Nov 13, 2025 Scritto da 

Più che lotta agli abusi

Tutto ciò deve oggi far pensare anche noi come cristiani: è la nostra fede abbastanza pura ed aperta, così che a partire da essa anche i "pagani", le persone che oggi sono in ricerca e hanno le loro domande, possano intuire la luce dell’unico Dio, associarsi negli atri della fede alla nostra preghiera e con il loro domandare diventare forse adoratori pure loro? La consapevolezza che l’avidità è idolatria raggiunge anche il nostro cuore e la nostra prassi di vita? Non lasciamo forse in vari modi entrare gli idoli anche nel mondo della nostra fede? Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario?

Nella purificazione del tempio, però, si tratta di più che della lotta agli abusi. È preconizzata una nuova ora della storia. Adesso sta cominciando ciò che Gesù aveva annunciato alla Samaritana riguardo alla sua domanda circa la vera adorazione: "È giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori" (Gv 4, 23). È finito il tempo in cui venivano immolati a Dio degli animali. Già da sempre i sacrifici di animali erano stati una miserevole sostituzione, un gesto di nostalgia del vero modo di adorare Dio. La Lettera agli Ebrei, sulla vita e sull’operare di Gesù ha posto come motto una frase del Salmo 40 [39]: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato" (Ebr 10, 5). Al posto dei sacrifici cruenti e delle offerte di vivande subentra il corpo di Cristo, subentra Lui stesso. Solo "l’amore sino alla fine", solo l’amore che per gli uomini si dona totalmente a Dio, è il vero culto, il vero sacrificio. Adorare in spirito e verità significa adorare in comunione con Colui che è la verità; adorare nella comunione col suo Corpo, nel quale lo Spirito Santo ci riunisce.

Gli evangelisti ci raccontano che, nel processo contro Gesù, si presentarono falsi testimoni e affermarono che Gesù aveva detto: "Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni" (Mt 26, 61). Davanti a Cristo pendente dalla Croce alcuni schernitori fanno riferimento alla stessa parola, gridando: "Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso!" (Mt 27, 40). La giusta versione della parola, come uscì dalla bocca di Gesù stesso, ce l’ha tramandata Giovanni nel suo racconto della purificazione del tempio. Di fronte alla richiesta di un segno con cui Gesù doveva legittimarsi per una tale azione, il Signore rispose: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere" (Gv 2, 18s). Giovanni aggiunge che, ripensando a quell’evento dopo la Risurrezione, i discepoli capirono che Gesù aveva parlato del Tempio del suo Corpo (cfr 2, 21s). Non è Gesù che distrugge il tempio; esso viene abbandonato alla distruzione dall’atteggiamento di coloro che, da luogo d’incontro di tutti i popoli con Dio, l’hanno trasformato in una "spelonca di ladri", in un luogo dei loro affari. Ma, come sempre a partire dalla caduta di Adamo, il fallimento degli uomini diventa l’occasione per un impegno ancora più grande dell’amore di Dio nei nostri confronti. L’ora del tempio di pietra, l’ora dei sacrifici di animali era superata: il fatto che ora il Signore scacci fuori i mercanti non solo impedisce un abuso, ma indica il nuovo agire di Dio. Si forma il nuovo Tempio: Gesù Cristo stesso, nel quale l’amore di Dio si china sugli uomini. Egli, nella sua vita, è il Tempio nuovo e vivente. Egli, che è passato attraverso la Croce ed è risorto, è lo spazio vivente di spirito e vita, nel quale si realizza la giusta adorazione. Così la purificazione del tempio, come culmine dell’ingresso solenne di Gesù in Gerusalemme, è insieme il segno della incombente rovina dell’edificio e della promessa del nuovo Tempio; promessa del regno della riconciliazione e dell’amore che, nella comunione con Cristo, viene instaurato oltre ogni frontiera.

[Papa Benedetto, omelia delle Palme 16 marzo 2008]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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Gospels make their way, advance and free, making us understand the enormous difference between any creed and the proposal of Jesus. Even within us, the life of Faith embraces all our sides and admits many things. Thus we become more complete and emancipate ourselves, reversing positions.
I Vangeli si fanno largo, avanzano e liberano, facendo comprendere l’enorme differenza tra credo qualsiasi e proposta di Gesù. Anche dentro di noi, la vita di Fede abbraccia tutti i nostri lati e ammette tante cose. Così diventiamo più completi e ci emancipiamo, ribaltando posizioni
We cannot draw energy from a severe setting, contrary to the flowering of our precious uniqueness. New eyes are transmitted only by the one who is Friend. And Christ does it not when we are well placed or when we equip ourselves strongly - remaining in a managerial attitude - but in total listening
Non possiamo trarre energia da un’impostazione severa, contraria alla fioritura della nostra preziosa unicità. Gli occhi nuovi sono trasmessi solo da colui che è Amico. E Cristo lo fa non quando ci collochiamo bene o attrezziamo forte - permanendo in atteggiamento dirigista - bensì nell’ascolto totale
The Evangelists Matthew and Luke (cf. Mt 11:25-30 and Lk 10:21-22) have handed down to us a “jewel” of Jesus’ prayer that is often called the Cry of Exultation or the Cry of Messianic Exultation. It is a prayer of thanksgiving and praise [Pope Benedict]
Gli evangelisti Matteo e Luca (cfr Mt 11,25-30 e Lc 10,21-22) ci hanno tramandato un «gioiello» della preghiera di Gesù, che spesso viene chiamato Inno di giubilo o Inno di giubilo messianico. Si tratta di una preghiera di riconoscenza e di lode [Papa Benedetto]
The human race – every one of us – is the sheep lost in the desert which no longer knows the way. The Son of God will not let this happen; he cannot abandon humanity in so wretched a condition. He leaps to his feet and abandons the glory of heaven, in order to go in search of the sheep and pursue it, all the way to the Cross. He takes it upon his shoulders and carries our humanity (Pope Benedict)
L’umanità – noi tutti - è la pecora smarrita che, nel deserto, non trova più la strada. Il Figlio di Dio non tollera questo; Egli non può abbandonare l’umanità in una simile miserevole condizione. Balza in piedi, abbandona la gloria del cielo, per ritrovare la pecorella e inseguirla, fin sulla croce. La carica sulle sue spalle, porta la nostra umanità (Papa Benedetto)
"Too bad! What a pity!" “Sin! What a shame!” - it is said of a missed opportunity: it is the bending of the unicum that we are inside, which every day surrenders its exceptionality to the normalizing and prim outline of common opinion. Divine Appeal of every moment directed Mary's dreams and her innate knowledge - antechamber of her trust, elsewhere
“Peccato!” - si dice di una occasione persa: è la flessione dell’unicum che siamo dentro, che tutti i giorni cede la sua eccezionalità al contorno normalizzante e affettato dell’opinione comune. L’appello divino d’ogni istante orientava altrove i sogni di Maria e il suo sapere innato - anticamera della fiducia
It is a question of leaving behind the comfortable but misleading ways of the idols of this world: success at all costs; power to the detriment of the weak; the desire for wealth; pleasure at any price. And instead, preparing the way of the Lord: this does not take away our freedom (Pope Francis)
Si tratta di lasciare le strade, comode ma fuorvianti, degli idoli di questo mondo [...] E di aprire invece la strada al Signore che viene: Egli non toglie la nostra libertà (Papa Francesco)

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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don Giuseppe Nespeca

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