L’autorevolezza di Gesù e nostra
(Mt 21,23-27)
«Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?» (Mt 21,23).
Nell’ambiente tradizionale giudaizzante delle prime comunità rimbalzavano domande circa l’autorevolezza di Cristo nel porre sotto assedio il sistema religioso ordinario, e il suo distinguersi perfino da profeti riconosciuti come il Battista.
Unica risposta: la potenza di Dio che si esprimeva nel segno dei tempi - fermentando le coscienze.
La missione di Gesù non è stata regolare: sconcertava l’atmosfera, quindi la sua Parola viva e tagliente andava circoscritta a ogni costo.
Un comportamento così audace sarebbe sembrato irriverente, perfino se adottato dal Messia atteso in persona.
E un senza-terra non poteva che essere un suo falso pretendente...
I leaders religiosi che il Signore fronteggiava - radicati in schemi di pensiero e strategie consolidate - si accontentavano sempre di adattare il Cielo entro canovacci chiusi.
Mt tenta di aiutare le sue comunità di Galilea e Siria: dovevano continuare impavide, e non lasciarsi sedurre da pratiche religiose ufficiali, né inquinare dall’ideologia imperiale.
L’evangelista sembra anche suggerire ai fedeli in Cristo di evitare diatribe puntigliose, con i rappresentanti di un mondo solo in apparenza stabile - viceversa destinato a implodere sulle proprie contraddizioni.
Dopo la cacciata dei venditori e usurai-profanatori dal Tempio (Mt 21,12ss), la sorte di Gesù è segnata.
Ma attraverso i suoi intimi, il nuovo Regno - slegato - si deve proporre nello spirito di disinteresse, e come Sorpresa.
Solo il Padre può aver gestione di seme, radici e sviluppo.
Nessun uomo può dare “autorizzazione” a una qualsiasi persona di poter essere riflessiva e disciolta.
C’è un percorso imprevedibile anche per chi è abituato a sentirsi dirigere in ogni vicenda. Mentre le garanzie ingombrano le menti e intasano le vie che poi sfociano in esperienze di frontiera.
In tal guisa, palesiamo indipendenza e libertà perché Gesù stesso l’ha dimostrate, sorvolando qualsiasi aspettativa e proposito.
Prima o poi i capi sarebbero rimasti costernati da chi non sopporta le ratifiche, riconoscendo infine la loro ignoranza.
Si sarebbero incagliati definitivamente, da soli - persino a motivo della volontà di non esporsi (vv.25-27a). Perplessità tattica, che rivela incredulità - tiepidezza - mancanza totale di Fede.
Insomma, il ‘silenzio’ di quanti gradiscono una Chiesa più attenta e meno esteriore è spesso l’eco giusto di Dio, più eloquente di tante brillanti disquisizioni (v.27b).
Così Gesù evita l’ambiguità della restrizione mentale o della semantica evasiva: in Lui la non-risposta ai dirigenti si trasforma in domanda.
Il Signore resta silente, ma senza sviare il quesito.
[Lunedì 3.a sett. Avvento, 15 dicembre 2025]







