Nel Vangelo di oggi Gesù annuncia che se rimaniamo nella sua Parola, saremo discepoli e conosceremo la Verità che ci farà liberi.
Francesco, insieme ai suoi frati, fece sua questa affermazione e s’impegnò a dimorare nella Scrittura.
Sapeva che il Figlio ci ha redenti per rimanere liberi nei suoi comandamenti.
Il Poverello ben comprendeva che il sunto di essi era l’amore scambievole, fraterno, da esercitare sempre, e per il quale Cristo donò la vita in riscatto per le moltitudini.
Questa icona evangelica accompagnò il Santo durante tutta la sua breve esistenza e regolò ogni suo gesto.
La verità dell’uomo s’incontrava con la Verità di Cristo che, sulla croce, rigenerò Francesco.
Lo trasse dalla sua vita allegra e senza remore a quella delle Beatitudini, strutturate sull’identikit di Gesù.
Il Minimo aveva compreso che in esse si nascondeva la Verità che affranca.
Una su tutte: la povertà degli umili che sganciati da se stessi contavano solo sulla misericordia di Dio.
Tutto questo ferveva a Santa Maria degli Angeli.
Le Fonti sono una raccolta unica delle esperienze dei primordi. Nulla più di loro può aiutarci a capire la ragion d’essere di Francesco e della sua fraternità.
Dice il Celano nella Vita prima:
"E finalmente chiamava tutte le creature col nome di fratello e sorella, intuendone i segreti in modo mirabile e noto a nessun altro, perché aveva conquistato la libertà della gloria riservata ai figli di Dio.
Ed ora in cielo ti loda con gli angeli, o Signore, colui che sulla terra ti predicava degno di infinito amore a tutte le creature" (FF 461).
Nella Leggenda perugina:
«Dovunque i frati trovassero degli scritti con le parole e i nomi del Signore non dignitosamente conservati o giacenti dispersi in luoghi impropri, li raccogliessero e mettessero da parte, per onorare il Signore nelle parole da Lui pronunciate. Molte cose infatti sono santificate per mezzo della Parola di Dio, e in virtù delle parole di Cristo viene attuato il sacramento dell’altare» (FF 1635).
Francesco aveva a cuore che i suoi frati fossero veri discepoli della Parola. Infatti, nella Leggenda maggiore, leggiamo:
«Voglio che i miei frati siano discepoli del Vangelo e progrediscano nella conoscenza della verità, in modo tale da crescere contemporaneamente nella purezza della semplicità. Così non disgiungeranno la semplicità della colomba dalla prudenza del serpente, che il Maestro insuperabile ha congiunti con la sua parola benedetta» (FF 1188).
Ma la mitezza e la fedeltà del Poverello alla Parola di Dio fecero discepoli perfino fra gli uccelli:
"Nella città di Parma, uno studente universitario di buona indole, mentre era impegnato nello studio con alcuni compagni, infastidito dal chiacchiericcio importuno di una rondine, si mise a dire:
«Questa rondine deve essere una di quelle che disturbavano l’uomo di Dio Francesco, mentre una volta stava predicando, e che lui fece tacere». Poi, volgendosi alla rondine, disse con fede:
«In nome del servo di Dio Francesco, ti comando di venire da me e di tacere immediatamente!».
E quella, udito il nome di Francesco, da brava discepola dell’uomo di Dio, tacque sull’istante e andò a rifugiarsi, con tutta sicurezza, nelle mani dello studente.
Stupefatto, egli la restituì immediatamente alla libertà: e non sentì più i suoi garriti" (FF 1208).
Anche le rondini, molto amate da Francesco, dinanzi al Povero fattosi discepolo della Parola, sentivano il profumo della verità e si conformavano.
«Se voi rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli e conoscerete la verità e la verità vi libererà» (Gv 8,31)
Mercoledì 5a sett. Quaresima (Gv 8,31-42)