Mag 6, 2025 Scritto da 

Mattia, testimone della Risurrezione: “rimasto” nel Suo Amore

“Come io ho osservato i comandamenti del Padre mio, e rimango nel suo amore” (Gv 15, 10).

Gli Atti degli apostoli ci ricordano oggi la scelta dell’apostolo Mattia designato per occupare il posto rimasto vacante in seguito al tradimento e alla morte di Giuda. La Chiesa festeggia San Mattia, inserito nel gruppo dei Dodici con questa elezione, poco dopo la partenza di Cristo Gesù. Questo è un avvenimento molto significativo. Seguendo la tradizione dell’antica alleanza, in cui Dio si è legato alle dodici tribù di Israele, il Cristo ha chiamato dodici apostoli. Dopo l’ascensione, la Chiesa apostolica primitiva ha considerato suo dovere ristabilire questo numero che, nell’economia divina, aveva avuto tanto rilievo ed era stato santificato.

E l’elezione designò un uomo che, come gli altri apostoli, era stato “testimone della risurrezione del Cristo”. È questa la condizione essenziale. Mattia è stato testimone del modo in cui Gesù “ha osservato i comandamenti del Padre ed è rimasto nel suo amore” (cf. Gv 15, 10). Ormai egli testimonierà che, in risposta, il Padre ha glorificato Gesù risuscitandolo.

 

2 In ogni epoca, i successori degli apostoli e i missionari sono andati a portare questa testimonianza del Cristo in nuovi luoghi, presso altri popoli. Qui da voi è dal IV secolo che San Servazio è venuto a fondare la Chiesa a Maastricht e in tutta la vostra regione. E come non ricordare qui San Willibrordo, pastore ardente che ha annunciato la buona novella, che ha battezzato migliaia di uomini e donne che scoprivano così il dono della fede ed entravano nella comunità cristiana! E ancora voi venerate numerosi vescovi per la loro santità; ed è tutto un popolo con gli uomini e le donne consacrati, che ha costituito in questa diocesi una ricca tradizione religiosa, attestata dalla costruzione di molti luoghi di preghiera e impressa in tutta la vostra cultura.

Oggi, cari fratelli e sorelle, è con gioia che incontro in voi la Chiesa stabilita qui da sedici secoli per professare il Cristo, lui che “ha osservato fedelmente i comandamenti del Padre ed è rimasto nel suo amore”. Sono felice di salutare il mio fratello nell’episcopato, monsignor Johannes Baptist Gijsen, pastore di questa diocesi di Roermond. I miei saluti cordiali vanno ugualmente al suo ausiliare, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai membri degli istituti secolari, ai seminaristi di Rolduc, ai laici adulti e giovani; so che tutti si sforzano di partecipare attivamente alla vita della diocesi. Saluto anche coloro che sono venuti da altre diocesi e anche da altri Paesi: Germania e Belgio.

3  Abbiamo ascoltato le parole di Gesù nella veglia della sua passione: “Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore” (Gv 15, 10). Quali sono questi comandamenti?

Prima di tutto il comandamento dell’amore fraterno: il Cristo desidera che, osservando il suo comandamento, amandosi gli uni gli altri come egli stesso li ama, i suoi discepoli siano strettamente uniti tra loro e allo stesso tempo uniti a suo Padre. È l’augurio profondo che rivolgo a tutte le comunità della Chiesa nei Paesi Bassi: nel quadro delle vostre parrocchie, delle numerose istituzioni dove siete impegnati, sappiate trovare nella parola di Cristo l’ispirazione della vostra azione e il senso della vostra vita comune. Non esiste altro modello o altro appoggio per la Chiesa all’infuori di colui che “ci ha amati come il Padre l’ha amato”.

Voi tutti che portate la preoccupazione di annunciare il Vangelo e costruire la Chiesa, voi che vi riunite nella preghiera, voi che assolvete tutti i compiti legati all’educazione dei giovani, voi che servite i malati e i più poveri dei nostri fratelli, voi che vi impegnate per la solidarietà necessaria con gli uomini al di là di tutte le frontiere, datevi la mano: insieme voi continuate la comunità fondata dal Cristo, costituita attorno al ministero apostolico, unita dall’amore del Padre, chiamata a vivere la stessa vita di Dio nella quale il Redentore ci introduce: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore” (Gv 15, 9). “Io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 16).

4 Il Cristo ha chiamato, innanzitutto, i Dodici a condividere l’amore che egli vive pienamente nella comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito. Essi dovevano costituire il centro della nuova comunità, la comunità della vita divina in mezzo agli uomini. Ed è stato partendo sempre da questo modello che si è costruita la Chiesa attraverso i secoli.

Oggi il Cristo ci chiama, a sua imitazione, ad aprire la nostra vita agli altri con il dono di noi stessi e a conoscere così la felicità di una generosità feconda. Non solo ci svela il meraviglioso mistero della Trinità e dello scambio ininterrotto d’amore tra le persone divine, ma ci invita a vivere a nostra volta lo stesso scambio in cui il dimenticarsi di se stessi porta a donare tutto all’altro, dove non si tiene per proprio esclusivo beneficio la vita ricevuta da Dio, ma la si offre al Signore condividendo i molteplici doni con il proprio prossimo.

Il primo luogo, in cui la vita d’amore di Dio viene condivisa, è la famiglia. La famiglia, nella quale si viene messi al mondo, nella quale si impegna la propria vita uno per l’altro, l’uno con l’altro, è il primo luogo dove l’amore creato a immagine di Dio può rendere viva la sua somiglianza con il Creatore. È vero che nella nostra epoca la situazione della famiglia conosce molte contraddizioni. È screditata da alcuni che rigettano quelle che considerano le sue costruzioni; ma è apprezzata da molti altri che spontaneamente vi vedono il vero luogo della felicità, come i sondaggi dimostrano.

Certamente tutte le famiglie hanno i loro limiti e restano al di qua della loro alta vocazione. Ma noi sappiamo quale ferita segna coloro che sono privati di ciò che l’ambiente familiare apporta naturalmente al loro sviluppo di bambini, di adolescenti, di uomini e donne. Da parte sua la Chiesa ne è così cosciente che non cessa mai di ricordare l’importanza di una solida costruzione della famiglia, il carattere indissolubile dell’impegno che è a fondamento del matrimonio, la nobiltà dell’amore che si esprime nel linguaggio del corpo e dello spirito.

Ognuno sa fino a che punto il Concilio Vaticano II, nella costituzione pastorale Gaudium et spes, e il papa Paolo VI particolarmente nell’enciclica Humanae vitae, abbiano esaltato il posto della famiglia nella società, la grandezza dell’istituzione del matrimonio, della paternità e della maternità responsabili precisando le esigenze di una corretta etica fondata sulla tradizione cristiana. Nel 1980 il Sinodo dei vescovi ha continuato la riflessione su questo punto, che si è conclusa con l’esortazione apostolica Familiaris consortio.

5 Permettetemi di ridire semplicemente alle famiglie dei Paesi Bassi quanto è grande il loro ruolo nello sviluppo di ogni persona. La vocazione della persona umana è di amare ed essere amata. Ed è per mettere in luce questa vocazione che dobbiamo ritornare sempre alla parola del Cristo e degli apostoli che ci rivelano l’inesauribile fonte dell’amore, che è la vita stessa di Dio. È nel seno di una famiglia unita e stabile che se ne fa anzitutto la scoperta. È qui che si viene ricevuti incondizionatamente senza dover giustificare la propria presenza. E inoltre, più si è fragili e vulnerabili e più si è sicuri della tenerezza degli altri. È qui che si impara ad esistere. È qui che si costruisce progressivamente la propria personalità. È qui, ancora, che ci è dato di scoprire che non si è al centro del mondo; si conoscono in profondità delle persone differenti in un arricchimento reciproco. Si impara ad essere amati, ad amare l’altro, ad amare se stessi. Vi si fa anche la scoperta della prova, dei conflitti e delle sofferenze; la famiglia è poi il luogo in cui l’amore può arrivare fino a “dare la propria vita” per coloro che si amano, secondo la parola stessa di Gesù, e quindi a sostenere colui che attraversa la tempesta, a guarire le ferite, a conoscere quale gioia dà una necessaria padronanza di sé per un buon rapporto con l’altro e quale felicità viene da una riconciliazione nella verità.

6 Arricchito dalla sua esperienza familiare, l’uomo può svolgere meglio il suo ruolo nella società. Riprendo a questo proposito le parole dell’esortazione Familiaris consortio: “Le relazioni tra i membri della comunità familiare sono ispirate e guidate dalla legge della “gratuità” che, rispettando e favorendo in tutti e in ciascuno la dignità personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza cordiale, incontro e dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda. Così la promozione di un’autentica e matura comunione di persone nella famiglia diventa prima e insostituibile scuola di socialità” (Giovanni Paolo II,Familiaris consortio, 43). La famiglia è il luogo dove ci si prepara ad affrontare le difficoltà della vita, a non rassegnarsi alle facilità o alle rotture, rinunciando a combattere la miseria umana. È nella famiglia che si acquisisce la libertà personale e il discernimento che permettono di non essere in balia delle pressioni sociali, a volte nefaste. Grazie alla maturità sviluppata nell’ambiente familiare, si può apportare un contributo positivo alla storia umana e cristiana della società.

7 Infine, come non ricordare che il Concilio Vaticano II ha descritto la famiglia come “un santuario domestico della Chiesa” (Apostolicam actuositatem, 11)? Significa che la Chiesa è presente nella vita della famiglia che conosce l’amicizia del Cristo e riceve la sua parola: “Voi siete miei amici se farete ciò che io vi comando… ma vi ho chiamati amici” (Gv 15, 14.15). Significa dire che la piccola comunità familiare partecipa alla vita della grande comunità ecclesiale, particolarmente per la celebrazione dei sacramenti; e tutto ciò si manifesta specialmente con l’Eucaristia domenicale. Significa pure che la missione della famiglia, particolarmente la sua missione educatrice, è come un vero ministero grazie al quale il Vangelo è trasmesso e diffuso, a tal punto che la vita familiare nel suo insieme diventa un cammino per la fede, per l’iniziazione cristiana, per la vita al seguito di Cristo. Nella famiglia cosciente di un tale dono, come ha scritto Paolo VI: “tutti i membri evangelizzano e sono evangelizzati” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 71). Per queste ragioni mi rallegro con voi per aver creato, in questa diocesi, un Centro di pastorale della famiglia che non mancherà di portare molti frutti. È nella famiglia che possono nascere e morire le diverse vocazioni dei giovani cristiani e particolarmente le vocazioni al servizio sacerdotale o alla vita religiosa; voi lo sapete, in un Paese come il vostro che ha inviato tanti missionari sulle strade del mondo, e dove i sacerdoti sono stati numerosi in un passato ancora recente. Di fronte alle attuali sfide, che Dio permetta alle famiglie dei Paesi Bassi di vedere i loro figli rispondere alle chiamate del Signore e consacrare la loro vita al suo servizio!

8 Cari fratelli e sorelle, so che spesso è gravoso il compito che le vostre famiglie devono affrontare per assicurare lo sviluppo di ciascuno, per svolgere il loro ruolo nella vita sociale, per essere il punto d’appoggio della vita ecclesiale. In ogni Paese i pubblici poteri hanno un ruolo da svolgere per difendere e sostenere l’istituzione familiare. Se a questa viene impedito di svilupparsi normalmente o se vengono fatte troppe concessioni a tutto ciò che la danneggia, la difficoltà diventa eccessiva. Auspico che la politica familiare, nel vostro Paese, come in tutta Europa, rispetti e favorisca maggiormente la realtà fondamentale che, nella società, è la famiglia.

9 Alla fine della nostra meditazione sul compimento della nostra missione nella Chiesa e nella famiglia cristiana, rivolgiamoci insieme alla Madre di Cristo. Ella è anche la Madre della Chiesa. La vostra diocesi di Roermond l’ha scelta come patrona con il titolo di “Immacolata Concezione”. Molti santuari le sono dedicati su questo territorio e vi andate a pregare.

O Maria, tu che hai vissuto nell’intimità del Padre, del Figlio e dello Spirito, tu che hai dato carne al Verbo di Dio, tu che hai avuto l’esperienza della vita familiare a Nazaret, tu che hai partecipato con gli apostoli alla nascita del nuovo popolo di Dio, resta con noi! Resta con noi, per educarci al vero amore in tutte le comunità alle quali apparteniamo! Che esse siano dei luoghi di vita e di verità, di carità e di pace, di coraggio e di speranza!

O Maria, rimani vicino a questo popolo che io oggi visito! Lo affido al tuo cuore materno. O Maria, aiuta i cristiani dei Paesi Bassi ad essere oggi testimoni della risurrezione come gli apostoli di tuo Figlio. Aiutali a conservare e a continuare l’opera di evangelizzazione cominciata da San Servazio. Mantieni il loro cuore pronto in attesa del ritorno del Maestro affinché li trovi fedeli al Vangelo di cui ha fatto loro dono! Aiutali a vivere nell’unità nella quale si riconoscono i discepoli di tuo Figlio! E per questo che essi sappiano, sul tuo esempio, conservare nel loro cuore le parole di Gesù: “Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore” (Gv 15, 9-10).

[Papa Giovanni Paolo II, omelia a Maastricht 14 maggio 1985]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Jesus asks us to abide in his love, to dwell in his love, not in our ideas, not in our own self-worship. Those who dwell in self-worship live in the mirror: always looking at themselves. He asks us to overcome the ambition to control and manage others. Not controlling, serving them (Pope Francis)
Gesù ci chiede di rimanere nel suo amore, abitare nel suo amore, non nelle nostre idee, non nel culto di noi stessi. Chi abita nel culto di sé stesso, abita nello specchio: sempre a guardarsi. Ci chiede di uscire dalla pretesa di controllare e gestire gli altri. Non controllare, servirli (Papa Francesco)
In this passage, the Lord tells us three things about the true shepherd:  he gives his own life for his sheep; he knows them and they know him; he is at the service of unity [Pope Benedict]
In questo brano il Signore ci dice tre cose sul vero pastore: egli dà la propria vita per le pecore; le conosce ed esse lo conoscono; sta a servizio dell'unità [Papa Benedetto]
Jesus, Good Shepherd and door of the sheep, is a leader whose authority is expressed in service, a leader who, in order to command, gives his life and does not ask others to sacrifice theirs. One can trust in a leader like this (Pope Francis)
Gesù, pastore buono e porta delle pecore, è un capo la cui autorità si esprime nel servizio, un capo che per comandare dona la vita e non chiede ad altri di sacrificarla. Di un capo così ci si può fidare (Papa Francesco)
In today’s Gospel passage (cf. Jn 10:27-30) Jesus is presented to us as the true Shepherd of the People of God. He speaks about the relationship that binds him to the sheep of the flock, namely, to his disciples, and he emphasizes the fact that it is a relationship of mutual recognition […] we see that Jesus’ work is explained in several actions: Jesus speaks; Jesus knows; Jesus gives eternal life; Jesus safeguards (Pope Francis)
Nel Vangelo di oggi (cfr Gv 10,27-30) Gesù si presenta come il vero Pastore del popolo di Dio. Egli parla del rapporto che lo lega alle pecore del gregge, cioè ai suoi discepoli, e insiste sul fatto che è un rapporto di conoscenza reciproca […] vediamo che l’opera di Gesù si esplica in alcune azioni: Gesù parla, Gesù conosce, Gesù dà la vita eterna, Gesù custodisce (Papa Francesco)
To enter into communion with God, before observing the laws or satisfying religious precepts, it is necessary to live out a real and concrete relationship with him […] And this “scandalousness” is well represented by the sacrament of the Eucharist: what sense can there be, in the eyes of the world, in kneeling before a piece of bread? Why on earth should someone be nourished assiduously with this bread? The world is scandalized (Pope Francis)
Per entrare in comunione con Dio, prima di osservare delle leggi o soddisfare dei precetti religiosi, occorre vivere una relazione reale e concreta con Lui […] E questa “scandalosità” è ben rappresentata dal sacramento dell’Eucaristia: che senso può avere, agli occhi del mondo, inginocchiarsi davanti a un pezzo di pane? Perché mai nutrirsi assiduamente di questo pane? Il mondo si scandalizza (Papa Francesco)
What is meant by “eat the flesh and drink the blood” of Jesus? Is it just an image, a figure of speech, a symbol, or does it indicate something real? (Pope Francis)
Che significa “mangiare la carne e bere il sangue” di Gesù?, è solo un’immagine, un modo di dire, un simbolo, o indica qualcosa di reale? (Papa Francesco)

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