(2Cor 5,6-10)
2Corinzi 5:6 Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore,
2Corinzi 5:7 camminiamo nella fede e non ancora in visione.
2Corinzi 5:8 Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore.
L’uomo è stato creato per vivere in comunione con il Signore. Non si tratta di una comunione solo spirituale, bensì di una comunione di tutto l’uomo, del suo corpo e della sua anima. L’uomo era stato chiamato ad abitare presso Dio, nel suo giardino. A causa del peccato noi siamo come in esilio, siamo lontani dal Signore. Non spiritualmente parlando, poiché spiritualmente questo non può avvenire per un cristiano, essendo tempio dello Spirito Santo. Siamo lontani dal Signore con il corpo. La mente, lo spirito, il cuore, l’anima gustano Dio; lo sentono. I sensi invece no. Essi sono lontani da Dio, perché non lo vedono, non lo sentono, non lo contemplano; non gustano la sua bellezza.
Questo esilio non è la vocazione dell’uomo; l’esilio è frutto del peccato e sua conseguenza. Questo esilio dovrà finire. La «fiducia» di Paolo nasce dal fatto che l’esilio è momentaneo, passeggero. Dio ci introdurrà nuovamente nella sua dimora eterna e staremo con lui per sempre.
La nostra condizione è che «camminiamo nella fede e non ancora in visione». Dobbiamo attendere la gloria del cielo per fede. L’uomo non deve vedere la gloria del cielo, deve invece credere che essa esiste e che è il suo sommo bene. Ma perché bisogna camminare nella fede e non nella visione? Perché se l’uomo camminasse nella visione non avrebbe relazione con Dio; farebbe una cosa perché la vede; la farebbe perché da se stesso la valuterebbe buona o non buona. Sarebbe lui il principio del discernimento, della verità, del bene e del male, del suo presente e del suo futuro. Dio sarebbe solo come punto di arrivo, come termine di tutto.
Invece Dio vuole essere principio; vuole essere posto all’inizio del cammino tramite una relazione di fede. Dio chiede all’uomo che si fidi di Lui. La relazione con Dio deve fondarsi su un rapporto di trascendenza, di accoglienza di Colui che viene a noi attraverso la Parola. Egli pone la sua Parola all’inizio del nostro cammino e con essa ci indica la via.
Poi Paolo ci dice qualche cosa di enorme. «Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo»: vuol dire morire! Sappiamo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, e allora Paolo preferisce andare in esilio dal corpo ed essere presso il Signore, anziché vivere in esilio dal Signore ed abitare nel suo corpo.
Questo però non significa che lui consideri il corpo come un qualcosa di poco importante, o una cosa da cui ci possiamo liberare quando vogliamo. Anche l’uscita dell’anima dal corpo è un esilio, quindi una sofferenza, un allontanamento forzato, una costrizione. L’anima è fatta per abitare il corpo e il corpo è fatto per essere abitato dall’anima. Tant’è che si parla di anima incarnata e di corpo animato. Paolo può preferire di andare in esilio dal corpo perché anche questo è un esilio momentaneo, passeggero; si lascia il corpo per un tempo breve e intanto si vive nella gioia eterna del cielo insieme a Dio.
Mentre si gusta la gioia eterna, si attende il ritorno nel corpo, si attende la risurrezione. Se non ci fosse questa fiducia, Paolo, come ogni altro uomo, si sarebbe attaccato alla vita terrena e non l’avrebbe lasciata neanche per un istante.
Quando manca la fiducia nella Parola di Dio, si ha una visione assai triste della morte. O la si vive come un ritorno al nulla, e in questo caso vivere un giorno in più o un giorno in meno non ha valore per l’uomo, specie se questo giorno in più bisogna viverlo nella sofferenza e nel dolore. O la si vive con disperazione, come un qualcosa che viene a rapinarci il bene più caro - quindi si fa di tutto per restare anche un minuto in più su questa terra.
Da questa visione della morte nascono molti atteggiamenti sbagliati dell’uomo e molti peccati. Basti pensare all’eutanasia.
La vita invece è amore, dono, comunione, solidarietà, condivisione, servizio, disponibilità. Il valore della vita è questo. Ha valore quella vita che viene sacrificata all’amore; essa viene data a Dio perché ne faccia uno strumento di bene e di servizio al bene. In questa visione di fede c’è però un momento in cui bisogna sciogliere le vele e partire; si parte però nella fede e nella piena fiducia della risurrezione. Si parte nella verità che la morte è per noi un esilio, al quale il Signore porrà termine nell’ultimo giorno.
L’amore per il Signore, il desiderio di stare con lui dona conforto e sollievo in questo esilio; la speranza ce lo fa vivere secondo verità; la verità ce lo fa vivere nella speranza della risurrezione.
Argentino Quintavalle, autore dei libri
- Apocalisse – commento esegetico
- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?
- Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo nel mistero trinitario
- Il discorso profetico di Gesù (Matteo 24-25)
- Tutte le generazioni mi chiameranno beata
- Cattolici e Protestanti a confronto – In difesa della fede
(Acquistabili su Amazon)