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Nov 29, 2025 Scritto da 
Commento breve

Convertire, ossia Rimontare

(Is 11,1-10; Mt 3,1-12)

 

Il Figlio di Dio che Viene «non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire» (Is. 11,3).

Così la Chiesa che lo testimonia.

Ma come si fa nella società dell’esterno, a non lasciarsi condizionare da opinioni dominanti?

Non cercando di riprodurre il mondo che si trova attorno.

Bensì tentando il principio di un rinnovamento che può essere introdotto solo a partire dalla Scaturigine del Senso di sé e del cosmo - poi sfocerà anche fuori, e avverrà costantemente.

Non... subito col fard, labbra a canotto, zigomi gonfiati, livellamento di solchi; né con una velleitaria “conversione a U”.

Non uno sfibrante regresso alla religione esterna; piuttosto, stabilendosi dentro, in quella Forza del Logos nel cuore.

In tal guisa, nei Vangeli il termine greco «metanoia» non indica un ritorno al Dio del culto normalizzato; piuttosto, cambiamento di mentalità.

La vita di Fede è appunto segnata dal rovesciamento della gerarchia dei valori, che si riflette nelle scelte reali.

Conversione neotestamentaria è un riappropriarsi di sé, ma non come nelle devozioni, bensì con un colpo di mano.

Un balzo in avanti il quale rende fecondo, verde e felice il recupero di tutta la Chiesa che attinge alla propria Fonte.

Una riconquista del medesimo Nucleo che trascina l’intera realtà.

 

Dio nell’anima non solo migliora, ma rimonta in Pienezza vitale. Agisce rifondando, e cesella il nostro vero Cammino.

Anzitutto sorvola le cricche consolidate. Sarebbe inutile insistere su ambienti e personaggi refrattari alla novità dello Spirito.

Così, la Parola-evento va a posarsi su un visionario del presente e del futuro.

A meno di vent’anni, Giovanni avrebbe dovuto presentarsi ai professionisti del rito e della Legge per essere esaminato secondo le norme puriste della Torah, onde poi officiare i culti al Tempio di Gerusalemme.

Ma pur essendo di stirpe sacerdotale, rifiuta quell’ambiente formale, insensibile e corrotto - che ben conosceva.

Insomma, la scelta e la figura del Battista è un Richiamo per noi: alla Chiesa autentica non basta stirare le rughe.

Botulino e creme non graffiano la realtà, ma disturbano l’Essenza.

Il Profeta si sentiva giovane e vivo proprio perché non aveva voluto assomigliare, abbinarsi a tutti i costi, essere individuabile, ripetere opinioni - né si è limitato a un risanamento della situazione.

Non ha voluto spegnersi. Ha voluto fissare lo sguardo non sui grandi segni, ma sulle proprie (e altrui) attitudini.

Anche per noi il “destino” che ci appartiene si annida in quell’impeto quotidiano a voler fare qualcosa di creativo e personale, inedito e attinto solo dal Nucleo delle nostre onde, dei flutti, dei molti volti.

L’Avvento [Venuta] ci ripropone in tal guisa quel Richiamo delle Radici che aprono la strada - affinché realizziamo qualcosa di non abituale, ma che ci appartiene.

 

Saremo «virgulti che germogliano» non accasciati, anzi che «si levano a vessillo per le moltitudini» perché rapiti e collocati su tale Raggio d’inconsueta «conoscenza del Signore che riempirà la terra».

 

 

Controesodo del Battista, controesodo di Gesù

 

Rifare il Passaggio del Giordano.

Epistrèphein: Convertirsi è nella mentalità antica, ‘girarsi’, ‘tornare indietro’ (ebraico Shùb) [perché il popolo si è allontanato da Dio, dal Tempio, dai Padri].

Nel secondo Testamento il termine è solo Metanoein:

Per il Battista Convertirsi [già nella sfera del «metanoein»] non ha un senso specificamente religioso, liturgico, dottrinale, bensì esistenziale: significa ad es. cessare le ingiustizie sociali.

Ma secondo la nuova predicazione di Gesù, il Convertirsi ha un senso più ampio e centrale. Cristo propone una visione nuova di Dio stesso, del suo Cuore - quindi di uomo autentico e di società.

Mentre la «razza di vipere» continua a inoculare i suoi veleni… ecco invece il «Frutto Bello» e completo, pieno, di questo nuovo albero (v.10).

La traduzione CEI ‘74 proponeva “frutti buoni” [che ha un altro senso, legato alla morale, semplicistica]. Ora è “buon frutto”, che forse sta a metà.

«Frutto Bello» è l’Amore; il prodotto del Fuoco dello Spirito [Gal 5,22: amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé].

Tale Fuoco non è più un elemento esterno. Non più una potenza estrinseca. Viene da dentro.

Come l’Azione delle nuove Acque, ora Allegre, che sono assimilate in vista non della pulitura e mondatura, bensì della crescita.

Fiamma sì che brucia tutto il male - beninteso senza più fare «piazza pulita».

Non vita spirituale: Vita nello Spirito!

Tutt’altro peso specifico, tutt’altro Respiro.

 

 

[2.a Domenica Avvento (anno A), 7 dicembre 2025]

78 Ultima modifica il Giovedì, 04 Dicembre 2025 06:33
don Giuseppe Nespeca

Giuseppe Nespeca è architetto e sacerdote. Cultore della Sacra scrittura è autore della raccolta "Due Fuochi due Vie - Religione e Fede, Vangeli e Tao"; coautore del libro "Dialogo e Solstizio".