Apr 15, 2024 Scritto da 

4a Domenica di Pasqua

(Gv 10,11-18)

 Giovanni 10:11 Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore.

Giovanni 10:12 Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde;

Giovanni 10:13 egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.

Giovanni 10:14 Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,

Giovanni 10:15 come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore.

Giovanni 10:16 E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.

Giovanni 10:17 Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.

Giovanni 10:18 Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».

 

“Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore”. La pienezza di vita di cui godono le pecore non è connaturata ad esse, ma è un dono che nasce dalla vita stessa del Pastore, che la offre a loro. Vi è implicito in questo offrire il senso del sacrificio vissuto come missione spesa a favore delle pecore. La figura del Pastore è qualificata come “kalos”, che letteralmente significa “bello”; ma quando questo “kalos” è finalizzato a un determinato scopo, esso assume anche il significato di “buono”. L'attributo che qualifica questo Pastore come “buono” piuttosto che “bello” sottolinea dunque il senso del suo operare e del suo spendersi a favore delle pecore.

Questa è la più grande verità della storia. Per le pecore, il Pastore si consuma, dona tutto se stesso, non si risparmia in niente. Questa è la sua verità. Questa è la sua bellezza. Questa è la sua bontà. L’intera vita di Gesù testimonia e certifica questa verità.

Il testo presenta poi un'altra figura: il “mercenario”, il quale “non è pastore”. Due termini che indicano tutti coloro che si dedicano alla vita delle comunità mossi non da spirito di servizio, ma per motivi ad esso estranei o di tornaconto personale. La loro natura mercenaria e indifferente alle pecore viene alla luce nel momento della prova, quando viene il lupo.

Le pecore non sono del mercenario, non gli appartengono. Nel momento in cui vede venire il lupo, delle pecore non gli importa più nulla. Le abbandona e fugge, lasciando le pecore in balia del lupo, che le rapisce e le disperde. Quest’uomo pensa solo alla sua vita. Salvata la sua vita, tutto per lui è salvo, anche se tutte le pecore vanno perse. Non pone certo a repentaglio la vita per ciò che non considera proprio. Non si può essere pastori del gregge di Dio per un vergognoso interesse, per vile denaro. Il mercenario però sa lavorare solo così: il guadagno è il solo scopo e interesse della sua vita. La gratuità, invece, è di Dio e di tutti coloro che vogliono lavorare con santità nel suo ovile. La gratuità è la forza della credibilità del Vangelo.

Il pastore conosce le sue pecore; le pecore ne riconoscono la voce. Pastore e pecore sono uniti da una comune conoscenza, che nel linguaggio biblico è sinonimo di intima esperienza che compenetra i due in una profonda comunione di vita, che ha il suo parametro di raffronto in quella che lega Gesù al Padre. Tuttavia, qui non si tratta di un semplice confronto tra due tipi di rapporto in cui il primo è in qualche modo modellato sul secondo, ma per la natura del rapporto che lega il Padre al Figlio e per la profonda comunione dei Due, diventa ineluttabile che il rapporto che il Figlio ha con le pecore riproduca, per sua stessa natura, quello del Padre-Figlio. Non c'è dunque imitazione, ma estensione del rapporto divino a quello che Gesù tiene con le pecore.

Come questa estensione di vita divina possa realizzarsi, viene indicato: “offro la mia vita per le pecore”; e in quanto offerta, essa è di tipo sacrificale. Ma ci si trova di fronte a una vita che da un lato viene offerta in modo sacrificale, dall'altro tuttavia essa viene ripresa (v. 17). Questa aggiunta qualifica questa vita come vita divina poiché, pur passando attraverso l'esperienza della morte, essa non cessa mai di esistere. Il morire infatti è proprio dell'uomo, ma non di Dio, che pur passando attraverso l'esperienza di morte in Gesù, torna comunque a vivere perché la morte non può spegnere la vita di Dio.

Significativo in questo contesto è l'avverbio “palin” (“di nuovo”, v. 17) attribuito alla capacità del Pastore di autogenerarsi nuovamente alla vita, indicandolo così come una sorgente inesauribile di vita, che continuamente si autogenera, in tal modo configurandolo quale ‘il Signore della vita’. L'offerta della propria vita quindi è in funzione di una vita piena e definitiva che viene trasmessa.

Al tempo di Gesù l’ovile erano i figli di Israele, i discendenti di Abramo. Per tutto l’Antico Testamento solo i discendenti di Abramo erano considerati pecore del Signore, suo ovile. La  prospettiva universale era però sempre presente nella rivelazione di Dio, specie attraverso i profeti. Le prime pecore di Gesù sono tutte tratte dall’ovile d'Israele. Gesù, la Vergine Maria, gli Apostoli, gli altri discepoli, tutta la prima comunità, la Chiesa appena concepita e partorita, è tutta dell'ovile  dei figli di Israele. Queste però non sono tutte le sue pecore. Ci sono le pecore che provengono dalle Nazioni, dai Pagani, dalle Genti. Anche queste pecore Gesù deve guidare. Anche queste devono ascoltare la sua voce e unirsi a quelle dell'ovile e divenire un solo gregge e un solo pastore. Uno è l’ovile. Uno è il gregge. Uno è il Pastore. Una è la voce da ascoltare.  

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

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Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

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Familiarity at the human level makes it difficult to go beyond this in order to be open to the divine dimension. That this son of a carpenter was the Son of God was hard for them to believe [Pope Benedict]
La familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo Figlio di un falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro [Papa Benedetto]
Christ reveals his identity of Messiah, Israel's bridegroom, who came for the betrothal with his people. Those who recognize and welcome him are celebrating. However, he will have to be rejected and killed precisely by his own; at that moment, during his Passion and death, the hour of mourning and fasting will come (Pope Benedict)
Cristo rivela la sua identità di Messia, Sposo d'Israele, venuto per le nozze con il suo popolo. Quelli che lo riconoscono e lo accolgono con fede sono in festa. Egli però dovrà essere rifiutato e ucciso proprio dai suoi: in quel momento, durante la sua passione e la sua morte, verrà l'ora del lutto e del digiuno (Papa Benedetto)
Peter, Andrew, James and John are called while they are fishing, while Matthew, while he is collecting tithes. These are unimportant jobs, Chrysostom comments, "because there is nothing more despicable than the tax collector, and nothing more common than fishing" (In Matth. Hom.: PL 57, 363). Jesus' call, therefore, also reaches people of a low social class while they go about their ordinary work [Pope Benedict]
Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni sono chiamati mentre stanno pescando, Matteo appunto mentre riscuote il tributo. Si tratta di lavori di poco conto – commenta il Crisostomo -  “poiché non c'è nulla di più detestabile del gabelliere e nulla di più comune della pesca” (In Matth. Hom.: PL 57, 363). La chiamata di Gesù giunge dunque anche a persone di basso rango sociale, mentre attendono al loro lavoro ordinario [Papa Benedetto]
For the prodigious and instantaneous healing of the paralytic, the apostle St. Matthew is more sober than the other synoptics, St. Mark and St. Luke. These add broader details, including that of the opening of the roof in the environment where Jesus was, to lower the sick man with his lettuce, given the huge crowd that crowded at the entrance. Evident is the hope of the pitiful companions: they almost want to force Jesus to take care of the unexpected guest and to begin a dialogue with him (Pope Paul VI)
Per la prodigiosa ed istantanea guarigione del paralitico, l’apostolo San Matteo è più sobrio degli altri sinottici, San Marco e San Luca. Questi aggiungono più ampi particolari, tra cui quello dell’avvenuta apertura del tetto nell’ambiente ove si trovava Gesù, per calarvi l’infermo col suo lettuccio, data l’enorme folla che faceva ressa all’entrata. Evidente è la speranza dei pietosi accompagnatori: essi vogliono quasi obbligare Gesù ad occuparsi dell’inatteso ospite e ad iniziare un dialogo con lui (Papa Paolo VI)
The invitation given to Thomas is valid for us as well. We, where do we seek the Risen One? In some special event, in some spectacular or amazing religious manifestation, only in our emotions and feelings? [Pope Francis]
L’invito fatto a Tommaso è valido anche per noi. Noi, dove cerchiamo il Risorto? In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? [Papa Francesco]
His slumber causes us to wake up. Because to be disciples of Jesus, it is not enough to believe God is there, that he exists, but we must put ourselves out there with him; we must also raise our voice with him. Hear this: we must cry out to him. Prayer is often a cry: “Lord, save me!” (Pope Francis)

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don Giuseppe Nespeca

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