(Lc 3,10-18)
Luca 3:10 Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?».
Luca 3:11 Rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Luca 3:12 Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: «Maestro, che dobbiamo fare?».
Luca 3:13 Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Luca 3:14 Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi che dobbiamo fare?». Rispose: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe».
Luca 3:15 Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo,
Luca 3:16 Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
Luca 3:17 Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile».
«Che cosa dobbiamo fare?» (chiedono le folle) … «Maestro, che dobbiamo fare?» (chiedono i pubblicani).... «E noi che dobbiamo fare?» (chiedono i soldati). Il tema di fondo su cui vertono le domande è l’amore considerato nella sua quotidianità e fatto di piccoli atti concreti che vanno dalla condivisione dei propri beni al rispetto delle persone, della loro dignità e dei loro diritti; dall’onestà e correttezza nei rapporti sociali al porre freno alla propria cupidigia, ingordigia e all’arrivismo sociale, che portano inevitabilmente alla sopraffazione e al calpestamento degli altri. Luca pone come parametro di raffronto della sincerità della propria conversione l’etica dell’amore.
«Poiché il popolo era in attesa ...». Il v. 15 introduce il tema delle identità di Giovanni e di Gesù e del senso delle loro missioni. Il popolo, qualificato dall’attesa, è Israele, che da secoli attendeva la venuta di un Messia liberatore e restauratore del proprio regno. Se da un lato l’attesa era propria di Israele, dall’altro l’interrogarsi sull’identità di Giovanni appartiene all’intera umanità. L’attesa del Messia spinge tutti a interrogarsi e ad interpretare i segni dei tempi. La ricerca di Dio non è un semplice fatto privato e benché possa coinvolgere intimamente ogni uomo, deve poi sfociare in un confronto con la fede altrui, poiché il cammino della salvezza è sempre un cammino comunitario.
«Giovanni rispose a tutti dicendo»: la risposta che qui Giovanni dà è rivolta a “tutti”, cioè a coloro che “si domandavano”. Non a tutti indistintamente, ma a coloro che cercano Dio nella loro vita. Il punto di partenza di ogni ricerca è l’interrogarsi sul senso della propria vita e l’interrogare la Parola di Dio, da cui esce la risposta chiarificatrice. Questo è ciò che deve qualificare il tempo dell’attesa.
«Io vi battezzo con acqua, ma ...». Il v. 16 riguarda il confronto personale tra Giovanni e Gesù. Le grandezze dei due personaggi e delle epoche che essi in qualche modo incarnano, sono definite dalle espressioni:
• "... è più forte di me";
• "... non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali".
Il confronto tra Giovanni e Gesù non viene posto sul piano fisico, ma in senso squisitamente morale, anzi, ontologico, e sottolinea la primarietà assoluta di colui che viene. Il termine “ischiroteros” (più forte), esprime una netta superiorità vincente di Gesù sul Battista, al punto tale che questi dichiarerà di non essere neppure degno "di sciogliere il legaccio dei sandali", compito questo riservato agli schiavi. Tuttavia il rapporto tra i due non è paragonabile neppure a quello tra padrone e schiavo. Infatti, mentre ciò che distanzia il padrone dallo schiavo è soltanto la posizione sociale dell'uno verso l'altro, qui la distanza si pone su di un piano ontologico. La diversità sostanziale dei due personaggi, e la distanza che li separa, vengono rilevate dalla sostanziale diversità dei due battesimi: "Io vi battezzo con acqua ... costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco".
Notiamo come il nome di Gesù, con cui Giovanni si confronta, non viene mai fatto, ma a lui si fa riferimento attraverso due espressioni: “è più forte di me” e “non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali”. L’alone di mistero e di inconoscibilità che circonda il misterioso innominato ci rimanda al mistero stesso di Dio, conoscibile dal suo operare, ma irraggiungibile nel suo Nome, che rivela l’essenza stessa del suo Essere.
L’azione del battezzare di Giovanni è posta nel presente, che è il tempo proprio in cui egli opera, cioè quello veterotestamentario; un tempo che trova in lui il suo compimento e la sua conclusione. La sua azione pertanto è il preannuncio di un’altra azione che si pone nel futuro e che richiama l’agire ultimo e definitivo di Dio. Per questo Luca dice “costui vi battezzerà”, perché il futuro è lo spazio di Dio. È il confronto quindi di due tempi: l’uno preparatorio (A.T.) all’altro (N.T.), l’uno che confluisce e trova la sua pienezza nell’altro. Il primo tempo (A.T.) è caratterizzato dall’acqua, il secondo (N.T.) dallo Spirito Santo e dal fuoco.
La figura di Gesù è caratterizzata da due verbi, uno posto al presente (“viene uno”), l’altro al futuro (“costui vi battezzerà”). Il presente indicativo “viene” dice il dinamismo di una costante presenza operante in mezzo agli uomini. Questa tuttavia non si esaurisce nel presente, ma si proietta verso il futuro. L'azione del suo venire è quindi proiettata dinamicamente in avanti, quasi a significare come l'evento Gesù, con il suo venire, apre già nel presente uno spazio futuro, o per meglio dire, l'agire di Gesù è un futuro che già opera nel presente.
È significativo poi come Luca giochi sul termine “battezzare con”: Giovanni battezza con acqua; mentre quando parla del futuro battesimo, l’espressione greca dice: “vi battezzerà in (nello) Spirito Santo e fuoco”. La differenza è sostanziale. Nel primo caso l’acqua è soltanto uno strumento simbolico, che pur predicando il futuro dello Spirito, tuttavia non produce nessun effetto; mentre nel secondo caso vi è un’azione divina diretta che colloca l’uomo nel mondo dello Spirito, che è la dimensione stessa di Dio.
L’azione battezzatoria di Gesù oltre che dallo Spirito Santo è caratterizzata anche dal fuoco. Il suo battezzare, pertanto, non è soltanto la porta che introduce l'uomo nella dimensione ultima e definitiva di Dio, ma anche lo sottopone, conseguentemente, al suo giudizio. L'ultimo tempo, pertanto, è segnato da due elementi fondamentali: a) la venuta di Dio in mezzo agli uomini e operante nella persona in Gesù, definito come colui che costantemente viene, e interpella direttamente ogni uomo; b) il giudizio, che discrimina l'umanità in base alla risposta data.
Il giudizio pertanto si sta compiendo e il parametro di discriminazione è proprio lo Spirito Santo, che è stato effuso su di noi nel battesimo e nella cresima. Esso ci ha già collocati nella dimensione divina, ci ha già resi santi e ci chiede ora di conformare le nostre vite a tali realtà spirituali in cui già viviamo anche se non ancora pienamente. Se ci conformiamo al vento dello Spirito esso ci rende grano degno per il Signore, diversamente Esso diventerà fuoco bruciante che ci divora come pula per l’eternità.
Argentino Quintavalle, autore dei libri
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