Lug 23, 2025 Scritto da 

Sempre cercando di più. Cose nuove e antiche

Il Vangelo di questa domenica (cfr Mt 13,44-52) corrisponde agli ultimi versetti del capitolo che Matteo dedica alle parabole del Regno dei cieli. Il brano comprende tre parabole appena abbozzate e brevissime: quella del tesoro nascosto, quella della perla preziosa e quella della rete gettata in mare.

Mi soffermo sulle prime due nelle quali il Regno dei cieli viene assimilato a due diverse realtà «preziose», ossia il tesoro nascosto nel campo e la perla di grande valore. La reazione di colui che trova la perla o il tesoro è praticamente uguale: l’uomo e il mercante vendono tutto per acquistare ciò che ormai sta loro più a cuore. Con queste due similitudini, Gesù si propone di coinvolgerci nella costruzione del Regno dei cieli, presentando una caratteristica essenziale della vita cristiana, della vita del Regno dei cieli: aderiscono pienamente al Regno coloro che sono disposti a giocarsi tutto, che sono coraggiosi. Infatti, sia l’uomo sia il mercante delle due parabole vendono tutto quello che hanno, abbandonando così le loro sicurezze materiali. Da ciò si capisce che la costruzione del Regno esige non solo la grazia di Dio, ma anche la disponibilità attiva dell’uomo. Tutto fa la grazia, tutto! Da parte nostra soltanto la disponibilità a riceverla, non la resistenza alla grazia: la grazia fa tutto ma ci vuole la “mia” responsabilità, la “mia” disponibilità.

I gesti di quell’uomo e del mercante che vanno in cerca, privandosi dei propri beni, per comprare realtà più preziose, sono gesti decisi, sono gesti radicali, direi soltanto di andata, non di andata e ritorno: sono gesti di andata. E, per di più, compiuti con gioia perché entrambi hanno trovato il tesoro. Siamo chiamati ad assumere l’atteggiamento di questi due personaggi evangelici, diventando anche noi cercatori sanamente inquieti del Regno dei cieli. Si tratta di abbandonare il fardello pesante delle nostre sicurezze mondane che ci impediscono la ricerca e la costruzione del Regno: la bramosia di possedere, la sete di guadagno e di potere, il pensare solo a noi stessi.

Ai nostri giorni, tutti lo sappiamo, la vita di alcuni può risultare mediocre e spenta perché probabilmente non sono andati alla ricerca di un vero tesoro: si sono accontentati di cose attraenti ma effimere, di bagliori luccicanti ma illusori perché lasciano poi al buio. Invece la luce del Regno non è un fuoco di artificio, è luce: il fuoco di artificio dura soltanto un istante, la luce del Regno ci accompagna per tutta la vita.

Il Regno dei cieli è il contrario delle cose superflue che offre il mondo, è il contrario di una vita banale: esso è un tesoro che rinnova la vita tutti i giorni e la dilata verso orizzonti più vasti. Infatti, chi ha trovato questo tesoro ha un cuore creativo e cercatore, che non ripete ma inventa, tracciando e percorrendo strade nuove, che ci portano ad amare Dio, ad amare gli altri, ad amare veramente noi stessi. Il segno di coloro che camminano su questa strada del Regno è la creatività, sempre cercando di più. E la creatività è quella che prende la vita e dà la vita, e dà, e dà, e dà... Sempre cerca tanti modi diversi di dare la vita.

Gesù, lui che è il tesoro nascosto e la perla di grande valore, non può che suscitare la gioia, tutta la gioia del mondo: la gioia di scoprire un senso per la propria vita, la gioia di sentirla impegnata nell’avventura della santità.

La Vergine Santa ci aiuti a ricercare ogni giorno il tesoro del Regno dei cieli, affinché nelle nostre parole e nei nostri gesti si manifesti l’amore che Dio ci ha donato mediante Gesù.

[Papa Francesco, Angelus 26 luglio 2020]

 

«Ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13, 52)

Con questa significativa immagine Gesù include — secondo l’ordine del capitolo 13 di san Matteo — un’importante serie di parabole sul regno dei Cieli. L’intento del Maestro di Galilea è di precisare che non è venuto per “fare tabula rasa” della religione, delle ere, della cultura, delle tradizioni e della memoria della fede ebraica. Certo, il suo annuncio kerigmatico inaugurava una nuova era per la fede e per tutta l’umanità. Non si trattava però di una decostruzione distruttiva astorica; al contrario significava una costruzione inclusiva di tutti i tempi e gli spazi sociali, antropologici e religiosi.

In modo analogo, Papa Francesco ci avverte dei pericoli ai giorni nostri di questa tendenza: «Per questo stesso motivo si favorisce anche una perdita del senso della storia che provoca ulteriore disgregazione. Si avverte la penetrazione culturale di una sorta di “decostruzionismo”, per cui la libertà umana pretende di costruire tutto a partire da zero. Restano in piedi unicamente il bisogno di consumare senza limiti e l’accentuarsi di molte forme di individualismo senza contenuti» (Fratelli tutti, n. 13).

È molto significativa l’immagine del “padre o capofamiglia” che Gesù delinea nel suo insegnamento. L’immagine di pater familias che sa interpretare con saggezza il kairos storico che sta vivendo è molto accogliente da tanti punti di vista, anche da quello generazionale. Attingendo allo scrigno dei tesori, sia nuovi sia antichi, mostra all’immaginario dei suoi ascoltatori l’impronta del regno dei Cieli, dove non ci sono né esclusi né scartati. Sono tutti tesori per il Dio di questo nuovo regno!

In più occasioni Gesù si preoccupò d’insegnare, con la sua pedagogia della semplicità e della profondità della scena quotidiana, che gli estremi generazionali, invece di essere disistimati, andavano visti visti quali esempi di cui fare tesoro.

Questa visione ci avvicina nuovamente ad alcuni concetti fondamentali espressi da Papa Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti, come, ad esempio: «La mancanza di figli, che provoca un invecchiamento della popolazione, insieme all’abbandono delle persone anziane a una dolorosa solitudine, afferma implicitamente che tutto finisce con noi, che contano solo i nostri interessi individuali» (n. 19).

Gesù offre pubblicamente una visione dei bambini, e dei figli nel concetto di famiglia umana, con un contenuto inclusivo molto forte per i suoi discepoli e tutti i presenti. Nella scala sociale di quei tempi, i bambini occupavano un posto dimenticato e marginale, soprattutto se si trattava di figli di famiglie povere o di stranieri: «Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano. Gesù però disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli”. E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì» (Mt 19, 13-15). I discepoli agiscono in linea con quei mandati culturali e sociali di scarto. Gesù indica loro un cammino nuovo non solo d’inclusione fraterna ma anche di referenzialità dei bambini, con i loro tesori di purezza nell’economia sociale del suo regno. I tesori nuovi necessari per la fraternità umana!

Lo stesso avviene con gli anziani. Gesù si sofferma di fronte al luogo delle offerte, spesso utilizzato come scenario pubblico per dimostrare il potere economico, la supremazia delle caste e delle élite sociali, il tutto mascherato da religione. Nel racconto evangelico si legge: «E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: “In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”» (Mc 12, 41-44). Ancora una volta il tesoro inclusivo e referenziale della donna povera e anziana dimostrava che, nella sua controcultura del regno, era necessario adottare altri parametri come la fraternità umana. Gesù, nel mettere in risalto il fatto che la donna anziana stava dando tutto quello che aveva e non il superfluo, offre un chiaro insegnamento, esemplificatore di una saggezza che i presenti hanno bisogno di assimilare. In essa è riflessa la riserva indispensabile dell’anzianità umana, che ci esorta a insegnare che il vero tesoro consiste nel dare, nell’offrire, nell’essere e non nell’accumulare, nel trattenere o nell’apparire. I tesori antichi imprescindibili per la fraternità umana!

La cecità che c’impedisce oggi come famiglia umana di percepire l’importanza dell’esemplarità e della saggezza degli anziani è chiaramente segnalata nell’enciclica: «Non ci rendiamo conto che isolare le persone anziane e abbandonarle a carico di altri senza un adeguato e premuroso accompagnamento della famiglia, mutila e impoverisce la famiglia stessa. Inoltre, finisce per privare i giovani del necessario contatto con le loro radici e con una saggezza che la gioventù da sola non può raggiungere» (Fratelli tutti, n. 19).

Il padre saggio della pedagogia di Gesù c’invita a sforzarci di avvicinare gli estremi della società umana per poter fare tesoro del buono che è in loro, unire ciò che è diviso e ricomporre il nostro senso di appartenenza sociale, religiosa, umana e fraterna. «L’impegno arduo per superare ciò che ci divide senza perdere l’identità di ciascuno presuppone che in tutti rimanga vivo un fondamentale senso di appartenenza. Infatti, la nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo sociale, si sente veramente a casa. In una famiglia, i genitori, i nonni, i bambini sono di casa; nessuno è escluso» (Fratelli tutti, n. 230).

[Marcelo Figueroa, in L’Osservatore Romano;

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2020-11/quo-259/con-tesori-nuovi-e-antichi.html]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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We see this great figure, this force in the Passion, in resistance to the powerful. We wonder: what gave birth to this life, to this interiority so strong, so upright, so consistent, spent so totally for God in preparing the way for Jesus? The answer is simple: it was born from the relationship with God (Pope Benedict)
Noi vediamo questa grande figura, questa forza nella passione, nella resistenza contro i potenti. Domandiamo: da dove nasce questa vita, questa interiorità così forte, così retta, così coerente, spesa in modo così totale per Dio e preparare la strada a Gesù? La risposta è semplice: dal rapporto con Dio (Papa Benedetto)
Christians are a priestly people for the world. Christians should make the living God visible to the world, they should bear witness to him and lead people towards him (Pope Benedict)
I cristiani sono popolo sacerdotale per il mondo. I cristiani dovrebbero rendere visibile al mondo il Dio vivente, testimoniarLo e condurre a Lui (Papa Benedetto)
The discovery of the Kingdom of God can happen suddenly like the farmer who, ploughing, finds an unexpected treasure; or after a long search, like the pearl merchant who eventually finds the most precious pearl, so long dreamt of (Pope Francis)
La scoperta del Regno di Dio può avvenire improvvisamente come per il contadino che arando, trova il tesoro insperato; oppure dopo lunga ricerca, come per il mercante di perle, che finalmente trova la perla preziosissima da tempo sognata (Papa Francesco)
Christ is not resigned to the tombs that we have built for ourselves (Pope Francis)
Cristo non si rassegna ai sepolcri che ci siamo costruiti (Papa Francesco)
We must not fear the humility of taking little steps, but trust in the leaven that penetrates the dough and slowly causes it to rise (cf. Mt 13:33) [Pope Benedict]
Occorre non temere l’umiltà dei piccoli passi e confidare nel lievito che penetra nella pasta e lentamente la fa crescere (cfr Mt 13,33) [Papa Benedetto]
The disciples, already know how to pray by reciting the formulas of the Jewish tradition, but they too wish to experience the same “quality” of Jesus’ prayer (Pope Francis)
I discepoli, sanno già pregare, recitando le formule della tradizione ebraica, ma desiderano poter vivere anche loro la stessa “qualità” della preghiera di Gesù (Papa Francesco)
Saint John Chrysostom affirms that all of the apostles were imperfect, whether it was the two who wished to lift themselves above the other ten, or whether it was the ten who were jealous of them (“Commentary on Matthew”, 65, 4: PG 58, 619-622) [Pope Benedict]
San Giovanni Crisostomo afferma che tutti gli apostoli erano ancora imperfetti, sia i due che vogliono innalzarsi sopra i dieci, sia gli altri che hanno invidia di loro (cfr Commento a Matteo, 65, 4: PG 58, 622) [Papa Benedetto]
St John Chrysostom explained: “And this he [Jesus] says to draw them unto him, and to provoke them and to signify that if they would covert he would heal them” (cf. Homily on the Gospel of Matthew, 45, 1-2). Basically, God's true “Parable” is Jesus himself, his Person who, in the sign of humanity, hides and at the same time reveals his divinity. In this manner God does not force us to believe in him but attracts us to him with the truth and goodness of his incarnate Son [Pope Benedict]
Spiega San Giovanni Crisostomo: “Gesù ha pronunciato queste parole con l’intento di attirare a sé i suoi ascoltatori e di sollecitarli assicurando che, se si rivolgeranno a Lui, Egli li guarirà” (Comm. al Vang. di Matt., 45,1-2) [Papa Benedetto]

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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