Mag 1, 2025 Scritto da 

Potenza e Ricchezza

1. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” (Gv 6, 54). Istituendo l’Eucaristia alla vigilia della sua morte, Cristo volle dare alla Chiesa un cibo che l’avrebbe nutrita continuamente e l’avrebbe fatta vivere della sua stessa vita di Risorto.

Molto tempo prima dell’istituzione, Gesù aveva annunciato questo pasto, unico nel suo genere. Nel culto giudaico non mancavano pasti sacri, che si consumavano alla presenza di Dio e che manifestavano la gioia del favore divino. Gesù supera tutto questo: ormai è lui, nella sua carne e nel suo sangue, che diventa cibo e bevanda dell’umanità. Nel pasto eucaristico l’uomo si nutre di Dio.

Quando, per la prima volta, Gesù annuncia questo cibo, suscita lo stupore dei suoi ascoltatori, che non giungono a recepire un progetto divino così alto. Gesù perciò sottolinea vigorosamente la verità oggettiva delle sue parole, affermando la necessità del pasto eucaristico: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6, 53). Non si tratta di un pasto puramente spirituale, in cui le espressioni “mangiare la carne” del Cristo e “bere il suo sangue”, rivestirebbero un senso metaforico. È un vero pasto, come Gesù precisa con forza: “La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda” (Gv 6, 55).

Tale cibo, per altro, non è meno necessario allo sviluppo della vita divina nei fedeli, di quanto lo siano i cibi materiali per il mantenimento e lo sviluppo della vita corporea. L’Eucaristia non è un lusso offerto a quelli che vorrebbero vivere più intimamente uniti a Cristo: è un’esigenza della vita cristiana. Questa esigenza è stata compresa dai discepoli poiché, secondo la testimonianza degli Atti degli Apostoli, nei primi tempi della Chiesa lo “spezzare il pane”, ossia il pasto eucaristico, si praticava ogni giorno nelle case dei fedeli “con gioia e semplicità di cuore” (At 2, 46).

2. Nella promessa dell’Eucaristia, Gesù spiega perché questo cibo è necessario: “Io sono il pane della vita” egli dichiara (Gv 6, 48). “Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me, vivrà per me” (Gv 6, 57). Il Padre è la prima sorgente della vita: questa vita egli l’ha donata al Figlio, il quale a sua volta la comunica all’umanità. Colui che si nutre di Cristo nell’Eucaristia non deve attendere l’aldilà per ricevere la vita eterna: la possiede già sulla terra, e in essa possiede anche la garanzia della Risurrezione corporea alla fine del mondo: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6, 54).

Questa garanzia di Risurrezione proviene dal fatto che la carne del Figlio dell’uomo data in cibo è il suo corpo nello stato glorioso di risorto. Gli ascoltatori della promessa dell’Eucaristia non avevano colto questa verità: essi pensavano che Gesù volesse parlare della sua carne nello stato della sua vita terrena, e manifestavano quindi grande ripugnanza di fronte al pasto annunciato. Il Maestro corregge il loro modo di pensare, precisando che si tratta della carne del Figlio dell’uomo “salito là dov’era prima” (Gv 6, 62), ossia nello stato trionfante dell’ascensione al cielo. Questo corpo glorioso è riempito della vita dello Spirito Santo, ed è così che può santificare gli uomini che se ne nutrono, e dare ad essi il pegno della gloria eterna.

Nell’Eucaristia noi riceviamo, dunque, la vita del Cristo risorto. Quando infatti il sacrificio si compie sacramentalmente sull’altare, non si rende in esso attuale soltanto il mistero della Passione e della Morte del Salvatore, ma anche il mistero della Risurrezione, in cui il sacrificio trova il suo coronamento. La celebrazione eucaristica ci fa partecipare all’offerta redentrice, ma anche alla vita trionfante del Cristo risorto. Ecco il perché del clima di gioia che caratterizza ogni Liturgia eucaristica. Pur commemorando il dramma del Calvario, segnato un tempo da un immenso dolore, il sacerdote e i fedeli si rallegrano unendo la loro offerta a quella del Cristo, perché sanno di vivere nello stesso tempo il mistero della Risurrezione, inseparabile da questa offerta.

3. La vita del Cristo risorto si distingue per la sua potenza e la sua ricchezza. Colui che si comunica riceve la forza spirituale necessaria per affrontare tutti gli ostacoli e tutte le prove rimanendo fedele al suoi impegni di cristiano. Egli inoltre attinge dal Sacramento, come da una abbondantissima sorgente, continui fiotti di energia per lo sviluppo di tutte le sue risorse e qualità, in un ardore gioioso che stimola la generosità.

In particolare, egli attinge l’energia vivificante della carità. Nella tradizione della Chiesa, l’Eucaristia è sempre stata considerata e vissuta come sacramento per eccellenza dell’unità e dell’amore. Già san Paolo lo dichiara: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo; tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1 Cor 10, 17).

La celebrazione eucaristica riunisce tutti i cristiani, quali che siano le loro differenze, in una offerta unanime e in un pasto al quale tutti partecipano. Essa li raccoglie tutti nella uguale dignità di fratelli del Cristo e di figli del Padre; essa li invita al rispetto, alla stima reciproca, al mutuo servizio. La comunione dà inoltre a ciascuno la forza morale necessaria per porsi al di sopra dei motivi di divisione e di opposizione, per perdonare i torti ricevuti, per fare un nuovo sforzo nel senso della riconciliazione e dell’intesa fraterna.

Non è, del resto, particolarmente significativo che il precetto dell’amore reciproco sia stato formulato da Cristo nella sua più alta espressione durante l’ultima Cena, in occasione dell’istituzione dell’Eucaristia? Ogni fedele lo ricordi al momento di accostarsi alla mensa eucaristica e si impegni a non smentire con la vita ciò che celebra nel mistero.

[Papa Giovanni Paolo II, Udienza Generale 8 giugno 1983]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Unity is not made with glue [...] The great prayer of Jesus is to «resemble» the Father (Pope Francis)
L’Unità non si fa con la colla […] La grande preghiera di Gesù» è quella di «assomigliare» al Padre (Papa Francesco)
Divisions among Christians, while they wound the Church, wound Christ; and divided, we cause a wound to Christ: the Church is indeed the body of which Christ is the Head (Pope Francis)
Le divisioni tra i cristiani, mentre feriscono la Chiesa, feriscono Cristo, e noi divisi provochiamo una ferita a Cristo: la Chiesa infatti è il corpo di cui Cristo è capo (Papa Francesco)
The glorification that Jesus asks for himself as High Priest, is the entry into full obedience to the Father, an obedience that leads to his fullest filial condition [Pope Benedict]
La glorificazione che Gesù chiede per se stesso, quale Sommo Sacerdote, è l'ingresso nella piena obbedienza al Padre, un'obbedienza che lo conduce alla sua più piena condizione filiale [Papa Benedetto]
All this helps us not to let our guard down before the depths of iniquity, before the mockery of the wicked. In these situations of weariness, the Lord says to us: “Have courage! I have overcome the world!” (Jn 16:33). The word of God gives us strength [Pope Francis]
Tutto questo aiuta a non farsi cadere le braccia davanti allo spessore dell’iniquità, davanti allo scherno dei malvagi. La parola del Signore per queste situazioni di stanchezza è: «Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33). E questa parola ci darà forza [Papa Francesco]
The Ascension does not point to Jesus’ absence, but tells us that he is alive in our midst in a new way. He is no longer in a specific place in the world as he was before the Ascension. He is now in the lordship of God, present in every space and time, close to each one of us. In our life we are never alone (Pope Francis)
L’Ascensione non indica l’assenza di Gesù, ma ci dice che Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo; non è più in un preciso posto del mondo come lo era prima dell’Ascensione; ora è nella signoria di Dio, presente in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi. Nella nostra vita non siamo mai soli (Papa Francesco)
The Magnificat is the hymn of praise which rises from humanity redeemed by divine mercy, it rises from all the People of God; at the same time, it is a hymn that denounces the illusion of those who think they are lords of history and masters of their own destiny (Pope Benedict)
Il Magnificat è il canto di lode che sale dall’umanità redenta dalla divina misericordia, sale da tutto il popolo di Dio; in pari tempo è l’inno che denuncia l’illusione di coloro che si credono signori della storia e arbitri del loro destino (Papa Benedetto)
This unknown “thing” is the true “hope” which drives us, and at the same time the fact that it is unknown is the cause of all forms of despair and also of all efforts, whether positive or destructive, directed towards worldly authenticity and human authenticity (Spe Salvi n.12)
Questa « cosa » ignota è la vera « speranza » che ci spinge e il suo essere ignota è, al contempo, la causa di tutte le disperazioni come pure di tutti gli slanci positivi o distruttivi verso il mondo autentico e l'autentico uomo (Spe Salvi n.12)
«When the servant of God is troubled, as it happens, by something, he must get up immediately to pray, and persevere before the Supreme Father until he restores to him the joy of his salvation. Because if it remains in sadness, that Babylonian evil will grow and, in the end, will generate in the heart an indelible rust, if it is not removed with tears» (St Francis of Assisi, FS 709)

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