Ott 6, 2025 Scritto da 

Fede e senso religioso

L’interno e la società dell’esterno

(Lc 11,37-41)

 

«Adesso voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del vassoio, ma il vostro interno è pieno di rapina e di malvagità» (Lc 11,39).

 

Le abluzioni prima del pasto (v.38) erano un obbligo religioso imposto.

Ma il banchetto eucaristico [che si legge in filigrana] non celebra distacchi, né risente d’idolatrie puriste.

Lo spirito severo, da “tintoria” - come direbbe Papa Francesco - ancora oggi dà una mano di calce bianca alla realtà del Padre [a quel tempo, serviva anche per tutelare lo spirito di rapina dei veterani: v.39].

Invero l’impurità non procede da carenze di forma (come nella religiosità di facciata), ma dal comportamento che denuncia un vuoto sostanziale.

Ciò che macchia è tutto dentro, e cova malgrado le belle petizioni di principio, o le buone maniere - le quali coprono pessime abitudini.

Insomma, è puro ciò che viene offerto; impuro quel che si trattiene (v.41).

 

In ottica spirituale, sono senza macchia solo colei e colui che si donano; impuri quanti pensano unicamente a se stessi in modo banale, o si rivolgono al prossimo per manipolarlo.

Così, spesso le norme esterne o le idee degli uomini non vanno sino alla radice: fossilizzano.

Non strappano né integrano dal di dentro i contenuti maligni, i desideri iniqui - i veri obbiettivi.

Le disposizioni prive d’intimo convincimento costruiscono al massimo persone apparentemente ineccepibili, nonché un mondo ritualista che (guarda caso) volge alla corruzione più degradante.

Lo si denota in tutti i centri di potere - anche qui - tutti ben coperti da forme teatrali fatue, e passerelle esagerate.

 

Insomma, per non interrompere il nostro filo di vita non possiamo più stare lì su regole studiate e ben pensate, credendo di aver risolto.

Il maquillage non coglie il Nucleo.

Infatti anche la giurisdizione impeccabile, o la ragione e l’intelligenza, non preservano dall’avvilimento, dall’umiliazione, dalla solitudine - da ciò che è autentico e continuamente affiora.

Quelle forme di contratto - così subdole o appariscenti - non ristabiliscono un sano equilibrio, né raggiungono la vita della gente normale.

Sembrava fosse pedagogia, ma non lo è: lo vediamo.

 

La religione comune stessa vive talora di segni esteriori - spesso quasi indecifrabili o in sé privi di significato, quando ostentano, mascherando piramidi, e ormai sempre più palesi ipocrisie.

Non di rado le osservanze stesse creano competizione spirituale.

In tal guisa esse annientano lo spirito di carità e ospitalità - compendio della Legge - da cui quegli stessi antichi segni sono nati, nelle prime assemblee di fede. 

Certo, la Giustizia ha un ruolo decisivo, ma è un impegno esistenziale, non cultuale o scenografico.

La “giusta posizione” è per la vita, non per rimettere le cose a posto [cose morte, o sofisticate e astratte che siano].

 

Per i Vangeli, non bisogna confondere Dio coi precetti o con le ideologie di futuro, se schematiche e disincarnate.

Il Signore vuole entrare nella nostra esistenza concreta - e l’eccesso di minuzie o fantasie può farci smarrire l’orientamento fondamentale della sua Chiamata, corrompendo la sensibilità ai segnali in cui si Rivela.

Il legalismo, l’abitudine, o le mode astruse e d’importazione, possono renderci incapaci di corrispondere alla Vocazione missionaria.

Essi diventano cappe che impediscono di servire le singole libertà dei malfermi.

Ci rendono impacciati nell’accompagnare le persone, affinché incrementino la loro capacità di vita e carattere.

 

Perché la vittoria del Cristo è il suo Popolo?

Solo lo spirito di ospitalità dei Figli in rapporto di cura vicendevole, sensibile, in grado di percepire, crea l’ambiente vivo che consente di mettere in migliore comunicazione la nostra anima e il Mistero del Re nascosto, il grande Senso dei nostri desideri e delle Sue “intenzioni”.

 

Qui Gesù invita i farisei di ritorno nella sua Chiesa a capire la libertà di Dio e non trasformare la Fede in un credo devoto, astuto, o astratto (senza spina dorsale) qualsiasi.

Non è la supposta incontaminatezza o il pensiero “giusto” che abilita al suo cospetto e che ci fa procedere su vie sterminate.

Lo sperimentiamo, nella crisi globale.

È incontrarLo che consacra e rende adeguati, puri, realizzati, già completi.

“Perfetti” - per il tipo di Seme che siamo chiamati a piantare nel mondo.

Basta preoccupazioni in aggiunta, che lasciano tutti nel tarlo, nel tormento, e senza via d’uscita.

Come se anche nel Popolo dei figli fosse lecito imporre e vedere ovunque gabbie, corsie, visioni del mondo obbligate, e lucchetti.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Qual è stato il momento chiave in cui ti sei sentito perdonato e puro? Copiando qualcuno?

In un’occasione in cui hai sperimentato totale gratuità, o te lo sei meritato?

In un’occasione in cui sei stato vero con te stesso, o tutto proiettato sull’esterno?

 

 

Santità travisate: non vi è sacro e profano in sé

 

Tradizioni ipocrite e ordine ideale: purezza dell’avvantaggiare

 

(Mc 7,1-8.14-15.21-23)

 

Sotto la dinastia degli Erode il senso del clan e della comunità si stavano sgretolando.

Causa problemi di sopravvivenza, le famiglie erano costrette a chiudersi in se stesse, allentare i legami, pensare a proprie necessità.

Tale chiusura era rafforzata dalla religione dell’epoca sotto ogni aspetto. Ai vv.10-12 ne vediamo un esempio incredibile: chi dedicava la propria eredità al Tempio poteva lasciare i genitori privi d’aiuto!

Offesa e offerta: ingiustizia e comportamento normativo - strano legame, nell’apparente forma dall’accento esemplare.

 

L’osservanza delle norme di purità era fattore di ordinaria emarginazione per molte persone.

Proprio i miseri venivano considerati in specie ignoranti e maledetti, perché impossibilitati agli adempimenti; di conseguenza manchevoli a ricevere la consolante benedizione promessa ad Abramo.

Uno stillicidio quotidiano che minava il significato profondo dell’esistere assieme.

In particolare, le abluzioni erano una sorta di rito durante il quale si celebrava un’appagante divaricazione tra sacro e profano - nel distacco da persone e situazioni considerate impure.

Stando fuori dalle supposte sozzure, mai nessuno dei malfermi poteva essere risollevato.

Quindi le norme non erano fonte di pace, ma di schiavitù. Porgere una mano caritatevole sarebbe stato perfino sacrilego.

Insomma, si anteponevano inezie disumane alla stessa Legge, vanificandone lo spirito comprensivo (fraternità che avrebbe avvantaggiato l’entusiasmo di esistere).

Gesù non sopporta che il mondo chiuso della religiosità conformista venga piegato e usato per appurare l’esistenza altrui con giudizio, dividere e discriminare - annientare i rapporti.

Per questo al controllo dei farisei si oppone la libertà dei discepoli (v.2), che rifiutano di obbedire a ciò che non ha senso per la vita concreta - dove passa l’amore visibile che alimenta l’amore ideale.

 

Nelle culture antiche la visione religiosa e mitica del mondo portava la gente ad apprezzare qualsiasi realtà partendo dalla categoria della santità come distacco e separatezza, persino inaccessibilità.

Le leggi sulla purezza indicavano le condizioni necessarie per mettersi davanti a Dio.

All’epoca di Mc alcuni giudei convertiti ritenevano di poter abbandonare gli antichi costumi e avvicinarsi ai pagani; altri erano di opinione opposta: effettivamente, sarebbe stato come rigettare parti consistenti  della Torah (es: Lv 11-16 e 17ss).

Infatti il Vangelo sottolinea che il problema è «in Casa» (v.17 testo greco: «dentro casa») ossia nella Chiesa e fra i suoi membri.

Cristo deve insistere nell’insegnamento, ora non rivolto a degli estranei, ma proprio agli habitué, incapaci - al contrario delle folle - di «comprendere» (v.14) l’abc delle cose spirituali.

Non vi è sacro e profano in sé.

Per educare i testardi ancora «privi d’intelletto» (v.18) che si ritengono maestri, il Signore non si dirige in una dimora qualsiasi - bensì nel posto dove purtroppo si coltivano aspettative lontane dal popolo (vv.14.17).

Insomma, solo Gesù in Persona libera la folla dei senza voce e smarriti dall’ossessione di tormenti e timori, dallo stare sempre sulla difensiva.

E anche se qualche dirigente accusa, impariamo a non provare sgomento per il fatto che non siamo religiosamente “riusciti” - bensì Primizia!

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

The present-day mentality, more perhaps than that of people in the past, seems opposed to a God of mercy, and in fact tends to exclude from life and to remove from the human heart the very idea of mercy (Pope John Paul II)
La mentalità contemporanea, forse più di quella dell'uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l'idea stessa della misericordia (Papa Giovanni Paolo II)
«Religion of appearance» or «road of humility»? (Pope Francis)
«Religione dell’apparire» o «strada dell’umiltà»? (Papa Francesco)
Those living beside us, who may be scorned and sidelined because they are foreigners, can instead teach us how to walk on the path that the Lord wishes (Pope Francis)
Chi vive accanto a noi, forse disprezzato ed emarginato perché straniero, può insegnarci invece come camminare sulla via che il Signore vuole (Papa Francesco)
Many saints experienced the night of faith and God’s silence — when we knock and God does not respond — and these saints were persevering (Pope Francis)
Tanti santi e sante hanno sperimentato la notte della fede e il silenzio di Dio – quando noi bussiamo e Dio non risponde – e questi santi sono stati perseveranti (Papa Francesco)
In some passages of Scripture it seems to be first and foremost Jesus’ prayer, his intimacy with the Father, that governs everything (Pope Francis)
In qualche pagina della Scrittura sembra essere anzitutto la preghiera di Gesù, la sua intimità con il Padre, a governare tutto (Papa Francesco)
It is necessary to know how to be silent, to create spaces of solitude or, better still, of meeting reserved for intimacy with the Lord. It is necessary to know how to contemplate. Today's man feels a great need not to limit himself to pure material concerns, and instead to supplement his technical culture with superior and detoxifying inputs from the world of the spirit [John Paul II]
Occorre saper fare silenzio, creare spazi di solitudine o, meglio, di incontro riservato ad un’intimità col Signore. Occorre saper contemplare. L’uomo d’oggi sente molto il bisogno di non limitarsi alle pure preoccupazioni materiali, e di integrare invece la propria cultura tecnica con superiori e disintossicanti apporti provenienti dal mondo dello spirito [Giovanni Paolo II]
This can only take place on the basis of an intimate encounter with God, an encounter which has become a communion of will, even affecting my feelings (Pope Benedict)
Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento (Papa Benedetto)
We come to bless him because of what he revealed, eight centuries ago, to a "Little", to the Poor Man of Assisi; - things in heaven and on earth, that philosophers "had not even dreamed"; - things hidden to those who are "wise" only humanly, and only humanly "intelligent"; - these "things" the Father, the Lord of heaven and earth, revealed to Francis and through Francis (Pope John Paul II)
Veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi; – le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”; – le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”; – queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco (Papa Giovanni Paolo II)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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