Amministratori onesti - a vario livello - e Casa comune
(Lc 16,9-15)
«In definitiva, dice Gesù, occorre decidersi: “Non potete servire a Dio e a mammona” (Lc 16,13). Mammona è un termine di origine fenicia che evoca sicurezza economica e successo negli affari; potremmo dire che nella ricchezza viene indicato l’idolo a cui si sacrifica tutto pur di raggiungere il proprio successo materiale e così questo successo economico diventa il vero dio di una persona. È necessaria quindi una decisione fondamentale» [papa Benedetto, omelia a Velletri 23 settembre 2007].
«Chi [è] fedele in una cosa minima è fedele anche in una cosa grande, e [chi] è ingiusto in una cosa minima è ingiusto anche in una cosa grande» (Lc 16,10).
Il responsabile di chiesa “pizzicato” ad approfittarsi dei beni della comunità (vv.1-8) sapeva fare grandi discorsi - forse strumentali - sulla solidarietà necessaria, ma non viveva la fraternità concreta.
Ecco dunque una catechesi di Lc sulla fedeltà nel piccolo e nel grande: insegnamento attualissimo. Anche oggi infatti non mancano corifei dai grandi proclami... assai diffusi, però anche solo per darsi tono.
Sovvenire nel concreto e giocarsi la vita - mettendosi una mano sulla coscienza e una nel portafoglio - resta cosa purtroppo ancora faticosa e rara.
Molti non trovano di meglio che girare la testa dall’altra parte e svicolare, delegando colpe e responsabilità al “sistema”, alla crisi contingente, etc. - non senza appigli o ragioni concrete.
Invece, come sottolinea l'enciclica sociale di Papa Francesco, il mondo più giusto è opera «laboriosa, artigianale» (FT n.217).
«E io vi dico, fatevi amici dal mammona ingiusto affinché quando verrà a mancare vi accolgano nelle tende eterne.
Chi fedele in una cosa minima, è fedele anche in una cosa grande, e chi ingiusto in una cosa minima, è ingiusto anche in una cosa grande.
Se dunque non siete stati fedeli con il mammona ingiusto, chi vi affiderà la [ricchezza] vera?
E se non siete stati fedeli con la [ricchezza] altrui, chi vi darà la vostra?» (Lc 16,9-12).
Nell’intento dell’evangelista la vicenda particolare cui si allude nei vv. precedenti doveva servire a formare in modo concreto le sue piccole comunità sull’uso dei beni materiali.
Dopo un errore che anche i capi possono commettere, persino la ricchezza ingiusta può essere ben usata in favore di tutti - per creare già sulla terra quel clima di vitalità serena indistruttibile che è tratto e attributo della condizione divina.
Nella Chiesa autentica il misero - oppresso, ribassato, impoverito e reso pitocco dalla società competitiva - ritrova stima, speranza, voglia di vivere; col semplice aiuto di fratelli altrettanto bisognosi.
In origine (infatti) tutte le comunità sorsero tra indigenti. Poco a poco iniziarono ad affacciarsi anche benestanti.
Sembrava una grande apertura al futuro di Dio; invece, man mano che il tempo passava, ci si accorgeva della crescita d’insensibilità e chiusura del cuore, nei nuovi ceti abbienti e nelle chiese.
L’ingresso dei ricchi - inizialmente ben visto - recò nel tempo non pochi problemi, anche di gestione interna delle risorse collettive.
I beni comuni diventarono talora appannaggio esclusivo di dirigenti che sembravano non avere più idee chiare sul ruolo sociale del denaro.
I primi cristiani avevano compreso che la fede nella risurrezione è incompatibile con l’attaccamento all’effimero. Ma si trattava di condizione rischiosa.
A tale riguardo è significativa la testimonianza indiretta di Luciano di Samosata (125-192) autore di satire contro superstizioni e credulonerie tra le quali annovera anche il cristianesimo.
Con linguaggio scanzonato, egli descrive in «La morte di Peregrino» [De morte Peregrini, 13] l’impatto che la Fede esercitava sulla vita dei cristiani del suo tempo, e con fermezza non convenzionale:
«Il loro primo legislatore li persuade che sono tutti fratelli tra loro e, come si convertono, rinnegando gli dei greci, adorano quel sapiente crocifisso e vivono secondo le sue leggi. Per la qualcosa disprezzano tutti i beni egualmente e li credono comuni e non se ne curano quando li hanno. Perciò se tra loro sorgesse un accorto impostore che sapesse ben maneggiarli, immediatamente diventerebbe ricco, canzonando questa gente credulona e sciocca».
La Liberazione dagli idoli del patrimonio privato che Gesù propone stimolava le anime anche più svelte e affermate ad apprezzare la trasformazione delle proprietà in relazione e possibilità di vita altrui.
Ovviamente per introdurre tale modello di condivisione e incontrare il mondo esterno, la scelta doveva iniziare da vicino a sé: non si poteva opprimere sorelle e fratelli di credo, e predicare giustizia al mondo.
L’emancipazione inizia nel piccolo della propria famiglia, dei conoscenti e amici; nello spicciolo dei rapporti interni e giornalieri.
Il fatto è che Dio e il denaro danno ordini opposti. Uno distoglie l'altro.
Quindi prima o poi anche chi è motivato da ottime intenzioni può giungere a disprezzare il Padre, la Comunione, gli ideali vissuti anche nel sommario - e affezionarsi a scorciatoie banali.
I leaders religiosi ufficiali, tutti congregati nella difesa dei lauti guadagni assicurati dal mondo antico - che (avidamente) sorreggevano a spada tratta - onoravano sì l’Eterno nei segni, ma... cedevano alla tentazione.
Privi ormai sia di scelte di fondo che di dettaglio, i direttori se la ridevano alle spalle di Gesù, tramando di nascosto e di concerto. Ancora oggi purtroppo trattandolo come un ingenuo sognatore da strapazzo (vv.14-15).
Eppure il Maestro continua a sgolarsi, affinché anche noi entriamo nella sua nuova Economia «proattiva» [come forse la definirebbero i vescovi del Sudafrica, e la recente enciclica sociale].
Economia della gratuità che non depaupera - per una «maggior ricchezza possibile» che spegne il «desiderio di dominare», ma fa «stare insieme come esseri umani» (FT n.229).
Qui l’esiguo diventa rilevante. La sfida è aperta.
Per interiorizzare e vivere il messaggio:
Sei genericamente solidale o... fraterno nel conquibus?
Hai provato l’esperienza del dono che non depaupera, bensì arricchisce?
In ambito ecclesiale, ti sei sentito deprivato, o viceversa umanizzato?