Fede, Tentazioni: la nostra riuscita
(Mt 4,1-11; Mc 1,12-15; Lc 4,1-13)
Solo l’uomo di Dio è tentato.
Nella Bibbia la tentazione non è una sorta di pericolo o seduzione per la morte, ma un’opportunità per la vita. Anche più: un rilancio dai soliti lacci.
Ottica di Spiritualità Quaresimale:
Ogni giorno verifichiamo che un’insidia rilevante per l’esperienza della Fede sembra proprio “la fortuna”. Essa ci lega al buon fine immediato delle situazioni individuali.
Il viceversa invece fa routine: ecco il benessere, lo scampare da fallimenti e vicende infelici, la stasi dell’uguale-a-prima.
Una persona devota può perfino utilizzare la religione per sacralizzare il proprio mondo coartato, legato d’abitudini (considerate stabili).
Quindi - secondo circostanza - inserirsi anche volentieri nella pratica dei Sacramenti, purché restino parentesi che non significhino granché.
Quando l’esistenza fila via senza scossoni, ecco invece il terremoto della lusinga... cimento che ricolloca in bilico.
Nel disegno di Dio, la prova di Fede non viene per distruggere menti ed esistenza, ma per disturbare la paludosa realtà degli obblighi contratti nella quiete del galateo conformista.
Infatti, nelle etichette non siamo noi stessi, ma un ruolo: qui è impossibile conformarci sul serio a Cristo.
Ogni periglio giunge per un salutare scossone anche d’immagine, e per smuoverci.
L’Esodo stimola a fare un balzo in avanti - a non affossare l’esistenza nell’antologia dei meccanismi acritici sotto condizione, e sottoporsi ad influsso di cordate riconosciute; “utili”, ma che ci deviano la naturalezza.
Il passaggio è stretto e si fa pure obbligato; ferisce. Ma sperona affinché incontriamo di nuovo noi stessi, i fratelli, e il mondo.
La Provvidenza incalza: ci sta educando a guardare in faccia sia ogni dettaglio che l’opzione fondamentale.
Non cresciamo né maturiamo assestando l’anima sulle opinioni di tutti e mettendoci seduti in situazioni maggioritarie, abitudinarie, “perbene”, supposte veraci. Eppure poco spontanee, prive di trasparenza e di reciprocità col nostro Eros fondante.
Neppure diventiamo adulti abbracciando atletismi ascetici, o più facili scorciatoie di massa, di ceto, di cricche, o branco - che rendono esterni.
Per uscire da pericoli, seduzioni, disturbi, siamo obbligati a guardare dentro e tirar fuori tutte le risorse, persino quelle ignote o cui non abbiamo concesso credito.
La difficoltà e la crisi costringono a trovare soluzioni, dare spazio ai lati trascurati, in ombra; vedere bene e chiedere aiuto; informarsi, entrare in relazione qualitativa, e confrontarci a partire da dentro.
Di necessità, virtù: dopo l’attrazione e l’adescamento o la prova, il punto di vista rinnovato e ribadito da una nuova valutazione interroga l’anima sul calibro delle scelte - sulle nostre stesse infermità.
Esse stesse hanno qualcosa da dirci: vengono dagli strati profondi dell’essere, che dobbiamo incontrare - per non rimanere dissociati. E si configurano come energie plasmabili, poi da investire.
Le chiamate a rivoluzionare le opinioni di sé e delle cose - le vocazioni a una nuova nascita - non sono incitamenti ad annientare il proprio mondo di rapporti, o stimoli al peggio, né umiliazioni spirituali.
Le “croci” e persino gli abbagli sono un territorio di doglie che guida al contatto intimo con la nostra Sorgente - che volta a volta ci ri-suscita con nuove genesi, con differenti nascite.
L’uomo che sta sempre in ascolto del proprio centro e permane fedele alla singolare dignità e unicità di Missione, deve però sostenere le pressioni di una fattispecie di male che istiga solo morte.
Mt e Lc descrivono tali allettamenti apparentemente amicali, ovvero per il successo, in tre quadri simbolici:
Ecco il rapporto con le cose [pietre in pane]; con gli altri [tentazione dei regni]; con Dio [sulla Fiducia nell’Azione del Padre].
Le pietre in pane: la vita del Signore stesso ci dice che è meglio venire sconfitti che star bene per averla sfangata.
È sotto accusa il modo elusivo - anche pio, inerte, senza presa diretta - di porsi in relazione con le realtà materiali.
La persona anche religiosa ma vuota, si limita a dare o recepire indicazioni, o allettare con effetti speciali.
Fa uso del prestigio e delle proprie qualità e titoli, quasi per sfuggire le difficoltà che possono infastidirlo, coinvolgerlo in radice.
La persona di Fede è invece non solo empatica e solidale nella forma, bensì fraterna e autentica.
Non si mantiene a sicura distanza dai problemi, né da ciò che non sa; fa Esodo sul serio. Pagandolo.
Sente l'impulso a percorrere il duro cammino fianco a fianco di se stesso (in verità profonda) e con gli altri, senza calcolo o privilegi.
Né mette in campo risorse unicamente in proprio favore - staccandosi e ripiegandosi, o arrangiandosi; barcamenandosi, adeguandosi al club dei conformisti da zona relax e finte sicurezze.
Tentazione dei regni. La [nostra] controparte non sta esagerando (Mt 4,9; Lc 4,6): la logica che governa il regno idolatrico non ha nulla a che vedere con Dio.
Prendere, salire, comandare; arraffare, apparire, soggiogare: sono i modi peggiori di rapportarsi con gli altri, che sembra stiano lì solo per utilità, e fare da sgabelli, o seccarci.
La brama del potere è così irrefrenabile, tanto capace di sedurre, da sembrare attributo specifico della condizione divina: stare in alto.
Sebbene potesse fare carriera, Gesù non ha voluto confonderci dirigendo, ma accorciando le distanze.
Nella storia, purtroppo, diversi ecclesiastici non hanno avuto idee chiare. Scambiando volentieri il grembiule del servizio e l’asciugatoio dei nostri piedi con la poltrona strappata e una carica agognata.
Idoli fantoccio cui non bisognava rendere culto.
La tentazione finale - l’apice della “garanzia di protezione” del Tempio - sembra come le altre un banale consiglio a nostro favore. Anche per la “riuscita” nella relazione con Dio - dopo quella con le cose e la gente.
Ma qui è in gioco la piena Fiducia nell’Azione del Padre. Egli trasmette vita, senza posa rafforza e dilata il nostro essere.
Anche nelle opportunità che paiono meno appetibili, il Creatore incessantemente genera occasioni di completezza e realizzazione più genuina, che rielaborate senza isterismi accentuano l’onda vitale.
Egli preme in modo crescente, affinché i canoni vengano valicati. E l’essere creaturale traspaia. Lì c’è un segreto, un Mistero, una destinazione che si annidano.
La Sua è una spinta ben altro che piantata sullo spettacolo-miracolo, o sull’assicurazione sacrale [che poi scantona da approfondimenti sgraditi e rischi azzardati].
Nelle Sacre Scritture emerge un dato curioso: le persone spiritualmente fiacche non sono mai tentate! E vale anche il viceversa.
È il modo di vivere e interiorizzare il fulmine o il tempo della Tentazione ciò che distingue la Fede dalla banalità della devozione qualsiasi.