(Lc 12,32-48)
Lampade accese, partire subito
(Lc 12,32-38)
Per far comprendere cosa significa essere preparati per partire immediatamente, Gesù sollecita il nostro accorgersi, le capacità di percezione.
Egli non spegne l’attitudine al giudizio inedito, e guadagna stupore.
Perché i ruoli s’invertono d’improvviso - quindi bisogna essere aperti alla fiducia: chi pare piccolo diventa “grande” in modo repentino.
La religione antica trascina i problemi, e fa ammalare, inculcando lo spirito di sottomissione e fatica, a salario. E lo schiavo resta tale.
Servitore e padrone sono viceversa in relazione di reciprocità e invertono incessantemente i ruoli.
Come dice Lc, il Signore stesso «si cingerà e li farà adagiare [posizione dei signori del tempo durante i banchetti solenni] e passando li servirà» come fosse un «diacono» (v.37 testo greco).
Ciò attiva una vigilanza totale, pronta a smuovere l’intera persona, i territori (Fratelli Tutti, n.1: «al di là del luogo del mondo»), le gerarchie.
Chi si sentiva “impiegato” diventa “direttore” e protagonista: acquisisce attitudine alla pienezza.
Nel Regno di Dio le forme di vita cambiano.
Nelle religioni senza il passo della Fede - viceversa - si consolidano le nomenclature.
Nella Chiesa non si tesoreggia, perché il nostro cuore non vive di mondanità e competizioni: i beni vengono trasformati in relazione e possibilità d’incontro.
Cristo ha mostrato la Via dell’autentico arricchimento. Così ci ha trasformati in esseri forse inquieti, ma alacri.
Non riusciamo neppure a riposare in modo tranquillo: abbiamo un passo che sorvola.
Infatti sembra stranissimo che questo Padrone non giunga all’orario previsto. Invece Cristo vuol essere reinterpretato.
Tale condizione è per noi fonte di crescita: accentua la vigilanza sugli accadimenti, le pieghe della storia; sul senso degli incontri, i moti dell'anima; così via.
Quindi la vita nello Spirito sfida e arricchisce il lato esuberante della personalità, accentuando le più singolari occasioni d’inedito.
Il «maggiordomo» posto a servizio della Casa di Dio e dei fratelli ha il compito di aiutare il discernimento dinamico, e il dovere di sostenerlo.
Il suo servizio in favore altrui sarà a tutto tondo, perché ciascuno possa corrispondere alla Chiamata e procedere sulle proprie gambe.
‘Beati’ allora saremo (v.38) senza condizione, ma con la cintura ai fianchi, ossia con l’atteggiamento di chi lascia una terra di schiavitù.
«Era ben consapevole di ciò la primitiva comunità cristiana che si considerava quaggiù "forestiera" e chiamava i suoi nuclei residenti nelle città "parrocchie", che significa appunto colonie di stranieri [in greco pàroikoi] (cfr 1Pt 2, 11). In questo modo i primi cristiani esprimevano la caratteristica più importante della Chiesa, che è appunto la tensione verso il cielo» [Papa Benedetto, Angelus 12 agosto 2007]
Non «ritorno», e gente libera
Presenza e Venuta senza contese
(Lc 12,39-48)
Gesù tira le orecchie a quelli di Casa, non per autolesionismo: non è amore né libertà non poter capire in quale direzione andare, non avere una mèta che trasmetta senso al nostro pellegrinare in ricerca.
Già nelle comunità dei primi secoli era viva l’idea della fine del mondo e dell’immediatamente successivo «ritorno» del Risorto ad aggiustare le cose - come un qualsiasi Messia. Così qualcuno non s’impegnava più. Altri rimanevano col nasino all’insù, per scrutare il cielo.
Ma la Venuta del Cristo è sempre imminente, e il Giudizio sulle cose del mondo è già stato pronunciato sulla Croce.
Nel suo Spirito che fa nuove tutte le cose, e nei suoi intimi, il Signore non si è mai trasferito (altrove; o in alto) [cf. Mt 28,20].
La fase finale della storia inizia appunto da questo germe di Fede non alienata, di Persona non repressa, e di società alternativa; ma la storia da scrivere è compito della Chiesa.
Il nuovo cielo e la nuova terra della Presenza che divinizza è già palpitante. In tal guisa, Egli è accanto a noi quando lottiamo per la realizzazione e la vita piena di tutti.
Poi, in nessun passo dei Vangeli è scritto che Gesù «tornerà»: sebbene non percepibile ai sensi, non si è mai allontanato.
Gode di una Vita piena, non condizionata da coordinate spazio temporali come la nostra.
Egli è ‘il Veniente’ [testo greco, passim]: colui che Viene senza posa, e si fa compagno di viaggio - non solo in figura eccezionale.
L’attenzione delle persone impressionabili già negli anni 80 si spostava (purtroppo) sul Ritorno invece che sulla «Venuta incessante»: ossia, percezione della sua Amicizia nelle cose anche comuni, nell’Appello dei bisognosi; nel Richiamo delle intuizioni, della Parola, degli accompagnatori del nostro viaggio; nel genio del tempo, e persino nelle vicende di tutti i giorni.
«Venuta» è: nei traguardi che sorridono, ma persino e forse ancor più negli scogli da vivere - o aggirare, spostando lo sguardo; nelle delusioni, che ci guidano a cercare una gioia meno esteriore.
Così - secondo il desiderio del Signore - la buona guida della comunità cristiana si farà servitrice degli smarriti, non si approprierà dei beni della Chiesa, diverrà vigilante anche in favore altrui.
È fondamentale che i primi della classe non si lascino trascinare dal desiderio adolescenziale di autoaffermarsi, con avidità di privilegi e incetta di mansioni rilevanti.
La fedeltà è atteggiamento richiesto specialmente a coloro che nelle assemblee hanno un compito particolare e preciso, di guida: vietato abusarne!
L’unica smania da cui devono sentirsi presi è quella di affrettare l’ora della Comunione e introdurre un’energia rigeneratrice, anche nei ruoli.
Pietro è però condizionato dal falso insegnamento tradizionale, del tutto antitetico, e non riesce a concepirlo.
Secondo il Maestro, invece, i capi e responsabili di comunità non sono dei privilegiati o eletti esclusivi, bensì coloro cui è chiesto di fare più e meglio.
Gente libera.
Unico obbiettivo plausibile del cammino particolare nella potenza del Risorto è di carattere materno e universale: «partorire un mondo nuovo, dove tutti siamo fratelli» [FT n.278].
[19a Domenica T.O. (anno C), 10 agosto 2025]