Set 16, 2025 Scritto da 

25a Domenica T.O. (C)

Lc 16,1-13

 

Luca 16:1 Diceva anche ai discepoli: «C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi.

Luca 16:2 Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore.

Luca 16:3 L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno.

Luca 16:4 So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua.

Luca 16:5 Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo:

Luca 16:6 Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta.

Luca 16:7 Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta.

Luca 16:8 Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Luca 16:9 Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.

 

L'amministratore infedele, venuto a trovarsi in una situazione esistenziale molto critica, rientra in se stesso, compie una valutazione della sua vita e giunge ad una decisione, sulla quale giocherà tutto se stesso e il suo futuro: “So io che cosa fare” (v. 4). Una sorta di illuminazione di cui si riesce a beneficiare nella misura in cui si rientra in se stessi, poiché è qui, nel sacrario della propria coscienza, che si incontra Dio e si riceve le illuminazioni determinanti per la propria vita. E benché ciò che qui Luca intenda evidenziare è l'accortezza e la determinazione con cui questo amministratore opera nella sua vita, tuttavia non va trascurata, in seconda battuta, la fonte primaria di tale determinazione, che comunque l'evangelista sottolinea: “L'amministratore disse tra sé: Che farò”? Da qui, dal suo interiore, dal suo interrogarsi sulla vita, dal suo chiedersi che cosa fare per il proprio futuro, per evitare il fallimento della vita, parte la riscossa che gli consentirà di rialzarsi e di dare attuazione al suo progetto. In ultima analisi, vi è in gioco il successo o il fallimento esistenziale. Luca, dunque, sembra indicare come elemento decisivo delle proprie scelte la via della riflessione, del silenzio interiore, del sapersi confrontare con se stessi e, soprattutto, con la Parola, qui simboleggiata dalla sentenza del padrone che viene emessa sull'operare del suo amministratore, a seguito della quale tutto cambia per lui.

“So io che cosa fare”. Che cosa egli intenda fare viene raccontato dai vv. 5-7: chiamare i debitori del suo padrone riducendo loro il debito. Qui Luca fa rilevare l'abilità, l'accortezza, l'impegno che quest'uomo, giunto ormai alla fine della sua amministrazione, mette nel poco tempo che gli resta per costruirsi un futuro sicuro.

L'apprezzamento del padrone nei suoi confronti, non riguarda la frode che ha subito, bensì la scaltrezza di questo suo amministratore, che in qualche modo è riuscito a parare il colpo, rovesciando a suo favore una situazione di drammatica precarietà.

L'applicazione della parabola si gioca tutta sul raffronto tra i figli di questo mondo e i figli della luce, da cui traluce una certa amarezza dovuta allo scarso impegno dei credenti in questo mondo, che dovrebbero, invece, far fermentare come lievito all'interno della pasta; come sale che dà sapore; come luce di lampada che illumina tutti quelli in mezzo ai quali si trova. In altri termini testimoniare la propria fede nel mondo così da divenirne lievito, sale e luce.

La “disonesta ricchezza” del v. 9, letteralmente è “mamōna tes adikias” (mammona dell'iniquità). Che cos'è il mammona dell'iniquità da cui trarre degli amici che abbiano la capacità tale da accogliere nelle dimore eterne? Quale legame c'è tra questo mammona dell'iniquità e le dimore eterne in cui si verrà accolti? E quel “quand'essa verrà a mancare” a cosa allude? E, infine, chi sono questi amici acquistabili con il mammona dell'iniquità?

Il termine “mammona” è aramaico, ed ha un significato simile a quello di “patrimonio”. Non indica soltanto il denaro accumulato, ma anche la proprietà. Noi diremmo “beni mobiliari e immobiliari”. Tutto questo è mammona, che qui viene definito “dell'iniquità”, cioè che appartiene a questo mondo corrotto dal peccato. Non è pensabile, infatti, che Gesù solleciti a procurarsi degli amici trafficando illegalmente e in modo immorale, cercando di creare delle associazioni a delinquere. L'espressione “mammona dell'iniquità”, quindi, va intesa come “beni terreni; beni di questo mondo”. Il suggerimento offerto da Luca è quello di procurarsi degli amici con questi beni materiali. L'unico modo per procurarsi questi amici con i “beni materiali” che si possiede è elargirli. In altri termini, spogliarsi dei propri beni materiali dandoli in elemosina a chi ne ha bisogno.

Queste persone beneficate sono definite “amici”, cioè persone che si relazionano a noi con una relazione benefica, quale è l'amicizia - che in questo contesto va intesa nel senso che il beneficio da loro ricevuto ha come conseguenza quella di accoglierci nelle “dimore eterne”. In tal senso queste persone beneficate diventano per noi “amici”. Il verbo “vi accolgano” significa che è l'elemosina loro elargita che procura il beneficio dell'eternità divina, qui definita con “dimore eterne”. In altri termini, lo spogliarsi dei propri beni a favore degli altri ha una risonanza positiva nei cieli, dove si sta costruendo, proprio attraverso questi gesti di amore, la propria dimora eterna, nella quale si sarà accolti “quando verrà a mancare” il mammona dell'iniquità, ossia quando non sarà più possibile usare dei beni di questo mondo, perché il cammino della propria vita è giunto al termine e i beni terreni non hanno più alcun valore, se non quello spirituale prodotto dal loro buon uso.

 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

  • Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo nel mistero trinitario
  • Il discorso profetico di Gesù (Matteo 24-25)
  • Tutte le generazioni mi chiameranno beata
  •  Cattolici e Protestanti a confronto – In difesa della fede
  •  La Chiesa e Israele secondo San Paolo – Romani 9-11

 

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186 Ultima modifica il Martedì, 16 Settembre 2025 07:03
Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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And thus we must see Christ again and ask Christ: “Is it you?” The Lord, in his own silent way, answers: “You see what I did, I did not start a bloody revolution, I did not change the world with force; but lit many I, which in the meantime form a pathway of light through the millenniums” (Pope Benedict)
E così dobbiamo di nuovo vedere Cristo e chiedere a Cristo: “Sei tu?”. Il Signore, nel modo silenzioso che gli è proprio, risponde: “Vedete cosa ho fatto io. Non ho fatto una rivoluzione cruenta, non ho cambiato con forza il mondo, ma ho acceso tante luci che formano, nel frattempo, una grande strada di luce nei millenni” (Papa Benedetto)
Experts in the Holy Scriptures believed that Elijah's return should anticipate and prepare for the advent of the Kingdom of God. Since the Lord was present, the first disciples wondered what the value of that teaching was. Among the people coming from Judaism the question arose about the value of ancient doctrines…
Gli esperti delle sacre Scritture ritenevano che il ritorno di Elia dovesse anticipare e preparare l’avvento del Regno di Dio. Poiché il Signore era presente, i primi discepoli si chiedevano quale fosse il valore di quell’insegnamento. Tra i provenienti dal giudaismo sorgeva il quesito circa il peso delle dottrine antiche...
Gospels make their way, advance and free, making us understand the enormous difference between any creed and the proposal of Jesus. Even within us, the life of Faith embraces all our sides and admits many things. Thus we become more complete and emancipate ourselves, reversing positions.
I Vangeli si fanno largo, avanzano e liberano, facendo comprendere l’enorme differenza tra credo qualsiasi e proposta di Gesù. Anche dentro di noi, la vita di Fede abbraccia tutti i nostri lati e ammette tante cose. Così diventiamo più completi e ci emancipiamo, ribaltando posizioni
We cannot draw energy from a severe setting, contrary to the flowering of our precious uniqueness. New eyes are transmitted only by the one who is Friend. And Christ does it not when we are well placed or when we equip ourselves strongly - remaining in a managerial attitude - but in total listening
Non possiamo trarre energia da un’impostazione severa, contraria alla fioritura della nostra preziosa unicità. Gli occhi nuovi sono trasmessi solo da colui che è Amico. E Cristo lo fa non quando ci collochiamo bene o attrezziamo forte - permanendo in atteggiamento dirigista - bensì nell’ascolto totale
The Evangelists Matthew and Luke (cf. Mt 11:25-30 and Lk 10:21-22) have handed down to us a “jewel” of Jesus’ prayer that is often called the Cry of Exultation or the Cry of Messianic Exultation. It is a prayer of thanksgiving and praise [Pope Benedict]
Gli evangelisti Matteo e Luca (cfr Mt 11,25-30 e Lc 10,21-22) ci hanno tramandato un «gioiello» della preghiera di Gesù, che spesso viene chiamato Inno di giubilo o Inno di giubilo messianico. Si tratta di una preghiera di riconoscenza e di lode [Papa Benedetto]
The human race – every one of us – is the sheep lost in the desert which no longer knows the way. The Son of God will not let this happen; he cannot abandon humanity in so wretched a condition. He leaps to his feet and abandons the glory of heaven, in order to go in search of the sheep and pursue it, all the way to the Cross. He takes it upon his shoulders and carries our humanity (Pope Benedict)
L’umanità – noi tutti - è la pecora smarrita che, nel deserto, non trova più la strada. Il Figlio di Dio non tollera questo; Egli non può abbandonare l’umanità in una simile miserevole condizione. Balza in piedi, abbandona la gloria del cielo, per ritrovare la pecorella e inseguirla, fin sulla croce. La carica sulle sue spalle, porta la nostra umanità (Papa Benedetto)

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