(Mt 1,1-16.18-23)
Fin dal VII secolo l’evento di prima Aurora che precede la Venuta del Sole di Giustizia è identificato da papa Sergio nella nascita di Maria - secondo Dante «termine fisso d’eterno consiglio».
La Madre di Dio è figura che nel panorama della spiritualità reca una novità radicale, perché non genera l’atteso Davide, bensì la Persona più dimessa e favorevole, dall'energia non aggressiva.
Nella sua icona di «bimba appena generata», Ella è anche immagine dell'umanità nuova, ma reale, “complice” della nostra condizione; dal cuore non più artificioso e di pietra [legalista] bensì di carne.
Quindi la Festa di oggi è una sorta di prefigurazione del Natale, evento di Rivelazione d’uno sconcertante ma finalmente autentico Volto di Dio - e delle creature realizzate.
Eccoci allora interpellati dal Vangelo sul peso da dare alla rigidità delle norme, le quali nella storia della spiritualità hanno spesso divorato l’essere spontaneo dei chiamati dal Padre.
Genuinità che stimola semplicemente a esprimersi, a partire dal proprio carattere vocazionale.
Anche le culture animate da Sapienza di Natura ne attestano il peso.
Scrive il Tao Tê Ching (LVII): «Quando con la correzione si governa il mondo, con la falsità s’adopran l’armi [...] Per questo il santo dice: io non agisco e il popolo da sé si trasforma [...] io non bramo e il popolo da sé si fa semplice».
Nell’oriente antico le genealogie indicavano solo uomini, e sorprende che Mt riporti il nome di ben cinque donne, considerate creature solo servili, inaffidabili, impure per natura.
Ma nella vicenda delle quattro compagne di Maria c’è non poco di a-normale (anche per il modello di vita scelto) che però vale la pena.
Per giungere alla pienezza umana del Figlio, Dio non ha preteso superare le vicende storiche, viceversa le ha assunte e valorizzate.
Il cammino che porta a Cristo non è questione di scalate, né di risultati o performance da calibrare sempre meglio in un crescendo lineare - quindi moralizzatore e dirigista, che non impone svolte che contano, né risolve i veri problemi.
Nelle vicende, l’Eterno riesce a dare ali spiegate non tanto alla forza e al genio, ma a tutte le povere origini, alla pochezza della nostra natura, la quale d’improvviso si tramuta in ricchezza totalmente imprevedibile.
E se di continuo strappiamo il filo, il Signore lo riannoda - non per aggiustare, metterci una pezza e riprendere come prima, ma per rifare un’intera trama nuova. Proprio a partire dalle cadute.
È l’energia dell’inadeguatezza e dei fallimenti che ci fa rientrare in noi stessi e perdere finalmente la testa. Altre configurazioni dell’anima ci attendono.
Nei Vangeli dell’infanzia di Mt Dio assume due Nomi: Redentore [Yeshua: Dio è Salvatore] e Con-noi. Il senso di tali prerogative non è meccanico, bensì teologico.
Il Nome proprio del Figlio Gesù descrive la sua Opera di recupero di tutto l’essere.
E l’attributo caratteristico Immanu’el [tratto da Isaia] ne puntualizza i (molti) recapiti - i suoi (tanti) indirizzi, che siamo ciascuno di noi, in crescita nel tempo.
Incarnazione: il Padre si colloca a fianco dei suoi figli e figlie.
Non solo non teme di rendersi impuro nel contatto con le cose che riguardano le dinamiche di terra: addirittura si riconosce nella loro Condizione.
Per questo motivo, dal disagio di Giuseppe scaturisce addirittura il culmine dell’intera Storia di Salvezza.
Quello che colpisce della narrazione di Mt è: il discrimine e le possibilità d’irruzione della vetta del Disegno salvifico scaturiscono non da una certezza religiosa, ma da un Dubbio!
Ogni Dono eminente passa attraverso la carne, e qui - nel malsicuro - ciò che sembrava controverso diventa fecondo.
L’imbarazzo e l’improbabile attivano infine vita intensa e piena.
Lo Spirito che s’infila nei pertugi delle mentalità standard trova un ‘punto’ dentro di noi che consente di fiorire diversamente adesso, in trasparenza.
Le vere svolte della storia. La differenza fra devozione e Fede.
[Natività della Beata Vergine Maria, 8 settembre]