Dic 17, 2025 Scritto da 

4a Domenica di Avvento (anno A)

IV Domenica di Avvento (anno A)  [21 Dicembre 2025]

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga! Ci avviciniamo al Natale e la Parola di Dio ci ricorda la fedeltà del Signore anche quando l’infedeltà del suo popolo potrebbe stancarlo. (prima lettura). Il vangelo ci fa incontrare san Giuseppe, l’uomo che nel silenzio accetta e compie la sua missione di padre del Figlio di Dio 

 

*Prima Lettura dal libro del profeta Isaia (7,10-14)

Siamo intorno al 735 a.C. il regno di David è da due secoli diviso in due stati: Samaria al Nord e Gerusalemme al Sud, dove regna Achaz, un giovane re di vent’anni. La situazione politica è drammatica: l’impero assiro, con capitale Ninive, domina la regione; i re di Damasco e Samaria, già sconfitti dagli Assiri, ora si ribellano e assediano Gerusalemme per sostituire Achaz con un sovrano alleato. Il re si lascia prendere dal panico: “il cuore del re e il cuore del popolo si agitarono come gli alberi della foresta per il vento” (Is 7,2). Il profeta Isaia lo invita alla calma e alla fede: Dio ha promesso di mantenere viva la dinastia di David; la stabilità dipende dalla fiducia nel Signore: se non crederete, non resterete saldi. Achaz però non ascolta: si rivolge agli idoli e arriva a compiere un gesto atroce e proibito dai profeti, sacrificando il figlio unico facendolo passare per il fuoco (cf.2Re 16,3). Poi decide di chiedere aiuto all’Assiria, scelta che comporta la perdita dell’indipendenza politica e religiosa. Isaia vi si oppone duramente: è un tradimento dell’Alleanza e della liberazione iniziata con Mosè. In questo contesto Isaia offre un segno: “Chiedi per te un segno dal Signore tuo Dio”. Achaz risponde ipocritamente fingendo per umiltà di non chiederlo per non tentare il Signore, mentre ha già deciso di affidarsi all’Assiria. Isaia replica piuttosto duramente dicendo di non stancare “il mio Dio”, quasi a indicare che Achaz si pone ormai fuori dall’Alleanza. Nonostante l’infedeltà del re, Dio rimane fedele e, dice Isaia, “il Signore stesso vi darà un segno”: la giovane donna (la regina) è incinta e il figlio si chiamerà Emmanuele, “Dio con noi”. Questo messaggio di Isaia è uno dei testi classici del messianismo biblico. Né i nemici, né il peccato del re potranno annullare la promessa fatta da Dio a David. Il bambino – probabilmente il futuro re Ezechia – saprà scegliere il bene grazie allo Spirito del Signore, e prima ancora che cresca, la minaccia di Samaria e Damasco sparirà. Infatti, poco dopo, i due regni vengono annientati dagli Assiri. La libertà degli uomini resta intatta, e anche Ezechia commetterà errori; ma la profezia di Isaia afferma che nulla può impedire la fedeltà di Dio verso la discendenza di David. Per questo, nei secoli, Israele attenderà un re che realizzi pienamente il nome di Emmanuele. La nascita del bambino è più di una buona notizia: è annuncio di perdono. Sacrificando il proprio figlio al dio Moloch, Achaz ha compromesso la promessa fatta a David; ma Dio non ritira il suo impegno. La nascita del nuovo erede mostra che la fedeltà di Dio supera l’infedeltà degli uomini.Il “segno” assume così un’altra incoraggiante dimensione messianica  che vediamo meglio nel vangelo di questa domenica. 

 

Elementi importanti da ricordare: +Contesto storico: 735 a.C., regno diviso, minacce da Siria, Samaria e Assiria. +Panico di Achaz e invito di Isaia alla fede. +Infedeltà grave del re: idolatria e sacrificio del figlio. +Scelta politica sbagliata: alleanza con l’Assiria. +Il segno di Isaia: nascita del bambino chiamato Emmanuele. +Compimento immediato: distruzione di Siria e Samaria da parte dell’Assiria. +Tema centrale: l’infedeltà degli uomini non annulla la fedeltà di Dio. +La nascita come annuncio di perdono e continuità della promessa davidica.

 

Salmo responsoriale (23/24, 1-2. 3-4. 5-6)

Il salmo ci porta al tempio di Gerusalemme: una grande processione arriva alle porte e due cori dialogano chiedendo: “Chi potrà salire sul monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo?” L’immagine richiama Isaia che descrive il Dio tre volte santo come un fuoco divorante davanti al quale nessuno potrebbe “stare” senza il suo aiuto. Il popolo d’Israele ha scoperto che questo Dio totalmente “Altro” si fa anche il Dio totalmente “vicino”, permettendo all’uomo di restare alla sua presenza. La risposta del salmo è: “Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli”. Non si tratta prima di tutto di moralismo, perché il popolo sa di essere ammesso davanti a Dio per grazia, non per merito proprio. Qui “cuore puro” significa un cuore non mescolato, rivolto unicamente al Dio unico; “mani innocenti” sono mani che non hanno offerto sacrifici agli idoli. L’espressione “non si rivolge/letteralmente non eleva l’anima”» indica non rivolgersi a divinità vuote: “elevare gli occhi” nella Bibbia significa invocare, pregare, riconoscere qualcuno come Dio. Questo versetto richiama la grande lotta dei profeti contro l’idolatria. Isaia aveva già contrastato Achaz nel VIII secolo; e anche durante l’Esilio a Babilonia, il popolo – immerso in una cultura politeista – fu tentato di tornare agli idoli. Il salmo, cantato dopo l’Esilio, ricorda che la prima condizione dell’Alleanza è restare fedeli al Dio unico. Cercare il volto di Dio è un’immagine ripresa dal linguaggio della corte: solo chi è fedele al Re può essere ammesso alla sua presenza. Gli idoli sono definiti “dei vuoti”: il salmo 115 descrive magistralmente la loro nullità – hanno occhi, bocca, mani, ma non vedono, non parlano, non agiscono. A differenza di queste statue, Dio è vivente e opera davvero. La fedeltà al Dio unico è quindi la condizione per ricevere la benedizione promessa ai padri e per entrare nel suo progetto di salvezza. Per questo Gesù dirà: “Nessuno può servire due padroni” (Mt 6,24).

Questa fedeltà, però, non resta astratta: trasforma concretamente la vita. Il cuore puro diventa un cuore di carne capace di eliminare odio e violenza; le mani innocenti diventano mani incapaci di fare il male. Il salmo dice: “Egli otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza”: significa sia conformarsi al progetto di Dio, sia vivere relazioni giuste con gli altri. Qui si intravede già la luce delle Beatitudini: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio… beati quelli che hanno fame e sete di giustizia”. L’espressione alzare gli occhi, qui espressa con “chi non si rivolge agli idoli”(v.4) ritorna in Zaccaria e nel Vangelo di Giovanni: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37), segno di un nuovo incontro con Dio.

Elementi importanti da ricordare: +Scena del tempio con il dialogo dei cori. +Dio tre volte santo e insieme vicino: permette all’uomo di “stare” davanti a Lui. +“Cuore puro” e “mani innocenti” come fedeltà al Dio unico, non idolatria e lotta continua dei profeti contro le idolatrie (Achaz, Esilio). +Idoli come “dei vuoti”; critica del salmo 115. +Fedeltà al Dio unico come prima condizione dell’Alleanza che ha come conseguenze etiche la vita giusta, un cuore rinnovato, mani non violente. 

 

Seconda Lettura dalla lettera di san Paolo ai romani (1,1-7)

San Paolo apre la lettera ai Romani riassumendo tutta la fede cristiana: le promesse contenute nelle Scritture, il mistero di Cristo, la sua nascita e la sua risurrezione, l’elezione gratuita del popolo santo e la missione degli Apostoli verso le nazioni pagane. Scrivendo a una comunità che non ha ancora incontrato, Paolo si presenta con due titoli: “servo di Gesù Cristo e apostolo per chiamata”, cioè inviato, uno che agisce per mandato. Subito attribuisce a Gesù il titolo di Cristo, che significa Messia: dire “Gesù Cristo” equivale a professare che Gesù di Nazaret è il Messia atteso. Paolo afferma di essere stato “scelto per annunciare il Vangelo di Dio”, la Buona Notizia: annunciare il Vangelo significa annunciare che il progetto di Dio è totalmente benevolo e che questo progetto si compie in Gesù Cristo. Questa Buona Notizia, dice Paolo, era già stata promessa nei profeti. Senza l’Antico Testamento non si comprende il Nuovo perché il disegno di Dio è unico, rivelato progressivamente lungo la storia. La Risurrezione del Cristo é il centro della storia, il cuore del progetto divino fin dall’origine, come Paolo ricorda anche nella lettera agli Efesini, dove parla della volontà di Dio di ricapitolare tutte le cose in Cristo (Ef 1,9-10). “Secondo la carne”: Gesù è discendente di Davide, quindi vero uomo e Messia. “Secondo lo Spirito”: Gesù ,è costituito Figlio di Dio “con potenza” attraverso la sua Risurrezione e nella Risurrezione Dio lo intronizza come Re dell’umanità nuova. Per Paolo, questo è l’evento che cambia la storia perché  “se Cristo non è risorto, è vana anche la vostra fede”(cf.1Cor 15,14). Per questo annuncia ovunque la Risurrezione, affinché “il nome di Gesù Cristo sia riconosciuto”, come scrive anche  nella lettera ai Filippesi (2,9-11), Dio gli ha dato il Nome sopra ogni altro nome, quello stesso di “Signore”. Paolo sente che la sua missione apostolica è “suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti”. L’“obbedienza” non è servilismo, ma ascolto fiducioso: è l’atteggiamento del figlio che si fida dell’amore del Padre e accoglie la sua Parola. Paolo conclude con un suo augurio tipico: “Grazia a voi e pace da Dio” che è quanto viene espresso nella benedizione sacerdotale del libro dei Numeri: la grazia e la pace vengono sempre da Dio, ma tocca all’uomo accoglierle liberamente.

 

Elementi più importanti d ricordare: +Sintesi della fede cristiana:  le promesse si realizzano in  Cristo, nella Risurrezione, elezione e missione. +Titoli di Paolo sono servo e apostolo mentre  il Titolo “Cristo” è “Messia”,che è una  professione di fede; +Vangelo è il progetto misericordioso di Dio compiuto in Cristo. +Unità tra Antico e Nuovo Testamento e Cristo nella sua identità “Secondo la carne” e “secondo lo Spirito”: è al centro del disegno di Dio fin dall’origine. +La Risurrezione è l’evento decisivo. e l”obbedienza della fede” è l’ ascolto fiducioso. + Benedizione finale: grazia e pace, nella libertà dell’uomo.

 

Dal Vangelo secondo Matteo (1,18-24) 

Matteo apre il suo Vangelo con l’espressione: “Genealogia di Gesù  Cristo”,  il libro cioè della genesi di Gesù Cristo e presenta una lunga genealogia che dimostra la discendenza davidica di Giuseppe. Seguendo la formula “A generò B”, Matteo giunge a Giuseppe, ma rompe lo schema: non può dire “Giuseppe generò Gesù”, l’evangelista scrive invece: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo” (Mt 1,16). Questa formula mostra che la genealogia subisce una svolta: perché Gesù sia inserito nella linea di Davide non basta la sua nascita, ma occorre che Giuseppe lo adotti. Il Figlio di Dio, in un certo senso, si consegna alla libertà di un uomo: il progetto divino dipende dal “sì” di Giuseppe. Conosciamo bene l’Annunciazione a Maria nel Vangelo di Luca, ampiamente rappresentata nell’arte. Molto meno rappresentata invece è l’Annunciazione a Giuseppe, benché sia decisiva: la storia umana di Gesù inizia grazie alla libera accoglienza di un uomo giusto. L’angelo chiama Giuseppe “figlio di Davide” e gli rivela il mistero della filiazione di Gesù: concepito dallo Spirito Santo, e tuttavia riconosciuto come suo figlio. “Non temere di prendere con te Maria tua sposa” significa che Gesù entrerà nella casa di Giuseppe, e sarà lui a imporgli il nome. Matteo spiega anche il significato del nome Gesù: significa “Il Signore salva”. La sua missione non è solo liberare Israele da un potere umano, ma salvare il suo popolo dai peccati. Nella tradizione ebraica, l’attesa del Messia includeva un rinnovamento totale: nuova creazione, giustizia e pace. Tutto questo Matteo lo vede racchiuso nel nome di Gesù. Il testo precisa: “il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”. I racconti della concezione verginale sono due: questo di Matteo (Annunciazione a Giuseppe) e quello di Luca (Annunciazione a Maria). La Chiesa confessa questa verità come articolo di fede: Gesù è insieme vero uomo, nato da una donna, inserito nella discendenza di Davide grazie alla libera scelta di Giuseppe; e vero Figlio di Dio, concepito dallo Spirito Santo. Matteo collega il tutto alla profezia di Isaia: “La vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome  di Emmanuele,  che significa“Dio-con-noi””. La traduzione greca di Isaia (Settanta), che Matteo cita, usa il termine «vergine» (parthenos), mentre il testo ebraico usa almah che indica “giovane donna” non ancor sposata: già la traduzione antica rifletteva la convinzione che il Messia sarebbe nato da una vergine. Matteo insiste: il bambino si chiamerà Gesù (il Signore salva), ma il profeta lo chiama Emmanuele (Dio-con-noi). Non è una contraddizione: alla fine del Vangelo di Matteo Gesù dirà: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”(Mt28,20). Il suo nome e la sua missione coincidono: salvare significa essere con l’uomo, accompagnarlo, non abbandonarlo mai. Giuseppe ha creduto e accolto la presenza di Dio. Come Elisabetta disse a Maria: “Beata colei che ha creduto” (Lc 1,45), allo stesso modo possiamo dire: «Beato Giuseppe che ha creduto: grazie a lui Dio ha potuto realizzare il suo disegno di salvezza». Matteo usa per due volte la parola «genesi» (Mt 1,1.18), come nel libro della Genesi quando si parla della discendenza di Adamo. Questo suggerisce che in Gesù si ricapitola l’intera storia umana: egli è il Nuovo Adamo, come dirà san Paolo.

Elementi più importanti da ricordare: Ruptura nella genealogia: Gesù non è “generato” da Giuseppe ma per adozione realizza il progetto della salvezza. +Libertà di Giuseppe fondamentale nel compimento del disegno divino. +Titolo “figlio di Davide” e ruolo giuridico di Giuseppe. +Nome di Gesù = “Il Signore salva” missione di salvezza dai peccati. +Concezione verginale: mistero di fede, vero uomo e vero Figlio di Dio. +Citazione di Isaia 7,14 secondo la traduzione greca (“vergine”). +Gesù e Emmanuele: salvezza come presenza costante di Dio. +Parallelo con la beatitudine di Elisabetta: fede di Giuseppe. +Gesù come “Nuovo Adamo” secondo il richiamo alla “genesi”.

 

Commento di Sant’Agostino, Sermone 51, sull’Incarnazione

“Giuseppe fu più grande nel silenzio che molti nella parola: credette all’angelo, accolse il mistero, protesse ciò che non comprendeva pienamente. In lui vediamo come la fede non consiste nel capire tutto, ma nel fidarsi di Dio che opera in segreto.” Agostino sottolinea così il ruolo unico di Giuseppe: la sua fede è obbedienza fiduciosa; accoglie Cristo senza possederlo; diventa custode del mistero che salva il mondo.

 

+Giovanni D’Ercole

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".

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«Even through Joseph’s fears, God’s will, his history and his plan were at work. Joseph, then, teaches us that faith in God includes believing that he can work even through our fears, our frailties and our weaknesses. He also teaches us that amid the tempests of life, we must never be afraid to let the Lord steer our course. At times, we want to be in complete control, yet God always sees the bigger picture» (Patris Corde, n.2)
«Anche attraverso l’angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto. Giuseppe ci insegna così che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande» (Patris Corde, n.2)
Man is the surname of God: the Lord in fact takes his name from each of us - whether we are saints or sinners - to make him our surname (Pope Francis). God's fidelity to the Promise is realized not only through men, but with them (Pope Benedict).
L’uomo è il cognome di Dio: il Signore infatti prende il nome da ognuno di noi — sia che siamo santi, sia che siamo peccatori — per farlo diventare il proprio cognome (Papa Francesco). La fedeltà di Dio alla Promessa si attua non soltanto mediante gli uomini, ma con loro (Papa Benedetto)
In the communities of Galilee and Syria the pagans quickly became a majority - elevated to the rank of sons. They did not submit to nerve-wracking processes, but spontaneously were recognizing the Lord
Nelle comunità di Galilea e Siria i pagani diventavano rapidamente maggioranza - elevati al rango di figli. Essi non si sottoponevano a trafile snervanti, ma spontaneamente riconoscevano il Signore
And thus we must see Christ again and ask Christ: “Is it you?” The Lord, in his own silent way, answers: “You see what I did, I did not start a bloody revolution, I did not change the world with force; but lit many I, which in the meantime form a pathway of light through the millenniums” (Pope Benedict)
E così dobbiamo di nuovo vedere Cristo e chiedere a Cristo: “Sei tu?”. Il Signore, nel modo silenzioso che gli è proprio, risponde: “Vedete cosa ho fatto io. Non ho fatto una rivoluzione cruenta, non ho cambiato con forza il mondo, ma ho acceso tante luci che formano, nel frattempo, una grande strada di luce nei millenni” (Papa Benedetto)
Experts in the Holy Scriptures believed that Elijah's return should anticipate and prepare for the advent of the Kingdom of God. Since the Lord was present, the first disciples wondered what the value of that teaching was. Among the people coming from Judaism the question arose about the value of ancient doctrines…
Gli esperti delle sacre Scritture ritenevano che il ritorno di Elia dovesse anticipare e preparare l’avvento del Regno di Dio. Poiché il Signore era presente, i primi discepoli si chiedevano quale fosse il valore di quell’insegnamento. Tra i provenienti dal giudaismo sorgeva il quesito circa il peso delle dottrine antiche...
Gospels make their way, advance and free, making us understand the enormous difference between any creed and the proposal of Jesus. Even within us, the life of Faith embraces all our sides and admits many things. Thus we become more complete and emancipate ourselves, reversing positions.
I Vangeli si fanno largo, avanzano e liberano, facendo comprendere l’enorme differenza tra credo qualsiasi e proposta di Gesù. Anche dentro di noi, la vita di Fede abbraccia tutti i nostri lati e ammette tante cose. Così diventiamo più completi e ci emancipiamo, ribaltando posizioni

Due Fuochi due Vie - Vol. 1 Due Fuochi due Vie - Vol. 2 Due Fuochi due Vie - Vol. 3 Due Fuochi due Vie - Vol. 4 Due Fuochi due Vie - Vol. 5 Dialogo e Solstizio I fiammiferi di Maria

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