(Gv 12,12-16)
Giovanni 12:12 Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme,
Giovanni 12:13 prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando:
Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore,
il re d'Israele!
Giovanni 12:14 Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto:
Giovanni 12:15 Non temere, figlia di Sion!
Ecco, il tuo re viene,
seduto sopra un puledro d'asina.
Il v. 12 descrive la folla come quella che “era venuta per la festa”, e qui “ha udito” che “Gesù viene a Gerusalemme”. La venuta di Gesù è descritta nel testo greco con un verbo al presente indicativo (“viene”) ed è lo stesso verbo con cui è acclamato al v. 13: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”, espressione questa che aveva significati messianici. È una folla “venuta per la festa”, quindi di fede giudaica, ma soltanto dopo aver “udito” “uscì” incontro a Gesù. La folla uscì da Gerusalemme per andare incontro a Gesù che proveniva dalla vicina Betania, che distava circa tre Km. Questo movimento di uscita da Gerusalemme dove si celebrava la pasqua giudaica, per andare incontro a Gesù che viene, è rappresentativo del movimento dei giudeocristiani, che lasceranno il giudaismo per abbracciare la nuova fede.
Se il v. 12 descrive il movimento della folla verso Gesù, il v. 13 indica che cosa la folla avesse compreso e creduto di Gesù: “prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele!». La scena che qui viene descritta da Giovanni richiama da vicino l'accoglienza che la folla riservò ai Maccabei che entrarono trionfalmente in Gerusalemme, riconsacrandone il tempio e la città, profanata da Antioco IV Epifane, sconfitto dopo tre anni di dura lotta (167-164 a.C.). Anche qui la folla tra canti, suoni e agitazione di rami di palma accoglieva i loro liberatori (1 Mac 13,51; 2 Mac 10,7).
L'indicazione da parte di Giovanni della folla che agitava rami di palma (Giovanni è l'unico che cita l'evento e per questo è significativo delle intenzioni dell'autore) è forse un'allusione al nazionalismo maccabaico, denunciando così la sua comprensione in senso politico e militare della figura di Gesù e del suo messianismo. La palma, del resto, quale emblema di indipendenza e di liberazione nazionali, appariva anche sulle monete coniate durante la seconda rivolta giudaica (132-135 d.C.):
Anche il gridare della folla sembra andare nel senso di una comprensione politico-militare di Gesù. L'espressione “Osanna!” deriva dall'aramaico “hōša'-nâ” (ebr. hōšī'āh-nâ), che significa “Salva!”. Essa era una supplica a Yahweh rivolta dai pellegrini giunti al Tempio, alla quale i sacerdoti, all'ingresso del santuario, rispondevano invocando su di loro la benedizione. Ma la parola aveva anche un'altra applicazione: veniva usata dal suddito quando si rivolgeva al suo re, riconoscendogli un potere salvifico e così nel tempo ha assunto una valenza messianica, indicando il Messia come “colui che deve venire” o come “colui che viene”.
Un titolo messianico dunque riferito a Gesù il cui senso nazionalistico e politico viene definito dall'appellativo “re d'Israele”. Qui Gesù non è acclamato “re dei Giudei”, la quale cosa sarebbe stata riduttiva, richiamandosi ad un semplice contesto storico, quello presente. Il richiamo a “re d'Israele” amplifica la portata storica e teologica, richiamandosi all'intera storia d'Israele con annesse tutte le promesse, i Patriarchi, l'Alleanza e i Profeti. Un re che sarebbe stato dunque la sintesi e il vertice di tutto questo, imprimendo ancor più il senso nazionalistico di questo titolo.
I vv. 14-15 costituiscono la risposta di Gesù alla comprensione nazionalistica e politico-militare che i giudei hanno avuto di lui: “Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: “Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto sopra un puledro d'asina”. A differenza dei racconti sinottici che fanno precedere il sedersi di Gesù sull'asino da una lunga narrazione che lascia trasparire la presenza di un piano divino che si sta realizzando, Giovanni, nella sua essenzialità, punta a mettere subito in chiaro la vera natura della regalità di Gesù. Si va dunque all'essenziale: Gesù trova un puledro d'asino e vi sale sopra. Tutto qui, è semplice, immediato, non vi sono racconti o giri di parole, non c'è nulla da dimostrare se non il senso della sua regalità.
Con l'uso dell'umile cavalcatura Gesù intendeva prevenire una falsa interpretazione del suo gesto messianico, che non era di natura politica e trionfalistica. La citazione di Zc 9,9: “Ecco il tuo re viene...” è modificata da Giovanni. Premette alla citazione la frase: “Non temere”. È probabilmente un'allusione alla profezia di Sof 3,16, dove il profeta parla della presenza di Yahweh in mezzo a Gerusalemme come re per “radunare i dispersi” (Sof 3,19). Attraverso la venuta di Gesù, Dio visita il suo popolo, lo raduna dalla sua dispersione e lo attrae a sé, e lo pascerà come un pastore pasce le sue pecore, per le quali egli sta per dare la sua vita.
In Gerusalemme sta per finire il tempo di confusione e di caos spirituale, e si ritorna all’antico amore per il Signore, poiché da oggi essa sarà guidata sui pascoli della giustizia e della rettitudine, dell’amore e della verità; con il re messianico, essa sarà ricondotta al suo Dio. È questa la missione del re d’Israele, di colui che sta per venire, anzi che viene. Il re inviato da Dio al suo popolo dovrà condurre il suo popolo a Dio. Il regno che il re che viene stabilirà e consoliderà non sarà un regno politico, ma un regno spirituale; non riguarderà solo Israele, ma ogni uomo potrà con lui divenire l’Israele di Dio
Argentino Quintavalle, autore dei libri
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