Fine degli orpelli: inzeppati - o liberi
(Lc 14,1-6)
La Bibbia presenta sovente la Salvezza sotto l’immagine di un convito al quale Dio stesso partecipa a fianco dell’uomo.
Qui si allude in modo specifico all’assemblea dei convocati a spezzare il Pane [«per mangiare pane»: v.1] - scena ancora dominata da giudaizzanti.
In apparenza, la superficie è tranquilla. Motivo in più perché il Signore (dispettosissimo) getti il sassolino, a rimodularne i lati soporiferi.
La sua schiettezza sbalordisce ancora, e sconcerta ogni quietismo.
Strano che un idropico possa essere entrato in casa di un fariseo - ma significativo, nel senso del richiamo evangelico.
Nella dimora del dirigente [all’antica, o alla moda “approvata” che sia] l’umanità ospite è inzeppata di tritumi vagamente spirituali - non della Fede luminosa e vivente.
Lì ci si muove a fatica.
Nell’assemblea qualcuno non si tiene in piedi; è zeppo dentro... di cose da eliminare prima possibile - o non ce la farà.
Ma è solo la domanda di Gesù che fa subito pulizia degli inutili eccessi.
Dentro il pozzo del v.5 è come se fosse caduto non un asino o un bue, ma un fratello o un figlio, e noi stessi.
Insomma: le scuse del legalismo o delle maniere conformi neppure sfiorano il Padre, mentre i leaders presenti non sanno che parola proferire.
Neanche concepiscono vagamente la Volontà di Dio come Amore che interviene prontamente, che si coinvolge per le vulnerabilità o eccentricità.
Invece il Figlio - e chiunque lo renda Presente - afferra per mano l'umanità malferma, nella sua Unicità. E ne guarisce il limite.
Ma Egli si attiva non per appiccicarsela dietro [come avrebbero fatto i direttori del tempo] bensì per renderla più leggera, in grado di respirare e non solo di comprimersi.
Una pennellata spietata questa di Lc, che rimarca la differenza tra “insegnamento” vuoto - sebbene in forma religiosa - e ‘azione di Fede’ legata alla vita concreta (v.3).
Eh sì: proprio agli “esperti” mancava «il gusto di riconoscere l’altro [...] di essere se stesso e di essere diverso» (FT, 217-218).
Insomma, anche l’originalità o il dolore arrivano a noi per generare occhi giusti; per insegnarci a vivere. Per ricordare che siamo chiamati a nascere ancora, ben oltre l’idea di ‘perfezione’.
In tal guisa, non possiamo contare solo sul contesto, sull’approvazione esterna; realtà spesso prive di passione umanizzante.
C’è un ‘fuoco’ che vive dentro di noi, una Chiamata per Nome che sa smaltire le zavorre inutili, altrui. Esse ci calpestano e inquinano; dunque vanno poste sullo sfondo e sorvolate.
Il nostro viaggio nello Spirito - anche nel luogo di culto ufficiale - è un itinerario inedito, verso la realizzazione personale.
Non possiamo allontanarci dalla Meta che ci appartiene.
In tal guisa, ogni dolore durerà poco, e sarà d’insegnamento: lì stiamo semplicemente partorendo l’essenzialità che ci abita.
Balzo pasquale della Libertà.
[Venerdì 30.a sett. T.O. 31 ottobre 2025]
 
										 
										 
				 
		  	 
    






