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Apr 5, 2025 Scritto da 
Commento breve

Palme e somarello: instabili euforie

(Mt  21,1-11; Mc 11,1-10; Lc 19,28-40; Gv 12,12-16)

 

Nei Vangeli il Signore non si lascia identificare con l’Aquila di Gv, sebbene sia Lui che viene dall’alto - e ‘vede’ oltre l’immediato.

Non è un essere spirituale alato [come il simbolo di Mt] bensì pienamente incarnato, malgrado sia l’Angelo autentico, ossia Inviato del Padre per eccellenza.

Gesù non viene associato al ‘leone’ [Mc], re della foresta e delle bestie, benché sia l’unico uomo riuscito e maestosamente regale - la Persona vera e totalmente ‘presente’ secondo Dio.

Tanto meno lo accostiamo al ‘bue’ [Lc], icona dell’antica devozione tradizionalmente sacrificale.

Su base evangelica non è possibile neanche immaginare la figura e la proposta del Maestro con il tipico “bestiario” d’omaggio e rispettosità con cui nell’Oriente antico venivano idealizzati sovrani e dignitari, tutti i potenti e gli eletti anche della casta religiosa ufficiale.

 

I Vangeli non riconoscono Gesù quale ‘rapace’ maestoso: fanno coincidere la stabilità, la qualità e l’azione del suo Spirito nell’icona della «colomba».

Poi con una figura che fa proprio ridere i polli: la ‘gallina’, la quale si duole delle scelte rovinose della sua nidiata (Mt 23,37).

In luogo della potenza del ‘leone’ [di Babilonia o della tribù di Giuda] ecco: mansuetudine d’Agnello che dona tutto di sé, pelle compresa.

In luogo delle rinunce ascetiche, o d’animali destinati all’offertorio necessario a placare gli dei, un «uomo dal cuore di carne e non di belva» con ideale di Comunione; vita strappata al preumano.

 

Come dire: è una trama d’essere (se stessi, anche piccoli) e di relazioni qualitative, che soppianta e sublima le arcaiche pratiche sacrificali [sacrum-facere] con cui anticamente si cercava il contatto e un rapporto di reciprocità con la Vita celeste.

Ora essa s’identifica con la pienezza umana.

 

Invece della strafottenza focosa d’un destriero che incalza e si rende protagonista di grandi imprese, collaborando appieno a rendere illustre il suo condottiero, vediamo un simbolo di laboriosità instancabile, calato nella vita comune di tutti: il ‘somarello’!

Quella dell’«asinello» è una fragorosa proposta di vita dimessa, su misura per discepoli ancora distratti, imbambolati da sogni di solennità, prestigio, gloria mondana, e smanie competitive.

Vuol dire: dentro ciascuno di noi c’è una «profezia di servizio» incessante che dev’essere “slegata”.

Come se nell’intimo dimorasse un essere sorgivo inespresso che può e vuol venire «sciolto» dai molti legacci delle aspettative di successo facile, di grandezza, di consenso.

Speranze prima indifferenti o sdegnate - per aver dato credito a un Messia dimesso.

 

Tale il livello della Fede che surclassa il comune senso religioso.

Per questo lo stesso popolo che acclama acclama, attendendosi una celebrazione trionfale, sublimi riconoscimenti e facili scorciatoie - poi si accoda al rifiuto di Cristo.

 

 

[Domenica delle Palme]

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don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".