Oct 29, 2023 Written by 

XXXI Domenica T.O. (anno A)

Mt 23,1-12

Matteo 23:1 Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:

Matteo 23:2 «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.

Matteo 23:3 Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.

Matteo 23:4 Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.

 

Il v. 1 ci presenta i destinatari del discorso di Gesù: la folla e i discepoli. Ma nel contesto del capitolo, la folla rimane sullo sfondo, e i veri destinatari sono i discepoli, ai quali si parlerà in esclusiva nei vv. 8-12 («ma voi non vi fate chiamar…»). La presenza della folla è importante in quanto è testimone di una denuncia terribile contro scribi e farisei, che occuperà tutto il cap. 23.

È da tener presente il luogo dove Gesù fa questo discorso: è l’area del tempio di Gerusalemme, il cuore dell’istituzione religiosa, il luogo più sacro, e da qui Gesù scaglia, contro scribi e farisei, le parole più dure di tutto il Vangelo. Gesù davanti alla folla e davanti ai discepoli intende squalificare quelli che si presentavano come modelli di santità, li biasima per il contrasto stridente tra il loro insegnamento e la loro condotta. In questa pagina Matteo non cerca di dire quanto erano malvagi gli scribi e i farisei, ma è preoccupato che nella comunità cristiana non si riproducano gli stessi atteggiamenti degli scribi e dei farisei.

Il v. 2 presenta gli scribi e i farisei come gli eredi dell'insegnamento mosaico: "Gli scribi e i Farisei siedono sulla cattedra di Mosè". Cos’è questa cattedra di Mosè? In alcune sinagoghe si sono trovati dei seggi in pietra isolati dai restanti posti a sedere, e si pensa che siano la cattedra di Mosè, il luogo da dove il rabbino impartiva il suo insegnamento, che in tal modo veniva inteso come una continuazione di quello mosaico, dando prestigio e autorevolezza a chi presiedeva. Ma la cattedra di Mosè può anche essere una semplice espressione metaforica per intendere l’autorevolezza dell’insegnamento, o meglio ancora indicare coloro sui quali ricadeva ufficialmente la responsabilità d’interpretare e far osservare le leggi di Mosè.

Se si riferisce, come è probabile che sia, alla responsabilità di interpretare e far osservare le leggi, l’espressione "cattedra di Mosè" indicherebbe il Sinedrio. Contrariamente all'opinione comune, la "cattedra di Mosè" non è propriamente la sedia occupata dall'insegnante nella sinagoga, come per esempio quella scoperta dagli archeologi nei resti della sinagoga di Chorazin. Piuttosto, l'idioma deriva dalla storia di Esodo 18, che descrive come "Mosè sedette a render giustizia al popolo" risolvendo le loro dispute e prendendo decisioni legali (Es 18,13).

La cattedra di Mosè non può riferirsi a qualunque scriba o fariseo della sinagoga locale, perché nessun maestro poteva aspettarsi che i suoi discepoli si attenessero a ogni decisione e regola avanzata da qualunque sinagoga locale. Solo il Sinedrio aveva l'autorità legale di prendere decisioni vincolanti per tutti gli ebrei. Inoltre, uno scritto giudeo-cristiano apocrifo si riferisce al Sinedrio come alla "cattedra di Mosè" (Epistola di Pietro a Giacomo 1: "Mosè consegnò [la tradizione] ai settanta [anziani] che sono succeduti sulla sua cattedra").

Quando Gesù disse: "Gli scribi e i Farisei siedono sulla cattedra di Mosè", intendeva che essi avevano posto nell’alta corte del Sinedrio e quindi esercitavano l'autorità di legiferare.

Se non fosse così, dovremmo porci un’altra domanda: l'osservazione che fa qui Matteo, la dobbiamo intendere come una constatazione o come un atto di accusa? “Siedono” perché ne hanno diritto o “siedono” in maniera arbitraria? Chi è il vero interprete della Legge, gli scribi e i farisei oppure Gesù? Il giudaismo rabbinico o il cristianesimo? Dopo la distruzione del Tempio e la fine del culto ebraico, quindi dello stesso giudaismo veterotestamentario, ormai allo sbando, chi è il vero interprete della Legge? Chi può dirsi a pieno titolo suo erede? Non v'è dubbio che per Matteo è Gesù, il quale reinterpreta autorevolmente la Legge, secondo lo schema: "Voi avete udito che … Ma io vi dico che…" (Mt 5,21-48). È lui, dunque, il nuovo e autentico interprete; lui il vero erede della cattedra di Mosè.

La polemica, quindi, è infuocata, perché si tratta di cambiare il corso della storia, piazzando il cristianesimo come nuova evoluzione del giudaismo. Ma dopo la distruzione del Tempio, il giudaismo che rifiutò il Messia si riformulò sotto un'altra forma, quella del rabbinismo. Il cap. 23 di Matteo è dunque profetico, e servirà a screditare questo nuovo giudaismo, denunciando tutte le sue contraddizioni interne e destituendolo di ogni autorità morale.

Il v. 3 va letto alla luce dell’intero capitolo, che tenderà a dimostrare che il fariseismo (che poi diventerà giudaismo rabbinico), non ha alcuna autorità morale, perché il suo insegnamento è inficiato da un operare contrario alla Legge stessa.

Ma, rivolto ai suoi discepoli e alla folla, Gesù li invita a osservare quello che scribi e farisei dicono, ma a non fare secondo le loro opere. Sembra esserci una contraddizione. Come si fa a fidarsi delle parole di un altro sapendo che costui è un ipocrita? Come mi posso fidare delle parole di un falso? Come ci si può fidare di persone delle quali Gesù disse: trasgredite il comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione (Mt 15,3)? Inoltre, nel v. 4 di questo capitolo, Gesù attacca i regolamenti legali di scribi e farisei (“legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente…”).

Non ci si può fidare delle parole di un altro sapendo che è un falso. Nel vangelo di Matteo che cosa ha fatto finora Gesù quando si è incontrato con scribi e farisei? Ha condannato in maniera molto chiara il loro insegnamento, come gente da non ascoltare, chiamandoli guide cieche, persone delle quali non bisogna fidarsi mai, perché chi segue un cieco fa una brutta fine. E ora nel cap. 23 Gesù non poteva arrivare a dire il contrario: "va bene, vi ho detto così, però quello che loro dicono, fatelo e osservatelo"!

Cerchiamo allora di capire alla luce di tutto il contesto. Matteo ha parlato della cattedra di Mosè. Mosè ha portato la Parola di Dio, non la sua, scendendo dal Sinai con le tavole della Legge, che dovevano guidare la vita degli Israeliti. In Es 24,7 ritroviamo quasi uguale la frase riportata da Matteo. Lì Mosè presenta le tavole della Legge e il popolo dice: «Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo!».

Matteo ci dice che scribi e farisei (le istituzioni), hanno tradito la fedeltà a Dio, perché loro dicono ma non fanno, hanno tradito l’impegno di Es 24,7 dove il popolo si era dichiarato pronto a fare tutto quello che Dio aveva detto. Non possono essere rappresentanti autorevoli per l’insegnamento. Gesù non intende assolutamente invitare i suoi discepoli e la folla a seguire le direttive dei farisei, ma prepara il terreno per smascherare la loro falsità.

Infatti, Gesù ha previsto un momento in cui i suoi stessi discepoli occuperanno la cattedra di Mosè, prendendo decisioni di legare (proibire) e sciogliere (permettere).

Pertanto, “fate dunque ed osservate tutte le cose che vi diranno”, sta a significare che siccome gli scribi e i farisei sedevano sulla cattedra di Mosè, che a quei tempi indicava il Sinedrio, andava rispettata la loro autorità legislativa, anche per non subirne le sanzioni penali. Il riconoscimento del loro potere civile-legale non costituiva un pericolo per la fede cristiana. Invece andava respinta la loro ipocrisia, perché le opere erano in contrasto stridente con il loro insegnamento. Tale incoerenza di vita risultava biasimevole e scandalosa. 

 

  Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

  • Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo nel mistero trinitario
  • Il discorso profetico di Gesù (Matteo 24-25)
  • Tutte le generazioni mi chiameranno beata

 

(Acquistabili su Amazon)

 

 

592 Last modified on Monday, 30 October 2023 22:38
Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

Email This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Only through Christ can we converse with God the Father as children, otherwise it is not possible, but in communion with the Son we can also say, as he did, “Abba”. In communion with Christ we can know God as our true Father. For this reason Christian prayer consists in looking constantly at Christ and in an ever new way, speaking to him, being with him in silence, listening to him, acting and suffering with him (Pope Benedict)
Solo in Cristo possiamo dialogare con Dio Padre come figli, altrimenti non è possibile, ma in comunione col Figlio possiamo anche dire noi come ha detto Lui: «Abbà». In comunione con Cristo possiamo conoscere Dio come Padre vero. Per questo la preghiera cristiana consiste nel guardare costantemente e in maniera sempre nuova a Cristo, parlare con Lui, stare in silenzio con Lui, ascoltarlo, agire e soffrire con Lui (Papa Benedetto)
In today’s Gospel passage, Jesus identifies himself not only with the king-shepherd, but also with the lost sheep, we can speak of a “double identity”: the king-shepherd, Jesus identifies also with the sheep: that is, with the least and most needy of his brothers and sisters […] And let us return home only with this phrase: “I was present there. Thank you!”. Or: “You forgot about me” (Pope Francis)
Nella pagina evangelica di oggi, Gesù si identifica non solo col re-pastore, ma anche con le pecore perdute. Potremmo parlare come di una “doppia identità”: il re-pastore, Gesù, si identifica anche con le pecore, cioè con i fratelli più piccoli e bisognosi […] E torniamo a casa soltanto con questa frase: “Io ero presente lì. Grazie!” oppure: “Ti sei scordato di me” (Papa Francesco)
Lent is like a long "retreat" in which to re-enter oneself and listen to God's voice in order to overcome the temptations of the Evil One and to find the truth of our existence. It is a time, we may say, of spiritual "training" in order to live alongside Jesus not with pride and presumption but rather by using the weapons of faith: namely prayer, listening to the Word of God and penance (Pope Benedict)
La Quaresima è come un lungo “ritiro”, durante il quale rientrare in se stessi e ascoltare la voce di Dio, per vincere le tentazioni del Maligno e trovare la verità del nostro essere. Un tempo, possiamo dire, di “agonismo” spirituale da vivere insieme con Gesù, non con orgoglio e presunzione, ma usando le armi della fede, cioè la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e la penitenza (Papa Benedetto)
Thus, in the figure of Matthew, the Gospels present to us a true and proper paradox: those who seem to be the farthest from holiness can even become a model of the acceptance of God's mercy and offer a glimpse of its marvellous effects in their own lives (Pope Benedict)
Nella figura di Matteo, dunque, i Vangeli ci propongono un vero e proprio paradosso: chi è apparentemente più lontano dalla santità può diventare persino un modello di accoglienza della misericordia di Dio e lasciarne intravedere i meravigliosi effetti nella propria esistenza (Papa Benedetto)
Man is involved in penance in his totality of body and spirit: the man who has a body in need of food and rest and the man who thinks, plans and prays; the man who appropriates and feeds on things and the man who makes a gift of them; the man who tends to the possession and enjoyment of goods and the man who feels the need for solidarity that binds him to all other men [CEI pastoral note]
Nella penitenza è coinvolto l'uomo nella sua totalità di corpo e di spirito: l'uomo che ha un corpo bisognoso di cibo e di riposo e l'uomo che pensa, progetta e prega; l'uomo che si appropria e si nutre delle cose e l'uomo che fa dono di esse; l'uomo che tende al possesso e al godimento dei beni e l'uomo che avverte l'esigenza di solidarietà che lo lega a tutti gli altri uomini [nota pastorale CEI]

duevie.art

don Giuseppe Nespeca

Tel. 333-1329741


Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.