Dic 22, 2025 Scritto da 

Senza fermarsi a metà, e senza mode. La nuova Fiaccola

Chiesa dei piccoli

Lc 2,36-40 (22-40)

 

Il passo del Vangelo di Lc narra la risposta sorprendente del Padre alle previsioni d’adempimento circa le profezie messianiche.

Ci si attendeva una manifestazione eloquente e perentoria della potenza del Dio d’Israele e la sottomissione di coloro che non adempivano la Legge.

Tutti immaginavano di assistere all’ingresso trionfale d’un condottiero - circondato da capi militari o schiere angeliche (Mal 3,1) che avrebbe assoggettato i pagani portando nella città santa i loro beni, garantito al popolo eletto molti schiavi e imposto l’osservanza.

Gesù? Eccolo sì nel Tempio, ma indifeso e accompagnato da gente insignificante. Nessuno si accorge di loro, sebbene a tutte le ore il luogo sacro brulicasse di visitatori.

 

Non basta essere persone pie e devote per rendersi conto della presenza di Cristo - per vedere Dio stesso, i fratelli e le cose con gli occhi del Padre.

 

Come sfondare il muro delle consuetudini chiuse in sé, come intaccare il mondo artificioso delle apparenze contrarie, per volgersi all’Ignoto creativo?

Lc risponde: con l’aiuto di persone particolarmente sensibili, in grado di comprendere il Nuovo Progetto.

Sono coloro che non contrappongono al Disegno dell’Altissimo i propositi banali, o sogni correnti; le aspettative abituali (altrui)... pretendendo dal Signore solo l’aiutino per realizzarli.

 

Ecco allora sorgere Simeone e Anna (vv.25.36-38), uomini e donne corifei del Popolo autentico più sensibile, grazie a un ottimo lavoro sull’anima.

Provenendo sia da dentro che da fuori il Tempio - tali profeti tentano di bloccare (vv.28.38 testo greco) il piccolo corteo famigliare, ancora legato alle convenzioni giudaiche (vv.21-23).

 

Rispetto agli stereotipi cultuali e legalisti, i membri della sacra Famiglia devono intraprendere tutt’altra Via, consapevole.

Percorso che la porterà a una crescita imprevista, in favore di tutti.

 

Così, il Piccolo Resto sacro di donne e uomini animati dallo Spirito irrompe (sempre) come fosse straniero…

Popolo di minuscoli adoratori, di genuini fuori del coro, i quali tentano addirittura d’impedire il “medesimo” inutile rito di clan!

Gesto che pretendeva - ancora - di trasformare (e ridurre) in ossequioso figlio di Abramo Colui che era stato annunciato come Figlio di Dio.

 

Insomma, nelle figure di Simeone e Anna, Lc vuole trasmetterci un insegnamento fondamentale.

Se la mèta è il trionfo della vita, la storia passata non deve prevalere sulla Rivelazione inedita.

L’Unicità divina si manifesta in ciò che accade.

L’Eccezionalità dello Spirito si propone (dimessamente) adesso.

Imprevisto cui siamo chiamati a dare voce piena - e farsi eco.

Lo svelamento è ora.

Il “qui” apre immediatamente un arco di esistenza piena.

(Basta col ripetersi “come dovremmo essere” secondo le usanze o i padri…).

 

Dov’è tutto combinato, non troveremo le risposte che risolvono i veri problemi, né tempi magici  - quelli che ci motivano.

Le anime di Dio genuine non si occupano di assecondare obblighi, bensì di vivere intensamente il momento presente con l’energia che traccia futuro, senza esitare con gli eccessi di controllo.

Uscire dalla normalità del modo stabilito - anche attraverso doglie di parto (vv.34-35) - crea lo spazio per accogliere la Novità che salva.

Nel percorso, quei pensieri e doveri che non corrispondono più al destino di ciascuno saranno disinnescati, evaporeranno da sé.

 

Così in Maria: Madre icona di tutta la Chiesa delle attese vere - tagliata (v.35) dalla folla abitudinaria.

Ella ha deposto tutte le dipendenze.

 

E l’Innocente è gloria della “nazione”, in Spirito - perché ne viene fuori!

Nella sua figura imprevedibile e sana risiede una Luce che illumina tutti (v.32).

Un tratto d’infanzia e semplice immediatezza che diventa «redenzione di Gerusalemme» (v.38).

 

 

È infatti un Chiarore che produce conflitto con l’ufficialità, uno Splendore profondo destinato a ogni tempo - mentre gli astuti non ne vogliono sapere di perdere coordinate, ruoli e posizioni.

Una «spada» (v.35) che nella Madre Israele realizzerà lacerazioni fra qualcuno che si apre alla fiaccola dell’Evangelo e altri che viceversa si arroccano.

Lc ha presente le situazioni di comunità, ove i credenti in Cristo vengono scartati da amici e famiglie di estrazione culturale difforme (cf. Lc 12,51-53).

Ma l’atteso e vero Messia dev’essere consegnato al mondo - sebbene i meglio disposti a riconoscerlo siano i componenti della tribù d’Israele più piccola (Asher, nella figura di Anna: vv.36-38).

Sono gli stessi profeti che nella vita hanno vibrato per un solo grande Amore (vv.36-37), poi hanno vissuto l’assenza dell’Amato - fino ad averlo riconosciuto in Cristo. Trasalendo di sorpresa - cogliendo corrispondenze personalissime dentro sé, in Spirito; gioendo, lodando il Dono di Dio (v.38).

 

Il brano si conclude col ritorno a Nazaret (vv.39-40) e l’annotazione riguardante la crescita di Gesù stesso «in sapienza, statura e grazia» (testo greco).

 

 

Morale: non siamo al mondo per rimanere avvinghiati a ombre e blocchi del passato, con i suoi sentimenti perenni - stati d’animo di sempre, soliti pensieri preponderanti, medesimo modo di fare (anche le piccole cose).

Meccanismi e paragoni che chiudono le nostre giornate, la vita intera e lo spazio emotivo delle passioni - tarpando le ali a testimonianze che vogliono sovrastare il corso riconosciuto sin dagli antenati.

Viceversa, proprio questa è la grande Sfida che attiva la Rinascita giovane del Sogno di Dio. E ci lancia nel passaggio dal senso religioso alla Fede personale.

Tale l’unica energia che sveglia, desta entusiasmo, comunica virtù semplice, spazza via gli strati di polvere che ancora ci coprono di conformismi.

I modi ricalcati e collettivi di scendere in campo (più o meno “morali”) additano, deviano, sovraccaricano la nostra essenza - facendo leva sulla paura di essere rifiutati.

Per infilarci con sforzo nelle convenzioni e nelle maniere della nostra cultura locale, spesso rischiamo di smarrire la Chiamata per Nome, l’irripetibilità del cammino che vibra dentro e ci appartiene davvero.

 

Rispetto alla guerriglia religiosa portata avanti perfino con se stessi, serve una tregua dalle forme comuni - anche devote, cultuali e puriste.

Una pausa dall’immagine sociale di sé, per consentirci di abbandonare forme esterne e tossiche, recuperare energie taciute.

E lanciarsi verso le esperienze nuove che vogliamo e siamo chiamati a sposare, con entusiasmo, senza prima calarsi in un ruolo.

 

 

 

Smarrimento e ritrovamento: Salvezza in “luogo” giovane e aperto

 

Già ribelle: Vocazione particolare

(Lc 2,41-51)

 

La famiglia è nucleo della società e luogo privilegiato del rischio educativo, non l’unico.

È una tappa preziosa della crescita, ma non deve coartare la fioritura nella dimensione universale.

Il movimento della Salvezza familiarizza tutti nelle dinamiche di smarrimento [dalle ristrettezze] e ritrovamento [di una Presenza dentro le difformi presenze] allo scopo di non restringere gli orizzonti.

Il ripiegamento compiaciuto sul mondo degli affetti e interessi di parentela riduce la dimensione delle frontiere vitali, rendendo angusta la vita personale e di casata; culturale, sociale e spirituale.

Il focolare domestico deve integrare nella comunità, e introdurre i giovani alla conoscenza del carattere innato della propria vocazione, affinché crescendo si rendano disponibili e maturino in una realtà sempre più larga.

La famiglia che si fa trampolino prelude il distacco, che nel suo taglio sarà doloroso per tutti - ma diventerà uno spiccare il volo dal nido protetto che rende schiavi; un balzo verso la libertà della vita piena.

 

Il passo di Vangelo sconcerta, perché sembra ritrarre una famiglia distratta e un Gesù già scontroso e ribelle.

Lc scrive a più di mezzo secolo dalla morte e risurrezione del Signore, e vuol far trasparire la Fede e l’inclinazione delle sue comunità.

La vicenda tragica del Maestro viene compresa e interiorizzata come forse Giuseppe e Maria non avrebbero potuto ancora intuire, nella sua adolescenza.

Riconoscere Gesù Figlio di Dio fin dai dodici anni significava nella letteratura dell’epoca “coprire” tutta la sua vita [cf. Lc 24].

 

Sembra che la sacra Famiglia salisse a Gerusalemme ogni anno per la Pasqua (v.41).

Prima che in Israele si diventasse adulti e tenuti all’osservanza della Torah (13 anni) già il nostro Adolescente mostra segni di vocazione particolare.

Dal tono della narrazione si nota un Gesù desideroso di abbeverarsi e immergersi nel Mistero ancora inespresso del Padre.

Sognando di scoprire la sua Volontà, si trattiene nella città santa per comprendere a fondo la Parola di Dio - senz’accontentarsi dei catechismi impersonali, abbreviati.

Le prime espressioni di Gesù nel terzo Vangelo segnano il carattere di tutta la sua vicenda. Egli si distacca con decisione dalla religiosità dei padri (v.49).

Inizia a prendere distanza dalle idee comuni anche alla sua famiglia di origine: non appartiene a un clan definito.

La sua sarà una proposta divina in favore di tutte le donne e gli uomini del mondo.

In tal senso, Gesù ha ancor più onorato la fedeltà a Dio dei suoi genitori (vv.51-52) accogliendo l’intero spirito dei loro insegnamenti, e scavando oltre - intuendone il significato ultimo.

Come dire: in Lui le sacre Scritture divengono accessibili, con la chiave di lettura dell’intera sua vicenda e Persona.

Vita per noi (anche prima del Battesimo e della vicenda pubblica).

 

Lc scrive per incoraggiare i credenti che ancora non comprendevano tutto della vicenda del nuovo Rabbi.

Come Giuseppe e Maria, essi dovevano rendersi conto che non è facile capire il Figlio di Dio e accettarne l’unicità di carattere, sino alla sconfitta terrena.

 

Nella figura della sacra Famiglia, anche noi siamo invitati a «tornare a Gerusalemme» (v.45).

Qui, osservando l’autonomia di Cristo, gradualmente sapremo aprirci alla vocazione inedita che portiamo dentro - perché “rinati” in Lui.

E di fronte agli accadimenti sconcertanti, impareremo a custodire la Chiamata personale - come Maria. 

Perché anche Lei non ha trovato facile introdursi nella sua Pasqua: il “passaggio” dalla religione delle tradizioni e delle attese alla Fede nel Figlio.

 

Ma «conservava attraverso» Parola ed eventi (v.51b), senza fermarsi a metà.

 

 

L’aspetto riflessivo della Casa di Nazaret

 

La casa di Nazareth è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Forse anche impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare.
Qui impariamo il metodo che ci permetterà di conoscere chi è il Cristo. Qui scopriamo il bisogno di osservare il quadro del suo soggiorno in mezzo a noi: cioè i luoghi, i tempi, i costumi, il linguaggio, i sacri riti, tutto insomma ciò di cui Gesù si servì per manifestarsi al mondo.
Qui tutto ha una voce, tutto ha un significato. Qui, a questa scuola, certo comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo. Oh! come volentieri vorremmo ritornare fanciulli e metterci a questa umile e sublime scuola di Nazareth! Quanto ardentemente desidereremmo di ricominciare, vicino a Maria, ad apprendere la vera scienza della vita e la superiore sapienza delle verità divine! Ma noi non siamo che di passaggio e ci è necessario deporre il desiderio di continuare a conoscere, in questa casa, la mai compiuta formazione all’intelligenza del Vangelo. Tuttavia non lasceremo questo luogo senza aver raccolto, quasi furtivamente, alcuni brevi ammonimenti dalla casa di Nazareth.
In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. Oh! silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti a ben sentire le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Insegnaci quanto importanti e necessari siano il lavoro di preparazione, lo studio, la meditazione, l’interiorità della vita, la preghiera, che Dio solo vede nel segreto.
Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazareth ci ricordi cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci faccia vedere com’è dolce ed insostituibile l’educazione in famiglia, ci insegni la sua funzione naturale nell’ordine sociale. Infine impariamo la lezione del lavoro. Oh! dimora di Nazareth, casa del Figlio del falegname! Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo ma redentrice della fatica umana; qui nobilitare la dignità del lavoro in modo che sia sentita da tutti; ricordare sotto questo tetto che il lavoro non può essere fine a se stesso, ma che riceve la sua libertà ed eccellenza, non solamente da quello che si chiama valore economico, ma anche da ciò che lo volge al suo nobile fine; qui infine vogliamo salutare gli operai di tutto il mondo e mostrar loro il grande modello, il loro divino fratello, il profeta di tutte le giuste cause che li riguardano, cioè Cristo nostro Signore.

[Papa Paolo VI, Chiesa dell’Annunciazione Nazareth 5 gennaio 1964]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

It is not enough to be a pious and devoted person to become aware of the presence of Christ - to see God himself, brothers and things with the eyes of the Spirit. An uncomfortable vision, which produces conflict with those who do not want to know
Non basta essere persone pie e devote per rendersi conto della presenza di Cristo - per vedere Dio stesso, i fratelli e le cose con gli occhi dello Spirito. Visione scomoda, che produce conflitto con chi non ne vuol sapere
An eloquent and peremptory manifestation of the power of the God of Israel and the submission of those who did not fulfill the Law was expected. Everyone imagined witnessing the triumphal entry of a great ruler, surrounded by military leaders or angelic ranks...
Ci si attendeva una manifestazione eloquente e perentoria della potenza del Dio d’Israele e la sottomissione di coloro che non adempivano la Legge. Tutti immaginavano di assistere all’ingresso trionfale d’un condottiero, circondato da capi militari o schiere angeliche…
May the Holy Family be a model for our families, so that parents and children may support each other mutually in adherence to the Gospel, the basis of the holiness of the family (Pope Francis)
La Santa Famiglia possa essere modello delle nostre famiglie, affinché genitori e figli si sostengano a vicenda nell’adesione al Vangelo, fondamento della santità della famiglia (Papa Francesco)
John is the origin of our loftiest spirituality. Like him, ‘the silent ones' experience that mysterious exchange of hearts, pray for John's presence, and their hearts are set on fire (Athinagoras)
Giovanni è all'origine della nostra più alta spiritualità. Come lui, i ‘silenziosi’ conoscono quel misterioso scambio dei cuori, invocano la presenza di Giovanni e il loro cuore si infiamma (Atenagora)
Stephen's story tells us many things: for example, that charitable social commitment must never be separated from the courageous proclamation of the faith. He was one of the seven made responsible above all for charity. But it was impossible to separate charity and faith. Thus, with charity, he proclaimed the crucified Christ, to the point of accepting even martyrdom. This is the first lesson we can learn from the figure of St Stephen: charity and the proclamation of faith always go hand in hand (Pope Benedict)
La storia di Stefano dice a noi molte cose. Per esempio, ci insegna che non bisogna mai disgiungere l'impegno sociale della carità dall'annuncio coraggioso della fede. Era uno dei sette incaricato soprattutto della carità. Ma non era possibile disgiungere carità e annuncio. Così, con la carità, annuncia Cristo crocifisso, fino al punto di accettare anche il martirio. Questa è la prima lezione che possiamo imparare dalla figura di santo Stefano: carità e annuncio vanno sempre insieme (Papa Benedetto)
“They found”: this word indicates the Search. This is the truth about man. It cannot be falsified. It cannot even be destroyed. It must be left to man because it defines him (John Paul II)
“Trovarono”: questa parola indica la Ricerca. Questa è la verità sull’uomo. Non la si può falsificare. Non la si può nemmeno distruggere. La si deve lasciare all’uomo perché essa lo definisce (Giovanni Paolo II)
Thousands of Christians throughout the world begin the day by singing: “Blessed be the Lord” and end it by proclaiming “the greatness of the Lord, for he has looked with favour on his lowly servant” (Pope Francis)
Migliaia di cristiani in tutto il mondo cominciano la giornata cantando: “Benedetto il Signore” e la concludono “proclamando la sua grandezza perché ha guardato con bontà l’umiltà della sua serva” (Papa Francesco)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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