who announce the coming of the sun who is the Risen Christ! (John Paul II)
Per quanti da principio ascoltarono Gesù, come anche per noi, il simbolo della luce evoca il desiderio di verità e la sete di giungere alla pienezza della conoscenza, impressi nell'intimo di ogni essere umano. Quando la luce va scemando o scompare del tutto, non si riesce più a distinguere la realtà circostante. Nel cuore della notte ci si può sentire intimoriti ed insicuri, e si attende allora con impazienza l'arrivo della luce dell'aurora. Cari giovani, tocca a voi essere le sentinelle del mattino (cfr Is 21, 11-12) che annunciano l'avvento del sole che è Cristo risorto! (Giovanni Paolo II)
Christ compares himself to the sower and explains that the seed is the word (cf. Mk 4: 14); those who hear it, accept it and bear fruit (cf. Mk 4: 20) take part in the Kingdom of God, that is, they live under his lordship. They remain in the world, but are no longer of the world. They bear within them a seed of eternity a principle of transformation [Pope Benedict]
Cristo si paragona al seminatore e spiega che il seme è la Parola (cfr Mc 4,14): coloro che l’ascoltano, l’accolgono e portano frutto (cfr Mc 4,20) fanno parte del Regno di Dio, cioè vivono sotto la sua signoria; rimangono nel mondo, ma non sono più del mondo; portano in sé un germe di eternità, un principio di trasformazione [Papa Benedetto]
In one of his most celebrated sermons, Saint Bernard of Clairvaux “recreates”, as it were, the scene where God and humanity wait for Mary to say “yes”. Turning to her he begs: “[…] Arise, run, open up! Arise with faith, run with your devotion, open up with your consent!” [Pope Benedict]
San Bernardo di Chiaravalle, in uno dei suoi Sermoni più celebri, quasi «rappresenta» l’attesa da parte di Dio e dell’umanità del «sì» di Maria, rivolgendosi a lei con una supplica: «[…] Alzati, corri, apri! Alzati con la fede, affrettati con la tua offerta, apri con la tua adesione!» [Papa Benedetto]
«The "blasphemy" [in question] does not really consist in offending the Holy Spirit with words; it consists, instead, in the refusal to accept the salvation that God offers to man through the Holy Spirit, and which works by virtue of the sacrifice of the cross [It] does not allow man to get out of his self-imprisonment and to open himself to the divine sources of purification» (John Paul II, General Audience July 25, 1990))
«La “bestemmia” [di cui si tratta] non consiste propriamente nell’offendere con le parole lo Spirito Santo; consiste, invece, nel rifiuto di accettare la salvezza che Dio offre all’uomo mediante lo Spirito Santo, e che opera in virtù del sacrificio della croce [Esso] non permette all’uomo di uscire dalla sua autoprigionia e di aprirsi alle fonti divine della purificazione» (Giovanni Paolo II, Udienza Generale 25 luglio 1990)
Every moment can be the propitious “day” for our conversion. Every day (kathēmeran) can become the today of our salvation, because salvation is a story that is ongoing for the Church and for every disciple of Christ. This is the Christian meaning of “carpe diem”: seize the day in which God is calling you to give you salvation! (Pope Benedict)
don Giuseppe Nespeca
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