Apr 1, 2025 Scritto da 

Venuto nel mondo per Liberare con la Verità del Vangelo, da ciò che ostacola il rapporto con Dio

1. Cristo è il salvatore, è venuto infatti nel mondo per liberare, a prezzo del suo sacrificio pasquale, l’uomo dalla schiavitù del peccato. Lo abbiamo visto nella catechesi precedente. Se il concetto di “liberazione” fa riferimento da un lato al male, liberati dal quale troviamo “la salvezza”, dall’altro lato fa riferimento al bene, per il cui conseguimento siamo stati liberati da Cristo, redentore dell’uomo e del mondo con l’uomo e nell’uomo. “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32). Queste parole di Gesù precisano in modo molto conciso il bene, per il quale l’uomo è stato liberato ad opera del Vangelo nell’ambito della redenzione di Cristo. È la libertà nella verità. Essa costituisce il bene essenziale della salvezza, operata da Cristo. Attraverso questo bene il regno di Dio realmente “è vicino” all’uomo e alla sua storia terrena.

2. La liberazione salvifica che Cristo opera nei riguardi dell’uomo contiene in sé, in un certo senso, le due dimensioni: liberazione “dal” (male) e liberazione “per il” (bene), che sono intimamente unite, si condizionano e si integrano reciprocamente.

Tornando ancora al male dal quale Cristo libera l’uomo - cioè al male del peccato - bisogna aggiungere che mediante i “segni” straordinari della sua potenza salvifica (cioè: i miracoli), da lui operati guarendo i malati dalle varie infermità, egli indicava sempre, almeno indirettamente, questa essenziale liberazione, che è la liberazione dal peccato, la sua remissione. Ciò appare chiaramente nella guarigione del paralitico, al quale Gesù, prima disse: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”, e solo dopo: “Alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua” (Mc 2, 5. 11). Compiendo questo miracolo Gesù si rivolse a coloro che lo circondavano (specialmente a coloro che lo tacciavano di bestemmia, poiché solamente Dio può rimettere i peccati): “Perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati” (Mc 2, 10).

3. Negli Atti degli Apostoli leggiamo che Gesù “passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui” (At 10, 38). Infatti appare dai Vangeli che Gesù sanava i malati da molte infermità (come per esempio quella donna curva che “non poteva drizzarsi in nessun modo” [cf. Lc 13, 10-16]). Quando gli accadeva di “scacciare gli spiriti cattivi”, se lo accusavano di far questo con l’aiuto del maligno, egli rispondeva dimostrando il non senso di una tale insinuazione e diceva: “Ma se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio” (Mt 12, 28; cf. Lc 11, 20). Col liberare gli uomini dal male del peccato, Gesù smaschera colui che è il “padre del peccato”. Proprio da lui, dallo spirito maligno, ha inizio “la schiavitù del peccato” nella quale si trovano gli uomini. “In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero” (Gv 8, 34-36).

4. Di fronte all’opposizione dei suoi ascoltatori, Gesù aggiungeva: “. . . Da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Perché non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alle mie parole, voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna” (Gv 8, 42-44). È difficile trovare un testo in cui il male del peccato sia mostrato in modo così forte nella sua radice di falsità diabolica.

5. Sentiamo ancora una volta le parole di Gesù: “Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero” (Gv 8, 36). “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli: conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 31-32). Gesù Cristo venne per liberare l’uomo dal male del peccato. Questo male fondamentale ha il suo inizio nel “padre della menzogna” (come si vede già nel libro della Genesi) (cf. Gen 3, 4). Per questo la liberazione dal male del peccato, operata sino alle sue stesse radici, deve essere la liberazione verso la verità e per mezzo della verità. Gesù Cristo rivela questa verità. Egli stesso è “la verità” (Gv 14, 6). Questa verità porta con sé la vera libertà. È la libertà dal peccato e dalla menzogna. Coloro che erano “schiavi del peccato” perché si trovavano sotto l’influsso del “padre della menzogna”, vengono liberati mediante la partecipazione alla verità, che è il Cristo - e nella libertà del Figlio di Dio essi stessi raggiungono “la libertà dei figli di Dio” (cf. Rm 8, 21). San Paolo può assicurare; “La legge dello Spirito che dà la vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte” (Rm 8, 2).

6. Nella stessa lettera ai Romani l’Apostolo presenta in modo eloquente la decadenza umana, che il peccato porta con sé. Guardando il male morale dei suoi tempi, scrive che gli uomini, avendo dimenticato Dio, “hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa” (Rm 1, 21). “Hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore” (Rm 1, 25). “E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balia d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno” (Rm 1, 28).

7. In altri passi della sua lettera l’Apostolo passa dalla descrizione esterna all’analisi dell’interno umano, dove si combattono tra loro il bene e il male. “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me” (Rm 7, 15-17). “Nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato . . .”. “Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!” (Rm 7, 23-25). Da questa analisi paolina risulta che il peccato costituisce una profonda alienazione; in un certo senso “rende estraneo” l’uomo a se stesso nel suo intimo “io”. La liberazione viene con la “grazia e la verità” (cf. Gv 1, 17) portata da Cristo.

8. Si vede chiaro in che cosa consiste la liberazione operata da Cristo: verso quale libertà egli ci ha resi liberi. La liberazione operata da Cristo si distingue da quella attesa dai suoi contemporanei in Israele. Infatti ancora prima di andare definitivamente al Padre, Cristo veniva interrogato da coloro che erano i suoi più intimi: “Signore è questo il tempo in cui ricostruirai il regno di Israele?” (At 1, 6). E dunque ancora allora - dopo l’esperienza degli eventi pasquali - essi continuavano a pensare alla liberazione in senso politico: sotto questo aspetto veniva atteso il Messia, discendente di Davide.

9. Ma la liberazione operata da Cristo a prezzo della sua passione e morte in croce, ha un significato essenzialmente diverso: è la liberazione da ciò che nel più profondo dell’uomo ostacola il suo rapporto con Dio. A quel livello il peccato significa schiavitù; e Cristo ha vinto il peccato per innestare nuovamente nell’uomo la grazia della divina figliolanza, la grazia liberatrice. “E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!»” (Rm 8, 15).

Tale liberazione spirituale, cioè “la libertà nello Spirito Santo”, è dunque il frutto della missione salvifica di Cristo: “Dove c’è lo Spirito del Signore ivi è la libertà” (2 Cor 3, 17). In questo senso siamo “stati chiamati alla libertà” (Gal 5, 13) in Cristo e per mezzo di Cristo. “La fede che opera per mezzo della carità” (Gal 5, 6) è l’espressione di questa libertà.

10. Si tratta della liberazione dell’uomo interiore, della “libertà del cuore”. La liberazione in senso sociale e politico non è la vera opera messianica di Cristo. D’altra parte bisogna constatare che senza la liberazione da lui operata, senza la liberazione dell’uomo dal peccato, e quindi da ogni specie di egoismo, non si può compiere neppure alcuna reale liberazione in senso socio-politico. Nessun cambiamento puramente esteriore delle strutture porta a una vera liberazione della società, sino a quando l’uomo è sottomesso al peccato e alla menzogna, fino a quando dominano le passioni, e con esse lo sfruttamento e le varie forme di oppressione.

11. Anche quella che si potrebbe chiamare liberazione in senso psicologico non si può compiere pienamente, se non con le forze liberatrici che provengono da Cristo. Essa fa parte della sua opera di redenzione. Solamente il Cristo è “la nostra pace” (Ef 2, 14). La sua grazia e il suo amore liberano l’uomo dalla paura esistenziale davanti alla mancanza di senso della vita e da quel tormento della coscienza che è il retaggio dell’uomo caduto nella schiavitù del peccato.

12. La liberazione operata da Cristo con la verità del suo Vangelo, e definitivamente con il vangelo della sua croce e risurrezione, conservando il suo carattere soprattutto spirituale ed “interiore”, può estendersi su di un raggio d’azione universale, ed è destinata a tutti gli uomini. Le parole “per grazia infatti siete stati salvati” (Ef 2, 5) riguardano tutti. Nello stesso tempo, però, questa liberazione, che è “una grazia”, cioè un dono, non può compiersi senza la partecipazione dell’uomo. L’uomo deve accoglierla con fede, speranza e carità. Deve “attendere alla sua salvezza con timore e tremore” (cf. Fil 2, 12). “È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo i suoi benevoli disegni” (Fil 2, 13). Consapevoli di questo dono soprannaturale, noi stessi dobbiamo collaborare con la potenza liberatrice di Dio, che col sacrificio redentore di Cristo è entrata nel mondo come fonte eterna di salvezza.

[Papa Giovanni Paolo II, Udienza Generale 3 agosto 1988]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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“It is part of the mystery of God that he acts so gently, that he only gradually builds up his history within the great history of mankind; that he becomes man and so can be overlooked by his contemporaries and by the decisive forces within history; that he suffers and dies and that, having risen again, he chooses to come to mankind only through the faith of the disciples to whom he reveals himself; that he continues to knock gently at the doors of our hearts and slowly opens our eyes if we open our doors to him” [Jesus of Nazareth II, 2011, p. 276) (Pope Benedict, Regina Coeli 22 maggio 2011]
«È proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità la sua storia. Diventa uomo ma in modo da poter essere ignorato dai contemporanei, dalle forze autorevoli della storia. Patisce e muore e, come Risorto, vuole arrivare all’umanità soltanto attraverso la fede dei suoi ai quali si manifesta. Di continuo Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di “vedere”» (Gesù di Nazareth II, 2011, 306) [Papa Benedetto, Regina Coeli 22 maggio 2011]
John is the origin of our loftiest spirituality. Like him, ‘the silent ones' experience that mysterious exchange of hearts, pray for John's presence, and their hearts are set on fire (Athenagoras)
Giovanni è all'origine della nostra più alta spiritualità. Come lui, i ‘silenziosi’ conoscono quel misterioso scambio dei cuori, invocano la presenza di Giovanni e il loro cuore si infiamma (Atenagora)
This is to say that Jesus has put himself on the level of Peter, rather than Peter on Jesus' level! It is exactly this divine conformity that gives hope to the Disciple, who experienced the pain of infidelity. From here is born the trust that makes him able to follow [Christ] to the end: «This he said to show by what death he was to glorify God. And after this he said to him, "Follow me"» (Pope Benedict)
Verrebbe da dire che Gesù si è adeguato a Pietro, piuttosto che Pietro a Gesù! E’ proprio questo adeguamento divino a dare speranza al discepolo, che ha conosciuto la sofferenza dell’infedeltà. Da qui nasce la fiducia che lo rende capace della sequela fino alla fine: «Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi”» (Papa Benedetto)
Unity is not made with glue [...] The great prayer of Jesus is to «resemble» the Father (Pope Francis)
L’Unità non si fa con la colla […] La grande preghiera di Gesù» è quella di «assomigliare» al Padre (Papa Francesco)
Divisions among Christians, while they wound the Church, wound Christ; and divided, we cause a wound to Christ: the Church is indeed the body of which Christ is the Head (Pope Francis)
Le divisioni tra i cristiani, mentre feriscono la Chiesa, feriscono Cristo, e noi divisi provochiamo una ferita a Cristo: la Chiesa infatti è il corpo di cui Cristo è capo (Papa Francesco)
The glorification that Jesus asks for himself as High Priest, is the entry into full obedience to the Father, an obedience that leads to his fullest filial condition [Pope Benedict]
La glorificazione che Gesù chiede per se stesso, quale Sommo Sacerdote, è l'ingresso nella piena obbedienza al Padre, un'obbedienza che lo conduce alla sua più piena condizione filiale [Papa Benedetto]
All this helps us not to let our guard down before the depths of iniquity, before the mockery of the wicked. In these situations of weariness, the Lord says to us: “Have courage! I have overcome the world!” (Jn 16:33). The word of God gives us strength [Pope Francis]

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