Teresa Girolami

Teresa Girolami

Teresa Girolami è laureata in Materie letterarie e Teologia. Ha pubblicato vari testi, fra cui: "Pellegrinaggio del cuore" (Ed. Piemme); "I Fiammiferi di Maria - La Madre di Dio in prosa e poesia"; "Tenerezza Scalza - Natura di donna"; co-autrice di "Dialogo e Solstizio".

Matteo evidenzia la risposta data da Gesù ai leaders che tentavano di metterlo alla prova, in merito al più grande comandamento.

E il Signore li spiazza: amare Dio con tutto se stesso, e il prossimo come se stesso, è quanto di meglio si possa fare.

Francesco d’Assisi era infiammato da un profondo amore per Dio e per il prossimo, poiché, per grazia, aveva compreso che in questi due comandamenti era racchiuso tutto il Vangelo.

Le Fonti lo attestano in modo lampante.

“Fra le altre parole, che ricorrevano spesso nel parlare, non poteva udire l’espressione «amore di Dio» senza provare una certa commozione. Subito infatti, al suono di questa espressione «amore di Dio» si eccitava, si commuoveva e si infiammava, come se venisse toccata col plettro della voce la corda interiore del cuore.

«È una prodigalità da nobili - ripeteva - offrire questa ricchezza in cambio dell’elemosina e sono quanto mai stolti quelli che l’apprezzano meno del denaro».

Da parte sua, osservò infallibilmente sino alla morte il proposito che aveva fatto quando era ancora nel mondo, di non respingere alcun povero che gli chiedesse per amore di Dio.

Una volta un povero gli chiese la carità per amore di Dio. Siccome non aveva nulla, il Santo prese di nascosto le forbici e si preparò a spartire la sua misera tonaca.

E l’avrebbe certamente fatto se non fosse stato scoperto dai frati, ai quali però ordinò di provvedere con altro compenso al povero” (FF 784).

“La forza dell’amore aveva reso Francesco fratello di tutte le altre creature; non è quindi meraviglia se la carità di Cristo lo rendeva ancora più fratello di quanti sono insigniti della immagine del Creatore.

Diceva infatti che niente è più importante della salvezza delle anime, e lo provava molto spesso col fatto che l’Unigenito di Dio si è degnato di essere appeso alla croce per le anime.

Da qui derivava il suo impegno nella preghiera, il suo trasferirsi da un luogo all’altro per predicare, la sua grande preoccupazione di dare il buon esempio.

Non si riteneva amico di Cristo, se non amava le anime che Egli ha amato […]

Ma al di sopra di ogni misura, amava di un amore particolarmente intimo con tutto l’affetto del cuore, i frati, come familiari di una fede speciale e uniti dalla partecipazione alla eredità eterna” (FF 758).

Francesco sapeva che l’amore fraterno era riprova di quello attestato a Dio in tutta la sua concretezza.

 

 

Venerdì della 20.a sett. T.O. (Mt 22,34-40)

Ago 14, 2024

Al Banchetto

Pubblicato in Aforisma

Gesù paragona il Regno dei cieli a un banchetto di nozze.

Gli invitati non si curano di partecipare al banchetto del re, e i servi vengono inviati a raccogliere quanti trovano nelle strade, ma con l’abito nuziale.

«Molti infatti sono chiamati, ma pochi eletti» (Mt 22,14).

Guardiamo ora al Poverello d’Assisi: come vive tutto questo, secondo il racconto delle Fonti.

Innamorato di Madonna Povertà, Francesco invitò con insistenza la Medesima a prendere cibo con i frati [cf. Sacrum Commercium Beati Francisci cum Domina Paupertate]:

“Poi la condussero al luogo dove era preparata la mensa. Come fu arrivata ella si guardò attorno e, non vedendo nulla all’infuori di tre o quattro tozzi di pane d’orzo e di crusca posti sull’erba fu presa da grande ammirazione” (FF 2020).

Quindi "ordinò loro di essere tutti insieme e rivolse ad essi parole di vita, dicendo:

«Siate Benedetti, figli miei, dal Signore Iddio che ha creato il cielo e la terra, perché mi avete accolta nella vostra casa con tale pienezza di carità, che oggi stando con voi mi è parso di stare nel paradiso del Signore […]

Ecco quello che ho tanto cercato, ora lo contemplo […] perché in terra mi sono unita a uomini che sono per me immagine fedele di Colui che è mio sposo nel cielo.

Benedica il Signore il vostro coraggio e gradisca il lavoro delle vostre mani»" (FF 2024).

Chiamati/e ed eletti/e in compagnia di Madonna Povertà, a ricalcare le orme del Figlio di Dio.

La stessa Chiara, nel suo Testamento spirituale, vera perla francescana, si rivolge alle figlie presenti e future invitandole a custodire il tesoro inestimabile dell’elezione. Leggiamo in esso:

«Tra gli altri benefici che abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo dal nostro Donatore, il Padre delle Misericordie, per i quali siamo molto tenute a rendere a Lui glorioso vive azioni di grazie, grande è quello della nostra vocazione. E quanto più essa è grande e perfetta, tanto maggiormente siamo a lui obbligate. Perciò l’Apostolo ammonisce: ‘Conosci bene la tua vocazione’» (FF 2823).

E ancora:

«Il Figlio di Dio si è fatto nostra Via; e questa con la parola e l’esempio ci indicò e insegnò il beato padre nostro Francesco, vero amante e imitatore di Lui» (FF 2824).

A questo punto Chiara ricorda quando il Santo, sotto ispirazione divina, profetò a loro riguardo.

“Salito sopra il muro di detta chiesa […] rivolto ad alcuni poverelli che stavano lì appresso:

«Venite ed aiutatemi in quest’opera del monastero di S. Damiano, perché tra poco verranno ad abitarli delle donne, e per la fama della santità della loro vita si renderà gloria al Padre nostro celeste in tutta la sua santa Chiesa».

Possiamo, dunque, ammirare in questo fatto la grande bontà di Dio verso di noi: Egli si è degnato, nella sovrabbondante sua misericordia e carità, di ispirare tali parole al suo Santo a proposito della nostra vocazione ed elezione» (FF 2827-2828).

 

 

[Giovedì della 20.a sett.T.O. (Mt 22,1-14)]

Nel capitolo venti del Vangelo di Matteo, Gesù paragona il Regno dei cieli ad un padrone che chiama e accoglie a lavorare nella sua vigna a tutte le ore, perfino quanti arrivano all’ultima ora. Senza nulla togliere a quelli che hanno lavorato duramente tutto il giorno, il Signore accoglie pienamente anche coloro che arrivano tardi, secondo l’orologio umano.

Dio, nella sua bontà, valuta in base ad un criterio diverso dai pregiudizi degli uomini.

Per questo: «gli ultimi saranno i primi e i primi, ultimi» (Mt 20,16).

Nelle Fonti Francescane troviamo un Poverello che amava la laboriosità e non il pregiudizio, rifuggendo l’ozio.

Aveva però compreso che il nostro Dio non è dispotico, bensì dispensa i suoi beni in totale gratuità.

Il Minore guardava sempre alla Bontà dell’Artefice di ogni cosa, che ha cura di ciascuno, e tutti vuole condurre nel suo Regno.

Esortava i suoi frati a lavorare con sollecitudine nella Vigna del Signore, accogliendo chiunque e stando lontano solo da chi oziava.

Le Fonti raccontano:

“Quando i frati dimoravano a Rivotorto, c’era uno di loro che poco pregava, non lavorava e si rifiutava di andare alla cerca perché si vergognava: mangiava forte, però.

Considerando una simile condotta, Francesco capì con la luce dello Spirito Santo che quello era un uomo carnale. E gli rivolse queste parole:

«Va’ per la tua strada, fratello Mosca! Tu vuoi mangiare il lavoro dei tuoi fratelli, ma sei ozioso nel servizio di Dio. Sei come il fuco, che non lavora e non raccoglie, e divora il frutto della fatica delle api operose».

Quel tale se ne andò per la sua strada, senza nemmeno chiedere scusa, da quell’uomo carnale che era” (FF 1612).

Tuttavia Francesco non aveva pregiudizi, e sempre contemplava la Suprema Bontà di Dio, risalendo all’Origine salvifica di ogni cosa.

In tal guisa “esultava per tutte quante le opere delle mani del Signore e, da quello spettacolo di gioia, risaliva alla Causa e Ragione che tutto fa vivere” (FF 1162).

Quindi non mancava di ammonire i suoi frati a non essere invidiosi di quanto il Signore operava nel prossimo:

“Chiunque invidia il suo fratello riguardo al bene che il Signore dice e fa in lui, commette peccato di bestemmia, poiché invidia lo stesso Altissimo, il quale dice e fa ogni bene” (FF 157 Ammonizioni).

E ancora:

“Voglio che i miei frati lavorino e si tengano esercitati. Così non andranno in giro, oziando con il cuore e con la lingua, a pascersi di cose illecite” (FF1093).

 

 

Mercoledì della 20.a sett. T.O. (Mt 20,1-16)

Gesù stupisce e spiazza i suoi discepoli, sottolineando:

«è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio» (Mt 19,24).

Subentra la domanda di Pietro: e noi che abbiamo lasciato tutto per il Vangelo, che ne avremo?

Ma Gesù assicura il cento per uno e l’esperienza della Vita dell’Eterno.

 

Guardiamo a Francesco e ai suoi nelle Fonti e in merito.

Come ricorda Dante Alighieri nella Divina Commedia (XI canto del Paradiso):

«Oh ignota ricchezza! oh ben verace!/ Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro/ dietro a lo sposo, sì la sposa piace».

Francesco aveva abbracciato Madonna Povertà quale maggiore ricchezza esistente su questa terra.

Innamorato di Cristo, per ricalcarne l’orma onde somigliarGli il più possibile, aderì con tutte le sue fibre ad Essa e altrettanto insegnò a fare ai suoi.

Infatti nelle Fonti (Leggenda dei Tre compagni) si narra:

“Andò Messer Bernardo, che era assai ricco, e vendette ogni suo avere, ricavandone molto denaro, che distribuì interamente ai poveri della città.

Anche Pietro eseguì il consiglio divino come gli fu possibile.

Privatisi di tutto, entrambi indossarono l’abito che il Santo aveva preso poco dianzi, dopo aver lasciato quello di eremita.

E da quell’ora, vissero con lui secondo la forma di vita del santo Vangelo, come il Signore aveva indicato loro.

E così Francesco poté scrivere nel suo Testamento:

«Il Signore stesso mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma di vita del santo Vangelo»” (FF 1432).

Consultando la Parola, com’era solito fare, ebbe sotto gli occhi l’espressione «Non portate nulla nei vostri viaggi» e «Chi vuol seguirmi rinunzi a se stesso» (FF 1431) trasalendo di gioia.

“Francesco, uomo di Dio, con i due fratelli di cui abbiamo parlato, non avendo un alloggio dove poter dimorare insieme, si rifugiò con loro presso Santa Maria della Porziuncola.

Là si prepararono una capanna per vivere in comunità.

Alcuni giorni più tardi, un assisano, Egidio, scese da loro, e con sincero rispetto e devozione, in ginocchio, pregò l’uomo di Dio di riceverlo con sé.

Francesco, toccato dalla fede e bontà di lui […] lo ricevette lietamente” (FF 1435).

Quanti si misero al seguito del Poverello, nella sua fraternità e per il Vangelo avevano ben compreso la portata di quella vocazione-missione e la sua conclusione felice oltre il tempo.

Lasciare per Cristo è trovare e vivere in misura più grande.

 

 

Martedì della 20.a sett. T.O. (Mt 19,23-30)

Il Povero d’Assisi, aveva compreso per divina rivelazione che la vera ricchezza è la Povertà abbracciata dal Figlio di Dio, fattosi Povero per noi, perché diventassimo ricchi di Lui.

Infatti, il Donatore di ogni bene voleva che Francesco crescesse nelle ricchezze della semplicità attraverso l’amore per l’altissima povertà. 

Troviamo nelle Fonti:

“Il Santo, notando come la povertà, che era stata intima amica del Figlio di Dio, ormai veniva ripudiata da quasi tutto il mondo, volle farla sua sposa, amandola di eterno amore, e per lei non soltanto lasciò il padre e la madre ma generosamente distribuì tutto quanto poteva avere.

Nessuno fu così avido di oro, quanto Francesco della povertà; nessuno fu più bramoso di tesori, quanto Francesco di questa perla evangelica.

Niente offendeva il suo occhio più di questo: vedere nei frati qualche cosa che non fosse del tutto in armonia con la povertà.

Quanto a lui, dall’inizio della sua vita religiosa fino alla morte, ebbe queste ricchezze: una tonaca, una cordicella e le mutande, e di questo fu contento” (FF 1117).

“Spesso richiamava alla mente, piangendo, la povertà di Gesù Cristo e della Madre sua, e affermava che questa è la regina delle virtù, perché la si vede brillare così fulgidamente, più di tutte le altre, nel Re dei re e nella Regina sua Madre (FF 1118). “Insegnava, avendolo appreso per rivelazione, che il primo passo nella santa religione consiste nel realizzare quella parola del Vangelo: Se vuoi essere perfetto, va’ vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri” (FF 1121).

 

«Se vuoi essere perfetto, va’, vendi i tuoi averi e dà ai poveri e avrai un tesoro nei cieli, e vieni, seguimi» (Mt 19,21).

 

 

Lunedì 20.a sett. T.O. (Mt 19,16-22)

Gesù sconvolge gli schemi mentali dei Giudei che si chiedono come può dar loro da mangiare il suo corpo e bere il sangue.

Francesco, dotato per Grazia di carismi straordinari, aveva ben compreso tutto questo.

Nella sua semplicità fu un grande innamorato dell’Eucaristia, cui dedicò una lettera speciale: «Lettera a tutti i chierici sulla riverenza del Corpo

del Signore».

Francesco amò talmente il Crocifisso e per Lui e in Lui la Croce su cui fu confitto per la salvezza del mondo, da ricevere il dono delle stigmate.

Fatto simile a Cristo, dunque Alter Christus.  Aveva sempre fisso nella mente il Dono del Padre all’umanità, nel Figlio.

Le Fonti ci illuminano in proposito:

“E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il Santo tuo amore, col quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima Santa Maria, e, per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluto redimere dalla schiavitù” (FF 64).

E ancora: “Diceva infatti che niente è più importante della salvezza delle anime, e lo provava molto spesso col fatto che l’Unigenito di Dio si è degnato di essere appeso alla croce per le anime […]

Non si riteneva amico di Cristo, se non amava le anime che Egli ha amato” (FF 758).

“Una mattina, all’appressarsi della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infuocate, discendere dalla sublimità cieli […]

Giunse vicino all’uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l’effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce […]

Comprese per divina rivelazione lo scopo per cui la divina Provvidenza aveva mostrato al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipatamente che lui […] stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso […] mediante l’incendio dello Spirito” (FF 1225).

Le Fonti, scrigno francescano, attestano, con maestrìa, la bellezza sacrificale di tale esperienza:

"Le sue mani e i piedi apparvero trafitti nel centro da chiodi […]

Anche il lato destro era trafitto come da un colpo di lancia, con ampia cicatrice, e spesso sanguinava, bagnando di quel sacro sangue la tonaca e le mutande" (FF 485).

Anche a San Damiano c’era grande riverenza e amore per la Carne e il Sangue di Cristo.

Infatti anche Chiara anelava a ricevere il Pane vivo disceso dal cielo con grande devozione e raccoglimento.

La vita di questi due Poveri fu un incessante sacrificio eucaristico a beneficio dell’umanità, in unità con Gesù.

Ogni loro gesto fu Pane spezzato e Sangue versato per ogni creatura bisognosa di tutto.

Vivendo in povertà e semplicità nel quotidiano divennero Alimento e Bevanda per le moltitudini.

 

«Chi mastica la mia carne e beve il mio sangue ha la Vita dell’Eterno»  (Gv 6,54)

 

 

20.a Domenica T.O. B (Gv 6,51-58)

Nel Vangelo di oggi Gesù prende come punto di riferimento per entrare nel Regno dei cieli la semplicità e la piccolezza dei bambini, perché: «di questi è il Regno dei cieli» (Mt 19,14).

Colpisce questo suo esortare a non frapporre impedimenti fra Lui e i minimi.

Francesco d’Assisi era amato in modo speciale da Dio per questo suo farsi piccolo.

Di mente raffinata, si definiva invece «semplice e idiota».

Il Poverello aveva compreso molto bene la logica del Vangelo: chi vuol essere grande sia il più piccolo, alla stregua di un bambino - nei tempi passati considerato di nessun valore; minimo.

Egli s’impegnava a far comprendere tutto questo ai suoi frati, più con i fatti che con le parole.

Nondimeno, nella «Lettera ai reggitori dei popoli» scrive:

«A tutti i podestà e consoli, magistrati e reggitori d’ogni parte del mondo […] ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo nel Signore Dio, piccolo e spregevole, a tutti voi augura salute e pace» (FF 210).

Inoltre, leggiamo nelle Fonti:

“Il servo di Dio, Francesco, piccolo di statura, umile di spirito e minore di professione, mentre viveva qui sulla terra scelse per sé e per i suoi una piccola porzione di mondo: altrimenti, senza usare nulla di questo mondo, non avrebbe potuto servire Cristo.

E furono di certo ispirati da Dio quelli che, anticamente, chiamarono Porziuncola il luogo che toccò in sorte a coloro che non volevano assolutamente possedere nulla su questa terra.

Sorgeva in questo luogo una chiesa dedicata alla Vergine Madre, che, per la sua particolare umiltà, meritò, dopo il Figlio, di essere Sovrana di tutti i Santi.

Qui ebbe inizio l’Ordine dei minori, e s’innalzò ampia e armoniosa, come poggiata su fondamento solido, la loro nobile costruzione.

Il Santo amò questo luogo più di ogni altro e comandò ai suoi frati di venerarlo con particolare devozione.

Volle che fosse sempre custodito come specchio dell’Ordine in umiltà e altissima povertà, riservandone ad altri la proprietà e ritenendone per sé ed i suoi soltanto l’uso” (FF 604).

E ai suoi amati frati ripeteva:

«Abbiamo promesso grandi cose, maggiori sono promesse a noi; osserviamo quelle ed aspiriamo a queste. Il piacere è breve, la pena eterna; piccola la sofferenza, infinita la gloria» (FF 778).

Francesco aveva compreso che essere di Cristo ed eredi del Regno significa non contare secondo mentalità mondana, e portare con sé la semplicità della colomba, nonché la schietta trasparenza del bambino.

Questo corredo richiede l’appartenenza all’Eterno, e la sua trasparenza in terra.

 

 

Sabato della 19.a sett. T.O. (Mt 19,13-15)

Gesù evidenzia agli occhi dei farisei che vogliono incastrarlo, la bontà fontale del matrimonio, ma altresì il valore di una vita donata direttamente al Signore e che per questo si rende «eunuca» per il Regno dei cieli.

Guardando nelle Fonti francescane notiamo che il Povero d’Assisi stimava il matrimonio, nella vita cristiana, come luogo di testimonianza dell’amore sorgivo di Dio per l’uomo e la donna, sapendo accogliere e attendere in ogni situazione i tempi della Provvidenza.

Nelle Fonti è narrato che, una volta, si recò da lui una nobildonna per chiedere al Santo il rimedio verso un marito molto cattivo, che la osteggiava nel servizio di Cristo.

“Dopo averla ascoltata, le disse: «Va’ in pace e sta’ sicura che fra poco avrai dal tuo uomo la consolazione che desideri».

E aggiunse: «Gli dirai da parte di Dio e mia che ora è tempo di misericordia, poi, di giustizia».

Ricevuta la benedizione, la donna ritorna, trova il marito e gli riferisce quelle parole.

Scende sopra di lui lo Spirito Santo che, trasformandolo in un uomo nuovo, così lo induce a rispondere con tutta mansuetudine:

«Signora mettiamoci a servire il Signore e salviamo l’anima nostra».

Dietro esortazione della santa moglie, condussero una vita da celibi per parecchi anni, finché ambedue nello stesso giorno tornarono al Signore” (FF 1193 - Leggenda maggiore).

Ma per chi, come Francesco e Chiara d’Assisi, segue la propria chiamata a farsi discepolo/a in povertà al seguito di Cristo [eunuchi per il Regno di Dio] la vita si svolge diversamente.

Leggiamo a riguardo di S. Chiara:

“Quando dunque cominciò ad avvertire i primi stimoli del santo amore, ritenne spregevole il perituro e falso fiore della mondanità, istruita dall’unzione dello Spirito Santo ad attribuire scarso valore alle cose che ne hanno poco.

E infatti sotto le vesti preziose e morbide portava nascostamente un piccolo cilicio, apparendo al di fuori adorna per il mondo, ma rivestendosi interiormente di Cristo.

Infine, volendola i suoi accasare nobilmente, non acconsentì in alcun modo: ma, fingendo di voler rimandare a più tardi le nozze terrene, affidava al Signore la sua verginità” (FF 3160).

Francesco e Chiara ci attestano con i fatti quanto sia importante rispondere e vivere bene la chiamata specifica e irripetibile, rivolta a ciascuno.

 

«Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non separi […] E ci sono eunuchi che hanno fatto eunuchi se stessi per il regno dei cieli» (Mt 19,6b.12b).

 

 

Venerdì della 19.a sett. T.O. (Mt 19,3-12)

Il Vangelo lucano evidenzia la Visita di Maria ad Elisabetta sua cugina e la danza dei due Piccoli portati in grembo da donne speciali, abbracciate in modo diverso dalla Grazia.

Maria, la Madre di Gesù, si  esprime nel  canto di lode del Magnificat, che rimanda a Dio i benefici straordinari ricevuti.

 

Fin dagli inizi della sua chiamata, Francesco ebbe particolare e profonda venerazione per Maria Vergine, Madre del Signore.

Di lei contemplava sempre i misteri nelle varie stagioni della sua vita.

Le Fonti forniscono stupendi quadretti in merito.

“Circondava di un amore indicibile la Madre di Gesù, perché aveva reso nostro fratello il Signore della maestà.

A suo onore cantava lodi particolari, innalzava preghiere, offriva affetti tanti e tali che lingua umana non potrebbe esprimere.

Ma ciò che maggiormente riempie di gioia, la costituì Avvocata dell’Ordine e pose sotto le sue ali i figli […] perché vi trovassero calore e protezione sino alla fine” (FF 786).

“In lei, principalmente, dopo Cristo, riponeva la sua fiducia […] In suo onore digiunava con grande devozione, dalla festa degli apostoli Pietro e Paolo fino alla festa dell’Assunzione […]” (FF 1165).

E alle figlie, dimoranti a S. Damiano, Francesco in una sua composizione a loro dedicata, conclude dicendo:

«Quelle ke sunt adgravate de infirmitate/ et l’altre ke per loro suó adfatigate/ tutte quante lo sostengate en pace./ Ka multo venderi(te) cara questa fatica,/ lka ciascuna serà regina/ en celo coronata cum la Vergine Maria» (FF 263).

E Chiara, quando iniziò il suo cammino di fede seguendo Francesco, fu ricevuta da lui e dai suoi frati presso l’altare della S.ta Vergine alla Porziuncola. Inoltre, quella stessa Madre, al momento del trapasso, venne a prenderla apparendole presso il suo giaciglio.

Maria fu per Chiara modello da seguire per tutta la sua esistenza, tanto che nella Lettera d’introduzione alla Leggenda, nelle Fonti, si legge:

"Seguano dunque gli uomini i nuovi seguaci del Verbo incarnato: imitino le donne Chiara, impronta della Madre di Dio, nuova guida delle donne" (FF 3153).

Francesco e Chiara assunsero Maria, la Madre di Dio, nel loro vivere quotidiano per essere assunti da Cristo nella gloria celeste.

 

«L’anima mia magnifica il Signore […] poiché ha rivolto lo sguardo alla bassezza della sua serva. Ecco infatti, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,46.48a).

 

 

Assunzione B.V. Maria (Lc 1,39-56)

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"His" in a very literal sense: the One whom only the Son knows as Father, and by whom alone He is mutually known. We are now on the same ground, from which the prologue of the Gospel of John will later arise (Pope John Paul II)
“Suo” in senso quanto mai letterale: Colui che solo il Figlio conosce come Padre, e dal quale soltanto è reciprocamente conosciuto. Ci troviamo ormai sullo stesso terreno, dal quale più tardi sorgerà il prologo del Vangelo di Giovanni (Papa Giovanni Paolo II)
We come to bless him because of what he revealed, eight centuries ago, to a "Little", to the Poor Man of Assisi; - things in heaven and on earth, that philosophers "had not even dreamed"; - things hidden to those who are "wise" only humanly, and only humanly "intelligent"; - these "things" the Father, the Lord of heaven and earth, revealed to Francis and through Francis (Pope John Paul II)
Veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi; – le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”; – le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”; – queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco (Papa Giovanni Paolo II)
But what moves me even more strongly to proclaim the urgency of missionary evangelization is the fact that it is the primary service which the Church can render to every individual and to all humanity [Redemptoris Missio n.2]
Ma ciò che ancor più mi spinge a proclamare l'urgenza dell'evangelizzazione missionaria è che essa costituisce il primo servizio che la chiesa può rendere a ciascun uomo e all'intera umanità [Redemptoris Missio n.2]
That 'always seeing the face of the Father' is the highest manifestation of the worship of God. It can be said to constitute that 'heavenly liturgy', performed on behalf of the whole universe [John Paul II]
Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo [Giovanni Paolo II]
Who is freer than the One who is the Almighty? He did not, however, live his freedom as an arbitrary power or as domination (Pope Benedict)
Chi è libero più di Lui che è l'Onnipotente? Egli però non ha vissuto la sua libertà come arbitrio o come dominio (Papa Benedetto)
The Church with her permanent contradiction: between the ideal and reality, the more annoying contradiction, the more the ideal is affirmed sublime, evangelical, sacred, divine, and the reality is often petty, narrow, defective, sometimes even selfish (Pope Paul VI)
La Chiesa con la sua permanente contraddizione: tra l’ideale e la realtà, tanto più fastidiosa contraddizione, quanto più l’ideale è affermato sublime, evangelico, sacro, divino, e la realtà si presenta spesso meschina, angusta, difettosa, alcune volte perfino egoista (Papa Paolo VI)
St Augustine wrote in this regard: “as, therefore, there is in the Catholic — meaning the Church — something which is not Catholic, so there may be something which is Catholic outside the Catholic Church” [Pope Benedict]
Sant’Agostino scrive a proposito: «Come nella Cattolica – cioè nella Chiesa – si può trovare ciò che non è cattolico, così fuori della Cattolica può esservi qualcosa di cattolico» [Papa Benedetto]

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