Ago 5, 2025 Scritto da 

La luce deve rimanere accesa

Dov’è il cuore ecclesiale?

(Lc 12,32-48)

 

«Dove è il vostro Tesoro, là sarà anche il vostro cuore» (v.34). Non è un problema personale o istituzionale abusato, insipido; da facili ironie.

Ignorarlo significa concedergli ulteriore respiro, facendolo crescere a dismisura; rendendolo ancor più fuori tempo e difficile leggerlo (e individuarne le terapie).

Tutto ciò, però, va fatto mettendo fra parentesi le precipitazioni… nello spirito di comprensione più largo. Fermo restando che per comprendersi e attivare differenti risorse ogni comunità deve attraversare i momenti della verifica più severa.

Anche per chiese denominazionali di ampia e prestigiosa tradizione, la coscienza di essere oggi perdenti sotto questo aspetto è indispensabile per ritrovarsi. Superando l’incaglio… in avanti, “in uscita”.

 

 

Leggiamo nell’Enciclica «Spe Salvi» n.2 («La Fede è Speranza»):

 

«Speranza è una parola centrale della fede biblica – al punto che in diversi passi le parole “fede” e “speranza” sembrano interscambiabili […]

Quanto sia stato determinante per la consapevolezza dei primi cristiani l'aver ricevuto in dono una speranza affidabile, si manifesta anche là dove viene messa a confronto l'esistenza cristiana con la vita prima della fede o con la situazione dei seguaci di altre religioni […]

I loro dèi si erano rivelati discutibili e dai loro miti contraddittori non emanava alcuna speranza. Nonostante gli dèi, essi erano “senza Dio” e conseguentemente si trovavano in un mondo buio, davanti a un futuro oscuro. “In nihil ab nihilo quam cito recidimus” (Nel nulla dal nulla quanto presto ricadiamo) dice un epitaffio di quell'epoca […]

Compare come elemento distintivo dei cristiani il fatto che essi hanno un futuro: non è che sappiano nei particolari ciò che li attende, ma sanno nell'insieme che la loro vita non finisce nel vuoto.

Solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente. Così possiamo ora dire: il cristianesimo non era soltanto una “buona notizia” – una comunicazione di contenuti fino a quel momento ignoti.

Nel nostro linguaggio si direbbe: il messaggio cristiano non era solo “informativo”, ma “performativo”. Ciò significa: il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita.

La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova».

 

Nella forma della Relazione, tutto apre la vita intensa - che integra e valica l’amor proprio, la sete di dominio.

Ciò libera dal “vecchio”, ossia chiude un ciclo di percorsi già messi a punto - per farci tornare come neonati.

La Speranza che ha peso smantella l’inessenziale; espelle il rumore dei pensieri che non sono più in sintonia con la nostra crescita, e introduce energie sognanti, una ricchezza di possibilità.

Ci saranno resistenze iniziali, ma lo sviluppo si predispone.

La Speranza sacrifica le zavorre e ci attiva secondo il “divino interiore”. Spalanca le porte a una nuova fase, più luminosa e corrispondente.

 

I tesori della terra rapidamente accecano; allo stesso modo passano: d’improvviso. L’età della crisi globale ce lo sbatte in faccia.

Eppure, è un dolore necessario.

Capiamo: i nuovi percorsi non sono tracciati dai beni, né da memorie devote, ma dal Vuoto che fa da intercapedine a facilonerie comuni, scontate, rassicuranti.

La religiosità buona per tutte le stagioni cede il passo alla vita inedita di Fede.

Qui si colloca l’Arte del discernimento e della pastorale: dovrebbe saper introdurre nuove energie competitive, difformi - cosmiche e personali - che preparano sintesi inedite, aperte, gratuite.

Lo sappiamo, eppure in alcune cerchie (prestigiose e già straricche) la bramosia di possedere sotto parvenza di necessità non consente di vedere chiaro.

Capita anche a dei consacrati di lungo corso - non si capisce perché tale avida, sommaria doppiezza.

 

Vogliamo ancora emergere, sollevando altre confusioni? In fondo siamo scontenti delle nostre scelte mediocri.

All’inizio della Vocazione sentivamo la necessità d’una Relazione che infondesse Senso e un Centro alla ferialità…

Poi abbiamo deviato, forse per insoddisfazione o motivi di calcolo e comodo - e l’ottundimento degli occhi malati di rapina ha prevalso. Prima qua e là, via via occupando l’anima.

Anche in alcuni dirigenti e ambiti di spicco ecclesiale, la base dell’esistenza è diventato il conto corrente a molti zeri.

Così… la scena vanitosa, il sacchetto del commercio, l’ebbrezza del salire sul tabellone, in diverse realtà hanno soppiantato i cuori veri - e gli occhi stessi.

Come dire: c’è un’altra esperienza del “divino”, dozzinale: fra un Salmo e l’altro, meglio dell’Amore diventa il sentirsi potente, sicuro e rispettato attorno.

(Dio e l’accumulo danno ordini diversi? Non c’è problema: facciamo intendere che lo si fa per la “sua” Gloria).

E bando al bene comune.

Non pochi si stanno accorgendo che il far di conto è lo sport più frequentato in diverse aziende pie multimpianti, fantasticamente imbellettate di eventi e iniziative (a copertura di quel che vale).

E cartina al tornasole è proprio quello scrutare meschino (vv.22-23) che dietro fitte quinte, trattiene, giudica persino, e si tiene a distanza dagli altri. Con lo sguardo che chiude l’orizzonte dell’esistenza: conta l’immediatamente a portata di mano, e di circostanza.

Un credere in apparenza sovrabbondante - guarda caso senza il rilievo della Speranza - ci sta condannando al peggiore tasso di denatalità mondiale.

Il panorama dei nostri devotissimi paesini e cittadine vuoti è sconfortante. Ma ci si bea del proprio loculo, e della piccina situazione.

L’importante è che tutto sia epidermicamente adornato.

Sotto il campanile particolare che dà il ritmo alle solite cose, molta gente trattiene il “suo” (troppo) per sé, accontentandosi di sacralizzare egoismi con l’esibizione di belle statue, usi, stendardi, costumi variopinti e manierismi.

Invece, secondo i Vangeli, nei tentativi e nei percorsi di Fede che non si accontentano d’una spiritualità vuota, la vita diventa luminosa d’Amore creativo che rifiorisce, e mette tutti a proprio agio.

Anche il vecchio potrà riemergere in questo nuovo spirito, stavolta perenne. Perché ci sono altre Altezze. Perché ciò che rende intimi a Dio non è nulla di esterno.

L’autentica Chiesa suscitata da “visioni” limpide - senza cartapesta e doppiezze - rivela sempre qualcosa di portentoso: la fecondità dalla nullità, la vita dall’effusione di essa, la nascita dall’apparente sterilità.

Un fiume di sintonie impensate riallaccerà la lettura degli accadimenti e l’azione dei credenti all’opera dello Spirito, senza barriere.

Perché quando qualcuno cede il pensiero normalizzato e si deposita, il nuovo avanza.

La scelta è ormai inesorabile: tra morte e vita; fra bramosia, invecchiamento e tenebra (v.23), o Felicità.

Il primo passo è ammettere di dover fare un cammino.

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Dov’è il tuo Tesoro? Il tuo cuore e il tuo occhio sono semplici?

Hai mai fatto esperienza di lati che altri giudicano inconcludenti (dal punto di vista materiale) e che invece hanno preparato i tuoi nuovi percorsi?

 

 

Lampade accese, partire subito

 

Parrocchie: tensione al Cielo, senza gravare né ostacolare

(Lc 12,35-38)

 

Per far comprendere cosa significa essere preparati per partire immediatamente, Gesù sollecita il nostro accorgersi, le capacità di percezione.

Egli non spegne l’attitudine al giudizio inedito, e guadagna stupore.

Perché i ruoli s’invertono d’improvviso - quindi bisogna essere aperti alla fiducia: chi pare piccolo diventa “grande” in modo repentino.

La religione antica trascina i problemi, e fa ammalare, inculcando lo spirito di sottomissione e fatica, a salario. Lo schiavo resta tale, sebbene insegua chissà cosa.

Nell’avventura di Fede, non ci s’impegna per traguardi che non corrispondono. In aggiunta, servitore e padrone sono in relazione di reciprocità e invertono incessantemente i ruoli.

Come dice Lc, il Signore stesso «si cingerà e li farà adagiare [posizione dei signori del tempo durante i banchetti solenni] e passando li servirà» come fosse un «diacono» (v.37 testo greco).

Ciò attiva una vigilanza totale, pronta a smuovere l’intera persona, i territori (Fratelli Tutti, n.1: «al di là del luogo del mondo»), le gerarchie.

Chi si sentiva “impiegato” diventa “direttore” e protagonista: acquisisce attitudine alla pienezza.

Nel Regno di Dio le forme di vita cambiano. Nelle religioni - viceversa - si consolidano le nomenclature, e proprio i sintomi degli errori trovano addirittura una sacralizzazione.

Molte forme devote hanno un altro fondamento, una ben diversa idea di come arricchire l’esistenza, rispetto all’esperienza di Fede.

Nella Chiesa non si tesoreggia, perché il nostro cuore non vive di mondanità e competizioni: i beni vengono trasformati in relazione e possibilità d’incontro.

La mansione particolare e l’esistenza intera di ciascuno diventa fonte di gioia per le persone disperate, nutrimento per chi cerca comprensione, ascolto, accoglienza, un «vero riconoscimento» (Fratelli Tutti, 221).

Dice il Tao Tê Ching (LXVI): «Il santo sta disopra e il popolo non n’è gravato, sta davanti e il popolo non n’è ostacolato».

Cristo ha mostrato la Via dell’autentico arricchimento. Così ci ha trasformati in esseri forse inquieti, ma alacri.

Non riusciamo a dormire neppure di notte, a fare vacanza, a riposare in modo tranquillo, rilassato, normale, ma abbiamo un passo che sorvola.

Sospiriamo di continuo, non per la fortuna materiale, ma perché  l’occasione della vita potrebbe non trovarci pronti a riconoscerla.

Diceva Agostino: «Timeo Dominum transeuntem».

Nelle religioni tutto sembra chiaro e prefissato - e in realtà tutto è lasciato nel dubbio e a una stramba ipotesi di futuro sospirato.

Ed infatti è stranissimo che questo Padrone non giunga all’orario previsto.

Invece Cristo vuol essere reinterpretato.

Egli è vivente in noi, congiunti e coeredi - Incarnato, tutto reale. Se così, dilagherà anche nei ribelli, modificandone la visuale.

Tale condizione è per noi fonte di crescita: accentua la vigilanza sugli accadimenti, le pieghe della storia; sul senso degli incontri, i moti dell'anima, e così via.

Quindi la vita nello Spirito sfida e arricchisce il lato esuberante della personalità, accentuando le più singolari occasioni d’inedito.

Il Signore ammette persino il girovagare: talora abbiamo bisogno di perderci, per ritrovarci - e coincidere con ciò che siamo in essenza, e stiamo diventando.

Il «maggiordomo» posto a servizio della Casa di Dio e dei fratelli ha il compito di aiutare il discernimento dinamico, e il dovere di sostenerlo.

Il suo servizio in favore altrui sarà a tutto tondo, perché ciascuno possa corrispondere alla Chiamata e procedere sulle proprie gambe.

E lo faremo volentieri, senza sforzo alcuno, per eccesso di Grazia che ci si fa incontro: malgrado e a motivo dell’indeterminatezza, perché fatti largamente ricchi da Dio.

Beati (v.38) senza condizione, ma con la cintura ai fianchi, ossia con l’atteggiamento di chi lascia una terra di schiavitù.

«Era ben consapevole di ciò la primitiva comunità cristiana che si considerava quaggiù "forestiera" e chiamava i suoi nuclei residenti nelle città "parrocchie", che significa appunto colonie di stranieri [in greco pàroikoi] (cfr 1Pt 2, 11). In questo modo i primi cristiani esprimevano la caratteristica più importante della Chiesa, che è appunto la tensione verso il cielo».

(Papa Benedetto, Angelus 12 agosto 2007)

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

La comunità cristiana accentua la tua percezione personale o la smorza? Ti fa vivere in uno stato paludoso e prevedibile, dove tutte le soluzioni sono pronte, complete e già sperimentate, o ti fa ripartire con prontezza, immediatamente e in modo autonomo?

 

 

Presenza e Venute senza contese, non «ritorno»

(Lc 12,39-48)

 

Gesù tira le orecchie a quelli di Casa, non per autolesionismo: non è amore né libertà non poter capire in quale direzione andare, non avere una mèta che trasmetta senso al nostro pellegrinare in ricerca.

Già nelle comunità dei primi secoli era viva l’idea della fine del mondo e dell’immediatamente successivo «ritorno» del Risorto ad aggiustare le cose (come un qualsiasi Messia).

Così qualcuno non s’impegnava più. Altri rimanevano col nasino all’insù, per scrutare il cielo.

Ma la Venuta del Cristo è sempre imminente, e il Giudizio sulle cose del mondo è già stato pronunciato sulla Croce.

La fase finale della storia inizia da questo germe di Fede, di Persona e società alternative, ma la storia da scrivere è compito della Chiesa.

Il nuovo cielo e la nuova terra della Presenza che divinizza è palpitante. Egli è già accanto a noi quando lottiamo per la realizzazione e la vita piena di tutti.

Per tale motivo, in epigrafe all’enciclica Fratelli Tutti, ecco stagliarsi la figura pratica ed eloquente di s. Francesco «che si sentiva fratello del sole, del mare e del vento, sapeva di essere ancora più unito a quelli che erano della sua stessa carne. Dappertutto seminò pace e camminò accanto ai poveri, agli abbandonati, ai malati, agli scartati, agli ultimi» (n.2).

I Vangeli e il Magistero recente - non più neutrale - intonano il de profundis alla spiritualità intimista e vuota che ha segnato il cattolicesimo di massa in Occidente.

 

Chiaro il motivo per cui in nessun passo dei Vangeli è scritto che Gesù «tornerà»: sebbene non percepibile ai sensi, non si è mai allontanato.

Gode di una Vita piena, non condizionata da coordinate spazio temporali.

Egli è il Veniente (testo greco, passim): colui che Viene senza posa, e si fa compagno di viaggio - non solo nelle figure eccezionali come il Santo d’Assisi.

Tuttavia già negli anni 80 del primo secolo l’attenzione delle persone impressionabili si stava spostando - purtroppo - sul Ritorno invece che sulla Venuta provvidente - perno della Fede positiva nella vita stessa, che rivela il Volto del Dio-Con.

«Venuta incessante»: è percezione della sua Amicizia nelle cose, anche comuni, nell’Appello dei bisognosi, nel Richiamo delle intuizioni, della Parola e degli accompagnatori del nostro viaggio...

«Venuta» è: nei traguardi che sorridono, ma persino e forse ancor più negli scogli da vivere - o aggirare, spostando lo sguardo; nelle delusioni, che ci guidano a cercare una gioia meno esteriore.

È «Avvento» del Cristo l’istinto vocazionale che ci attiva, il senso della fraternità vivente, l’amicizia sensibile di tutti coloro che sanno comprendere, introdurre e coordinare - nonché la predilezione per le relazioni di qualità; la Fiducia nel genio del tempo, persino nelle vicende di tutti i giorni.

Così - secondo il desiderio del Signore - la buona guida della comunità cristiana si farà servitore degli smarriti, non si approprierà dei beni della Chiesa, e diverrà vigilante anche in favore altrui.

È fondamentale che i primi della classe non si lascino trascinare dal desiderio adolescenziale di autoaffermarsi, con avidità di privilegi e incetta di mansioni rilevanti.

La fedeltà è atteggiamento richiesto specialmente a coloro che nelle assemblee hanno un compito particolare e preciso: vietato abusarne!

L’unica smania da cui devono sentirsi presi è quella di affrettare l’ora della Comunione e introdurre un’energia rigeneratrice (anche nei ruoli).

Pietro è però condizionato dal falso insegnamento tradizionale, del tutto antitetico, e non riesce a concepirlo.

Secondo il Maestro, invece, i capi e responsabili di comunità non sono dei privilegiati o eletti, esclusivisti, bensì coloro cui è chiesto di fare più e meglio - non in favore loro!

Il mondo e la Chiesa hanno bisogno di meno finti padroni - piuttosto, di servitori diligenti e convinti, che attirino per testimonianza diretta.

Unico obbiettivo plausibile del cammino particolare nella potenza dello  Spirito è di carattere materno e universale: «partorire un mondo nuovo, dove tutti siamo fratelli» (FT, 278).

 

Dice il Tao (LXVI): «La ragione per cui fiumi e mari possono essere sovrani di cento valli è che ben se ne tengono al disotto: perciò possono essere sovrani di cento valli. Così chi vuol stare disopra al popolo con i detti se ne pone al disotto, chi vuol stare davanti al popolo con la persona ad esso si pospone».

E il maestro Ho shang-Kung commenta: «Il mondo non si sazia del santo, perché costui non contende con gli altri per il primo o l’ultimo posto».

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Nella tua comunità hai incontrato servitori o padroni?

Le guide ti aiutano a cercare il balzo, la realizzazione autentica, la gioia interiore?

 

 

 

Il respiro eucaristico del servizio-riposo

 

Libertà e punti di forza, anche in rodaggio

(Lc 12,32-48)

 

La luce deve rimanere accesa. Ricordo che in seminario non potevamo affiggere sulla porta della stanza il cartello “non disturbare” o “sto riposando“. Era fatto divieto chiuderla a chiave, perché dovevamo rimanere a completa disposizione di qualsiasi richiesta.

Poi l’intero periodo educativo era concepito nei termini di una profonda interiorizzazione personale alla scoperta della propria singolare, irripetibile Vocazione - invece di guardare sempre la valigia.

I superiori volevano educarci a essere immagini di un Dio Servo, non indifferente, che sa accogliere e tergere ogni lacrima - anche quella più stravagante. Non per rincorrere capricci, ma per aiutarci a scavare in noi stessi, far scendere in campo il nostro Nucleo e guardarci in faccia.

Impossibile affrontare i nostri squilibri con una mentalità a compartimenti stagni, già rassicurante: facevamo esperienza di vita che procedeva oltre le preoccupazioni, come sapientemente guidata. 

Così imparavamo a riconsiderare tutto ciò che avevamo scambiato per arma vincente. I saperi che consideravamo acquisiti, le opinioni altrui e convenzionali... Bagagli che non avrebbero lasciato vibrare alcun raggio.

Rientrando in noi stessi sotto mille sollecitazioni differenti, ci rendevamo più capaci di percepire la strada che corrispondeva personalmente, ripetutamente esercitandoci ad ascoltare e affidare le vicende all’istinto infallibile della Chiamata, che apriva da sé il sentiero delle scelte.

Il portato delle esperienze precedenti, delle proprie abilità, delle memorie, veniva recuperato, assorbito e reinvestito su un binario che ci pareva misteriosamente a misura di ciascuno.

Non mancavano purtroppo esempi di ragazzi molto brillanti e pieni di speranze che crollavano non appena subivano l’impatto della realtà di parrocchia a Roma. Per noi di provincia, sembrava assai strano.

Avremmo capito più tardi. Nella vita spirituale e pastorale di trincea che già si annunciava, sarebbe poi stato lo sforzo del compromesso e della performance di circostanza (da mettere in scena) a renderci tristi, insicuri e maldestri - sia con noi stessi che con il prossimo.

 

Il Vangelo accenna alle ricchezze materiali, che vanno e vengono. Perfino in riferimento ad esse, la domanda è di fondo. Come rapportarsi con i beni? E dov’è il Tesoro comunitario?

Anche nel gruzzolo personale.

Un ambiente o un’assemblea (pure in rodaggio) può trasmettere a ciascuno una pienezza di fortuna - patrimoniale (se manca) e anzitutto di essere - dove le poliedriche risorse eccezionali vengono tramutate in relazione.

Persino in contesto vitale e capitalizzante, la soglia della Felicità resta nell’esperienza globale della propria intima Perla celata, che forse alcuni giudicano inconcludente. Ma che diverrà globale. Distintivo del Signore.

In una Chiesa viva, tale Rubino avrà la possibilità di manifestarsi e crescere - affinché anche nell’era della crisi ci sentiamo liberi e accolti; adeguati. Condizione indispensabile dell’Amore e di ogni energia ben spesa.

Per questo motivo Gesù insiste sul versante della consapevolezza e personalizzazione, senza le quali è impossibile - nel riconoscere il proprio contributo - un’esperienza completa sia di dote che di virtù.

In una famiglia in cui respiriamo uno spirito di disponibilità si è assai più sciolti nell’armonizzare il proprio carisma, abilitati a conoscersi in toto.

La comunità dei figli è quella delle vesti rimboccate senza sforzo, perché la convivialità delle differenze è anche il nido ideale per il rinvenimento e il vaglio dei propri talenti irripetibili, dell’identità-carattere della propria Radice.

Lì c’è il nostro Inedito, che nel tempo del troppo affaccendarsi può impallidire, tuttavia ci attira anche in situazioni smorzanti.

Solo non dissolvendosi nell’indistinto delle omologazioni rendiamo più netto l’apporto e si evitano i tempi morti delle relazioni, costruendo Amicizia in continuità, senza accozzaglie confuse che affossino il gratis delle inclinazioni.

Solo nel rispetto dell’irripetibile sia la donna che l’uomo evitano l’alternarsi delle stagioni di comunione alle stagioni dell’egoismo. E quando capitano, le si rende sane e incisive.

Solo nel vaglio del proprio Dono si può accogliere il porgersi altrui e divenire Beati (vv.37-38.43), ossia godere di un’esistenza colmata.

 

Nel mondo che abbiamo a portata di gamba nulla sembra durevole, tutto molto incerto, illusorio e alterno. Come conoscere quella Dovizia che permane (vv.33-34)?

Le strategie per il successo sociale o per la conoscenza di se stessi spesso riflettono la sensibilità altrui o sono copiate da ruoli; esse allora incrinano l’Io profondo, e ci rendono ancora più insicuri.

Convinzioni e credenze assorbite dall’esterno fanno arroccare su comportamenti impostati; poi intristire per l’inesorabile buco nell’acqua.

Il mondo che rappresentiamo è temporaneo e vive con l’orologio in mano, ma il nostro lato eterno non ha il sapore della superficie: appartiene all’era profonda delle radici intime, ha una diversa età.

Non siamo fatti di mentalità deformanti e costumanze apprese, né di precipitazioni. Il Seme dell’essenza personale e comunitaria è più creativo, presente e forte di tutte le aspettative conformiste.

Farà breccia tra le nostre mura, anche se il pensiero comune non lo volesse - e ci sorprenderà (altrimenti lascerà un’eredità pessima).

Bisogna dunque creare le condizioni affinché l’impeto relazionale del nostro tempo non generi sudditanze plagianti: esse appiattiscono lo scambio consapevole e il ricambio della partecipazione.

In tal guisa, la Via della nuova Sapienza Eucaristica ecclesiale sgorgherà spontaneamente per il sostegno (e nel consiglio) del percepirsi reciproco, onde consentire a ciascuno di far affiorare ed evolvere la bizzarria inestimabile del senza-tempo personale.

Un appello superiore per una inclinazione all’ascolto, ospitalità e discernimento, che cesellino le differenti polarità - solidali e soggettive - affinché scendano in campo e siano; facendo quel che devono.

Emarginare gli altri e la propria eccentricità - dove si annida il rubino spesso trattenuto della Chiamata per Nome - sarebbe una morte anticipata.

 

In ogni orchestra polifonica, qualsivoglia strumento deve avere tempo e spazio non difformi dall’espressione della singolare fisionomia.

Ciò arricchisce la consonanza e il richiamo delle percezioni, senza lasciarsi asfaltare da moralismi [la conta dei difetti] o frastuoni di grancasse che umiliano la capacità anticonformista di accorgersi (vv.35-40.45-46).

Autentico accordo d’Alleanza è quello che fa brillare il carattere delle qualità. L’Armonia non si ferma a qualche pseudo-ammiccamento alla moda.

Gli scostamenti da quanto propugnato dalle sirene - valutati come difetti - sono viceversa energie che ci realizzano, perché consentono al nostro Nucleo di scendere in campo: è il custode della nostra unicità.

Programma dei Vangeli: farsi poveri per arricchire, generosi per porgere, umili per accogliere, ma profondi per non cadere nell’autopunizione. Così - avendo trasmutato il modo con cui ci si guarda - svegliarci e ripartire.

È in questo modo che Lui passerà a servire (v.37): se siamo noi stessi.

 

Ecco il Tesoro, la fiaccola non fumigante, il punto di forza e l’equilibrio difforme della Missione; anche grazie al nostro eventuale senso di follia, quello che ci appartiene profondamente.

Insieme alla fraternità e alla comunione dei beni [cf. Domenica scorsa], la Lampada accesa è avere cura di lasciarsi riconoscere signori nel Signore (vv.37.42.44). Affinché diventiamo più liberi.

Respiro eucaristico. Per un servizio-riposo nell’essere.

13
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

This was well known to the primitive Christian community, which considered itself "alien" here below and called its populated nucleuses in the cities "parishes", which means, precisely, colonies of foreigners [in Greek, pároikoi] (cf. I Pt 2: 11). In this way, the first Christians expressed the most important characteristic of the Church, which is precisely the tension of living in this life in light of Heaven (Pope Benedict)
Era ben consapevole di ciò la primitiva comunità cristiana che si considerava quaggiù "forestiera" e chiamava i suoi nuclei residenti nelle città "parrocchie", che significa appunto colonie di stranieri [in greco pàroikoi] (cfr 1Pt 2, 11). In questo modo i primi cristiani esprimevano la caratteristica più importante della Chiesa, che è appunto la tensione verso il cielo (Papa Benedetto)
A few days before her deportation, the woman religious had dismissed the question about a possible rescue: “Do not do it! Why should I be spared? Is it not right that I should gain no advantage from my Baptism? If I cannot share the lot of my brothers and sisters, my life, in a certain sense, is destroyed” (Pope John Paul II)
Pochi giorni prima della sua deportazione la religiosa, a chi le offriva di fare qualcosa per salvarle la vita, aveva risposto: "Non lo fate! Perché io dovrei essere esclusa? La giustizia non sta forse nel fatto che io non tragga vantaggio dal mio battesimo? Se non posso condividere la sorte dei miei fratelli e sorelle, la mia vita è in un certo senso distrutta" (Papa Giovanni Paolo II)
By willingly accepting death, Jesus carries the cross of all human beings and becomes a source of salvation for the whole of humanity. St Cyril of Jerusalem commented: “The glory of the Cross led those who were blind through ignorance into light, loosed all who were held fast by sin and brought redemption to the whole world of mankind” (Catechesis Illuminandorum XIII, 1: de Christo crucifixo et sepulto: PG 33, 772 B) [Pope Benedict]
Accettando volontariamente la morte, Gesù porta la croce di tutti gli uomini e diventa fonte di salvezza per tutta l’umanità. San Cirillo di Gerusalemme commenta: «La croce vittoriosa ha illuminato chi era accecato dall’ignoranza, ha liberato chi era prigioniero del peccato, ha portato la redenzione all’intera umanità» (Catechesis Illuminandorum XIII,1: de Christo crucifixo et sepulto: PG 33, 772 B) [Papa Benedetto]
The discovery of the Kingdom of God can happen suddenly like the farmer who, ploughing, finds an unexpected treasure; or after a long search, like the pearl merchant who eventually finds the most precious pearl, so long dreamt of (Pope Francis)
La scoperta del Regno di Dio può avvenire improvvisamente come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato; oppure dopo lunga ricerca, come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosissima da tempo sognata (Papa Francesco)
In the New Testament, it is Christ who constitutes the full manifestation of God's light [Pope Benedict]
The triumphalism that belongs to Christians is what passes through human failure, the failure of the cross. Letting oneself be tempted by other triumphalisms, by worldly triumphalisms, means giving in to the temptation to conceive of a «Christianity without a cross», a «Christianity in the middle» (Pope Francis)
Il trionfalismo che appartiene ai cristiani è quello che passa attraverso il fallimento umano, il fallimento della croce. Lasciarsi tentare da altri trionfalismi, da trionfalismi mondani, significa cedere alla tentazione di concepire un «cristianesimo senza croce», un «cristianesimo a metà» (Papa Francesco)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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