“Rimanete” e “Osservate i miei comandamenti”. “Osservate” è solo il secondo livello; il primo è quello del “rimanere”, il livello ontologico, cioé che siamo uniti con Lui, che ci ha dato in anticipo se stesso, ci ha già dato il suo amore, il frutto. Non siamo noi che dobbiamo produrre il grande frutto; il cristianesimo non è un moralismo, non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo, ma dobbiamo innanzitutto entrare in questo mistero ontologico: Dio si dà Egli stesso. Il suo essere, il suo amare, precede il nostro agire e, nel contesto del suo Corpo, nel contesto dello stare in Lui, identificati con Lui, nobilitati con il suo Sangue, possiamo anche noi agire con Cristo.
L’etica è conseguenza dell’essere: prima il Signore ci dà un nuovo essere, questo è il grande dono; l’essere precede l’agire e da questo essere poi segue l’agire, come una realtà organica, perché ciò che siamo, possiamo esserlo anche nella nostra attività. E così ringraziamo il Signore perché ci ha tolto dal puro moralismo; non possiamo obbedire ad una legge che sta di fonte a noi, ma dobbiamo solo agire secondo la nostra nuova identità. Quindi non è più un’obbedienza, una cosa esteriore, ma una realizzazione del dono del nuovo essere.
Lo dico ancora una volta: ringraziamo il Signore perché Lui ci precede, ci dà quanto dobbiamo dare noi, e noi possiamo essere poi, nella verità e nella forza del nostro nuovo essere, attori della sua realtà. Rimanere e osservare: l’osservare è il segno del rimanere e il rimanere è il dono che Lui ci dà, ma che deve essere rinnovato ogni giorno nella nostra vita.
(Papa Benedetto, Lectio al PSRM 12 febbraio 2010) [segue]