Lug 10, 2025 Scritto da 

Legge o fame

Incarnazione a pro di sé e del mondo, o il modulo spirituale vuoto d’umanità

(Mt 12,1-8)

 

Nel cammino di conversione i conflitti di coscienza non sono parentesi o incidenti di percorso, ma nodi cruciali.

La genuinità del credere genera poi forza implicativa e nuove capacità espressive.

L’alternativa è fra Intimità e pratica di Fede, o la religione che condanna persone senza colpe (v.7):

 

Secondo valutazioni religiose ordinarie, la normativa valeva più della fame...

Sì, c’è molto da dialogare, semplicemente, ma poco da discutere: l’esperienza di Dio nella vita capovolge le idee elaborate dagli esperti.

A dirla tutta, l’osservanza del sabato era divenuta una legge centrale non per delle sottigliezze teologiche, ma perché nel periodo dell’Esilio il riposo settimanale aveva consentito di riunirsi, condividere speranze, incoraggiarsi, mantenere l'identità di popolo.

Ma il legalismo finì per soffocare lo spirito del giorno di culto, un tempo segno di una libertà a servizio della fede e dell’uomo, entrambi non asservibili.

 

Così dove giunge Gesù si sgretola ogni modulo spirituale vuoto di umanità, e prende piede l’Incarnazione: il luogo in cui Dio e l’uomo riposano sul serio [altro che sabato!].

Cartina al tornasole dell’irrompere del Regno novello è l’accendersi dei contrasti coi capi, responsabili, intellettuali di corte e dirigenti!

Essi costruivano il proprio prestigio su un coacervo di falsi insegnamenti, i quali nulla avevano a che vedere con l’obiettivo della Legge divina.

Cane non mangia cane, quindi gli attaccabrighe della tradizione e delle disposizioni non si erano mai espressi sul comportamento trasgressivo di Davide.

Capita che i padroni del vapore ed i poco raccomandabili fondamentalisti non vadano l’uno contro l'altro...

 

Nel giorno di sabato i sacerdoti avevano molti più impegni sacrali e di preparazione, macellazione e riordino del Santuario, rispetto agli altri giorni della settimana, e la Torah li obbligava... succede anche a noi.

Quindi il Signore cita il profeta Osea, uomo dall’esperienza cruda, ma che ben definisce la vetta dell’intimità con Dio: Rito autentico è accorgersi dei bisogni del prossimo e avere il cuore nell’altrui necessità.

 

Il “sacrificio” [sacrum facere, rendere sacro] arcaico rifletteva un’idea di taglio, separazione e distanza fra mondo perfetto del “cielo” e vita profana delle persone.

Ma dopo la venuta del «Figlio dell’uomo» (v.8) i nuovi consacrati non vivranno appartati, sopra le righe, lontani dall’esistere sommario.

Saranno piuttosto i primi ad accogliere e sollevare coloro che soffrono necessità.

 

Cristo mette in rilievo la povertà d’ogni attaccamento legalista e ipocrita nel modo di concepire i rapporti col Padre.

Segno dell’Alleanza con Dio, e Incontro (santificazione autentica) è l’aderire che continua nella trama dei giorni e nella sua Persona attiva - non una ridicola idolatria delle osservanze o di parentesi cultuali.

Fatti e riti celebrano l’amore; e l’adempimento schietto non ricalca il pedante “come dovremmo essere”, bensì esprime una Liberazione della persona.

 

L’episodio biblico che Gesù cita poteva forse apparire non del tutto pertinente alla questione teorica: i suoi discepoli non sembravano re e neppure sacerdoti.

Invece nel tempo nuovo che urge, sì: “sovrani” della propria vita per Dono e Chiamata, nonché “mediatori” [delle benedizioni divine sull’umanità] - e anche Profeti.

Quelli autentici non faranno più il doppio gioco dei vecchi teatranti, suscettibili professionisti del sacro - né condanneranno innocenti e bisognosi (v.7).

 

In Mc 2,27 Gesù relativizza il comandamento: «Il sabato avvenne [è stato istituito, ha il suo senso] per l’uomo, e non l’uomo per il sabato».

Il Dio amabile allaccia con noi un dialogo e un’amicizia che invita, dà slancio, dona gusto di fare.

 

Scrive il Tao Tê Ching (xiii):

«A chi di sé fa pregio a pro del mondo, si può affidare il mondo. A chi di sé ha cura a pro del mondo, si può confidare il mondo».

 

Alla schiavitù delle costumanze, Cristo oppone una scioltezza che rende più agile, più spontaneo, più ricco e personale l’incontro fra Dio e il suo popolo.

È l’esito d’una coscienza messianica appunto da «Figlio dell’uomo» (v.8): maggiore del Tempio (v.6) perché incarnata.

In tal guisa, trasmissibile a noi, suoi fratelli e amici - a Lui unitissimi e intimi per Fede.

 

Dopo l’Inno di Giubilo Messianico e la “Letizia dei semplici” che soppianta il «giogo» della religione antica (Mt 11,25-30) il Maestro si presenta ai farisei nella controfigura regale di Davide, che s’accinge alla conquista del “Regno” alternativo, anche con un piccolo manipolo di seguaci.

Una scia di luce - anche per noi - di fronte all’attuale tracollo pastorale (malgrado la pletora di strutture sul territorio!).

Nel tempo della crisi globale che sembra ipotecare il futuro (ancora si tenta di calcolarlo dirigendolo a priori, secondo interessi selettivi) la sfida è più che mai aperta.

 

 

La contrapposizione sulla Giustizia

 

«È proprio per questa personale esperienza del rapporto con Gesù Cristo che Paolo colloca ormai al centro del suo Vangelo un’irriducibile opposizione tra due percorsi alternativi verso la giustizia: uno costruito sulle opere della Legge, l’altro fondato sulla grazia della fede in Cristo. L’alternativa fra la giustizia per le opere della Legge e quella per la fede in Cristo diventa così uno dei motivi dominanti che attraversano le sue Lettere: “Noi, che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo tuttavia che l'uomo non è giustificato per le opere della Legge, ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù, per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno” (Gal 2,15-16). E ai cristiani di Roma ribadisce che “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù (Rm 3,23-24). E aggiunge “Noi riteniamo, infatti che l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge” (Ibid 28). Lutero a questo punto tradusse: “giustificato per la sola fede”. Ritornerò su questo punto alla fine della catechesi. Prima dobbiamo chiarire che cosa è questa “Legge” dalla quale siamo liberati e che cosa sono quelle “opere della Legge” che non giustificano. Già nella comunità di Corinto esisteva l’opinione che sarebbe poi ritornata sistematicamente nella storia; l’opinione consisteva nel ritenere che si trattasse della legge morale e che la libertà cristiana consistesse quindi nella liberazione dall’etica. Così a Corinto circolava la parola “πάντα μοι έξεστιν” (tutto mi è lecito). E’ ovvio che questa interpretazione è sbagliata: la libertà cristiana non è libertinismo, la liberazione della quale parla san Paolo non è liberazione dal fare il bene.

Ma che cosa significa dunque la Legge dalla quale siamo liberati e che non salva? Per san Paolo, come per tutti i suoi contemporanei, la parola Legge significava la Torah nella sua totalità, cioè i cinque libri di Mosè. La Torah implicava, nell’interpretazione farisaica, quella studiata e fatta propria da Paolo, un complesso di comportamenti che andava dal nucleo etico fino alle osservanze rituali e cultuali che determinavano sostanzialmente l’identità dell’uomo giusto. Particolarmente la circoncisione, le osservanze circa il cibo puro e generalmente la purezza rituale, le regole circa l’osservanza del sabato, ecc. Comportamenti che appaiono spesso anche nei dibattiti tra Gesù e i suoi contemporanei. Tutte queste osservanze che esprimono una identità sociale, culturale e religiosa erano divenute singolarmente importanti al tempo della cultura ellenistica, cominciando dal III secolo a.C. Questa cultura, che era diventata la cultura universale di allora, ed era una cultura apparentemente razionale, una cultura politeista, apparentemente tollerante, costituiva una pressione forte verso l’uniformità culturale e minacciava così l’identità di Israele, che era politicamente costretto ad entrare in questa identità comune della cultura ellenistica con conseguente perdita della propria identità, perdita quindi anche della preziosa eredità della fede dei Padri, della fede nell’unico Dio e nelle promesse di Dio.

Contro questa pressione culturale, che minacciava non solo l’identità israelitica, ma anche la fede nell’unico Dio e nelle sue promesse, era necessario creare un muro di distinzione, uno scudo di difesa a protezione della preziosa eredità della fede; tale muro consisteva proprio nelle osservanze e prescrizioni giudaiche. Paolo, che aveva appreso tali osservanze proprio nella loro funzione difensiva del dono di Dio, dell’eredità della fede in un unico Dio, ha visto minacciata questa identità dalla libertà dei cristiani: per questo li perseguitava. Al momento del suo incontro con il Risorto capì che con la risurrezione di Cristo la situazione era cambiata radicalmente. Con Cristo, il Dio di Israele, l’unico vero Dio, diventava il Dio di tutti i popoli. Il muro – così dice nella Lettera agli Efesini – tra Israele e i pagani non era più necessario: è Cristo che ci protegge contro il politesimo e tutte le sue deviazioni; è Cristo che ci unisce con e nell’unico Dio; è Cristo che garantisce la nostra vera identità nella diversità delle culture. Il muro non è più necessario, la nostra identità comune nella diversità delle culture è Cristo, ed è lui che ci fa giusti. Essere giusto vuol semplicemente dire essere con Cristo e in Cristo. E questo basta. Non sono più necessarie altre osservanze. Perciò l’espressione “sola fide” di Lutero è vera, se non si oppone la fede alla carità, all’amore. La fede è guardare Cristo, affidarsi a Cristo, attaccarsi a Cristo, conformarsi a Cristo, alla sua vita. E la forma, la vita di Cristo è l’amore; quindi credere è conformarsi a Cristo ed entrare nel suo amore. Perciò san Paolo nella Lettera ai Galati, nella quale soprattutto ha sviluppato la sua dottrina sulla giustificazione, parla della fede che opera per mezzo della carità (cfr Gal 5,14).

Paolo sa che nel duplice amore di Dio e del prossimo è presente e adempiuta tutta la Legge. Così nella comunione con Cristo, nella fede che crea la carità, tutta la Legge è realizzata. Diventiamo giusti entrando in comunione con Cristo che è l'amore».

[Papa Benedetto, Udienza Generale 19 novembre 2008]

 

 

 

Per interiorizzare e vivere il messaggio:

 

Hai sentito oppressioni o esclusioni in nome della Legge? Ritieni sia stato per aver offeso Dio oppure per aver osato scomodare qualcosa o messo in discussione qualcuno e il suo paradigma culturale?

Come hai percepito di rivivere Cristo nella scioltezza delle norme? Quali conflitti sono motivo di discussione e polemica ecclesiale che ritieni creino distacco e sofferenza intorno a te?

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

We see this great figure, this force in the Passion, in resistance to the powerful. We wonder: what gave birth to this life, to this interiority so strong, so upright, so consistent, spent so totally for God in preparing the way for Jesus? The answer is simple: it was born from the relationship with God (Pope Benedict)
Noi vediamo questa grande figura, questa forza nella passione, nella resistenza contro i potenti. Domandiamo: da dove nasce questa vita, questa interiorità così forte, così retta, così coerente, spesa in modo così totale per Dio e preparare la strada a Gesù? La risposta è semplice: dal rapporto con Dio (Papa Benedetto)
These words are full of the disarming power of truth that pulls down the wall of hypocrisy and opens consciences [Pope Benedict]
Queste parole sono piene della forza disarmante della verità, che abbatte il muro dell’ipocrisia e apre le coscienze [Papa Benedetto]
While the various currents of human thought both in the past and at the present have tended and still tend to separate theocentrism and anthropocentrism, and even to set them in opposition to each other, the Church, following Christ, seeks to link them up in human history, in a deep and organic way [Dives in Misericordia n.1]
Mentre le varie correnti del pensiero umano nel passato e nel presente sono state e continuano ad essere propense a dividere e perfino a contrapporre il teocentrismo e l'antropocentrismo, la Chiesa invece, seguendo il Cristo, cerca di congiungerli nella storia dell'uomo in maniera organica e profonda [Dives in Misericordia n.1]
Jesus, however, reverses the question — which stresses quantity, that is: “are they few?...” — and instead places the question in the context of responsibility, inviting us to make good use of the present (Pope Francis)
Gesù però capovolge la domanda – che punta più sulla quantità, cioè “sono pochi?...” – e invece colloca la risposta sul piano della responsabilità, invitandoci a usare bene il tempo presente (Papa Francesco)
The Lord Jesus presented himself to the world as a servant, completely stripping himself and lowering himself to give on the Cross the most eloquent lesson of humility and love (Pope Benedict)
Il Signore Gesù si è presentato al mondo come servo, spogliando totalmente se stesso e abbassandosi fino a dare sulla croce la più eloquente lezione di umiltà e di amore (Papa Benedetto)
More than 600 precepts are mentioned in the Law of Moses. How should the great commandment be distinguished among these? (Pope Francis)
Nella Legge di Mosè sono menzionati oltre seicento precetti. Come distinguere, tra tutti questi, il grande comandamento? (Papa Francesco)
The invitation has three characteristics: freely offered, breadth and universality. Many people were invited, but something surprising happened: none of the intended guests came to take part in the feast, saying they had other things to do; indeed, some were even indifferent, impertinent, even annoyed (Pope Francis)
L’invito ha tre caratteristiche: la gratuità, la larghezza, l’universalità. Gli invitati sono tanti, ma avviene qualcosa di sorprendente: nessuno dei prescelti accetta di prendere parte alla festa, dicono che hanno altro da fare; anzi alcuni mostrano indifferenza, estraneità, perfino fastidio (Papa Francesco)
Those who are considered the "last", if they accept, become the "first", whereas the "first" can risk becoming the "last" (Pope Benedict)
Proprio quelli che sono considerati "ultimi", se lo accettano, diventano "primi", mentre i "primi" possono rischiare di finire "ultimi" (Papa Benedetto)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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