Aug 26, 2023 Written by 

XXII Domenica T.O. (anno A)

Mt 16,21-27

Matteo 16:21 Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno.

Matteo 16:22 Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai».

Matteo 16:23 Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

 

Gesù “doveva” andare a Gerusalemme. È un dovere, fa parte della volontà di Dio. A Gerusalemme gli anziani, i sommi sacerdoti e gli scribi lo faranno soffrire e anche uccidere. I rappresentanti di Dio non solo non lo accoglieranno, ma lo uccideranno. Ma il viaggio di Gesù nella città santa non termina con la morte. La morte è solo una porta per la sua gloriosa risurrezione che avverrà il terzo giorno.

L'impatto di un Messia crocifisso e sconfitto dagli uomini avrebbe costituito un serio problema per tutti. Perciò Gesù affronta il tema dello scandalo della croce, che può impedire di credere nella sua messianicità. Può un crocifisso essere il Messia di Dio?

Pietro è la manifestazione palese ed evidente della differenza che regna tra i pensieri di Dio e i pensieri degli uomini. Per Pietro Gesù ha un'idea falsa di se stesso. Per Pietro Gesù non sa che cosa è chiamato a fare il vero Messia. Dio deve intervenire. Deve liberare Gesù da una simile folle idea. Se non lo farà Dio, ci penserà Pietro a far sì che questo non accada mai a Gesù. Se Gesù è il Messia non può essere un condannato a morte. Se è condannato a morte, allora non è il Messia. Poiché Gesù è il vero Messia, allora è vera la prima ipotesi: lui mai dovrà essere condannato a morte. Pietro è bene intenzionato a che questo non accada. Questi sono i pensieri che frullano per la sua testa. Così come frullano, così li rivela a Gesù, traendolo in disparte e protestando energicamente, da uomo che sa ciò che dice e ciò che è chiamato a fare.

Il testo CEI traduce “Ma Pietro lo trasse in disparte”. In realtà, il verbo greco proslabómenos porta con sé il carattere di un atto di ostilità verso Gesù, una sorta di tentativo di costringerlo a cambiare idea. Il verbo, infatti, è un composto dalla particella “pros”, che significa verso, contro; e il verbo “lambánō” che significa prendere, afferrare. Il verbo significa: cerco di attirare a me, di conquistare, di impadronirmi. Il verbo, quindi, delinea un atteggiamento ostile di Pietro nei confronti della rivelazione che Gesù ha fatto.

Prosegue, infatti, Matteo dicendo che “Pietro cominciò a protestare”. Va rilevato subito il movimento parallelo tra il “cominciò a dire apertamente” di Gesù (v. 21) e il “cominciò a protestare” di Pietro (v. 22), creando in tal modo un rapporto di contrapposizione tra i due. Al cominciare di Gesù si contrappone, dunque, quello di Pietro: l'uno rivela, l'altro rifiuta. Il rimprovero di Pietro, poi, è espresso in greco con il verbo “epitimân”, il cui significato è, sì, rimproverare, ma anche “ingiungere, fare divieto, dare ordine di”, “rincarare”. C'è, dunque, tra i due una contrapposizione dura e decisa, che si esprime anche nel loro dire: quello che Pietro dice a Gesù, infatti, è l'esatto contrario di quanto Gesù ha detto di sé. Egli ha annunciato per se stesso persecuzione, passione e morte; Pietro, invece, gli augura ogni prosperità e bene, affermando categoricamente che quanto egli ha detto non accadrà mai.

Perché tanta animosità? Perché la partita che si sta giocando concerne la messa in discussione della scelta che i discepoli hanno operato a favore del loro Maestro. In ultima analisi, la questione verte sul modo di intendere il messianismo di Gesù e, pertanto, il ruolo che i discepoli devono giocare all'interno di tale messianismo.

Nella loro plurisecolare tradizione gli ebrei erano in attesa del messia, dell'Unto di Yahweh, il cui compito era quello di riportare Israele agli antichi splendori dell'invincibile regno davidico. In questo contesto storico-culturale è facilmente comprensibile lo choc che i discepoli dovevano aver provato nel sentirsi dire dal loro Messia, dal loro eroe, che egli sarebbe stato uno sconfitto e nel modo peggiore. Fine dei loro sogni di gloria! Si erano illusi di potersi coprire di gloria e di onore, seguendo quell'uomo. Per questo Matteo rileva come da un lato “Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli”, mentre dall'altro, “Pietro lo trasse da parte e cominciò a protestare” cercando di dissuaderlo dai suoi folli progetti (“questo non ti accadrà mai”). Ne andava delle loro vite e dei loro progetti.

La drastica risposta di Gesù: “Ma egli, voltandosi, disse a Pietro”. Seguendo il racconto alla lettera, sembra che qui Gesù stia camminando in avanti, e Pietro, dietro di lui, gli sta parlando, per cui Gesù, sentendo le sollecitazioni di Pietro, si gira e lo richiama all'ordine. In realtà, la scena è ben diversa, come diverso è il significato e il senso del “voltarsi” di Gesù. Pietro, infatti, aveva preso Gesù vicino a sé e, quasi in un tu per tu confidenziale, gli aveva confidato i suoi timori, prospettandogli un futuro migliore da quello da lui annunciato. La posizione fisica di Gesù, dunque, è faccia a faccia con Pietro, l'uno di fronte all'altro.

Perché, allora, Gesù si volta? E verso chi si volta? Perché infatti Matteo non dice verso chi si volta Gesù. Quale, dunque, il significato di quel “voltarsi” di Gesù? Il verbo greco è “strapheìs”, che significa, sì, voltarsi, ma anche rivolgersi verso, nel senso di puntare verso un'altra direzione, rovesciare, capovolgere, volgersi indietro, allontanarsi da una certa posizione. Quel voltarsi di Gesù, dunque, sottolinea la sua diversa e contrapposta posizione nei confronti di Pietro, forse voltando le spalle a Pietro per manifestare la sua indignazione. 

“Va’ dietro di me, Satana” (hípaghe opísō mou, Satana). Abbiamo, innanzitutto, un richiamo al racconto delle tentazioni di Gesù (4,1-11). L'aggancio alle tentazioni è duplice: tematico e letterario; il primo è dato dalle sollecitazioni di Pietro ad abbracciare un messianismo trionfalistico, così come suggeriva Satana in quel racconto; il secondo è dato dall'espressione “vattene” (“hípaghe… Satanâ)”, che si ripete identico in Mt 4,10 - a conclusione delle tentazioni subite.

Vi è quindi una sorta di parallelismo tra il comportamento di Pietro e quello di Satana, suggerito anche dall'appellativo con cui viene apostrofato l'apostolo. Quel voltarsi di Gesù, inoltre, non sembra solo evidenziare la sua contrapposizione alle pretese di Pietro, ma pare anche un suggerimento, che Matteo dà ai cristiani, quello di voltarsi indietro anche loro e di andarsi a rivedere proprio quel racconto delle tentazioni che egli, qui, palesemente richiama.

Un secondo messaggio, è racchiuso in quel “opísō mou”. La CEI traduce con “Lungi da me, Satana”; una traduzione che forse non rende pienamente giustizia a ciò Gesù intendeva dire. Innanzitutto il verbo “hípaghe” letteralmente significa “andare sotto, sottomettersi, condurre sotto, attirare a sé, procedere”. L'imperativo, quindi, più che un ordine di allontanarsi è un comando a sottomettersi al disegno di Dio.

Quanto all'espressione “opísō mou” letteralmente significa “dietro di me”. L'espressione ha un valore non di rifiuto nei confronti di Pietro, ma di un invito a Pietro a sottomettersi al volere divino, riprendendo a seguire Gesù, camminando “dietro” a lui, rivelatosi, ora, un Messia sofferente, in netta rotta di collisione con quanto ritenevano, invece, i discepoli. 

 

 

 Argentino Quintavalle, autore dei libri 

- Apocalisse commento esegetico 

- L'Apostolo Paolo e i giudaizzanti – Legge o Vangelo?

  • Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo nel mistero trinitario
  • Il discorso profetico di Gesù (Matteo 24-25)
  • Tutte le generazioni mi chiameranno beata

 

(Acquistabili su Amazon)

                                                                          

 

516 Last modified on Tuesday, 29 August 2023 13:57
Argentino Quintavalle

Argentino Quintavalle è studioso biblico ed esperto in Protestantesimo e Giudaismo. Autore del libro “Apocalisse - commento esegetico” (disponibile su Amazon) e specializzato in catechesi per protestanti che desiderano tornare nella Chiesa Cattolica.

Email This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
The Kingdom of God grows here on earth, in the history of humanity, by virtue of an initial sowing, that is, of a foundation, which comes from God, and of a mysterious work of God himself, which continues to cultivate the Church down the centuries. The scythe of sacrifice is also present in God's action with regard to the Kingdom: the development of the Kingdom cannot be achieved without suffering (John Paul II)
Il Regno di Dio cresce qui sulla terra, nella storia dell’umanità, in virtù di una semina iniziale, cioè di una fondazione, che viene da Dio, e di un misterioso operare di Dio stesso, che continua a coltivare la Chiesa lungo i secoli. Nell’azione di Dio in ordine al Regno è presente anche la falce del sacrificio: lo sviluppo del Regno non si realizza senza sofferenza (Giovanni Paolo II)
For those who first heard Jesus, as for us, the symbol of light evokes the desire for truth and the thirst for the fullness of knowledge which are imprinted deep within every human being. When the light fades or vanishes altogether, we no longer see things as they really are. In the heart of the night we can feel frightened and insecure, and we impatiently await the coming of the light of dawn. Dear young people, it is up to you to be the watchmen of the morning (cf. Is 21:11-12) who announce the coming of the sun who is the Risen Christ! (John Paul II)
Per quanti da principio ascoltarono Gesù, come anche per noi, il simbolo della luce evoca il desiderio di verità e la sete di giungere alla pienezza della conoscenza, impressi nell'intimo di ogni essere umano. Quando la luce va scemando o scompare del tutto, non si riesce più a distinguere la realtà circostante. Nel cuore della notte ci si può sentire intimoriti ed insicuri, e si attende allora con impazienza l'arrivo della luce dell'aurora. Cari giovani, tocca a voi essere le sentinelle del mattino (cfr Is 21, 11-12) che annunciano l'avvento del sole che è Cristo risorto! (Giovanni Paolo II)
Christ compares himself to the sower and explains that the seed is the word (cf. Mk 4: 14); those who hear it, accept it and bear fruit (cf. Mk 4: 20) take part in the Kingdom of God, that is, they live under his lordship. They remain in the world, but are no longer of the world. They bear within them a seed of eternity a principle of transformation [Pope Benedict]
Cristo si paragona al seminatore e spiega che il seme è la Parola (cfr Mc 4,14): coloro che l’ascoltano, l’accolgono e portano frutto (cfr Mc 4,20) fanno parte del Regno di Dio, cioè vivono sotto la sua signoria; rimangono nel mondo, ma non sono più del mondo; portano in sé un germe di eternità, un principio di trasformazione [Papa Benedetto]
In one of his most celebrated sermons, Saint Bernard of Clairvaux “recreates”, as it were, the scene where God and humanity wait for Mary to say “yes”. Turning to her he begs: “[…] Arise, run, open up! Arise with faith, run with your devotion, open up with your consent!” [Pope Benedict]
San Bernardo di Chiaravalle, in uno dei suoi Sermoni più celebri, quasi «rappresenta» l’attesa da parte di Dio e dell’umanità del «sì» di Maria, rivolgendosi a lei con una supplica: «[…] Alzati, corri, apri! Alzati con la fede, affrettati con la tua offerta, apri con la tua adesione!» [Papa Benedetto]
«The "blasphemy" [in question] does not really consist in offending the Holy Spirit with words; it consists, instead, in the refusal to accept the salvation that God offers to man through the Holy Spirit, and which works by virtue of the sacrifice of the cross [It] does not allow man to get out of his self-imprisonment and to open himself to the divine sources of purification» (John Paul II, General Audience July 25, 1990))

duevie.art

don Giuseppe Nespeca

Tel. 333-1329741


Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge N°62 del 07/03/2001.
Le immagini sono tratte da internet, ma se il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro pronta rimozione.
L'autore dichiara di non essere responsabile dei commenti lasciati nei post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze, il cui contenuto fosse ritenuto non idoneo alla pubblicazione verranno insindacabilmente rimossi.