Resilienza non a denti stretti, e Somiglianza non possessiva
(Gv 15,9-11)
«Rimanete nell’amore, quello mio […] Se i comandamenti miei osserverete, rimarrete nell’amore mio […] Vi ho detto queste cose affinché la gioia quella mia sia in voi e la gioia vostra sia piena».
Gesù si è appena servito dell’immagine della vigna per configurare il carattere del suo nuovo popolo e la circolazione di vita che lo accomuna.
Vita di particolare intensità e temperamento.
L’allegoria della vite e dei tralci è ora tradotta in termini esistenziali.
La propagazione del dinamismo divino in noi dà il via a una corrente di amore, particolare e accentuata.
Il Signore non chiede di essere amato, ma di accogliere (prima di trasfondere) la modalità di Dio - il Dono che discende dal Padre e da Lui.
La sorte del tralcio inaridito [privo della Linfa dello Spirito] e reciso è il senso d’inutilità e angoscia (v.6).
Ma - alla Vigna - perfino tagli, gettatezze, mondature e purificazioni (v.2) che la vita impone non impediscono di produrre grappoli abbondanti e succosi.
Un canto nuovo, finalmente privo di dissociazioni.
Il disagio infatti reca alla pergola un flusso addirittura più marcato, un cammino di carattere, e una dilatazione.
È l’occasione liberante che riattualizza l’essere, e può traboccare.
Vuole portarci alla casa che ci appartiene, non in un territorio di cronicizzazione [inchiodato al giogo dei canoni].
L’agricoltore è il Padre (v.1) che taglia e sfronda la vite da germogli inutili - sebbene anch’essi in apparenza verdi (v.2) - in ordine alla maggiore vitalità del campo.
Qui si permane, cedendo le nostre previsioni alla Grazia - nella paradossale tutela della concentrazione personale.
Lasciamo a Lui la decisione di far cadere i travestimenti infecondi.
In tal guisa, sarà il sapiente Agricoltore a spegnere i modelli dispersivi e accendere la nostra voce - quella che ci appartiene.
L’energia della metamorfosi che si espanderà da situazioni critiche ci farà essere, invece di somigliare [fuori].
Da dentro, lo sguardo in stato di ricerca verrà spostato e reso essenziale, lasciando spazio alla virtù delle radici proprie.
Man mano la recita che richiedeva forzature sterili verrà sapientemente smontata - affinché non ci chiudiamo in preconcetti.
La forza apparente dovrà dare spazio alla forza reale.
Per Via, ciascuno accetterà un’altra immagine di sé; senza per questo distaccarsi dalla convivenza.
Il tener duro lascerà spazio alla flessibilità, alla melodia vocazionale.
In tal guisa, facendo largo al modo di essere autentico.
Imparando a guardare bene e affidarsi a tutto ciò che provvidenzialmente si affaccia, sgorgheranno risposte elastiche.
Nell’anima si riverserà la Gioia personale - non quella fatua d’euforia o esaltazione, passeggera delle molte foglie [per essere ad es. come gli altri; a tutti i costi “sicuri”, accompagnati o affastellati].
Perché non dovendo nascondere altre preferenze, un diverso carattere individuante, o le nostre stesse fragilità, diventeremo più forti.
Senza per questo imporsi di dover sempre controllare la situazione.
L’intima Letizia che ci attiverà sarà frutto d’una consapevolezza nuova, che infine contribuisce alla ‘cattolica’ convivialità delle differenze.
Coscienza che coniuga la divina proposta di Somiglianza non possessiva con la nostra capacità di accoglierci - non di lottare in modo innaturale.
Anche nelle vulnerabilità. Malgrado i diversi gusti attorno.
Un’onda vitale ad personam che diventa resilienza non comune, e diversa Felicità.
L’esperienza di pienezza, di corrispondenza nel comprendere il senso del proprio esserci, è opera impossibile sia in termini di capacità che di progetto.
O di previsioni cerebrali, attese normalizzate, propositi di perfezione. Sarebbe un comandamento grave.
Forzando, non deponendo i modelli mentali, non facendosi un poco da parte nei pensieri indotti, prevarrebbe infine la sensazione d’una condizione dell’essere umano sulla terra come evento conflittuale, tessuto d’inquietudine - inappagato, tragico, assurdo.
La presa di possesso di Dio non è frutto d’aspettativa alcuna, né di emozioni, situazioni a comando, bensì d’un lasciarsi salvare: farsi introdurre in una vita da salvati - che talora giunge repentina, sempre imprevista.
Amare (addirittura) Dio non può essere un’iniziativa devota: è solo risposta non a denti stretti a una Manifestazione impensabile e non allestita, che precede e sbalordisce l’identificazione religiosa, personale, del mondo.
Permanendo nella circolazione d’amore Padre-Figlio saremo avvolti da una ebbrezza che intuisce il senso e l'unicità del nostro seme.
Tutto ciò cambia il modo di vedere la vita, le relazioni, le sofferenze, e la Gioia.
Deponendo gli sforzi e il rimuginare, incontrando gli enigmi e i lati sconosciuti, ecco affiorare la Sapienza che ci abita.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Quale linfa ti sazia, quella esterna?
Qual è la tua idea di miglioramento e Felicità?
Qual è la tua consapevolezza esistenziale di Rivelazione?