Una signora mi dà l’occasione per riflettere su questo argomento. Mi racconta un sogno di circa una settimana fa. Vuole comprenderne il senso. Avverte un po’ di ansia perché nel sogno lei aveva paura di qualcosa di non specifico.
Nel vocabolario Treccani alla voce Paura si legge: “Stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento di fronte ad un pericolo reale o immaginario, o dinanzi a cosa o fatto che sia o si creda dannoso; più o meno intenso secondo le persone o le circostanze. Esso assume il carattere di un turbamento forte e improvviso che si manifesta anche con reazioni fisiche quando il pericolo si presenti inaspettato, colga di sorpresa, o comunque appaia imminente”.
La paura insieme ad altre è una delle emozioni più importanti. In tal guisa, non dobbiamo credere che avere paura sia sempre negativo, anzi dobbiamo capire che alcune di tali emozioni critiche ci fanno sopravvivere.
La paura fa riconoscere le situazioni che potrebbero farci del male, o addirittura farci soccombere.
Nel nostro territorio e nei nostri ricordi che cosa succederebbe se non avessimo avuto paura del terremoto?
La paura ci fa battere il cuore più velocemente, aumenta la sudorazione; forse anche una certa motilità intestinale - e altre reazioni.
A livello della psiche, una risposta è costituita dalla fuga. Essa ci fa scappare dando una sensazione di sollievo momentaneo, ma poi dobbiamo affrontare il problema perché potrebbe sorgere della sfiducia in se stessi.
Un’altra risposta è l’attacco, per cercare di far fronte e risolvere il motivo che ci fa paura.
Vi sono poi delle situazioni un po’ più eccessive come ad esempio immobilizzarsi: qui l’individuo riesce solo a bloccarsi, visto che non riesce ad avere nessun’altra reazione.
In situazioni estreme e anche pericolose, c’e chi si finge morto per evitare la situazione dove c’è un’alta percentuale di rischio, e dove spesso è in pericolo la vita stessa.
C ‘è poi anche un tipo di paura che riguarda le relazioni umane, ed è spesso la paura di legarsi, di stabilire una relazione duratura con l’altro perché magari l’essere “legato” ci può far sentire indifesi.
In tal senso, l’amore potrebbe portare la persona a perdere il controllo sulle proprie emozioni; appunto, facendolo comportare in maniera istintiva.
Oppure potrebbe esserci la paura di aprirsi all’altro - che potrebbe voler supporre una perdita di una parte di sé.
Quando le paure vengono vissute in modo esagerato diventano fobie, o possono manifestarsi attacchi di panico.
Quando una paura viene associata a oggetti o situazioni che obiettivamente non presentano un pericolo o non sentite come rischiose, possiamo definire tale fattispecie come fobia. La persona comprende che il suo comportamento è illogico, eppure si sente spinto ad evitare quelle situazioni che lo espongono a qualcosa di intollerabile.
Storicamente il caso più antico di una persona fobica è riportato in uno dei libri di Ippocrate.
Uno dei primi tentativi di trattare sistematicamente le reazioni fobiche venne compiuto da John Locke.
Esse - dice Locke - hanno origine da un’associazione di idee, e se sono sorte nell’infanzia spesso ne dimentichiamo le cause:
“le idee sugli spiriti maligni e sui fantasmi non hanno più rapporto con le tenebre che con la luce; basta che qualcuno inculchi queste idee nella mente di un bambino che probabilmente non sarà in grado di separarsene finché vivrà […] il buio porterà con sé quelle idee spaventose, e cosi non tollererà né il buio né quelle idee “.
Freud raggruppò le fobie in: ‘comuni’, cioè una paura esagerata di tutte quelle cose che ognuno detesta o teme come la morte, la solitudine, la malattia ecc. e ‘fobie specifiche’ cioè la paura di speciali circostanze che di solito non provocano timore alla maggioranza delle persone [es. la paura degli spazi aperti, della folla, ecc.].
Ogni cosa può diventar oggetto di una fobia, perciò l’idea di classificarle dando loro un nome greco non è più considerata utile, perché bisognerebbe aggiungere all’elenco infinite altre voci.
I processi impegnati nella formazione dei sintomi fobici sono ben illustrati nell’analisi della fobia di un bambino di cinque anni descritto da Freud, noto come il caso del piccolo Hans.
Abbiamo poi l’attacco di panico caratterizzato da una fortissima ansia e terrore. Spesso ai bambini piccoli dicevo che esso è come una grande onda del mare che ti sommerge…
Il termine panico deriva dal dio Pan, una divinità della mitologia greca. Si narra infatti che egli spaventasse chiunque lo disturbava durante il riposo, emettendo delle urla terrificanti. Da qui il termine “andare in panico”.
Francesco Giovannozzi psicologo e psicoterapeuta.